Sealife
Capitolo
I
…
La notte era
finita. Il buio pian piano si trasformava in un chiaro ricordo,
presentando il nuovo giorno come un meraviglioso dipinto dalle
striature violacee. Il sole si stagliava all’orizzonte, oltre
il mare. Il cielo aveva assunto uno strano colore, non v’era
più la presenza della notte ma il lieve venticello continuava
a soffiare. Le cime delle palme ondeggiavano senza mai avvertire
senso di disagio. La sabbia era fredda, umida, densa. Le impronte, i
castelli di sabbia e le buche sparse su tutta la spiaggia ormai
appartenevano a ciò che il giorno stava cancellando.
Finalmente un po’ di serenità dopo una lunga fatica.
Sarebbe stato un giorno di riposo, eppure Shawn era lì, seduto
in riva al mare, tracciando delle linee sulla sabbia.
Il suo sguardo era
rivolto verso il sole, gli occhi semichiusi, cercando di non perdersi
lo spettacolo mattutino. Lo faceva spesso, anzi quasi ogni mattina.
Una sorta di rituale per lui contemplare ciò che il nuovo
giorno potesse offrire al mondo. Già, il mondo poteva ancora
offrire ciò che molti ormai reputavano superfluo: indifferenza
verso le cose ritenute scontate e banali. Continuò a fissare
il movimento del sole che per farsi osservare si innalzava sempre più
nel cielo, rendendo tutto il paesaggio ancora più luminoso.
Una mano toccò
la spalla di Shawn. Non si voltò a vedere chi fosse. Sapeva
già che si sarebbe seduta accanto a lui.
«Sarebbe
meglio che tu andassi dentro a vestirti. Potrebbe venire gente e noi
non sembriamo proprio degli isolani.»
Sebbene non
vedesse il suo volto, Shawn immaginò un sorriso.
«Quanto
durerà ancora?» questa volta il ragazzo abbassò
lo sguardo, tracciando questa volta sulla sabbia dei segni con le
dita. La forma risultante era simile ad un pesce, con un cerchio
ovale a formare un corpo ed un triangolo alla sommità come una
coda.
«Sarei la
prima a dirtelo. Purtroppo non mi è stato concesso il dono
della preveggenza ma dopotutto meglio così, mi sarei persa
tutte le sorprese.»
Questa volta il
ragazzo fu preso per un braccio e quasi obbligato ad alzarsi. Non
oppose molta resistenza e lasciò accompagnarsi mentre si
drizzava in piedi. Si pulì le gambe meglio che poteva,
lasciando che i granelli di sabbia venissero trasportati dal vento.
«Ogni giorno
diventa più bello vedere il mattino. Forse perché
vorrei che tutto svanisca insieme al buio.» si portò la
mano tra i capelli neri, cercando per lo meno di sistemarseli al
meglio.
«Non ti
libererai tanto facilmente di me.» intervenne seccata la
ragazza, ma il suo tono era molto ironico tanto da far sorridere
Shawn.
«Di cosa mi
lamento, poi. Non mi manca nulla. Ho una splendida isola su cui
restare in vacanza tutto l’anno. Una ragazza stupenda. Un mare
meraviglioso. Splenditi turisti che fanno sembrare la fatica del
lavoro come una giornata in un parco divertimenti. Non mi manca
proprio nulla.» guardò per un attimo la forma del pesce
da lui disegnato sulla sabbia.
«A parte…
A parte questa ossessione.» con uno scatto d’ira cancellò
la sua opera che assunse successivamente la forma di un piede.
Visibilmente arrabbiato, la ragazza lo seguì con lo sguardo
mentre entrava nel bungalow, successivamente osservò la sua
impronta sulla sabbia. L’immagine durò pochi secondi,
prima che l’acqua cominciasse a rendere il tutto un impasto
omogeneo.
La ragazza rimase
per un momento a guardare la spiaggia, cercando di non bagnarsi i
piedi, ricordando da quanto tempo Shawn fosse del tutto intrattabile
soprattutto quando voleva a tutti i costi ritrovare la memoria.
