fff
Buongiorno a
tutti, anime innocenti appena capitate (forse per sbaglio? ^_^) su
questa storia... Bene, credo che le presentazioni in certi casi siano
d'obbligo... mi chiamo Fabiana, alias Dreamer91 e lo so, fino a questo
momento non ho pubblicato nulla, neanche una misera OS.. mi sono
limitata ad essere lettrice silenziosa delle meravigliose storie che
circolano nella sezione "Glee" del sito. Il fatto che io sia fan
sfegatata della serie (e della Klaine, nello specifico!) è
un dettaglio abbastanza scontato, ma spiegare cosa mi abbia spinta a
dedicarmi ad una storia tutta mia... beh, è un pò
più complicato... diciamo che mi piace sperimentare, mi
piace mettermi alla prova, mi piace mettere nero su bianco
ciò che mi passa per la testa, e cosa più
importante di tutte, mi piace scrivere ^_^ eh già! Se
potessi farei solo questo nella vita, ma.. ora non divaghiamo che
altrimenti c'è gente che si annoia (tipo me XD)... cosa
stavo dicendo? ah sì, la storia... beh, non ho molto da
dire... mi è venuta così, mentre osservavo dal
balcone di casa il mio vicino traslocare nell'appartamento di fianco al
mio e booom... la lampadina dell'ispirazione si è accesa.
^_^ adesso, non starò qui ad assillarvi sul resto,
perché voglio che vi godiate serenamente questo primo
capitolo e poi sono curiosa di sapere cosa ne pensate e se vale la pena
continuare (avrei già scritto parecchi capitoli ed avrei
anche in mente l'esatta trama nella mia mente, però a voi
l'ultima parola ^_^) quindi, buona lettura e fatemi sapere ;)
p.s.
Aggiornerò una volta a settimana, sempre lo stesso giorno
(quindi il Giovedì...)
ma vi prometto che appena la sessione estiva sarà finita
aumenterò la frequenza a due volte a settimana. Scusate...
colpa dell'università, io non c'entro -__-'
New
York City. 11 Marzo 2012. Ore 10.32 A.M. (Domenica)
Erano
quasi quaranta
minuti che stavo seduto in quella macchina, a guardare il paesaggio
fuori dal finestrino cambiare gradualmente da un quartiere all'altro di
New York, in maniera talmente tanto continua, da sembrare quasi un
effetto cinematografico, e a chiedermi inevitabilmente quando, il mio
accompagnatore non che guida turistica, e - ahimé - mio
migliore
amico, si sarebbe deciso a fermarsi.
"Durerà ancora molto questa tortura?" domandai dopo
l'ennesimo sospiro frustrato.
"Ci siamo quasi!" mormorò lui, procedendo lentamente a causa
del
traffico. Incredibile come a New York il traffico fosse permanente. A
qualsiasi ora del giorno e della notte ci si rimaneva imbottigliati.
Inevitabilmente.
"Ascolta Bas... anche se sono qui soltanto
da sette anni, conosco New York come le mie tasche... quindi non
capisco cosa stiamo..."
"Un pò di fiducia ok? Ti chiedo solo questo Blaine!" mi
implorò girandosi un attimo a guardarmi, distogliendo la sua
attenzione dalla guida. Sbuffai, tornando a concentrarmi sui
marciapiedi - anch'essi trafficati - e le vetrine allestite. Eravamo
sulla 14th strada, costeggiando l'East River e non avevo la minima idea
di dove stessimo andando.
"C'entra qualcosa con l'appartamento che sto cercando per caso?"
domandai qualche istante dopo fissandomi a guardare una vecchietta con
un cappello a fiori che attraversava la strada davanti a noi. Lo sentii
sorridere
"Forse!" mormorò divertito
"Mi sembrava di averti detto di tirartene fuori... non voglio
ritrovarmi ad abitare in una bettola piena di topi, con vicini
chiassosi e prostitute che dispensano servigi fuori dalla mia
finestra... e per quanto apprezzi il
tuo adorabile interessamento alla questione io credo sia meglio..."
