~CAPITOLO
1~
~Un
piccolo nuovo ospite~
-Aurora!
Sveglia dormigliona! Il sole è già alto. Su, che ti ho
già preparato la colazione!-
Sebbene
fosse indubbio che la ragazza in questione preferisse di gran lunga
il caldo abbraccio delle coperte alla colazione preparata dal
fratello, si costrinse di malavoglia ad alzarsi dal letto. Era
inutile continuare a dormire quando lui le aveva già tirato in
parte le tende facendo entrare prepotentemente la luce del sole.
Iniziava a detestare quel sole che le aveva impedito di riprendere
sonno dopo che Stefano l'aveva svegliata.
-Dai
Aurora, sbrigati! È già tardi!- continuava a chiamarla
il fratello dalla cucina.
-Basta,
basta. Ho capito! Sono già su. Ma è tardi per cosa,
poi? Mica avevamo impegni oggi.- gli rispose mentre andava in bagno a
farsi una breve doccia che le permettesse di cancellare gli ultimi
residui di sonno. La sua camera era l'unica con un piccolo bagnetto
attiguo e lei l'aveva scelta proprio per questo e perché
comunicava direttamente con la stanza-studio posta in fondo al
corridoio.
-Ma
come “per cosa”? Eri così stanca ieri da non
ricordarti neanche che avevamo deciso di andare a fare un giro in
città oggi per ambientarci un po'? Dai, muoviti!-
-Agli
ordini capo! Ma davvero ne avevamo parlato ieri? Non me lo ricordo..-
-Ma
cosa devo fare con te? Mi rispondi quando sei già nel mondo
dei sogni?-
-Ops..
può capitare, dai..- replicò insicura lei stessa delle
sue parole -Sarò pronta in un lampo!- continuò entrando
in cucina con molta, molta calma, facendo esasperare il fratello.
-Tipo..
quale lampo? Una lumaca sarebbe più veloce!- gli disse lui di
rimando dal divano dove si era messo per guardare un po' di
televisione. Non avevano dovuto urlare per parlarsi: sala da pranzo e
soggiorno formavano un'unica grande stanza provvista anche di un
angolo cottura da far invidia ai migliori cuochi e di un caminetto.
La parete breve vicino al divano era formata interamente da una
vetrata attraverso cui si accedeva a un terrazzo-giardino su cui
faceva bella mostra una piscina e una vasca idromassaggio.
L'appartamento, posto all'ultimo piano di un grattacielo in centro
città, era composto anche da altre due camere e un bagno molto
spazioso.
-Ma
che spiritoso che sei, fratellone mio!- replicò lei con
sarcasmo -Pronta! Prendi tu le chiavi?-
-Le
ho già messe in tasca.-
Usciti
dal grattacielo si guardarono un po' intorno: in strada le macchine
erano ferme in coda per il traffico e nei marciapiedi la fiumana di
gente che andava e veniva pareva inarrestabile.
-Sei
proprio sicuro di voler visitare la città oggi?- chiese
incerta Aurora a quella vista.
-Tipo..
credi che domani sarà diverso?- le rispose. Anche lui era
stupito da tutto quell'andirivieni: da dove venivano loro un caos
così assurdo di persone non era neanche immaginabile ma ora
avrebbero dovuto imparare a conviverci.
-No,
credo proprio di no.. via il dente, via il dolore?- propose
rassegnata lei.
-Andiamo!-
Stavano
camminando da un po', ormai. Avevano percorso già qualche via,
tutte con negozi e bar lussuosissimi, quando arrivarono nei pressi
di un parco recintato. Era un piccolo polmone verde in quel mare di
cemento e di corpi, un soffio di aria pura. I due ragazzi ne rimasero
da subito rapiti e non esitarono neanche un secondo ad andare ad
esplorarlo. Per di più era già ora di pranzo e la fame
iniziava a farsi sentire, così decisero di comune accordo di
prendere un panino dalla bancarella lì vicino e mangiarselo
seduti sull'erba, come fossero a un picnic.
Andarono
a rilassarsi all'ombra di un grande albero, accarezzati da una
leggera brezza.