A dire la verità
anche lei lo voleva, ma forse era meglio non sapere quello che il
destino voleva tenere nascosto. Con un ultimo, grande respiro, la
ragazza seguì Shawn nell’abitazione.
Lo trovò
disteso sull’amaca accanto alla finestra che dava sul mare.
Stava dondolandosi delicatamente facendosi leva con un braccio
accanto alla parete. Era ancora nudo.
«Potresti
rivestirti per cortesia?»
Shawn la guardò,
senza espressione. Era evidente che pensava ad altro. D’un
tratto agitò la testa come per scacciare incubi ad occhi
aperti. Si alzò dall’amaca per recuperare gli indumenti
posti sul letto.
«Ti chiedo
scusa, non so cosa mi prende quando cerco di scavare tra i miei
ricordi. Sembra come se stessi attraversando un ponte e
all’improvviso cado rovinosamente in un baratro. Sarà la
curiosità di sapere chi ero, cosa facevo e come ero
soprattutto. La cosa che mi fa più paura è pensare che
tu sia mia sorella, Maya.»
La ragazza lo
guardò quasi divertita. Si scostò i lunghi capelli
neri, ancora umidi a causa della brezza marina. La sottili labbra
rosee gli fecero perdere i dubbi.
«E’
dunque per questo che qualche volta non mi parli? Credi davvero di
essere mio fratello? Anche io vorrei ricordare, ma purtroppo credo ci
voglia del tempo, ne abbiamo già parlato. Vuoi passare tutta
la tua vita nella speranza che il passato ritorni? Come hai detto tu,
non ci manca nulla, stiamo bene così anche senza il passato e
per questo motivo smettila e rivestiti!»
Shawn avrebbe
potuto interpretare male quelle parole ma nella voce di Maya non
c’era durezza, solo un po’ di rassegnazione associata ad
ironia. Era anche la verità dopotutto.
Dopo essersi
rimesso calzoncini marroni e camicia hawaiana verde, si sfregò
le mani.
«Bene, ora
levati quella camicetta striminzita e andiamo a fare una passeggiata
sulla collina. Almeno lì fa meno caldo e staremo lontani dai
turisti. La barca sarà in compagnia di Cody.»
Per l’ennesima
volta, Shawn vide Maya sorridere.
Il sole era già
alto ormai. I raggi solari filtravano attraverso i rami degli alberi.
La passeggiata era stata meno monotona del solito. Avevano occupato
il tempo raccontandosi ricordi ipotetici ed un falso passato. Era
l’unico modo per riuscire a non pensare veramente al triste
buco che presentava la loro mente. Erano quasi giunti nei pressi
della cascata sulla cima della collina, nel bel mezzo della
vegetazione.
«Sai, non so
se te l’ho raccontato, una volta il solito Generale McCanzie…
Te lo ricordi vero? Quello dai grossi baffi bianchi ed i calzoni
larghi.»
Maya annuì
ridendo, strattonandogli la mano per riuscire a superare un piccolo
sentiero in salita cosparso di piccole pietre.
«Sì,
dunque, mi chiese se potevo recuperare la pistola di suo nonno. Si
trovava sul fondo del mare dopo che la sua nave affondò.»
Maya annuì
ancora e questa volta si aggrappò con forza al braccio di
Shawn perché stava per scivolare.
«Sì,
ricordo che stava facendo la stessa fine della nave. Alla fine hai
recuperato anche lui dal fondo. Per fortuna non ha ingoiato anche la
pistola oltre che l’acqua.»
Shawn rise di
gusto ed aiutò la ragazza a oltrepassare il sentiero
sorreggendola per i fianchi.
«Già,
un vero peccato però scoprire poi che si trattasse della nave
sbagliata. Tutta quella fatica per niente.»
«Dai, vedila
in un altro modo. Avresti potuto lasciarlo lì ad affogare
nella speranza di compiere qualcosa in cui credeva.»
Shawn si rabbuiò.
