Memory.
Ricorda
come se
l’avesse ancora sotto al naso l’odore acre del fumo
che si innalzava in nere
volute dalle fiamme feroci che lambivano i preziosi sedili in velluto
rosso,
che marciavano inesorabili verso la buca dell’orchestra, che
inghiottivano gli
spartiti e proseguivano oltre, a divorare il legno del proscenio, il
sipario,
la sceneggiatura.
Ricorda chiaramente
le grida di terrore, le urla di disgusto, i pianti, gli spari a salve
dei
fucili della gendarmerie che tentava inutilmente di gestire il pubblico
sbraitante che sgomitava, correva, calpestava i poveri disgraziati che
avevano
inciampato ed erano rimasti indietro, a languire sofferenti tra le
poltroncine,
o schiacciati sotto il peso dell’enorme lampadario, senza che
nessuno si
curasse di loro.
Ricorda la tenera
consistenza del polso sottile di Christine quando, accecato dalla
furia,
l’aveva trascinata attraverso i suoi infernali sotterranei
con tutta
l’intenzione di costringerla a sposarlo con le buone o con le
cattive,
incurante dei suoi gemiti, sordo alle sue suppliche, cieco davanti alle
sue
lacrime. Lei, dopotutto, non era stata cieca e sorda a sua volta
dinnanzi al
dolore e all’amore che Erik le aveva deposto ai piedi con
tutta l’umiltà e la
riverenza e il rispetto che meritava?
Ricorda il profumo
della sua pelle quando le si era avvicinato per obbligarla ad indossare
il velo
nuziale, e ricorda di aver desiderato prenderla proprio lì,
proprio ora, per macchiare quella disgustosa purezza e farle
capire che cosa significava
provare disgusto per se stessi!
Ma poi, ricorda
anche come il suo amore lo aveva dissuaso dal rendere
l’oggetto della sua
adorazione anche quello della sua rabbia – e ricorda di
quando, invece,
quest’ultimo era arrivato in tutta la sua pavida gloria di
ragazzino insolente,
senza neppure uno straccio di arma per combattere per il suo supposto
amore!
Ricorda la
deliziosa sensazione delle sue mani strette intorno a quel collo, delle
sue
dita premute su quella trachea, dello sguardo di orrore e disperazione
e
sconfitta che aveva veduto nei suoi occhi un attimo prima che Christine
facesse
la sua scelta, decidendo di essere sua, sua!,
per
sempre e comunque.
Ricorda il sapore
di quelle labbra morbide e tremanti contro le sue, ricorda di averla
vista
piangere e di aver pianto con lei, e di averla baciata, e di averla
lasciata
andare…
Ricorda di come si
era adagiato sullo sgabello del suo organo, pronto a lasciarsi
catturare e
giustiziare dalla folla inferocita che nel frattempo aveva trovato la
via per
la sua dimora segreta, e di come si era sentito del tutto
disinteressato al
fatto che essi stessero venendo per lui, per avere la sua testa, per
depredarlo. Venissero pure! Non aveva più nulla da perdere,
adesso che aveva
ucciso da sé il proprio cuore.
Ricorda bene anche
di quando, prima di tutti gli altri, era stata Meg Giry a trovarlo, e
aveva poi
fatto cenno alla madre di sbrigarsi e aiutarla a spostarlo da
lì, prima che
arrivassero gli altri e impedissero loro di metterlo in salvo. Ricorda
di come
non fosse padrone del proprio corpo né della propria mente,
in quei momenti, e
di come si fosse lasciato trascinare via senza opporre resistenza,
attraverso i
suoi stessi cunicoli, su, lungo le scale, attraverso altre gallerie,
fino a
raggiungere una grata e poi da lì uscire nel buio di una
qualche via senza nome
e sgattaiolare, da lì, il più lontano possibile.
Ricorda vagamente
di come le due Giry avessero rubato un calesse dalle scuderie del
teatro, e
ricorda come in un sogno madame che, dopo averlo avvolto in un mantello
– il
suo? – lasciava che la figlia guidasse i cavalli e li
conducesse via, fuori
dalla città, a nord, per chissà dove.