"Siamo arrivati!" esclamò entusiasta fermando finalmente la
macchina accanto ad un lato della carreggiata. Sbigottito, lanciai
un'occhiata al palazzo davanti al quale ci eravamo appena fermati e
quasi mi strozzai con la mia stessa saliva. Lentamente mi girai verso
il mio - ormai ex - migliore amico e gli lanciai un'occhiata di sbieco
"Stai scherzando spero!" mormorai
"Perché scusa? Non ci sono topi né prostitute per
strada... per quanto riguarda i vicini non so... non li ho
interrogati... però..."
"Sebastian!" lo bloccai passandomi una mano sul viso "Lower East
Side... sul serio?"
"Non ti seguo, B..." mi fece visibilmente confuso slacciandosi la
cintura
"Bastian dovrò vendermi un rene per pagarmi l'affitto... e
quando avrò terminato gli organi, mi toccherà
scendere in
strada e fare compagnia a quelle famose prostitute per andare avanti!"
gli spiegai concitato. Essere il figlio di un noto industriale
dell'Ohio, aveva fatto sì che Sebastian non avesse mai avuto
problemi di soldi. Chiedi e ti sarà dato, questo era il
motto in
casa Smythe. In un certo senso i suoi genitori compensavano l'affetto
che non riuscivano a dargli con un sostanzioso conto in banca a sei
cifre. Soltanto che io di cognome non facevo Smythe ed il mio conto in
banca era come il film di Dario Argento... Profondo Rosso. Chiedere i
soldi ai miei era fuori discussione. Per quanto non navigassimo
nell'oro, possedevamo comunque una buona risorsa, eppure non mi ero mai
permesso di chiedere loro di attingervi. Perché per me
sarebbe
stata un'atroce sconfitta... dopo tutte le battaglie con mio padre, per
ottenere un pò di libertà, lasciare l'Ohio e
approdare a
New York, non era proprio il caso di tornare all'ovile soltanto per
chiedergli di firmarmi qualche assegno. Probabilmente mia madre lo
avrebbe fatto, ma per il quieto vivere avrebbe scosso la testa anche
lei. Era per questo motivo che, da quando avevo messo piede a New York,
ormai sette anni prima, avevo iniziato a lavorare per tirare avanti.
Non interessava la natura dell'occupazione... l'importante era avere a
fine mese il portafoglio quanto meno in uno stato soddisfacente.
Per
l'alloggio, fino a quel momento avevo vissuto con Sebastian, mio
migliore amico, ed eterno punto di riferimento. Forse l'unico in
realtà. Eravamo andati a scuola assieme e avevamo perfino
condiviso la stanza. Lo conoscevo meglio di quanto potessi conoscere me
stesso ed era stato quasi automatico andare a vivere assieme una volta
trasferiti nella grande mela. Le premesse erano buone: tu non rompi le
scatole a me, io non le rompo a te, facciamo a metà con le
spese, e ognuno cucina per l'altro a giorni alternati. Ed era andata
bene per i primi tempi, giusto fino a che i soldi che mia madre mi
aveva infilato di nascosto in una valigia prima di partire, non erano
finiti. Dopodiché dal dividere le spese al cinquanta e
cinquanta, eravamo passati a farlo al trenta e settanta, al dieci e
novanta fino a che l'affitto per me non era rimasto che un lontano
ricordo e Sebastian non aveva iniziato a pagarmi perfino la spesa. Era
stato allora che avevo iniziato a lavorare sodo, anche per diciotto ore
al giorno, a dormire veramente poco e male, a sbalzare da una parte
all'altra di New York, a stare a casa sempre meno, a dimagrire. E a
Sebastian quella situazione non piaceva. Si era perfino offerto di
prestarmi dei soldi
"Me li ridarai appena portai, B... non sono di certo un regalo!" mi
aveva detto quel giorno, ma io, un pò per orgoglio, un
pò
per la stanchezza che avevo addosso - erano ventisette ore che non
dormivo - avevo rifiutato. Dovevo farcela da solo, dovevo dimostrarlo a
mio padre, a mia madre, ma soprattutto a me stesso. Diciamo che
nell'ultimo periodo le cose stavano iniziando a funzionare. Avevo tre
lavori - la mattina presto davo una mano in un forno a legna a fare il
pane e le focacce, subito dopo, scappavo in un supermercato di TriBeCa,
dove lavoravo come magazziniere, dopodiché, ormai distrutto
fisicamente e mentalmente, correvo a casa per una doccia e per
togliermi i vestiti che avevo indossato la mattina alle cinque per poi
correre verso l'unico lavoro che davvero mi dava soddisfazioni: cantavo
e suonavo in un pub sulla riva occidentale di Manatthan. Certo, era
stancante, a volte mi veniva da piangere per la mole di lavoro che ero
costretto a sostenere e per la voglia di dormire che incombeva
minacciosa sulla mia testa, ma avevo imparato che se volevo ottenere
qualcosa, dovevo combattere, stringere i denti e andare avanti. E
magari intanto accordare la chitarra e suonare qualcosa. Quello
sicuramente avrebbe aiutato.
