Nickname:
Shizue Asahi
Titolo:
Rosso Ciliegia
Personaggi:
Bellatrix, Alice Paciock
Rating:
Giallo
Genere:
Sentimentale, Slice of Life, Angst
Avvertimenti:
Missing Moment, One-shot, femslash, Crack Pairing
NdA:
non ci sono indicazioni sulla data di nascita dei genitori di Neville,
quindi, per comodità, ho deciso che Alice è nata
tre anni dopo Bellatrix, ossia nel 1954.
Rosso
Ciliegia
Hogwarts,
16 ottobre 1964
Il
sole autunnale riscaldava pigramente Hogwarts e piccoli gruppi ben
compatti di studenti si spostavano tra i corridoi della scuola. Alcuni
si scontravano ed erano costretti a disperdersi per continuare a
proseguire e non ingorgare il passaggio. Un gruppo di schiamazzanti
Corvonero si fece strada tra un paio di Tassorosso, costringendoli ad
appiattirsi contro la parete di pietra, prima di far ondeggiare le
gonne scure e sparire voltando l’angolo. Alice le
osservò passarle davanti speranzosa, ma all’ultimo
si tirò indietro, stringendosi una delle due treccine tra le
mani paffute. Una ciocca di capelli, sfuggita alle mollettine color
ciliegia, le stava dritta sulla fronte e sospettava che fosse a causa
della Pozione Rigonfiante esplosale in faccia quella stessa mattina.
Sospirò
e si fece coraggio. Strinse un lembo della gonna, stropicciandola, e si
avvicinò a una ragazzina che le dava le spalle, esile, con
una massa di riccioli scuri dritti sulla testa, che camminava con
estrema calma, dando l’impressione di non avere alcuna fretta.
Le
tirò una manica della divisa e le chiese se per caso sapesse
indicarle l’aula di Storia della magia.
Bellatrix
storse il naso e continuò a camminare, reprimendo
un’ingiuria appena prima che le sfuggisse dalle labbra.
Alice
le andò dietro e fu costretta a rifarle la domanda ben due
volte, prima di ricevere una risposta.
-Devi
salire le scale, bamboccia.- brontolò, osservando le
treccine che sfioravano appena il colletto della camicia di Alice, le
mollettine colorate e la ciocca di capelli che le si arricciava sulla
fronte.
Alice
boccheggiò, rendendosi solo ora conto di aver rivolto la
parola a una Serpeverde. Per un secondo le ginocchia le tremarono, ma
prima che la ragazzina avesse il tempo di insultarla o colpirla con
qualche incantesimo da cui non sapeva difendersi, abbassò
appena la schiena in avanti, in un goffo inchino di ringraziamento, e
si dileguò, incespicando tra i compagni di scuola.
Bellatrix
la osservò sparire, con un sopracciglio lievemente inarcato
e la bocca socchiusa. Prima di riprendere a camminare, raccolse una
mollettina rossa da terra e se la infilò in tasca.
Hogwarts,
3 dicembre 1964
Il
cielo era nuvoloso. Hogwarts era coperta da uno strato di neve e gli
studenti erano costretti a stringersi gli uni agli altri per evitare di
congelare, ma nessuno di loro avrebbe preferito trovarsi in un altro
posto.
Quando Glory
Doge, la cercatrice di Grifondoro, si appiattì sul suo
manico di scopa e iniziò a prendere quota, lo stadio si
zittì e trattenne il respiro. Il cercatore di Serpeverde,
dopo qualche tentennamento, le andò dietro, seguito a ruota
dai battitori della propria squadra. Per poco Glory Doge non venne
buttata giù dalla sua scopa da un Bolide, ma
riuscì a schivarlo appena in tempo. Il Boccino
d’Oro era di nuovo scomparso, però.