Ricorda di aver
perso conoscenza, febbricitante, e di non aver ripreso i sensi per
molto tempo.
E poi, dopo il
dramma, ricorda l’odore del mare – la prima volta
che l’aria salmastra aveva
raggiunto le sue narici, coprendo e scacciando la memoria del fumo, del
fuoco, dei
capelli di Christine e persino delle sue lacrime.
Ricorda di aver
pianto in silenzio, come un bambino, aggrappato alle vesti di madame
Giry
mentre la brezza che soffiava dall’oceano gli accarezzava
gentilmente la carne
piagata del volto, asciugando il suo pianto e gelandolo in piccoli
cristalli, e
ricorda di aver supplicato che lo lasciassero lì, che
avessero pietà di lui e
lo consegnassero a una morte misericordiosa, ma le braccia della sua
antica
amica erano strette intorno alle sue spalle e la sua voce era
stranamente dolce
mentre gli mormorava di riposare e di non preoccuparsi di nulla,
perché lei non lo avrebbe mai abbandonato.
Avevano trovato una
locanda per riprendersi dal viaggio – non si erano fermati
neppure per far
riposare i cavalli, fuggendo da Parigi come se avessero il diavolo alle
calcagna – e avevano deciso di attendere là, nel
porto di Cherbourg, che
partisse la prima nave per il Nuovo Mondo.
Ricorda tutto questo, Erik,
mentre osserva con apparente disinteresse il suo nuovo capolavoro, il
suo ultimo colpo di genio, circondato da una folla curiosa che attende
con impazienza l'inaugurazione della sua Città delle
Meraviglie. Madame Giry, al suo fianco, fa cenno a mister
Squelch e mister Gangle di spalancare l'immenso cancello in ferro
battuto nel quale era stata sapientemente intagliata una P in caratteri
gotici. Nello stesso istante tutte le attrazioni del parco si
illuminano e il cielo viene rischiarato dai bagliori colorati di
numerosi fuochi d'artificio, e l'aria si riempie di musica,
coriandoli e applausi.
«Mister Y presents Phantasma,
city of wonders!» Esclamano i suoi tre
galoppini, inchinandosi con fare teatrale davanti a lui e accrescendo
l'eccitazione della folla.
Erik si inchina elegantemente a sua
volta, con un sorriso accennato sul volto. Non è
più il tempo dei ricordi.
«Che lo spettacolo abbia
inizio!»
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Angolo
autrice:
Non so
descrivere bene che cosa sia questa cosa, ce l'avevo nel PC da un po' ma non avevo ancora
avuto il coraggio di renderla pubblica... Abbiate pietà :D
Per chi conosce Love Never
Dies, il
tanto discusso sequel del Phantom of the Opera di A. L. Webber, non
c'è bisogno che spieghi granché: nell'ultima
scena troviamo un breve accenno all'inaugurazione di Phantasma, il
parco divertimenti che Erik apre a Coney Island, e capiamo
così che tutto il testo precedente fa parte di un flusso
malinconico di pensieri che lo coglie all'improvviso, mentre assiste al
suo ultimo trionfo, trionfo che stavolta non è rovinato da
niente e da nessuno - perché è giusto che
qualcuno riconosca il genio e l'inventiva del fantasma una volta tanto,
oh! :D
Non accenno alla
fantomatica notte di concepimento [vedere Beneath a
moonless sky]
perché in questa mia realtà alternativa e
discutibile Erik non ha mai consumato un bel niente con Christine - se
non parecchi anni della sua vita D: - per cui non è stata
una svista, ma una cosa voluta. Altro da dichiarare? Mh, no, non
credo... Non so se scriverò altri "Missing moment" su LND,
vediamo un po' cosa mi dice la mia musa ispiratrice!
Spero che questa breve
one-shot sia stato un gradevole passatempo :) Con la speranza di
risentirci presto, vi lascio - vostra,
Niglia.
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