Proprio perché ultimamente gli affari andavano notevolmente
meglio, avevo deciso di lasciare l'appartamento di Sebastian -
perché era inutile girarci intorno... anche se ormai potevo
permettermi l'affitto di quel trilocale, il mio amico mi avrebbe
lapidato piuttosto che accettare i miei soldi - e trovare qualcosa per
me, a misura di Blaine Anderson, magari più vicino ai tre
luoghi
dove lavoravo. Quando lo avevo detto a Sebastian per la prima volta,
lui aveva alzato la testa dal libro di diritto privato - sì,
Sebastian Smythe stava seguendo il praticantato dopo essersi laureato
brillantemente in legge, l'unica facoltà adatta ad uno come
lui
- e mi aveva guardato malissimo.
"Cosa c'è che non va in questo appartamento?" mi aveva
chiesto.
Io ero stranamente arrossito. Mi sentivo un mostro ingrato
"Non c'è niente che non va, lo sai... anzi... non
smetterò mai di ringraziarti per quello che fai ogni giorno
per
me, soprattutto quando arrivano le bollette e l'avviso per l'affitto,
però, ecco... ho soltanto bisogno di qualcosa di... mio.." avevo
risposto con estrema difficoltà. Lui aveva spalancato gli
occhi in maniera quasi indecente
"Ma questa é casa
tua Blaine!" mi aveva fatto notare
"No Sebastian... io sono soltanto un parassita che vive alle tue
spalle, in una delle tre camere da letto di questo appartamento, che fa
la spesa al supermercato con i tuoi soldi, che ti cucina italiano ogni
giovedì sera e che passa l'aspirapolvere al posto tuo quando
tu
devi andare in studio... questa casa non
è mia!" avevo sbottato iniziando a camminare nervosamente
per la
cucina, sotto il suo sguardo preoccupato. Lui si era sfilato gli
occhiali che usava per leggere e li aveva poggiati sul libro con un
sospiro
"Credevo ne avessimo già parlato, B!" iniziò con
un tono
particolarmente stanco, non seppi se a causa della mole di lavoro che
gli avevano assegnato o se per colpa del discorso che stavamo
nuovamente affrontando "Io i tuoi soldi non li voglio... non voglio
niente da te. Mi basta saperti da qualche parte in giro per
casa,
anche se soltanto per un paio d'ore al giorno, trovare le tue magliette
colorate nella lavatrice assieme alle mie camicie bianche e soprattutto
dover apparecchiare la tavola per due persone. Del resto non mi
interessa!" e mi si era stretto il cuore.
"Bastian..."
"Davvero Blaine... prima o poi troverai il modo per sdebitarti con me
di tutta questa gentilezza, perché lo sai che non faccio mai
niente per niente... ma ora non è il momento. Limitati a
goderti
New York e prendi la vita come ti viene... imparando ad evitare le mie
lavatrici magari!" e mi aveva sorriso. Sbuffai. Era successo una
volta... e che cavolo, non c'era bisogno di puntualizzarlo
continuamente. Il discorso era morto lì, anche
perché
avrei dovuto attaccare il turno al pub e quindi ero scappato via, come
al solito. Ma per i mesi successivi non avevo fatto altro che pensarci,
senza riuscire a togliermi dalla testa che, andare a vivere da solo,
sarebbe stata la scelta migliore, per entrambi. E difatti, ero stato
ascoltato.
Il karma aveva voluto che Sebastian conoscesse un ragazzo, Daniel, due
anni più piccolo di lui, che lavorava presso lo stesso
studio
legale, con una grande voglia di imparare e una infinita
vitalità. Era stato come un ciclone entrato nella sua vita.
