Un
pungente vento d'inverno gli sfiora le guance.
L'erba è ancora umida, increspata da piccole sfere
d'acqua che riflettono deboli la luce del sole.
Sento le dita ghiacciarsi e con loro gran parte
del mio corpo.
Qualcuno come lui.
Mi appoggio alla parete fredda dietro di me. Sporca,
monotona, chiaramente rovinata dal passare del tempo.
Crede di poter dimenticare.
L'asfalto ricomincia a coprirsi di piccoli puntini
neri. Dopo poco è nuovamente un unico manto scuro.
Ho bisogno di respirare quell'aria. Aria pura, nuova,
che non ha rimorsi nell'aver cancellato qualsiasi cosa sotto di
lei.
Soffio lento. Soffio che fa male.
Si copre la testa con il cappuccio ed esce allo
scoperto, si lascia penetrare da quelle goccie limpide e devastanti. Lo
seguo.
E siamo in due sotto il cielo grigio e plumbeo,
mentre il mondo continua a vivere.
Battiti che si susseguono frenetici. Ritmo incalzante della
vita.
Mi guarda e sospira, annoiato dalla reazione infedele
che riporto.
Non sorrido. Non sono quello che dovrei essere in un
momento del genere.
Riesco solo a pensare a come sia possibile poter
fingere di vivere e rischiare di morire.
Ciglia umide, guance umide. E pioggia che continua a
cadere.
La città è grigia, senza volontà.
Lui
è volontà.
La mia.
Non capisce se lo sto facendo apposta o se non riesco
a percepire veramente che quello è il più bel giorno della mia
vita.
Non penso di poterlo capire.
Ghiaccio che si scioglie. Amore che si
raffredda.
Cammina verso di me, incastrato nel suo solito passo
lento. Mi afferra la mano e la stringe fondendo il suo sangue col
mio.
Farebbe male, se non fossi già chinata e prostrata al
dolore.
Respiro che si condensa nelle nubi grigie, corpo che richiama il suo
legittimo proprietario.
Non ho voglia di mostrarmi davvero, non adesso. Lui
mi conosce, non ha bisogno di leggere ancora una volta i miei
occhi.
Labbra sottili, peso incosciente. Quel manto pallido
della sua pelle e le guancie imperlate
dall'acqua.
Pioggia ancora su di noi. Chioma del cielo che si abbatte sulla terra.
Gioco di sguardi e poi il nulla. L'essenza della
nostra amicizia, sprecata in un contatto impuro. Labbra che si scontrano, corpi
che si attraggono.
Imperfetto.
Facile lasciarsi andare. Facile cedere al
desiderio.
Impossibile opporsi alla realtà.
Mi avevi detto che saremmo stati amici per sempre.
Che la nostra amcizia era l'unica fonte da cui attingere il nettare
vitale.
E adesso è andato tutto perduto.
Ultime goccie di una tristezza devastatrice. Cala via il grigiore,
ritorna a splendere qualche raggio di sole.
Non posso farlo. La superficie instabile dei miei
sentimenti ti renderebbe fragile.
Noi non siamo fatti per essere.
Siamo stati creati per farci
essere.
E tu non ci riusciresti.
Flebile lamento di un battito scarno, inanimato.
E
il contatto si spezza.
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