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Non è stato l'umore stranamente allegro che sfoggiavi senza pudore entrando in Sala Grande, nè l'occhiolino che gli ho visto farti, di nascosto, a colazione. Non è stato il modo affettuoso in cui il suo nome, da Potter che era, si è trasformato in Harry.
Non è stata l'andatura zoppicante dei tuoi passi e neppure la smorfia di fastidio che non sei riuscito a trattenere, sedendoti.
Certamente non è stato neppure il tuo atteggiamento nei suoi confronti: quello non è cambiato, in apparenza.
Come sempre non gli hai staccato gli occhi di dosso per tutto il tempo, come sempre hai sbuffato quando lui e i suoi amichetti sono scoppiati a ridere e come sempre, uscendo dalla Sala Grande, gli hai dato una spallata, anche se temo che tu ti sia fatto più male di lui.
Quello che davvero mi ha stupito, non è stato ciò che gli hai detto – accusare Harry Potter di assomigliare ad un maiale, quando mangia, è tipico di Draco Malfoy – piuttosto è stata la strana dolcezza del sorriso che avevi mentre lo dicevi. Poi hai passato il pollice sull'angolo delle sue labbra, come per togliere una briciola, disgustato.
Mentre raggiungevamo l'aula di Pozioni continuavi a guardarti le mani, tanto che Goyle ti ha chiesto se toccare Potter fosse stata un'esperienza così vomitevole. Hai assottigliato lo sguardo e ti sei messo le mani in tasca.
Io, però, non sono cieco come i tuoi tirapiedi. Non c'era nessuna briciola, sulle labbra di Potter; ciò che attendeva smaniosamente le tue dita, sulla sua bocca, era un bacio.
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