Da
semplici colleghi erano diventati pian piano grandi amici, amanti e poi
fidanzati ufficiali. E stavano insieme ormai seriamente da quasi due
anni. Per me che lo conoscevo, immaginare Sebastian fidanzato era
davvero strano. Lui, il più libertino e promiscuo
dell'intera
costa occidentale, aveva messo la testa a posto e aveva deciso di
diventare monogamo. E a conti fatti ci stava riuscendo alla perfezione.
Daniel era un ragazzo straordinario, e non ci avevamo messo molto a
diventare grandi amici. Con in comune la passione per la musica e per
Katy Perry, avevo stretto un bel rapporto d'amicizia ed era nata una
sorta di convivenza a tre. Ormai Daniel passava più tempo da
noi
che a casa sua, dove viveva con i suoi genitori, tanto che un giorno
Sebastian, non seppi se scherzando o seriamente, gli buttò
lì la frase
"Non capisco cosa ci torni a fare a casa dei tuoi... faresti prima a
invaligiare una manciata di vestiti e venire a stare direttamente qui.
Lo spazio nel mio letto per te ci sarà sempre!" Daniel era
quasi
scoppiato a piangere dalla gioia saltandogli in braccio ed io mi ero
limitato a trattenere un sorriso intenerito e a sgattaiolare via dalla
stanza, perché immaginavo che dopo una richiesta del
genere...
beh, volessero stare quantomeno da soli. Quindi ormai erano cinque mesi
che io Sebastian e Daniel vivevamo sotto lo stesso tetto - sempre a
spese del secondo che si era rifiutato categoricamente di far pagare le
spese al suo ragazzo nonostante quest'ultimo lo avesse minacciato
più volte con tanto di lama affilata tra le mani - e ormai
la
situazione iniziava a diventare insostenibile. Durante quelle poche ore
che mi trovavo a casa mi sentivo terribilmente di intralcio, anche se
tornando li trovavo innocentemente accoccolati sul divano a guardare un
film, o li sorprendevo in bagno insieme - uno intendo a farsi la barba,
l'altro ad asciugarsi i capelli. Ed era per questo che per la seconda
volta mi ero ritrovato a sospirare e ad esordire a gran voce entrando
in cucina, dove, neanche a dirlo, Sebastian stava studiando
"Da domani inizio a cercarmi un appartamento!" avevo esclamato
risoluto. Lui per la seconda volta aveva alzato la testa ma quella
volta non si era tolto gli occhiali, né aveva sospirato.
Buon
segno? Dopo quelli che erano sembrati secoli, era scoppiato a ridere,
lasciandomi interdetto ed aveva risposto
"Ed io sarò lieto di darti una mano!" dopodiché
ci
eravamo trovati a sorriderci a vicenda come due idioti e a ridere
assieme subito dopo.
Ed era iniziata così la mia caccia. Trovare un appartamento
accettabile a New York, non esageratamente costoso, possibilmente in un
quartiere tranquillo, in una posizione ottimale tra il pub, il
panificio e il supermercato. Era chiedere troppo? Sebastian si era dato
davvero da fare, forse iniziando a sentire davvero la fretta di
liberarsi di me, solo che i suoi canoni di ricerca erano estremamente
discordanti dai miei. Fino ad allora mi aveva fatto vedere ben cinque
appartamenti il migliore dei quali aveva una vista incredibilmente
caratteristica su un vicoletto pieno di negozi a luci rosse e locali
notturni alquanto equivoci. Era per questo che avevo sentitamente
pregato il mio amico di tirarsene fuori e di limitarsi a darmi una mano
nella preparazione delle valigie con la semplice promessa che, dopo
aver trovato l'appartamento giusto, mi avrebbe aiutato con il trasloco.
Ma in quel momento, in quella macchina, davanti a quel palazzo, in quella
Lower East Side, mi sembrava di aver parlato al vento per giorni
interi. Eppure lui continuava a sorridermi incoraggiante, orgoglioso di
chissà che cosa.