Si fermò di colpo ed abbassò lo sguardo. Maya lo sentì
borbottare qualcosa ma non capì le sue parole. Quando girò
la testa per vederlo negli occhi si accorse che stava pensando ad
altro.
«Shawn?”
lo chiamò. «Che succede?»
«Vidi un
pesce…» riuscì a sussurrare il ragazzo. «Un
pesce…»
«Shawn…
Ascolta.»
«Mi parlò.
Capisci? Mi parlò!» la interruppe a voce alta. Alzò
di colpo la testa come contrariato.
«Mi parlò
dicendomi…»
A quel punto aprì
la bocca come per parlare ma non ne uscì alcun suono. Stava
boccheggiando come i pesci fanno sott’acqua.
Maya scoppiò
a ridere e gli mise una mano d’avanti alla bocca. «Stasera
ne avrai la possibilità. A momenti credevo fossi annegato in
compagnia di McCanzie.»
Col sorriso sulle
labbra, entrambi udirono lo scroscio dell’acqua proveniente da
dietro i cespugli.
Maya scostò
le foglie delle piante per ammirare ancora una volta lo spettacolo
provocato dalla cascata. La seguì Shawn che rimase al suo
fianco dopo aver oltrepassato la vegetazione.
La cascata
scorreva lungo il dorso di una collinetta e terminava in un bacino
naturale costeggiato da alberi e flora locale. Maya strattonò
Shawn affinché la seguisse nei pressi del bacino.
«Meno male
che i turisti non hanno il permesso di arrivare fin qui, altrimenti
non avremmo potuto avere un angolo di paradiso tutto per noi.»
sintetizzò Maya.
Shawn sembrava
nervoso e si guardava attorno.
«Io ho
sempre la strana sensazione di essere osservato. Sai che su queste
cose non mi sbaglio.» tornò a guardala, questa volta con
aria piuttosto preoccupata. «Senti, oggi non facciamoci il
bagno, solo per oggi. Accontentami, ti prego.»
Maya lo guardò
inclinando da un lato la testa. Sorrise per qualche secondo prima di
sfiorargli la guancia con la mano.
«Non c’è
bisogno di essere così cupi. Mi bagno solo un po’ i
piedi, va bene?»
Shawn rimase in
silenzio. Continuava a guardarsi attorno e ogni tanto osservava il
terreno ai bordi dell’acqua. Il suo respiro si faceva più
affannoso.
«Ti prego.
C’è qualcuno che ci guarda.»
Maya si guardò
intorno. Si udiva solo il cinguettio degli uccelli sugli alberi e il
rumore provocato dalle onde sulla scogliera, e ovviamente la cascata.
«Sì,
c’è qualcuno. Va bene, stendiamoci qui e aspettiamo.»
«Non credo
ci abbiano visto in questi giorni mentre venivamo qui. Sarebbero già
scappati.»
«In effetti,
vedere te nudo fa una certa impressione.» ironizzò Maya.
«Grazie per
il complimento. La prossima volta appenderò una tua foto al
bar di Cody.»
Maya rise e
stendendosi, chiuse gli occhi.
«Maya.
Svegliati!»
La ragazza si
destò di soprassalto. Aveva il battito del cuore accelerato e
respirava con affanno. Guardò Shawn. Era accanto a lei. Forse
si era addormentata, eppure non voleva dormire, aveva solo chiuso gli
occhi. Le era bastato un attimo per addormentarsi. Forse era successo
altro. Sì, sentiva la sua mano bagnata. L’aveva immersa
nell’acqua e si era rilassata a tal punto di riposare.
Shawn le porse un
piccolo asciugamano che portava nello zainetto. «Tieni, ti sei
addormentata quasi subito. Non è successo nulla, non
preoccuparti, solo, è giunto il tempo di tornare a casa.»
Maya non disse una
parola, si limitò ad annuire e con foga si asciugò la
mano. La respirazione non si normalizzò e le ci volle un po’
per calmarsi.
