L'ultima sfida di Castle

di Morgaine You
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L’orologio della cucina aveva appena segnato le undici.
Era decisamente  ora di andare.
Castle però non si decideva ad alzare.
Seduto sul divano, era rimasto solo.
Alexis e la madre erano già uscite da parecchio; volevano infatti concedere al povero Rick un po’ di tempo per riordinare le idee.
In effetti forse questi erano i primi momenti, dopo quattro anni di indagini, omicidi, passioni, perdite e scoperte che passava con se stesso.
Quattro anni.
Non sembravano che pochi effimeri minuti.

 Certo, la vita da scrittore gli aveva portato fama, denaro, donne.
Ma aveva abbandonato tutto, senza remore, anche Derrick Storm, per iniziare una nuova storia, un nuovo capitolo.
E non sarebbe tornato indietro per nulla al mondo, e mai l’avrebbe fatto.

 Ci aveva pensato, qualche volta; sarebbe stato tutto molto più semplice, ma la sua tempre era forte, come forte erano i sentimenti verso Beckett.
Andando avanti, aveva capito che non avrebbe mai potuto vivere senza di lei.
Quando il proiettile l’aveva colpita al cuore, durante il funerale del capitano Montgomery, Castle era stato incapace di salvarla; ma era riuscito a rivelarle il suo amore.
A distanza di un anno, poche settimane prima, lei gli aveva confessato il suo.
Mentre era aggrappata disperatamente al cornicione del palazzo, in procinto di cadere, con Esposito a terra svenuto, l’unico suo pensiero era Castle; non la morte o l’omicidio della madre, che tanto l’aveva ossessionata.

 Ancora seduto nel suo caldo soggiorno, il volto di Castle era rigato da lacrime; lacrime di gioia infinita e candido amore.

 Ma non poteva indugiare oltre.
Prese le chiavi della sua auto, si era chiuso la porta alle spalle e aveva imboccato una delle tante strade di New York che conducevano alla cattedrale di San Patrizio.
Il sudore, causato dalla calura di giugno, quasi lo soffocava; ma non poteva fare tardi.

Arrivato, era sceso dall’auto senza chiuderla; le scale della cattedrale sembravano infinite, come se il sole non facesse troppo bene il suo dovere.

 Una volta entrato, un mormorio di voci e un fruscio di vestiti lo avevano accolto; ma la scena gli era preclusa a causa del repentino cambio dalla luce alla semi-oscurità.
Riacquistata la vista, un candido velo era stata la prima cosa che aveva visto; e un volto familiare, un sorriso rassicurante e accogliente sotto di esso.
Era estasiato, e le gambe quasi gli cedevano.
Tutto sembrava circondato da un’aura che aveva qualche cosa di magico: i fiori, le persone, lei.

 

Avrebbe fatto meglio ad affrettarsi; forse, un ritardo al proprio matrimonio, Kate, così bella nel suo abito bianco, non gliel’avrebbe perdonato.





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