"Non fare l'esagerato Blaine... questa volta penso di aver trovato il
posto giusto per te! Coraggio, scendi che te lo mostro!" mi
incitò scendendo dall'auto e raggiungendomi sul marciapiede
"Anche l'ultima volta lo pensavi, Seb... e siamo dovuti scappare a
gambe levate da un travestito in minigonna e tacchi a spillo!" gli
ricordai lanciando un'occhiata al palazzo color porpora - innocuo e
all'apparenza rispettabile - che si stagliava per ben quattro piani
davanti a noi. Sebastian scoppiò a ridere cacciando un mazzo
di
chiavi dalla giacca e aprendo il portoncino di metallo
"Ok, ammetto che quella forse non è stata una grande idea..."
"Forse?" feci io ironico
"Ma ti assicuro che questa volta sarà diverso. Questa volta
ho
fatto centro!" ed entrammo nel portone, elegantemente decorato, seppure
abbastanza sobrio. Prendemmo l'ascensore, mentre il mio amico non la
smetteva di sorridere e di rigirarsi le chiavi tra le mani ed io,
ansioso e impaurito, lo guardavo con sospetto. Ci fermammo al quarto
piano, l'ultimo, e Sebastian si diresse spedito verso la porta alla
nostra sinistra ed inserì la seconda chiave nella toppa.
"Ehm... Sebastian?" lo chiamai incerto, mentre apriva la porta ed
entrava tranquillamente dentro l'appartamento
"Sì?" finalmente si voltò verso di me e mi
guardò curioso, ancora immobile sullo zerbino
"Questa cosa non dovrebbe farla, che so... un agente immobiliare in
giacca e cravatta, magari in maniera ufficiale e soprattutto in un
altro giorno che non sia la domenica?" gli domandai allora. Lui
scoppiò a ridere addentrandosi di più nei meandri
a me
ancora sconosciuti dell'appartamento
"Coraggio B, non essere timido... in via del tutto ufficiosa, oggi
sarò il tuo personalissimo agente immobiliare, senza
cravatta
né la pretesa di un extra bonus vista
l'eccezionalità della giornata!" e
mi fece l'occhiolino invitandomi ad entrare con la mano. Deglutii
dopodiché feci come mi aveva detto chiudendomi la porta alle
spalle.
Subito mi guardai intorno. Mi trovavo in un piccolo ingresso,
relativamente spoglio, fatta eccezione per un paio di ganci per i
cappotti, sulla destra ed un porta-ombrelli dal discutibile gusto alla
sinistra. Davanti a me si apriva un enorme, forse esagerato, soggiorno,
con un grande divano ad angolo, coperto da un lenzuolo, un tavolo
rettangolare, una libreria a muro vuota e piena di polvere ed un paio
di quadri poggiati per terra, che probabilmente un tempo erano stati
appesi alle pareti. Sulla sinistra la porta della cucina, che da
lì non riuscivo a vedere, mentre sulla destra la
porta-finestra
che si affacciava su quello che sembrava un balcone. Di fronte alla
porta di ingresso, in linea d'aria, un altro piccolo corridoio, nel
quale riuscivo a scorgere altre tre porte, probabilmente due delle
quali erano il bagno e la camera da letto.
"Puoi anche staccarti dalla porta, Blaine... il parquet non ti mangia!"
mi ammonì Sebastian diretto in cucina. Sbalordito, mi
riscossi
dal momento di trance e lo seguii. La cucina in questione era piccola,
ma carina, sviluppata ad angolo retto su due pareti continue, e perfino
con un bel tavolo di legno poggiato sulla parete opposta.
"Bene, questa è la cucina... direi abbastanza decente, quasi
abitabile... finestra con vista sulla strada da cui siamo saliti,
fuochi
perfettamente funzionanti, e frigo nella norma... diciamo che
è
su misura di un single distratto e affamato come te!" spiegò
fingendosi davvero un esperto, mostrandomi meglio la stanza con un
gesto plateale. Sbattei più volte le palpebre senza riuscire
a
parlare. Dopodiché mi spinse di nuovo nel salone, che
sembrava
ancora più grande visto da quella angolazione, e entusiasta
mi
fece notare che i mobili erano quasi nuovi e che quella libreria appesa
al muro era perfetta per tutti i miei libri e i miei spartiti. Senza
neanche chiedermi niente, mi spinse verso il corridoio, ed
aprì
la prima delle tre porte che si rivelò uno stupendo bagno,
con
tanto di doccia, vasca, sanitari e finestra discreta che dava sulla
facciata orientale del palazzo. La porta di fianco era la camera da
letto, anch'essa particolarmente grande, dominata perlopiù
da un
letto matrimoniale, coperto da un altro lenzuolo bianco, un armadio
nero
a tutta altezza e un settimino dello stesso colore, poggiato sotto una
finestra che rimandava la stessa immagine di quella della cucina.