Alice
non riusciva a prestar attenzione al ciarlare di Gabby Douglas, sua
compagna di stanza. Il suo naso rifiutava di abbassarsi e non poteva
impedirsi di seguire con attenzione ogni mossa dei giocatori, tenendo
le dita incrociate.
Quando
Timothy McQuinny, cacciatore di Grifondoro, riuscì a
infilare la Pluffa nella rete avversaria, lo stadio esplose in un
boato. Alice salto in piedi, agitando le braccia e unendosi timidamente
a un coro di giubilo. Ma, quando, poco dopo, il boccino venne preso e
la partita terminò, Serpeverde aveva vinto con ben
centosessanta punti di vantaggio.
I
fischi non mancarono, mentre i più si affrettavano a
ritornare al castello. Alice si attardò più del
necessario, osservando i tre anelli che componevano una delle due porte
del campo da Quidditch. Le sarebbe piaciuto poterli toccare, ma per il
momento le era persino vietato salire in sella a un qualsiasi manico di
scopa. Quando, finalmente, si decise a lasciare lo stadio, questo era
quasi vuoto. Nella parte opposta alla sua, un gruppo di Grifondoro del
terzo anno riavvolgeva un enorme striscione agitando freneticamente le
bacchette.
Alice
si affrettò a raggiungere Gabby; riusciva a intravedere la
sua sagoma in mezzo ad altri Grifondoro del primo anno.
Si
strofinò le mani intirizzite, infilandosi i guanti.
Avvertiva la pelle del viso tirarle e il cappello di lana pesante,
inviatole il giorno precedente per via gufo da nonna Dorota, le pungeva
la nuca, costringendola a grattarsi in continuazione.
La
neve, che imbiancava il prato di Hogwarts, la obbligava a procedere
lentamente, incespicando nei suoi stessi piedi. Per poco non cadde
addosso a un ragazzo che le camminava vicino.
-Scusa.-
bisbigliò, cercando di rimettersi in piedi con poco successo.
Rodolphus
Lestrange le lanciò un’occhiata di sufficienza,
annodandosi meglio al collo la sciarpa con i colori di Serpeverde. Poi
il viso gli si contrasse in un sorriso di circostanza, mentre la mano
destra andava alla ricerca della bacchetta. Venne bloccato appena prima
che le dita si stringessero attorno a questa.
-Lascia
perdere.- gli venne detto e automaticamente la mano
abbandonò la tasca del cappotto e ritornò
docilmente a penzolare sul fianco destro.
Alice
osservò con riconoscenza Bellatrix, riconoscendola a stento.
Mentre la Black la ignorò, non offrendole alcun aiuto per
alzarsi.
-Togliti
dai piedi- le disse brutale, con una vena di derisione nella voce.
Alice
tirò su col naso, arrossato per il freddo, e non se lo fece
riprendere un’altra volta. Gonfiò le guance,
rimettendosi in piedi e poi si defilò. Era a metà
strada, a una ventina di metri da Gabby, quando Bellatrix la vide
cadere di nuovo, a faccia in giù sulla neve, e non
riuscì a reprimere un accenno di riso.
Hogwarts,
Sala Grande, 5 febbraio 1967
Si
versò del succo di zucca, mentre Amanda Lewis le metteva nel
piatto una fetta di torta di mele.
-Non
mi va.- le disse, osservando una fettina di mela spuntare dalla pasta
frolla.
-E’
assurdo!- borbottò Amanda, accigliandosi -Mangiala!-
-No.-
mormorò Alice, sprofondando il naso nel suo succo e fingendo
di osservare lo stormo di gufi postini che planava sulle tavolate.
-Il
fatto che in una favola Babbana ci sia una ragazza che dopo aver morso
una mela cade addormentata non vuol dire che succederà anche
a te!- Amanda si annodò un ricciolo biondo attorno
all’indice sinistro, facendo roteare gli occhi dietro le
spesse lenti rettangolari degli occhiali.
-Xenophilius
Lovegood ha detto che sono pericolose!- si difese Alice, arrossendo e
spostando il piatto verso l’amica.
