Piece of Heaven
Piece of
Heaven
Alagaesia. Valle Palancar. Villaggio di Carvahall.
Un ragazzo sui diciassette anni aprì gli occhi al mondo,
disturbato dalla luce del sole che penetrava dalla sua finestra. Due
meravigliose pozze color del mare si guardarono attorno ancora
assonnate, cercando di dare al loro possessore una minima idea di che
ore fossero. Il cervello ancora totalmente appannato dal sonno del
giovane non gli permise di farsi un’idea. Ma a tutto
c’è rimedio. “Forza Eragon muoviti!!!!
C’è parecchio da fare oggi!!” Ora
però il
ragazzo era completamente sveglio, grazie al miracoloso urlo di suo zio
Garrow. Eragon si alzò a fatica dal suo letto e provvedette
a
sciacquarsi il viso e a cambiarsi. L’immagine del ragazzo che
finalmente uscì dalla stanza non era per niente male:
capelli
biondi corti, occhi azzurri molto grandi, alto, abbastanza muscoloso,
vestito con una semplice veste da contadino. Lentamente si
avvicinò alla porta, la aprì e uscì
all’aperto. “Ma perché devo sempre fare
tutta questa
fatica?!” esclamò stiracchiandosi.
“Perché se
vuoi mangiare devi darti da fare, tutto qui!!”
gridò
ridendo un ragazzo dai capelli castani dall’altra parte del
campo. Suo cugino Roran. “AhAhAh” rispose Eragon
ironicamente. Comunque, nonostante le sue lamentele, il ragazzo
cominciò a lavorare. In fondo suo cugino aveva ragione: se
voleva mangiare, avrebbe dovuto lavorare. E poi c’era
abituato,
erano anni che viveva nella fattoria, e il lavoro ormai non lo
preoccupava più. Infatti, Eragon era arrivata al villaggio
di
Carvahall quando era ancora un neonato in fasce, portato lì
da
sua madre, Selena, la sorella di Garrow. Lei poi era corsa via e non
era più tornata. Erano passati diciassette anni da quel
giorno.
Il ragazzo era diventato grande e aveva cominciato a desiderare di
uscire dal villaggio e vedere il mondo. Forse era anche per quel motivo
che si era offerto di andare a caccia sulla Grande Dorsale, la catena
di montagne che sormontava la Valle Palancar, da sempre considerata
maledetta e abitata da strane creature. Ma Eragon ancora non sapeva
quanto si sarebbe allontanato dalla sua casa, trascinando con
sé
anche la persona per lui più importante.
Una bella ragazza correva per le stradine di Carvahall. Non era vestita
con i tradizionali abiti delle donne del villaggio bensì con
una
tunica verde e marrone e degli stivali alti di pelle. Forse era per
questo che tutte le donne che incontrava le lanciavano
un’occhiata strana. In mano aveva un sacchettino e sembrava
avere
una gran premura. Come un fulmine, passò davanti alla
locanda e
salutò di sfuggita il proprietario “Buongiorno,
Horst!” “Buongiorno a te, Rae (si pronuncia
“Rè” NdM)!” La giovane
sembrava correre verso
la fattoria di Garrow, e abitando all’intermo del villaggio,
si
sarebbe dovuta fare un bel pezzo di strada. Finalmente, dopo venti
minuti buoni, riuscì ad arrivare in vista della fattoria. Il
sole che splendeva alto nel cielo illuminava pacificamente il tetto di
paglia dell’abitazione, e lanciando riflessi stupendi sulle
foglie e sull’erba bagnate ancora di rugiada, faceva
assomigliare
il paesaggio ad un piccolo frammento di paradiso. Si fermò
un
attimo a riprendere fiato, poi ripartì più
lentamente,
diretta alla fattoria.
Eragon si era ritirato nel fienile, per prendersi una piccola pausa dal
lavoro e una piccola tregua dal sole cocente. Erano già le
undici del mattino e lui lavorava dalle otto. Completamente sudato, si
sedette su una balla di fieno e cominciò a giocare con delle
pagliuzze che ne sporgevano. “Ehi cuginetto! Si batte la
fiacca?!” Roran entrò ridendo nel fienile, anche
lui
fradicio di sudore e si parò dritto davanti ad Eragon,
guardandolo con aria di sfida. Il cugino lo osservò con un
sopracciglio pericolosamente alzato. “Cerchi guai,
Roran?”
disse con un ghigno. Per tutta risposta, il ragazzo
ridacchiò
con fare di scherno. “Bene, fatti sotto allora!!” e
gli si
lanciò contro. I due cominciarono a combattersi, prima con
dei
bastoni, poi azzuffandosi sul fieno, rotolando tra le pagliuzze.