Si rimise in piedi
e dando una mano a Shawn si avviarono per far rientro al bungalow. Il
solito sentiero le causava come al solito l’opportunità
di scivolare e di arrivare con largo anticipo alla spiaggia.
«Sai che ore
sono? Mi sembra abbastanza presto.» chiese Maya guardandosi il
polso privo di orologio.
«Presto.
Guarda lì, bagnanti!» cambiò discorso Shawn
indicando dei turisti mentre facevano il bagno nella baia.
Il ragazzo si
sedette sulla panca in legno fuori dal bungalow ed osservava alcuni
surfisti a diversi metri dalla riva. Il mare non era particolarmente
agitato ma la corrente marina sembrava più forte del vento.
Più in
lontananza notò una canoa con una sola persona a bordo. Stava
superando i surfisti in un’attraversata della baia. Gli strani
tipi in tuta nera attillata stavano facendo ritorno. Shawn li vide
seccati, probabilmente per l’assenza di onde che avevano
causato il mancato divertimento. Gli passarono accanto ancora bagnati
fradici e lo salutarono con un cenno della mano. Con le tavole sotto
braccio stavano proseguendo verso il sentiero che conduceva al bar di
Cody per poi far rotta all’albergo.
Maya uscì
dal bungalow con un bicchiere di limonata e un panino già
preparato. Shawn la guardò mentre si sedette accanto a lui
sulla panca.
«Tranquillo,
sono per te.» sorrise la ragazza mentre gli porgeva quello che
doveva essere un pranzo sostanzioso.
Shawn cominciò
a deglutire la limonata e a mandar giù qualche boccone. Dopo
la passeggiata mattutina ci voleva proprio.
Maya indicò
qualcosa in mare aperto. «Guarda, è una bambina, sola
con una piccola canoa. I genitori sono proprio incoscienti a farla
andare da sola verso il largo.»
Shawn continuò
il pranzo. «Starà solo facendo l’attraversata
della baia. Dall’altra parte ci sarà Cody col suo bel
vestitino ad urlare per farla rientrare.»
Maya scosse la
testa e rubò di mano la limonata a Shawn.
«Saranno
sempre incoscienti. Ai tuoi figli darai questa stessa educazione?»
Il ragazzo la
guardò mentre trangugiava la sua limonata. Rimase ancora con
la mano a mezz’aria in presa sul bicchiere.
«Perché
no? Dopo una certa età i figli dovrebbero avere la libertà
di fare quello che vogliono. Solo non pretendo le giustificazioni per
ciò che accade in seguito.»
«Sei un
egoista Shawn! Dici questo solo perché a parlare per te è
uno…» Shawn la guardò sott’occhio «uno…
Oh al diavolo Shawn, lo sai bene.»
«Sarà
mica la povera bestiola che c’è in te ad avere
compassione dei cuccioli? Ma ovvio che non vorrei far fare ai miei
figli la stessa cosa, ciò non vuol dire che non bisogna far
provare cose sbagliate. Come puoi far capire ciò che è
giusto e ciò che non è giusto se prima non hanno
qualcosa con cui confrontarsi?»
«Magari
esiste qualcosa simile all’esperienza.»
«Appunto!»
Shawn agitò le braccia come segno di resa. «Se non fai
fare esperienza ai tuoi figli come vuoi che capiscano cosa non
dovranno fare e cosa invece è giusto?»
«Io parlavo
di comunicazione. Bisogna comunicare loro che c’è stato
qualcuno in precedenza che ha sbagliato e che quindi è giusto
non ripetere l’errore.»
Shawn scosse la
testa rammaricato.
«Voi siete
esperte di comunicazione. E’ per questo che noi siamo la
rappresentazione di ciò che c’è negli animali e
voi il baluardo della civiltà. Anche noi comunichiamo ma non
con i vostri metodi.»
«E’
vecchia Shawn. So come siete fatti voi. Tu piuttosto non ci
comprendi. E ricordati che noi rappresentiamo la parte più
bella del... Shawn!» urlò infine indicando la canoa in
mezzo al mare.