-Quello
dice un sacco di cose.- sospirò Amanda, infilandosi un pezzo
di torta di mele in bocca. –Non sai cosa ti perdi.- le disse,
facendole la linguaccia.
-Me
lo racconterai quando dovrò venirti a prendere in
infermeria.- la rimbeccò Alice, passandosi una mano tra i
capelli castani. Ne strinse una ciocca tra il pollice e
l’indice della mano destra e la strofinò contro la
pelle, fino a farle assumere le sembianze di un piccolo corno.
-Sembro
un unicorno?- chiese ad Amanda, a cui per poco non andò di
traverso una forchettata di torta di mele. –Ahah!-
proseguì con voce teatrale –Te l’avevo
detto!-
-Sta’
zitta, idiota!- rantolò Amanda, mandando giù una
generosa sorsata di succo di zucca.
Quando
lasciarono la Sala Grande, Amanda ancora non rivolgeva la parola ad
Alice, fingendosi offesa. In realtà ogni volta che si
voltava per dirle qualcosa era costretta a stringere i denti e a
guardare altrove per evitare di riderle in faccia: il piccolo
corno era ancora lì.
Nessuno
dei loro compagni di corso sembrò dare troppo peso alla
cosa, catalogandola come un’altra della stranezze di Alice
Fortenpuk. A differenza loro, però, il professor Kettleburn
la trovò una trovata divertente e, particolarmente di buon
umore, assegnò dieci punti in più ai Grifondoro a
fine lezione.
Quando
fecero ritorno alla Sala Grande per il pranzo, Amanda si
dileguò misteriosamente, brontolando qualcosa su un certo
manuale lasciato incustodito chissà dove e di cui aveva
assolutamente bisogno, se non voleva essere Schiantata. Alice la
osservò dileguarsi tra lo sciame di studenti affamati e dare
una testata a un innocente Tassorosso del secondo anno.
Consumò
in silenzio la sua porzione di minestra, ripetendo mentalmente un
incantesimo di Trasfigurazione particolarmente ostico. Poi,
assicurandosi di non essere osservata, tagliò una fetta di
torta di mele talmente piccola che chiunque avrebbe faticato a
considerarla qualcosa di più di un boccone e se la mise nel
piatto. La osservò minacciosa per qualche secondo,
poi la infilzò ferocemente con la forchetta e se ne
infilò un pezzetto in bocca.
Si
sentì avvampare quando Bellatrix Black le passò
di fianco, con i riccioli bruni che le ondeggiavano attorno alla
schiena e la gonna della divisa che le lasciava intravedere la pelle
delle gambe attraverso le calze scure.
La
Purosangue la osservò accigliata, non particolarmente
ostile. Mantenendo il suo contegno rigido e freddo le indicò
un punto imprecisato sulla testa, arcuando le sottili sopracciglia
nere, e poi si diresse verso la sorella, che la aspettava, seduta ritta
e immobile al tavolo dei Serpeverde.
Alice
si tastò la testa, cercando tra i capelli ed ebbe un fremito
quando incontrò la superficie ruvida del piccolo corno
improvvisato quella stessa mattina.
Xenophilius
Lovegood, che passava vicino al tavolo dei Grifondoro in quel momento,
ebbe l’assoluta certezza che le mele fossero nocive quando
Alice gliene sputò un grumo sulle scarpe e poi
lasciò la Sala Grande, diretta verso l’infermeria.
Hogwarts,
13 dicembre 1967
Arricciò
il naso infastidita quando Marcus Flech la urtò per sbaglio,
facendole quasi perdere l’equilibrio. Si trattenne a malapena
dal colpirlo con un incantesimo qualsiasi, il primo che fosse riuscito
a uscirle dalle labbra. –Sanguesporco.- si
limitò a sibilare disgustata, prima di riportare la sua
attenzione sul cielo. Sondò rapidamente le figure che si
libravano in aria, scartandole una per una, finché non la
individuò sulla sua scopa sgangherata, che minacciava di
precipitare al suolo da un momento all’altro. Un Bolide aveva
colpito poco prima la parte inferiore del manico di scopa, incrinandone
il legno scuro.