Lì Sebastian mi aveva sorriso complice facendomi notare che
il
letto matrimoniale era un input perfetto per rimettere in riga la mia
vita sentimentale. Oppure mi sarei potuto prendere un cane, su quello
mi lasciò carta bianca. Mi spinse poi verso la terza porta,
lo
sgabuzzino - perfetto per riporre il mio caos creativo e la ciotola del
cane. Ed infine, proprio quando credevo di aver visto tutto, entusiasta
come solo un bambino di cinque anni può esserlo dopo aver
ricevuto i complimenti dalla maestra, mi guidò fino al
balcone
che aprì. Quello che vidi mi lasciò senza fiato:
quello
che erroneamente avevo creduto un semplice balcone, era in
realtà un terrazzo, circondato su due lati da un
cespuglietto
ben curato che si affacciava su una stupenda vista dell'East River e la
costa meridionale della città. C'era un piccolo dondolo
bianco
poggiato alla parete, e il pezzo di muretto che non era decorato con le
piante, comunicava armoniosamente con il terrazzo di fianco. La vista
era a dir poco fenomenale e non potei fare a meno di immaginarmi seduto
su quel dondolo, la sera, magari con la chitarra in grembo, la matita
in bocca e gli spartiti sparsi sul pavimento. Quella zona di New York
illuminata solo dai fari delle auto e dai lampioni della strada,
sarebbe stato tanto suggestiva quanto d'ispirazione per il sottoscritto.
"Allora... che te ne pare?" mi domandò finalmente,
guardandomi con un sorriso speranzoso
"Sebastian... io..."
"Lo so, lo so... stai cercando il modo migliore per ringraziarmi e non
sai da dove iniziare. Ti do una mano io... Sebastian, luce della mia
vita, ti sono debitore.. mi hai appena regalato la gioia più
grande con questo appartamento, ed hai ragione, è proprio
adatto
per me... e sai cosa facciamo ora per festeggiare... chiamiamo anche
Daniel e andiamo tutti insieme a pranzo dal thailandese sulla 7th
strada, ah è chiaro... offro io!" e mi sorrise entusiasta
"Sebastian!" lo chiamai lentamente, distogliendo finalmente lo sguardo
dal dondolo e puntandolo su di lui
"Cosa c'è?"
"Ribadisco... spero tu stia scherzando..." biascicai incerto. Fargli
capire che neanche tra mille anni mi sarei potuto permettere un
appartamento del genere, doveva essere un'impresa titanica a quanto
pareva.
"Non capisco, B... ma l'appartamento ti piace oppure..."
tentò lui incerto
"Sì, Sebastian, mi piace... e anche tanto..." risposi
esasperato alzando gli occhi al cielo
"Bene! E allora qual'è il problema?" domandò con
un sorriso
"Il problema..." iniziai perdendomi in un sospiro, dopo essermi accorto
di aver alzato inconsapevolmente il tono della voce. Adesso il vicino
rumoroso ero diventato io, senza neanche abitarci in quel palazzo.
Abbassai la voce e continuai "Lower East Side, Sebastian..."
"Cazzo, Blaine, se ripeti ancora una volta il nome di questo quartiere
giuro che ti lancio giù dal balcone!" sbottò lui
passandosi una mano tra i capelli, perfettamente sistemati
all'insù. Si prese qualche secondo per calmarsi, mentre io
incrociavo le braccia al petto e lo guardavo malissimo. Ci sarebbe
arrivato da solo prima o poi alla soluzione del mistero
"D'accordo siamo a Lower East Side... e allora?" mi domandò
finalmente sbuffando appena
"Non posso permettermelo... e lo sai!" risposi stizzito. Era
atrocemente crudele mostrarmi cosa esattamente volevo, e
contemporaneamente farmi capire che tanto non avrei mai potuto averlo,
perché non avrei trovato i soldi necessari per pagarlo.
Neanche
tra mille anni, appunto!
