“…e scusatemi immensamente, ma anche quest’anno non potrò
venire a trovarvi!” concluse il ragazzo con un
profondo inchino.
Si alzò dal piccolo cuscino striminzito sul quale stava inginocchiato
e si riassettò la divisa scolastica con due colpetti della mano. Recuperò da
una sedia la cartella e si diresse rapidamente verso l’ingresso. Quando uscì e
richiuse la porta a doppia mandata, l’eco dei suoi passi che si allontanavano
risuonò per una manciata di secondi all’interno
dell’appartamento.
Nella camera da letto, davanti al piccolo e sobrio altare
funebre, un bastoncino d’incenso si consumava lentamente in una sottile linea
di fumo profumato.
*
Doumeki non capiva.
Per tutto il giorno Watanuki si
era comportato in maniera… strana.
Beh… in maniera più strana del solito, per lo meno.
L’aveva incrociato prima che le lezioni iniziassero e come
sempre l’aveva salutato col suo inespressivo “Oi!”
quotidiano.
Watanuki l’aveva a malapena notato
e non aveva strillato contro di lui, nemmeno un pochino.
L’aveva rivisto a pranzo, quando si erano trovati sulla
scala che portava alla terrazza, e gli aveva chiesto come al
solito se avesse portato il cibo che il giorno prima gli aveva richiesto.
Watanuki gli aveva piantato in
mano la scatola di bento senza una parola e si era
messo a mangiare distrattamente, come se stesse pensando a qualcos’altro.
Durante il pranzo aveva provato a stuzzicarlo, ma il
risultato era sempre lo stesso.
Kunogi non si era potuta unire a
loro per mangiare e Watanuki non aveva inveito
nemmeno una volta per essere stato costretto a star solo con lui.
Insomma, Doumeki cominciava a
sentirsi trascurato.
“Oi…”
Non era certo da lui iniziare una conversazione per il puro
gusto di chiacchierare, ma bisognava porre rimedio a quella situazione.
“Qualcosa non va?” domandò.
Watanuki si irrigidì
e stavolta fece per sbraitare contro l’altro, ma la campanella lo interruppe.
Normalmente nulla lo avrebbe salvato dagli strilli del ragazzo, ma quel nonnulla sembrò bastare a spegnere ogni ostilità. Watanuki sospirò pesantemente.
“Non c’è nulla che non va…” rispose imbronciato.
E prima che Doumeki potesse
insistere di nuovo, il ragazzo aveva già raccolto tutte le sue cose e se ne era sparito veloce come un razzo.
Doumeki proprio non capiva.
*
“Oh è commovente che tu ti preoccupi tanto per Watanuki!” esclamò estasiata Himawari.
Doumeki rispose con un grugnito.
Era per questo che avrebbe preferito evitare quella soluzione, ma dato che non era riuscito a capire perché Watanuki fosse così strano quel giorno, era stato costretto
a ricorrervi. Aveva raggiunto Kunogi Himawari al consiglio scolastico e aveva CHIESTO.
“Sai… non so se dovrei dirtelo… Nemmeno io dovrei saperlo a dire la verità! E’ stato un caso puramente
fortuito che stessi entrando in aula professori
proprio mentre ne parlavano…” continuò Himawari
titubante.
Questo aveva catturato l’attenzione di Doumeki.
Con un cenno della testa le fece intendere di continuare.
“Vedi… l’insegnante responsabile della nostra classe stava
parlando con un altro professore di Watanuki… diceva
che oggi non era stato attento a lezione nemmeno per
cinque minuti, ma che non se la sentiva di rimproverarlo dato che…”
La ragazza si interruppe incerta se
proseguire o meno.
Doumeki sbuffò manifestando
chiaramente il suo parere a riguardo e la sua impazienza.
“…dato che oggi ricorre l’anniversario della scomparsa dei
suoi genitori…” concluse mestamente Himawari.
Doumeki rimase in silenzio a
rimuginare sulla rivelazione, stupito che il profilo scolastico degli studenti raccogliesse anche informazioni personali del genere,
domandandosi se…
“Oh!” esclamò blandamente quando realizzò pienamente la
portata di quel fatto.
*
Watanuki uscì dal negozio di Yuuko che ormai il cielo cominciava ad imbrunire. Aveva
lavorato sodo come ogni altro giorno, come era sua
natura fare. Però quel giorno aveva una motivazione
maggiore. Una volto estinto il suo debito con Yuuko, lei avrebbe fatto sparire tutte quelle bestiacce
spirituali che lo tormentavano ad ogni piè sospinto. E una
volta libero avrebbe potuto fare quello che gli pareva e andare dove
voleva senza preoccuparsi più di essere aggredito e divorato.