Il
cercatore di Corvonero si esibì in una piroetta a
mezz’aria, per poi fare un giro dell’intero stadio,
volando pericolosamente vicino alle teste dei suoi compagni.
Sorrise,
sentendo i vivaci commenti dei suoi compagni di Casa. Un Natobabbano
che giocava a Quidditch, c’era da aspettarselo che suscitasse
l’ilarità dei maghi.
Quando
Timothy McQuinny passò la Pluffa ad Alice, questa per poco
non cadde dal manico di scopa, mentre un Bolide le sfiorava la testa,
portandole via il cappuccio. Bellatrix intravide la pelle del collo
della ragazzina, il polso del braccio teso nello sforzo di protendersi
in avanti. Nello stesso momento in cui la Pluffa entrava in uno degli
anelli di Corvonero e Alice alzava le braccia esultando, un Bolide le
colpiva lo sterno, facendola ribaltare sulla scopa, infilandolesi nella
felpa della divisa e sollevandogliela fin sopra la testa, prima di
riprendere la propria corsa verso uno dei battitori di Corvonero.
Il
tempo che Alice impiegò a ricoprirsi bastò a
Bellatrix per intravedere i seni piccoli, stretti da un reggiseno
grigio, la curva del ventre e la pelle chiara, a tratti livida per i
colpi subiti. La vide anche arrossire, imbarazzata, mentre tra gli
spalti i più audaci si prodigavano in fischi di
apprezzamento o in battute poco lusinghiere sulle sue forme minute.
Quando Rodolphus
Lestrange fece l’ennesima battuta, Bellatrix si
sentì infastidita a tal punto che quasi lo colpì
con un incantesimo deformante. Fu costretta a lasciare lo stadio,
avvertendo gli occhi di Alice bruciarle la nuca.
L’irritazione aumentò quando si rese conto che non
le dispiaceva affatto.
Hogwarts,
Terzo piano, 16 Marzo 1968
Il
corridoio era vuoto, buio, quasi tetro. La luce della luna si
diffondeva sulla parete opposta a quella delle finestre, troppo soffusa
per illuminare davvero l’ambiente.
I
quadri erano spogli, disabitati. Di loro non erano rimaste che le
cornici. Alcune armature si ergevano sparute e ammaccate, collocate
senza un apparente ordine ai lati del corridoio, addossate malamente
alle pareti, strette da lacci incantati, per impedire che Pix se le
portasse in giro per il castello. Un sottile strato di polvere le
ricopriva e i lori elmi erano diventati dimora di piccole colonie di
ragni.
Un
gemito soffocato, un rantolo e poi il rumore di passi leggeri. Alice
dilatò gli occhi, stringendo le mani con una forza tale che
per poco le unghie non le si infilarono nei palmi. La sciarpa con i
colori della sua casa era stata abbandonata ai piedi di
un’armatura particolarmente minacciosa, insieme al cappello
di zia Dorota, mentre Bellatrix la schiacciava contro la parete,
impedendole di spostarsi. Alice socchiuse appena le labbra, quando
quelle di Bellatrix le si posarono sul collo nudo. La baciò
con calma, sfiorandole la pelle con la punta della lingua. Le morse il
lobo dell’orecchio sinistro, mentre Alice accostava
involontariamente i loro bacini.
Quando
le sfiorò il petto, all’altezza dei seni, la
sentì fremere e fu con un senso di profonda soddisfazione
che gliene afferrò uno, affondando le unghie prima nel
tessuto stopposo del maglione di lana e poi in quello rigido del
reggiseno.
-Smettila.-
sospirò Alice, reprimendo un ansito.