Il ragazzo ebbe il
tempo necessario per vedere la canoa ribaltarsi a causa di un’onda
alzatasi improvvisamente. La forza era stata tale da far sobbalzare
la piccola imbarcazione e di capovolgerla. I turisti che per un
momento erano stati estranei all’evento, cominciarono ad urlare
all’indirizzo della bambina rimasta intrappolata sotto la
canoa. Maya vide i suoi genitori correre in mare per andare a
recuperarla e intanto gridavano aiuto.
Maya guardò
per un istante Shawn. Il suo volto era teso e in quegli occhi azzurri
si capiva ciò che le labbra non riuscivano a dire.
«Non se ne
parla nemmeno.» fu dura la reazione di Shawn che parve molto
meno preoccupato della ragazza.
«Tu sei più
veloce di me, ma se rifiuti ci andrò io. Hai tre secondi di
tempo per rifletterci. Puoi arrivarci prima di tutti Shawn. Salva
quella bambina per la miseria!»
«Tutti
devono prendersi le proprie responsabilità!» urlò
all’unisono il ragazzo.
«Ne
discuteremo dopo. Ci vado io.»
Maya si era alzata
dalla panca e stava levandosi la maglietta per poi raggiungere il
mare. Shawn scosse la testa e si portò una mano tra i capelli.
Si strofinò gli occhi prima di alzarsi e fermare Maya.
«Ne
parleremo dopo…» le sussurrò prima di passarle
accanto.
Il ragazzo superò
tutti quelli che erano corsi in mare per cercare di raggiungere la
bambina. Molti stavano riprendendo tutta la tragedia col cellulare.
Maya ascoltò alcuni bagnanti mentre ricostruivano tutta la
scena ma erano rimasti immobili perché incapaci di
intervenire. Avrebbe voluto buttarli in mare uno ad uno per vedere
chi di loro sarebbe riuscito a trascinarsi fino a riva con le proprie
forze.
Gli uomini erano
cambiati, lo sapeva. Erano veramente pochi quelli che si davano
realmente da fare, tutti gli altri erano fermi, tutti lì, a
guardare. La bambina non si sarebbe salvata solo col supporto
spirituale, e per sua fortuna, forse, poteva essere ancora portata in
salvo da Shawn. L’unica cosa che aveva dimenticato a dirgli era
quella di non spaventarla.
Shawn cominciò
finalmente a nuotare. Nuotava più agilmente ora che si era
liberato dei vestiti. Ad un tratto fu risucchiato in acqua e sparì.
I turisti emisero un altro grido e questa volta all’indirizzo
del ragazzo.
Era rimasto sotto
la superficie per troppo tempo e nessuno lo vide risalire. Nel
frattempo un gruppo di volontari si diresse verso l’albergo per
chiedere aiuto alla guardia costiera. Maya incrociò le dita e
si inginocchiò sulla sabbia.
La situazione
peggiorò ancora quando un piccolo gruppo che si era mobilitato
per salvare a nuoto la bambina intravide in lontananza la sagoma di
una pinna: uno squalo. I soccorritori cercarono di tornare indietro.
Lo squalo sembrava intenzionato solo alla bambina e per fortuna era
distante dalla riva.
Maya era
impassibile. Teneva le dita incrociate e apparentemente sembrava tesa
e preoccupata.
“Shawn ti
prego, sta’ attento!” continuava a ripetere tra sé
e sé.
D’un tratto
ci fu uno stupore generale. Si intravide il giubbottino giallo della
bambina tornare a riva in maniera repentina. Improbabile che la
stessa bambina fosse così veloce nel nuoto. Il problema vero
era rappresentato dalla pinna dello squalo che le era dietro. I
bagnanti continuarono, nonostante la strana situazione, a filmare
l’accaduto come testimonianza.
A dieci metri
dalla riva il giubbottino si fermò di colpo e la pinna dello
squalo cambiò direzione verso il mare aperto fino a scomparire
del tutto sotto le profondità. Maya intravide quello che
probabilmente poteva essere il padre della bambina. Corse in acqua
cercando di riprendersi sua figlia. Un comportamento naturale, come
tutte le altre specie di animali.
