CAPITOLO
1.
<<
Eccoci arivati signorina >> Annunciò la voce
meccanica
dell'autista, mentre la macchina accostava di fronte ad un enorme
cancello metallico.
Scesi
dal taxi sbadigliando, ancora profondamente assonnata, trascinandomi
dietro le tre ingombranti valigie che, se non fosse stato per le
insistenze di mia madre, avrei volentieri lasciato a casa.
L'autista
mi fissava con un'espressione tra il perplesso e il divertito.
<<
Ti serve una mano con quelle? >> Chiese, indicandole con
un
cenno del capo.
Nel
sentire quelle parole ritenni me ed i miei cinque anni di judo
profondamente offesi.
<<
Ma le pare >> Borbottai, sollevandole con
facilità da terra <<
Sono molto più forte di quanto crede >>
L'autista
si lasciò sfuggire una risata e riaccese il motore.
<<
Buona giornata allora >> Disse, ed io, dopo avergli
lanciato
un'ultima occhiataccia, richiusi la portiera.
Il
grosso cancello, quasi completamente arrugginito, aveva tutta l'aria
di essere stato costruito nel millennio passato ed essendo la prima
cosa che vedevo del college in cui avrei dovuto trascorrere i
successivi 9 mesi, non era molto incoraggiante.
Una
volta varcato il cancello però, vidi qualcosa che mi piacque
decisamente di più.
A
circa
una cinquantina di metri da me, un ragazzo biondo e piuttosto alto,
con una tracolla e due libri sotto braccio, stava percorrendo un
vialetto di ghiaia che congiungeva il giardino esterno all'ingresso
di uno dei dormirori, probabilmente quello maschile.
Decisi
immediatamente di lasciare da parte il mio orgoglio di judoca e
buttai a terra le valigie, fingendomi esausta.
<<
Scusa! >> Gridai, scuotendo in aria le braccia per farmi
notare
dal biondino.
Il
ragazzo si guardò attorno per alcuni istanti,
finché non si accorse
di me e, dopo un momento di perplessa esitazione, mi raggiunse.
Non
appena me lo ritrovai di fronte ringraziai con tutto il cuore di
essere stata iscritta a quel college.
<<
Devi farne di palestra per avere due bicipiti come quelli
>>
Mormorai estasiata, fissando il ragazzo da testa a piedi con infinita
ammirazione.
Il
viso
del biondino si fece spaventosamente pallido.
<<
Scusami..? >> Farfugliò, incredulo e spiazzato.
<<
Mi aiuti con le valigie? Devo portarle al dormirtorio >>
Chiesi
con un sorriso a quaranta denti, cambiando prontamente argomento.
Il
ragazzo rimase immobile, squadrandomi con diffidenza.
<<
Chi sei? >> Mormorò sospettoso.
<<
Emily, ma chiunque abbia i tuoi bicipiti può chiamarmi Em
>>
Risposi, dandogli una pacca amichevole sulla spalla e porgendogli
sorridente due valigie.
Se
pur
con un'espressione scettica e lievemente incerta le prese, e senza
dire un'altra parola si diresse verso una palazzina rossastra alla
nostra sinistra, accanto alla quale se ne trovava un'altra,
più
grande e dall'aria più vecchia, che doveva essere l'edificio
scolastico.
<<
Se tu fossi un gentiluomo ti presenteresti a tua volta >>
Commentai maliziosamente, seguendolo.
Il
biondino emise una specie di brontolio seccato.
<<
Sono Nate >> Bofonchiò a mezza voce,
affrettando il passo.
Sebbene
quel suo comportamento distaccato e bizzarro fosse quantomeno
spassoso ai miei occhi, non potei non chiedermi con una certa
preoccupazione se fosse gay.
Insomma,
non si era mai visto un etero che di fronte ai complimenti e alle
attenzioni di una giovane fanciulla si comportasse in modo tanto
strano e imbarazzato.