-Non
mi sembra che ti dispiaccia.- rispose Bellatrix, senza guardarla,
continuando a giocherellare con la stoffa del maglione, allargandone le
maglie, fino a intravedere la superficie candida del reggiseno.
Quando
Alice la spinse via, costringendola a indietreggiare, Bellatrix per
poco non cadde su un mezzobusto, quasi invisibile a causa della
penombra.
La
Grifondoro non ebbe il tempo di recuperare sciarpa e cappello, che si
sentì tirare violentemente per i capelli. Quando le labbra
di Bellatrix premettero sulla sua bocca, avvertì il sapore
acre del sangue, senza saperne indovinare, però, la
provenienza. Si dimenò, non particolarmente
dispiaciuta dal gesto, sicura che Bellatrix non l’avrebbe
lasciata andare, ma che avrebbe, però, trovato divertente la
sua ribellione.
Fu
Mrs. Purr a sorprenderle, costringendole a riprendere fiato. Alice
provò un dolore acuto in prossimità della tempia,
quando si stacco da Bellatrix e se la diede a gambe, incespicando nei
suoi stessi piedi, mentre la Serpeverde la osservava sparire, voltando
l’angolo.
Bellatrix
si osservò le mani, constatando di avere guadagnato un
piccolo trofeo. Una delle mollette di Alice
ricambiò il suo sguardo, immobile nel suo palmo.
Hogsmeade,
16 maggio 1969
Una
nuvoletta pigra solcava il cielo, mentre uno sciame di studenti si
riversava nelle strade di Hogsmeade, senza una direzione ben definita,
ma con l’idea fissa di visitare tutto il possibile, prima di
far ritorno al castello e di riempirsi le tasche in vista delle vacanze
estive.
Timothy
McQuinny si diresse verso Zonko, seguito da due Corvonero del suo
stesso anno, ma furono costretti ad appiattirsi contro una delle
vetrine di Mondo Mago, per evitare di essere schiacciati da una decina
di Tassorosso del quinto anno, diretti verso I Tre Manici di Scopa.
Bellatrix
si spostò un ricciolo bruno dalla fronte, non prestando
particolare interesse alla sua ultima uscita a Hogsmeade.
Lasciò che Rodolphus la guidasse. Quando entrarono da
Mielandia, per poco non si scontrò con un’enorme
scatolone di Api Frizzole, lasciato incustodito vicino alla porta
d’ingresso.
Si
aggirarono tra gli scaffali, incrociando alcuni compagni di Casa, che
li salutavano appena, per poi dileguarsi rapidamente, alla ricerca di
Piperille nere, o Rospi alla Menta.
Quando
Rodolphus trovò le piume di zucchero filato, le fece vedere
a Bellatrix, orgoglioso, sorridendole e mostrandole una fila di denti
irregolari. La Serpeverde si trattenne dal dar voce a
un’insinuazione maligna e fece un cenno col capo.
Avvertì
lo stomaco contorcersi in maniera quasi dolorosa e il viso andarle in
fiamme quando li vide. Ispirò profondamente, storcendo il
naso sottile e socchiudendo le labbra. Gli davano le spalle, nascosti
dietro uno scaffale di Api Frizzole, ma avrebbe riconosciuto ovunque
quei capelli corti, perennemente all’insù.
Alice
sorrise, una ciocca di capelli fermata dietro l’orecchio da
una forcina color ciliegia. Frank Paciock si chinò su di
lei, baciandole la punta del naso, per poi ritirarsi rapidamente, rosso
in viso.
Londra,
13 settembre 1981
La
tenda scura copriva la finestra, impedendo alla luce di entrare. Una
signora di mezza età si nascondeva dietro la cornice
intarsiata del proprio quadro, coprendosi gli occhi con le mani.