Quando un proprio
figlio è in difficoltà, è il coraggio dei propri
genitori a ridargli la vita. Questo era quello che aveva sempre
pensato Maya, ma a quanto pare non era sempre così.
La bambina
continuò ad avvicinarsi alla riva, ma questa volta sembrava
spinta da qualcuno. Un ragazzo emerse dall’acqua e prese in
braccio la bambina. Non aveva indumenti e per fortuna si fermò
fino a quando l’acqua gli lambiva l’ombelico. Consegnò
ad un padre il proprio figlio e si diresse verso Maya. La ragazza fu
pronta a porgergli almeno gli indumenti di ricambio. Poco importava
se questi si bagnarono, in fin dei conti erano sempre immersi
nell’acqua.
I soccorsi erano
ormai arrivati e caricarono la bambina sul loro mezzo per portarla in
ospedale. Qualche giorno in balia dei medici l’avrebbe fatta
tornare in mare molto presto e di questo Maya ne era profondamente
contenta.
Shawn cominciò
a tremare e subito si allontanò entrando nel bungalow,
nonostante gli applausi e le grida dei turisti. Con un’ovazione
e uno scroscio di applausi invocavano il nome dell’eroe che
però era già fuggito.
«Ti prego
asciugami, mi sento… male!» continuava a gemere il
ragazzo. Era in preda a convulsioni e gli spasmi causati da un dolore
all’addome lo facevano contorcere sull’amaca.
Maya prese un
asciugamano ampio e lo coprì in modo tale da asciugarlo.
Avvertiva il rumore causato dalle vertebre al solo tocco con le dita.
Dalla bocca gli fuoriuscì del liquido gelatinoso che però
cadde sul pavimento.
«Tieni qui,
su. Forza Shawn, metti la mano qui! Vado a prenderti qualcosa da
bere.»
Il ragazzo tenne
stretto un lembo dell’asciugamano e cominciò a tremare
di meno.
«La prossima
volta… non ti darò ascolto.» riuscì a dire
balbettando.
«Sei stato
bravo.» lo rincuorò Maya. «Dai apri la bocca, da
bravo. Ahm…» gli imitò con la bocca aperta il
gesto da compiere.
Shawn mandò
giù un po’ acqua prima di espellere tutto il liquido
gelatinoso che aveva ancora dentro di sé. Si sentì
ancora male ma durò solo per qualche istante.
«Vattene!
Avrei dovuto lasciarla lì a morire piuttosto che sentirmi
così.»
«Avete un
brutto carattere voi. Per fortuna non ne faccio parte anche io
altrimenti chissà quanta gente innocente avremmo fatto
soffrire. E poi, guardati, fai schifo.»
Shawn rise aprendo
la bocca. Gli colava ancora un po’ di quello strano liquido ma
dopotutto sembrava stare meglio.
«E’
strano il tuo modo di essere premurosa con me. Invece di dirmi se sto
meglio, ammetti che faccio schifo.»
«Ma è
la verità.» sorrise. «Ti senti meglio ora?»
lo aiutò ad asciugarsi la bocca.
«Capisci ora
la provenienza dei miei dubbi?» concluse sputando per terra ed
alzando lo sguardo per incrociare quello di Maya.
«E sarei io
quella che cerca di non comunicare? Shawn oggi hai fatto una cosa per
la quale sarò sempre fiera di te. Ora ripulisciti, esci fuori
e prenditi ciò che ti spetta.»
«Non voglio
ricompense.»
«Il rispetto
è quello che conta di più. Potremo forse rivivere un
altro giorno così?»
«Spero di
no. Anzi ora vado da Cody ad ubriacarmi.» si congedò
alzandosi dall’amaca e recuperando i vestiti nuovi.
«Aspetta,
vengo anche io a salutarla. Dopo che avrò recuperato i tuoi
vestiti dal mare, si intende.»
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