-Sai
Stefano, credo che questo sarà il mio posto preferito da oggi
in poi. C'è pace e tranquillità, neanche le grida dei
bambini che giocano riescono a spezzare l'atmosfera, anzi, ne sono
parte integrante, non trovi anche tu?-
-Già,
hai ragione.- disse mentre ammirava il parco -Guarda, lì
stanno giocando a basket e sembra proprio che siano a corto di un
giocatore per formare le squadre.. quasi quasi mi aggrego, ti
dispiace?-
-No,
no. Non ti preoccupare, vai pure e fai vedere loro di che pasta sei
fatto! In altre parole: stracciali!- sorrise divertita Aurora. A suo
fratello era sempre piaciuto quello sport e lo praticava da quando
andava alle elementari, ora aveva ventisei anni e ogni volta che ne
aveva l'occasione andava con un gruppo di amici al campetto vicino
dove abitavano prima, a fare una partita. Quindi lei ora era felice
che potesse praticare la sua passione anche lì, si sarebbe
sentita segretamente in colpa altrimenti. In quell'ultimo anno lui le
era stato sempre vicino, confortandola quando i ricordi tornavano
prepotenti. Gli era infinitamente grata per tutto il sostegno che lui
le aveva dato e che l'aveva aiutata ad andare avanti anche quando
pensava di mollare. Certo, non aveva ancora superato il dolore che
quell'incidente le aveva causato, ma ora incubi e attacchi di panico
capitavano meno spesso, segno che un miglioramento, anche se fievole,
c'era stato. Per questo doveva ringraziare sopratutto suo fratello e
quei pochi amici che le erano rimasti vicino per tutto il tempo, a
dispetto del carattere totalmente cambiato che aveva assunto. Infatti
dal suo risveglio si era chiusa in se stessa, ignorava
deliberatamente tutti e non prestava ascolto a nessuno; si era chiusa
in un mondo tutto suo lasciando fuori tutti gli altri. Era diventata
intrattabile e indifferente a tutto ciò che la circondava. Con
il tempo si era fatta più attenta e partecipe, stava cercando
di uscire dal guscio nel quale si era rifugiata.
Mentre
Stefano giocava con i ragazzi appena conosciuti, Aurora decise di
fare una breve passeggiata per il parco. Non era tanto grande, ma con
sorpresa scoprì che conteneva anche un piccolo laghetto con
cigni e anatre. Stava per finire il suo giro quando, dopo una svolta,
sentì un debole miagolio. Dapprima pensava di esserselo solo
immaginato, ma poi, quando si mise ad ascoltare bene, lo risentì.
Decise così di andare a vedere da dove provenisse quel suono:
dietro un cespuglio, raggomitolato su se stesso e tremante come una
foglia, stava un piccolo gattino tutto bianco con il nasino rosa.
Intorno non si vedeva tracce della madre e a giudicare dall'intensità
dei miagolii, doveva essere da molto tempo che il cucciolo non
mangiava. Aurora non ci pensò due volte e lo prese in braccio
con la chiara intenzione di portarlo a casa con lei, a tutti i costi:
anche contro la volontà del fratello se questi si fosse
dimostrato contrario.
Arrivata
al campetto, con il gattino in braccio, richiamò l'attenzione
del fratello, cosa che fece partire una serie di fischi di
approvazione dagli altri ragazzi.
-Bella
la tipa, non ce la presenti?-
-Per
quale rivista fai da modella?-
-Non
sapevo avessi una così bella ragazza!-
-È
single? Io sono libero se vuole.-
-Wow..
proprio una bellezza! Sei fortunato!- parlarono loro tutti insieme,
facendo irritare non poco Stefano.
-Ma
tipo.. non vedete che è mia sorella, rincoglioniti?- rispose
di rimando Stefano ai commenti dei suoi compagni.
-Ops..
come non detto. Torniamo a giocare, va', che quella non si tocca.-
-Già..
peccato, però-
-Non
è giusto..-
-Sfiga!-
-Ma
almeno fa la modella?-
All'ennesima
occhiataccia di Stefano se tornarono tutti zitti zitti a giocare,
mentre Aurora, che aveva ascoltato tutto, tratteneva a stento una
risatina: li trovava simpatici tutto sommato e quello scambio di
battute era riuscito a rasserenarla.
-Che
c'è?- chiese rivolto alla sorella, felice del mezzo sorriso
che le aveva visto in volto -Vuoi tornare a casa?-
-Si,
io ora torno a casa, ma tu se vuoi puoi continuare la partita con i
tuoi amici. Guarda qui,- disse mostrandogli il fagotto che aveva in
braccio -non trovi che sia un amore? Era dietro un cespuglio e non ha
la mamma. Deve morire di fame, senti come miagola! Non ti dispiace
vero, se ho deciso di tenerlo?- chiese con due occhioni da cucciolo a
cui suo fratello non aveva mai saputo resistere.
-Aurora..-
fu tutto ciò che lui disse prima di essere interrotto.