L’idea di finire tra le grinfie degli ayakashi
gli fece scendere lungo la schiena un brivido gelido. Il ragazzo scosse
energicamente la testa per scacciare la cupa immagine dalla mente e, non
prendendosi la briga di guardare dove metteva i piedi, finì contro qualcosa.
A dire il vero, contro qualcuno.
“Oi.” lo
salutò Doumeki con lo stesso entusiasmo di sempre.
Watanuki aprì la bocca per
ricoprire l’altro di insulti, ma non ne trovò la
forza. Non aveva voglia di gridare quel giorno. Non aveva voglia di niente.
“…lasciamo perdere…” borbottò più rivolto a sé stesso che a Doumeki e lo scansò dirigendosi verso casa.
“Oi!” lo richiamò ancora una volta
l’arciere.
Watanuki seguitava
ad ignorarlo, quindi Doumeki si decise a
passare all’azione. Con un paio di falcate raggiunse il
ragazzo, lo afferrò per un braccio.
“Eh?”
Watanuki si risvegliò dal suo
stato di comatosa introspezione e si ritrovò trascinato letteralmente in tutt’altra direzione rispetto a quella che aveva preso.
“Che diavolo credi di fare??”
“Allora ce l’hai ancora la voce…”
constatò sarcastico Doumeki.
Il ragazzo si dimenò per liberarsi, col solo risultato di
costringere l’altro ad un sistema ancor più drastico
per condurlo dove voleva lui. Si fermò un attimo solo e con una facilità
sorprendente si caricò Watanuki in spalla.
“Mettimi immediatamente giù!”
Doumeki, invece di rispondere,
riprese la sua strada con passo deciso, e dopo un'altra cascata di insulti, improperi ed imprecazioni si arrese e si chiuse
in un corrucciato silenzio. L’altro sbuffò e smise di preoccuparsi degli
scossoni che la sua camminata svelta avrebbe potuto procurare all’arrendevole
peso che trasportava. Watanuki era molto più
combattivo di così.
“Siamo arrivati.” annunciò
apaticamente Doumeki, senza però accennare a
fermarsi.
Dalla sua scomoda posizione Watanuki
non poteva vedere dove di preciso fossero arrivati,
aveva soltanto una panoramica confusa di ciò che il suo trasportatore si era
lasciato alle spalle.
Decidendo che fare male all’altro ragazzo era l’ultima delle
sue preoccupazioni, si spinse con le mani sulla schiena di Doumeki
per sollevarsi un poco e guardarsi attorno.
L’arciere non riuscì a reprimere un minuscolo sorrisetto quando sentì il corpo che trasportava sussultare
per la sorpresa. Tanto Watanuki non poteva vederlo
sorridere in quel momento…
“Se ci sono anche io dovrebbe andar
bene, no?” gli comunicò placidamente avventurandosi oltre l’arco d’ingresso.
Erano entrati nel cimitero.
*
Il semplice monumento funebre era identico a tutti quelli
che lo circondavano: un paio di comunissime lapidi di pietra incise fino a far
comparire i nomi dei defunti che commemoravano. Watanuki
le vedeva praticamente per la prima volta.
“Quando c’è stato il funerale io
ero ancora ricoverato… e da allora, ogni volta che mi avvicinavo, venivo
attaccato.”
Mentre parlava, Watanuki
si chiese se stesse parlando a Doumeki, rimasto in
disparte dopo averlo rimesso a terra, o se stesse invece cercando scuse davanti
ai suoi genitori.
“Non sarei nemmeno stato in grado di trovarle qui dentro…”
aggiunse, per poi voltarsi verso il suo accompagnatore “Tu come hai fatto a…”
“Vivo in un tempio…” fu la concisa e sibillina risposta
dell’arciere. Watanuki per una volta accettò la
risposta e tornò silenzioso a fissare le due tombe senza sapere esattamente
come comportarsi. Doumeki doveva essersi reso conto
delle difficoltà del ragazzo, perché gli si avvicinò porgendogli qualcosa.
“Cosa…?” domandò soprappensiero Watanuki
soppesando i due bastoncini di incenso.
“Accendili e infilali nella terra davanti alle lapidi.” gli spiegò Doumeki
dandogli anche una scatola di fiammiferi.
Watanuki fece come gli era stato
detto e poi si voltò ancora una volta verso Doumeki
con lo sguardo smarrito, come a chiedergli “e adesso?”.