Provava
uno strano piacere nel vederla rantolare, rotolarsi e dimenarsi tra le
lenzuola del letto. Seguiva con attenzione le stille di sudore
percorrerle la pelle, disegnare curve morbide all’altezza del
seno e perdersi tra le pieghe della sua maglia.
Alice
dilatò gli occhi, sbarrando le labbra in un grido privo di
voce, prima di essere scossa da un brivido e ricominciare ad agitarsi.
Riuscì a riprendere fiato solo quando Bellatrix si
fermò, rilassando le sopracciglia scure e tirando le labbra
in un sorriso serafico. La guardò: le gote arrossate, gli
occhi lucidi, le labbra secche, i capelli arruffati.
-Dillo.-
bisbigliò, con una vena di minaccia nella voce.
-Ti
prego.- singhiozzò Alice, rigirandosi su un lato.
Bellatrix
scosse la testa, socchiudendo gli occhi e riprese la sua lenta tortura.
-Crucio-
soffiò nell’orecchio di Alice e questa
gemé.
Azkaban,
24 novembre 1992
La
pioggia batteva sulle pareti della prigione, corrodendola, infilandosi
tra le fessure. Pozze d’acqua piovana si formavano sul
pavimento lercio delle celle, mentre i loro occupanti si contorcevano,
stretti da spasmi di terrore. Ricoperti di stracci, sporchi, deliranti,
gridavano, imploravano, ridevano facendo tintinnare le catene, battendo
le ciotole di latta sul ferro delle brandine.
Bellatrix
rotolò per terra. I capelli crespi, sporchi, ingarbugliati,
il viso scavato, spettrale, livido, gli occhi lucidi, spalancati,
vuoti, i denti digrignati, un sorriso tirato, mentre le rughe le
ricoprivano il viso, impietose.
Si
portò una mano alla testa, cercando freneticamente tra i
capelli stopposi. Se ne tirò una ciocca con violenza, quasi
facendosi male e poi si mise a sedere.
Esplose
in un singhiozzo, che rapidamente divenne una risata isterica,
squillante, mentre si rigirava tra le mani una forcina color ciliegia.
***
La
storia si è claffificata settima al Crack
Festival indetto da saramichy
Grammatica
ed Ortografia: 9.70/10
Stile: 9.95/10
Ho trovato il tuo stile molto buono ed un lessico particolarmente
curato, solo che c'è una piccola parola che io avrei scritto
in maniera diversa, in modo da rendere più fluida la lettura:
infilandolesi nella felpa della divisa e sollevandogliela (diciamo che
infilandolesi non è proprio bello da leggere, io avrei
scritto: infilandosi nella sua felpa)
-0.05
Originalità: 10/10
Devo ammettere che ho già letto delle Alice/Bellatrix, trovo
che molte storie si soffermino sulla voglia di Bellatrix di essere una
torturatrice, la tua invece mi ha dato molto più un senso
generale della loro storia, se così si può
chiamare. Ho apprezzato il fatto che tu abbia fatto vedere in ogni
singolo momento l'evolversi della situazione tra le due, ecco spiegato
il punteggio pieno. Brava!
IC Personaggi: 9/10
Credo che Bellatrix sia eccezionalmente IC, crudele, spietata, un po'
pazza, ma stranamente attratta da Alice. Quella che mi desta
più scrupoli è il fatto che Alice avrebbe tradito
il marito, non credo che sarebbe arrivata a fare una cosa del genere,
quindi ti ho tolto un punticino.
Gradimento personale: 9/10
La storia era davvero molto bella, si legge benissimo, solo che non
aveva quel qualcosa che mi trascinava. Forse è il fatto che
la coppia sia talmente tanto crack da essere incredibile o forse le
emozioni che ho provato non erano tante da farmi desiderare che la
lettura non finisse più.
Totale: 47.65/50
http://www.flickr.com/photos/60426555@N08/7788691226/
E
inattesa della conclusione del Beacuse Crack is The Way! Contest di
_Myosothia_,
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