-E
dai.. che ti costa dirmi di si? Tanto lo so che i gatti piacciono
molto anche a te. Please..-
-Uff..
mi spieghi come si fa a dirti di no? Perché io in vent'anni
devo ancora impararlo! Sei impossibile!- si arrese, esasperato.
-Grazie,
grazie, grazie! Sei il fratellone migliore del mondo! Allora, io
vado, ciao!-
-Ehi,
aspetta che saluto gli altri. Vengo con te.-
-Sai,
vero, che so benissimo cavarmela da sola?-
-Certo,
ma ciò non toglie che mi sento più sicuro se non vai in
giro da sola.- le rispose con tono serio, carico di sottintesi. Lei
lo guardò fisso negli occhi per un lungo tempo, prima di
abbassare il capo e lasciare che lui facesse come voleva. Capiva
appieno la celata preoccupazione del fratello, era più che
giustificata se ripensava a tutto quello che era successo un anno
prima, ma non voleva continuare a essere così dipendente dagli
altri, sopratutto da lui. Aveva deciso di trasferirsi a vivere lì
proprio per quel motivo: voleva iniziare una nuova vita. L'unica
domanda che si poneva era se ci sarebbe riuscita davvero nel suo
intento, ma solo il tempo poteva risponderle.
Stefano
non ci mise molto a salutare tutti e raggiungere sua sorella. Sapeva
che si stava dimostrando iperprotettivo, ma non riusciva ad agire
diversamente: aveva già rischiato di perderla e non voleva che
ricapitasse una seconda volta. Era cambiata così tanto da quel
fatto, quasi non la si riconosceva: molta della sua voglia di vivere
era scomparsa e lui avrebbe fatto di tutto per proteggerla e farla
ritornare quella di una volta. L'aveva seguita fin lì proprio
perché sapeva che lei aveva ancora bisogno di lui, nonostante
lei volesse far credere il contrario.
Arrivati in
appartamento, era ormai ora di cena. Aurora aveva dato da mangiare al
gattino che stava tranquillamente leccando le ultime gocce di latte
dal piattino. Durante il tragitto di ritorno si erano fermati on un
negozio per animali dove avevano preso tutto il necessario per il
loro piccolo nuovo ospite.
-Tipo..
che ne dici di ordinare delle pizze? Io sono troppo stanco per
mettermi a cucinare ora.- le chiese Stefano.
-Per
me va bene. Facciamo due alle verdure?-
-Affare
fatto. Chiami tu?-
-Si,
il numero deve essere su quel foglietto appeso alla lavagnetta in
cucina.-
Mangiarono
in silenzio e dopo, stanchi per la lunga giornata andarono a dormire.
Tutto
intorno a lei era buio, e lei odiava il buio. All'improvviso due luci
rischiararono quell'oscurità e lei sollevata iniziò ad
andargli incontro, ma si fermò quasi subito quando capì
a cosa appartenessero: erano i fari di una macchina che le stava
venendo addosso. Cercò allora di scappare, di correre via, ma
le gambe erano inchiodate da quel buio e lei non si poteva muovere.
Solo allora si accorse di due figure rischiarate appena dalla luce
dei fari, tentò di urlare e chiamare aiuto, ma dalle sue
labbra non usciva nessun suono. Con sollievo, però, vide che
le due figure le si stavano avvicinando: una bassa bassa e una poco
più alta di lei. Quando le riconobbe, il mondo le crollò
addosso e urlò. Urlò come non aveva mai fatto in vita
sua, fino a perdere la voce che prima non voleva uscire. Poi la
macchina la investì e fu di nuovo buio.
Non
passò molto tempo che Stefano fu bruscamente svegliato da un
urlo. Inizialmente pensò di esserselo sognato, ma poi lo
risentì e allora corse preoccupato in camera della sorella. La
trovò che si dimenava nel letto in preda a un brutto incubo,
era già tutta sudata e calde lacrime le rigavano il viso. Andò
subito da lei a cercare di svegliarla per poterla calmare e
rassicurare.
-Oddio!
Stex, è stato orribile! I-i-io..- ma non riuscì a
finire la frase che scoppiò in un pianto dirotto.
Il
fratello non poteva fare altro che stringerla in un possente e
caloroso abbraccio sperando che si calmasse presto. Passarono più
di un'ora abbracciati così, prima che lei si addormentasse
stremata dal sonno e dal pianto. Stefano decise che per quella notte
avrebbe dormito con lei, non se la sentiva di lasciarla sola. Il suo
ultimo pensiero prima di cadere nel mondo dei sogni fu per la
sorella.
-Finirà
mai questa storia?-
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