“Siete proprio due bambini!” Una voce femminile li
interruppe, lasciandoli uno sopra all’altro. Entrambi si
voltarono verso la porta del fienile, da dove era provenuta la voce.
Davanti all’entrata si stagliava l’esile profilo di
una
ragazza vestita con una tunica verde e marrone. I suoi capelli erano
raccolti in una treccia che le arrivava a metà schiena e i
suoi
occhi erano due luminosi smeraldi. Li stava guardando con le mani sui
fianchi, tentando di sembrare arcigna. I due si alzarono in tutta
fretta, fecero finta di rassettarsi, poi si avvicinarono e le fecero un
inchino. “Perdonateci, vostra signoria, ma il lavoro ci ha
debilitato e avevamo bisogno di riprenderci…”
cominciò a dire Eragon, poi entrambi scoppiarono a ridere.
“E bravi, così mi prendete anche in
giro… peccato,
e pensare che vi avevo persino portato la
colazione…”
disse la ragazza con un sorrisetto malizioso. Alla parola colazione i
due si attivarono, in fondo il lavoro mette fame, e tornarono seri (se
così si può dire). “Oh avanti Rae, lo
sai che
scherziamo… non farci questo…” le disse
Roran con
voce pietosa. “Non lo so ci devo
pensare…” “Ti
prego Rae…” Eragon le si era avvicinato e aveva
messo su
un paio di occhi da cucciolo abbandonato, a cui nemmeno lo stesso
Galbatorix avrebbe potuto resistere. Lo detestava quando faceva
così, perché lui sapeva benissimo che non era
capace di
resistere a quell’espressione. In fondo erano migliori amici
da
quando avevano due anni. “E va bene, ma solo
perché mi
fate pena!” e detto questo posò il sacchettino sul
piccolo
tavolo di legno. I due si fondarono letteralmente sul cordoncino e lo
aprirono: il piccolo fagotto di pelle conteneva dei graziosi e rotondi
biscotti, color beige. Gli occhi dei due ragazzi si illuminarono
“Rae… te lo abbiamo mai detto che ti
adoriamo!”
esclamò Eragon, correndo verso la ragazza e schioccandole un
bacio su una guancia, seguito a ruota da Roran. “
Sì,
sì… ma se fino a due minuti fa mi
odiavate!” disse
la ragazza, mentre i due si avventavano letteralmente sui biscotti. Li
osservò per un po’, poi con noncuranza chiese:
“Sono
buoni?” Nessuno dei due ragazzi rispose, ma entrambi fecero
un
segno di assenso con la testa. “…li ho fatti
io!!”
esclamò tutta contenta. Eragon e Roran si fermarono di
colpo, e,
guardandosi terrorizzati, fecero finta di tossire per eliminare il
sapore dei biscotti. “Ma non potevi dircelo prima!”
“Per poco non ci uccidi! Assassina!” I ragazzi
erano sul
punto di soffocare, sia per i falsi colpi di tosse, sia per le risate
mal trattenute alla vista del muso che Rae aveva messo su. “E
dai, adesso non ti offendere! In fondi ci piacciono i tuoi
biscotti… molto in fondo…”
“Grazie Roran, tu
sì che sai come risollevare il morale alla gente.”
Rispose
ironica. “Su, perdonaci! Non mettere il muso, sei
più
carina quando sorridi!” Eragon lo disse con l’aria
più suadente che gli riusciva, e riuscì a
strappare un
sorrisetto alla ragazza, che però lo nascose subito,
voltandosi
verso l’uscita e cominciando ad uscire. “Vedo che
qui io e
i miei biscotti non siamo graditi, perciò me ne
vado!”. I
due ragazzi rimasero un attimo esterrefatti, poi si scambiarono uno
sguardo maligno. “Non credo proprio!” Rae si
voltò
di scatto, trovandosi Roran proprio di fronte. Il ragazzo sorrise
malefico, poi improvvisamente si piegò e la
sollevò tra
le braccia. “RORAN, SEI IMPAZZITO?!!!!!”. Ma invece
di
risponderle il ragazzo cominciò a ridere, facendo finta di
lasciarla cadere. “Roran, mettimi
giù!!!!!!”
“Va bene…” E infatti la mise
giù… a
suo modo. La lanciò letteralmente in mezzo ad un mucchio di
fieno. “Ma sei completamente impazzito?!!!!”
gridò,
tentando di sembrare arrabbiata. “Mi hai detto tu di
lasciarti!” le rispose lui con un visino taaaaanto innocente.