“Parla con loro.” gli suggerì.
“Non credo che possano sentirmi…” replicò mestamente Watanuki.
“Se anche ti sentissero, ti
sentirebbero ugualmente in qualsiasi altro luogo, io credo…”
Doumeki fece una pausa. Non era
abituato a parlare col ragazzo così a lungo senza che volassero paroloni. Watanuki però non accennava a voler cominciare una delle
loro solite colorite discussioni. Se ne stava lì con lo sguardo smarrito
aspettando che lui continuasse a parlare.
“Però penso che ti farebbe sentire
meglio” concluse dunque chiudendo gli occhi come a volergi
mostrare come fare.
Watanuki gli si mise di fianco,
proprio di fronte alle tombe e chiuse gli occhi a sua volta.
*
Ciao mamma… Ciao papà…
So di non avervi mai
parlato così prima, ma quel so-tutto-io
di Doumeki dice che secondo lui si dovrebbe fare così
e quindi…
Non che io faccia
tutto quello che LUI mi dice di fare, eh!!!
Comunque volevo dirvi che io sto bene e non dovete
preoccuparvi per me, anche se Yuuko-san mi tratta
come il suo personale tuttofare parapsichico. In fondo è una brava persona…
Credo…
E in fondo non mi mette mai in pericoli
troppo grandi (in quelli mi ci metto da solo…) e in casi estremi c’è sempre quell’idiota di Doumeki che mi
alita sul collo… Maledetto Doumeki, mai che mi lasci
in pace!
Certo… forse per
quanto riguarda gli spiriti è utile…
Doumeki, il repellente per spiriti! Ahahahah… ahah… ah…
“Perché stai ridendo come un
idiota?”
“Sta’ zitto!”
Ecco, visto?
Insopportabile!
Beh… se non fosse per lui nemmeno sarei qui, questo è vero… Magari domani gli
porto sul serio gli involtini che mi aveva chiesto oggi… hai presente di quali
parlo, papà? Quelli che mi hai insegnato a preparare tu! A quello scemo
sembrano piacere molto perché sarà suppergiù la quarta volta che mi chiede di…hai presente di quali parlo, papà? li
involtini che mi aveva chiesto oggi...da solo...mi spedisce nei posti più
impensati a far
Ma perché vi sto
parlando di Doumeki???
“Perché ti arrabbi da solo come un
deficiente?”
“TACI!!!”
Una piaga, ecco cos’è!!!
Vi stavo dicendo che
non dovete preoccuparvi per me, perché me la cavo alla
grande sia a scuola che in tutto il resto. All’inizio è stata
un po’ dura, ma anche se non ci siete più, da un po’ di tempo non mi
sento più troppo solo…
Però, mi mancate lo stesso…
Vi voglio bene…
“…”
“Avanti! Chiedimi perché piango come uno scemo!!!” singhiozzò Watanuki.
*
Salve signori Watanuki.
Sono Shizuka, il babysitter di vostro figlio.
Immagino che vi faccia
stare in ansia di continuo.
A dire il vero
preoccupa spesso anche me…
Un sogghigno sommesso lo distolse dai suoi pesieri.
“Perché stai ridendo come un
idiota?”
“Sta’ zitto!”
Visto? Solo uno scemo
ride senza motivo al cimitero.
Per non parlare di
quando si mette in testa di affrontare da solo pericoli più grandi di lui.
E senza chiedere aiuto, dovesse costargli la
pelle.
Che razza di figlio testardo che avete
generato…
Anche
se è davvero bravo a cucinare.
I miei complimenti per chi gli ha insegnato.
Una altro verso, questa volta più
un borbottio per la precisione, lo distrasse nuovamente.
“Perché ti arrabbi da solo come un
deficiente?”
“TACI!!!”
E’ veramente
irrecuperabile.
Ma non dovete preoccuparvi per lui.
E’ nevrotico, si
comporta da idiota, ha una scarsissima cura della sua incolumità e si butta
nelle cose a testa bassa senza pensare alle conseguenze.
Però…
Un singhiozzo accanto a lui lo convinse ad aprire gli occhi
una terza volta e si accorse che Watanuki stava
piangendo.
“…”
“Avanti! Chiedimi perché piango come uno scemo!!!”
Doumeki sospirò, ma non disse
nulla. Sollevò una mano e l’appoggiò sulla testa dell’altro e lui si mise a
piangere più forte.
…non preoccupatevi
davvero. A lui ci penso io.