Certo
sarebbe stato un terribile spreco...
Raggiunsimo
la porta d'ingresso dell'edificio, sulla quale era affisso il
cartello "dormitorio
femminile del New Orleans college",
ed entrammo in silenzio; io perché troppo impegnata a capire
se
fosse realmente dell'altra sponda e lui perché, gay o non
gay, non
aveva esattamente l'aria di essere un gran chiacchierone.
Non
fecimo più di tre passi sul pavimento marmoreo di
quell'elegante
atrio in stile antico, che una signora sulla settantina, dalla sua
postazione ad un piccolo banchetto pieno zeppo di fogli e libri, si
alzò per venirci incontro.
<<
Nathaniel Baker >> Gracchiò l'anziana donna,
avvicinandosi al
mio accompagnatore con una scintilla di sadismo nello sguardo
<<
I vecchi vizi non si perdono mai vedo. Di nuovo in giro per il
dormitorio femminile senza permesso? >>
Nate
fece un respiro profondo, serrando la mascella con forza.
<<
Stavo solo.. >> Protestò, ma quella lo
zittì con uno squittio
seccato.
<<
Non voglio sentire scuse >> Sibilò gelida, per
poi voltarsi
verso di me con un'espressione altrettanto infastidita.
<<
E tu saresti? >> Chiese acida, squadrandomi da capo a
piedi con
aria di sufficienza.
Era
veramente un buffo soggetto. Sembrava tanto una di quelle vecchiette
bisbetiche che si incontrano sugli autobus, sempre pronte a
lamentarsi per qualsiasi cosa.
<<
Emily Gotherville >> Risposi, marcando il cognome con un
sorrisetto provocante sulle labbra.
Per
un
istante la donna non disse nulla, fissandomi nel più
assoluto
mutismo e probabilmente intenta a maledirsi per il freddo e scortese
modo in cui mi si era appena rivolta.
<<
La... la figlia del signor Gotherville, certo... la stavamo
aspettando signorina >> Balbettò, sistemandosi
gli occhiali
con evidente imbarazzo.
Notai
con immenso godimento come fosse bastato pronunciare un nome per
farla passare da un tono freddo e sgradevole ad uno rispettoso e
quasi eccessivamente educato.
<<
Baker >> Proseguì, tornando a rivolgersi al
ragazzo <<
Grazie per aver assistito la signorina Gotherville coi bagagli, ora
può tornare al suo dormitorio >> Nonostante il
chiaro sforzo
di essere più gentile, non poté evitare di dare
una nota amara alle
sue parole.
Nate,
nonostante l'espressione totalmente confusa, poggiò a terra
le due
valigie senza fare domande.
<<
Buon pomeriggio signorina Adams >> Disse, con un
sorrisetto
chiaramente sarcastico, al quale la donna rispose con una specie di
grugnito.
Non
appena il ragazzo ebbe lasciato la palazzina, e i suoi meravigliosi
bicipiti con lui, la signorina Adams tornò a fissarmi,
questa volta
sforzandosi addirittura di sorridere.
<<
Se vuole seguirmi, signorina Gotherville >> Disse con
voce
mielosa, afferrando le due valigie che Nate aveva abbandonato sul
pavimento di marmo e trascinandole faticosamente verso l'ascensore.
Se
avessi avuto un minimo di cuore le avrei detto di lasciare che le
portassi io, ma i suoi patetici nonché vani tentativi di
smuovere i
due ingombranti bagagli da terra era una delle cose più
esilaranti
che avessi mai visto, tanto che dovetti impegnarmi per non scoppiare
a riderle in faccia.
Quando
finalmente riuscimmo ad entrare in ascensore, l'anziana "governante"
mi portò al quarto ed ultimo piano.
<<
Le ho riservato una compagna di stanza davvero eccezionale!
>>
Squittì con fierezza << E' una delle migliori
studentesse del
college, ed è una ragazza gentile ed educata come ne
esistono poche!