Lui alzò un sopracciglio e fece un mezzo sorriso
"Se solo mi avessi lasciato finire di parlare, ti avrei spiegato il
perché mi sono permesso di mostrarti un appartamento tanto
bello, in un quartiere tanto prestigioso, nonostante tu non abbia
grandi risorse da parte!" mi fece allora, affondando le mani
nelle tasche dei jeans
"Sarebbe?" domandai scettico. Cosa diavolo si era inventato
quell'idiota?
"Vedi, uno dei soci dello studio legale presso il quale lavoro,
è il proprietario di questo grazioso appartamento, e cerca
affittuari da quando la sua adorata e viziatissima figliola ha pensato
bene di rifiutare questo modesto regalino che suo padre le aveva
concesso per i suoi ventun anni... un quartiere troppo sputtanato,
parole sue!" mi spiegò divertito
"Aspetta... il tuo capo ha regalato questo appartamento... a sua figlia
per il suo compleanno?" domandai sbigottito
"Esatto!"
"E lei lo ha.. rifiutato?"
"Già... più si ha e più si pretende di
avere!" fece lui alzando le spalle
"D'accordo... e cosa c'entro io con questo tizio?" domandai allora
sempre più confuso
"Beh, te l'ho detto.. lui cerca qualcuno a cui affittare
l'appartamento, dato che ormai rivenderlo sul mercato sarebbe un
pessimo affare, e guarda caso l'altro giorno mi ha chiesto se
conoscessi qualcuno interessato!" e mi fece l'occhiolino in maniera
complice. Incredibile come certe cose capitassero davvero a fagiolo.
Peccato che continuassimo a parlare di un appartamento di
chissà
quante migliaia di dollari in pieno centro. Eravamo a meno di venti
minuti da Broadway, ce ne rendevamo conto?
"E quanto ti avrebbe chiesto di affitto?" chiesi sull'attenti, dato che
ormai mi aspettavo che la batosta arrivasse da un momento all'altro. E
fu lì che il suo sorriso si allargò notevolmente
"A tua discrezione!" esclamò soltanto
"P-prego?"
"Ma sì... lui non ha problemi di soldi, e di certo non gli
cambierebbe la vita ottenere degli introiti straordinari nell'affittare
questo posto... vuole semplicemente una cifra simbolica per non
sentirsi ancora di più in colpa per aver sprecato
all'incirca
mezzo milione di dollari per fare un regalo non gradito! Lui ha detto
che andrebbero bene anche cento dollari al mese, bollette e condominio
esclusi, l'importante è che gli assicuro di mettergli in
casa
una persona tranquilla e fidata! E tu fai al caso suo!" mi
spiegò soddisfatto. Non ci potevo credere, non poteva essere
vero. Avevo trovato davvero l'appartamento perfetto a... cento dollari
al mese? Ed era davvero stato Sebastian a trovarmelo? Era uno scherzo?
C'era una telecamera nascosta dietro uno di quei perfettissimi
cespugli?
"Allora... che ne dici? Sono o non sono il migliore?" mi
domandò
con un sorriso contagioso che non riuscii a non ricambiare con
trasporto. Pochi istanti dopo mi ritrovai con le braccia attorno al suo
collo, in uno strepitio di gioia
"Non ci posso credere, Bas... non ci posso credere!" urlai
infischiandomene dei vicini - i miei futuri vicini - ma non riuscivo a
contenere la contentezza e l'emozione. Lui ridacchiò
ricambiando
la stretta
"Quindi che faccio?... dico al proprietario di bloccare
l'appartamento?" mi domandò retorico scostandomi un
pò
per guardarmi negli occhi. Io, che probabilmente ero talmente tanto
scioccato da avere perfino gli occhi lucidi, gli sorrisi
"E me lo chiedi... fallo immediatamente!" risposi scoppiando in una
sonora risata liberatoria contagiando anche lui. Prese il telefono
dalla tasca dei jeans e compose un numero
"Signor Fabrey? Salve sono Sebastian Smythe.. la chiamavo per via di
quell'appartamento..." qualche secondo di pausa in cui mi ritrovai
inconsapevolmente a sudare freddo. E se avesse cambiato idea? E se
avesse deciso di aumentare l'affitto? E se mi avesse ritenuto non
idoneo per abitarci? Il sorriso di Sebastian ebbe il potere di farmi
calmare all'istante
"Esatto.... avrei appena trovato il suo futuro inquilino!"
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