Rae
fece per alzarsi, sbuffando alle parole del ragazzo, quando un peso
molto… pesante le piovve addosso. Si ritrovò
praticamente
stesa sul fieno, con Eragon seduto sul suo stomaco. “Eragon,
gentilmente… potresti toglierti?!!! Pesi!” gli
disse con
un sopracciglio pericolosamente alzato. “…e cosa
mi
succede se non lo faccio?!” chiese il giovane con negli occhi
un
guizzo malizioso. Rae si avvicinò al suo naso, poggiandoci
poi
la punta del suo. “Tante cose
terribili…” e
approfittando del momento di incertezza del ragazzo, lo girò
e
gli si sedette a sua volta sullo stomaco. “Prova solo a dire
che
peso!” Il tono della sua voce non ammetteva repliche. Eragon
sembrava in procinto di dire qualcosa, ma venne interrotto da
un’improvvisa apparizione di Roran che, con nessun apparente
sforzo, prese la ragazza per la vita e la sollevò dal corpo
del
povero Eragon. Così la fece volteggiare per tutto il
fienile,
tenendola stretta e facendole occasionalmente il solletico. Intanto
Eragon li seguiva, tentando di far soffocare Rae dalle risate
dicendole: “Respira, respira!!” Ma
all’improvviso
qualcosa li interruppe: un colpo di tosse. Abbastanza eloquente. Sulla
porta del fienile era apparsa la fidanzata di Roran: Katrina. I suoi
occhi dicevano tutto. In effetti la scena era abbastanza ambigua:
Roran, seguito da Eragon, teneva stretta tra le braccia Rae, rossa in
viso e con le lacrime agli occhi per le risate, con i capelli
completamente scarmigliati e pieni di pagliuzze di fieno.
Tossicchiando, i due si divisero. “Ciao
Katrina…”
dissero tutti i tre. Roran li guardò solo per un attimo, poi
uscì in giardino con lei. Rae sospirò: come al
solito,
alla fine era sempre colpa sua. Le grida di Katrina si sentivano fino
al fienile, chiare come se i due fossero stati a pochi centimetri da
loro: “La devi smettere!!! Non ce la faccio più!!!
Sei
sempre attaccato a lei!!! Ogni volta che vi vedo siete abbracciati!!!!
OGNI VOLTA!!!! Ora devi scegliere: O LEI O ME!!!!” Eragon
vide
Roran rimanere di sasso: come poteva chiedergli una cosa del genere,
Rae era la sua migliore amica. Lo vide abbassare lo sguardo, poi
abbracciare Katrina. Aveva scelto, forse… Sospirando, si
voltò. Rae era in un angolo della stanza e si stava
rifacendo la
treccia. Sicuramente aveva visto e sentito tutto. Quando ebbe terminato
il complicato lavoro delle sue mani sui capelli, fece un sospiro e si
voltò. Senza guardarlo in viso, fece per andarsene.
“Dove
vai?” Una domanda stupida. “A casa… non
ho
più voglia di stare qui.” La sua voce sembrava
leggermente
spezzata. Eragon le prese delicatamente la mano e la
avvicinò a
sé. Lei lo guardò: aveva gli occhi lucidi di
lacrime.
“Accidenti a Roran!” esclamò irato,
prima di
intrecciare le sue dita con quelle di lei. “Non preoccuparti,
andrà tutto bene. Non può… aver
preferito lei a
te.” Finalmente la ragazza gli regalò un sorriso.
Poi lo
abbracciò, stringendolo e posando il viso
nell’incavo del
collo. Lui la strinse protettivo, affondando il volto tra i suoi
bellissimi capelli, quella piccola parte lasciata apposta fuori dalla
treccia, e si lasciò inebriare dal suo profumo,
così
simile a quello delle rose. “Grazie… di
tutto…” si divisero e Rae lo baciò
dolcemente su
una guancia: cosa che lo fece arrossire non poco. Salutandolo con la
mano, si avviò verso il giardino. Roran e Katrina se ne
erano
andati. Prima che voltasse l’angolo per il sentiero Eragon le
gridò: “Vieni stasera!”
“Perché?!” “Stasera
è la notte delle
stelle cadenti!!! Le dobbiamo vedere insieme!!”
“Allora ci
sarò!” gridò sorridendo, poi si
voltò. Ma il
ragazzo riuscì comunque a vedere una dolce lacrima solitaria
solcarle il viso.
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Ciauz a tutti! Questa è la prima fic che pubblico, quindi
siate
clementi! Non so se pubblicherò anche gli altri capitoli,
dipende da quanti la recensiranno!! XD E per quelli che non lo hanno
capito (tanto non si capisce) nel secondo chap svelerò anche
il
mistero del nome dei miei capitoli. Mi raccomando, recensite! XD
Akarai
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