>>
Quella
descrizione mi allarmò.
Oh
no,
tutto ma non una santerellina!
<<
Troppo buona >> Dissi, cercando di nascondere la smorfia
involontaria che mi era apparsa sul viso.
Mi
era
già successo in precedenza, durante uno stage di judo
all'estero, di
dover condividere la stanza con una ragazza di quel genere ed era
stata una delle esperienze più noiose e deprimenti della mia
vita.
Non
ci
tenevo proprio a ripetere l'episodio, così sperai
ardentemente che
la signorina Adams si sbagliasse, e che sotto sotto la mia futura
compagna di stanza nascondesse un'indole selvaggia e ribelle.
Seguii
l'anziana donna lungo un largo corridoio pieno di porte, dalle quali
giungevano chiassosissime urla e risate; dall'espressione rigida e
tirata della signorina Adams capii che avrebbe tanto voluto entrare
in ciascuna di esse per urlarne quattro alle responsabili di tutta
quella confusione, ma ebbe il sufficiente autocontrollo per
trattenersi dal farlo in mia presenza.
Ero
sempre più stupita dal modo in cui il solo nome di mio padre
fosse
riuscito a terrorizzare quella donna, tanto da trasformarla, da acida
e detestabile com'era, in un essere umile e disgustosamente gentile.
Mio
padre, Thomas Gotherville, era di recente diventato uno degli uomini
di maggior rilievo di New Orleans, nonché uno dei
più importanti
finanziatori del mio nuovo college, grazie alla sua abilità
nel
campo dell'economia e alla sua grande catena di industrie, che aveva
sua sede principale nella suddetta città; così,
per facilitare il
lavoro a mio padre, io e la mia famiglia ci eravamo da poco
trasferiti lì.
La
governante si fermò di fronte alla stanza numero 43 e dopo
avermi
rivolto un sorrisetto incoraggiante, bussò tre volte alla
porta.
<<
Signorina Price? >>
Ci
fu
un momento di silenzio.
<<
Avanti >> Disse una voce femminile all'interno.
La
signorina Adams aprì la porta, rivelando la stanza in cui
avrei
dovuto sopravvivere fino all'anno successivo.
Perlomeno
era più grande di come l'avevo immaginata.
Era
anche piuttosto luminosa, grazie alle due grandi finestre che si
affacciavano sul giardino esterno del college e attraverso le quali
penetravano i raggi tiepidi di quel sole d'inizio settembre.
Esaminai
attentamente tutta la camera, concludendo che nel complesso non era
terribile come me l'ero aspettata... e per ultima mi lasciai lei,
Price.
***
-Piccolo
chiarimento: non si tratta di uno di quei college che si frequentano
una volta finite le scuole superiori, ma è appunto una "High
school" dove si trascorre tutto il periodo scolastico, tornando
a casa solo durante le feste :)
Salve
a tutti! :)
Così
finisce il primo capitolo di questa fanfiction; ho
preferito non
descrivere troppo nel dettaglio i personaggi che sono apparsi
perché
io amo farli conoscere un po' per volta, capitolo dopo
capitolo.
Questa
non sarà una storia romantica incentrata unicamente sui due
amanti,
anzi, qui si parlerà di amicizie, di odi, di rabbie e di
gioie, dei
soliti casini adolescenziali e poi, naturalmente e soprattutto, di
amore, ma quello verrà un po' più in
là.. Non sarà certo un colpo
di fulmine tra Emily ed il suo ancora segreto "cavaliere",
questo è poco ma sicuro! :) E soprattutto mi auguro che
questa
storia non appaia mai banale, né scontata... beh, ma dovrete
dirmelo
voi questo! :)
Detto
ciò vi chiedo di lasciare un commento, anche negativo se
dovesse
servire, o semplicemente un consiglio per milgiorare la storia o il
modo di scrivere, perché in fondo sono qui per imparare :)
Vi
ringrazio per aver letto, alla prossima!
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