Titolo:
Happy Halloween
Fandom: Bleach
Personaggio/Coppia: Ichigo Kurosaki, Grimmjow Jaggerjack, Orihime
Inoue, Kon, Nuovo personaggio (Haine Jaggerjack), Altri.
Prompt: # Red velvet cake
Rating: giallo
Conteggio Parole: (non so perché ho cambiato pc e qui il conteggio
parole non va)
Riassunto: [...]Ichigo non era il tipo che amasse particolarmente
partecipare alle feste. Soprattutto se erano piene di gente che andava
ad affollare la stanza, riempiendola di un chiasso tale da fargli
venire il mal di testa. Eppure, non si sa come, quella volta si era
fatto convincere da Haine e da Kon ad andare a quella benedettissima
festicciola di Halloween dove, per giunta, era costretto a travestirsi
come una qualche strana bestia che, sicuramente, non gli sarebbe
piaciuta neanche un po’.
“Oh dai, Ichigo! Cerca di divertirti e di fare meno il musone, una
volta tanto! Andiamo ad una festa non ad un funerale!”
“Lo sai che queste cose non mi piacciono!”
“Vallo a dire ad Haine, poi ne riparliamo, ok?”[...]
Note: AU, OneShot
Ecco qui la mia ultima fiction per l'iniziaiva dello scary challenge
dell'anno scorso u.u è stato un vero parto, giuro °_° stavo diventando
scema per cercare di trovare un finale degno (ma anche abbastanza
aperto) per questa shot. Perché io mi voglio malissimo e quindi faccio
sempre tanti casini e mi vado ad impegolare in mille cose
contemporaneamente <3 comunque appena ho letto della Red Velvet
Cake (uno dei dolci che potevamo utilizzare nell'iniziativa) non ho
potuto resistere <3 ahhh quanto è buona quella torta <3
l'ho inserita per un breve momento ma sapete com'è, non ero nemmeno
costretta ad inserirla ma io ho voluto provarci lo stesso <3 Non
so se possa definirsi propriamente romantica ma sul finale un pochino
sì. un romanticismo malinconico che vedo solo io forse ma un pochino
romantica la è. Non si è capito che amo questo manga e questo AU che ho
creato circa tre anni fa. Sarà che qui posso sbizzarrirmi come voglio,
facendo girare i personaggi in una maniera contorta ma abbastanza
accettabile. Chi lo sa. Devo dire che, nonostante ci abbia messo un
secolo a scriverla sono contenta di come è venuta. Forse il finale è un
po' frettoloso (rischiavo di scrivere un poema e non andava bene dai)
però quello almeno un pochino mi convince. I motivi per cui Ichigo e
Grimmjow hanno litigato non li so nemmeno io. magari, quando sarò
finalmente riuscita riscrivere il capitolo della long fico che si è
cancellato (gnaaaa voglio morire) troverò il suo perché ed inserirò
questa festa come un appunto a piè di pagina XD spero che vi divertite
a leggerla come io mi sono divertita a scriverla^^ ho usato un rating
giallo perché beh, diciamo che lo yaoi accennato non va comunque bene
per una storia PG u.u almeno a mio parere u.u
Buona lettura a tutti^^
Happy Halloween
Ichigo non era il tipo che amasse particolarmente partecipare alle
feste. Soprattutto se erano piene di gente che andava ad affollare la
stanza, riempiendola di un chiasso tale da fargli venire il mal di
testa. Eppure, non si sa come, quella volta si era fatto convincere da
Haine e da Kon ad andare a quella benedettissima festicciola di
Halloween dove, per giunta, era costretto a travestirsi come una
qualche strana bestia che, sicuramente, non gli sarebbe piaciuta
neanche un po’.
Sbuffò, mentre lui ed il suo gemello rovistavano tra i mille cosplay
del manga cafè che si trovava in centro. Almeno, lui se ne restava
appoggiato alla parete e Kon si metteva a fare il rincitrullito ogni
santissima volta che intravvedeva anche solamente un costume dalla
parvenza sexy. Biascicava cose strane – da maniaco, come suo solito – e
lui cercava di non ascoltarlo, per non perdersi in mille elucubrazioni
con un fratello che di sano, in testa, non aveva quasi più niente.
“Oh dai, Ichigo! Cerca di divertirti e di fare meno il musone, una
volta tanto! Andiamo ad una festa non ad un funerale!”
“Lo sai che queste cose non mi piacciono!”
“Vallo a dire ad Haine, poi ne riparliamo, ok?”
Si ricordava ancora quando, un paio di giorni prima, Haine, la loro
compagna di classe, li aveva trascinati in quell’assurda idea della
festa da organizzare per la notte di Halloween. Si ricordava
l’espressione carica di aspettativa dell’amica mentre cominciava già a
pianificare dove fare ma soprattutto cosa portare alla festa. Lei, al
contrario di Ichigo, amava quel genere di cose. Era un modo come un
altro, a parer della ragazza, di passare del tempo con i suoi amici. Ma
soprattutto di cucinare dolci. E di mangiarli. Era risaputo che la
ragazza fosse una golosa persa e nessuno si stupiva quando, assieme ad
Orihime, tirava fuori le torte più disparate e strane, scaricandone la
ricetta da internet.
“Ne ho trovata una che sarà perfetta per la festa!” aveva esultato,
sventolando un foglietto scritto in un inglese fitto fitto, impedendo a
chiunque avesse voluto vedere di cosa si trattasse e quindi di capirci
anche solamente un qualcosa.
Il ragazzo dai capelli arancioni fu destato da quei pensieri quando,
all’ennesimo completino da infermiera sexy, il gemello aveva lanciato
un gridolino eccitato, cominciando a biascicare parole riguardo a
quanto la sua bellissima Hime sarebbe stata uno schianto con quello
addosso.
“Kon” aveva iniziato a dire Ichigo alquanto nervoso “Se non la pianti
giuro che ti prendo e ti lego fuori dal negozio ed i costumi per noi
due li scelgo da solo!”
“Essere legato da te è la proposta meno eccitante che abbia mai
ricevuto in vita mia, Ichigo!”
Il calcione che il più piccolo dei due gemelli evitò elegantemente –
ruzzolando sul pavimento, più che altro – partì non appena quelle
parole raggiunsero le orecchie del povero Kurosaki, rosso in faccia
come mai in vita sua.
“Ohi, ohi, come siamo irascibili anche oggi! Sicuro di non voler una
camomilla a casa, nii-san?”
“Piantala di sfottere o ti apro in due il culo!”
“Ma Ichigo! Ma allora certe battute me le vuoi proprio servire su di un
piatto d’argento!”
Non fosse stato per la commessa che, esasperata, recuperò al posto dei
gemelli i costumi perfettamente adeguati al loro modo di essere, forse,
quei due, si sarebbero ritrovati lì anche quando la festa sarebbe già
finita da un pezzo...!
“Ahia! Cavolo fa male!”
“Oh, su! Per uno spillo nella gamba! Cosa vuoi che sia!”
“Mamma, non per fartelo notare ma quella è la mia di gamba e la mia
carne. Sai com’è, ci sono affezionato.”
Haine rise, sentendo Grimmjow pigolare come un uccellino all’ennesima
puntura di spillo che Chidori piantò, senza volerlo, nel suo povero
polpaccio.
“Oh, insomma! Sei tu che sei venuto a chiedermi di metterti a posto
questo costume da vampiro che ti sei comprato la settimana scorsa! E
poi se ti muovi ogni due secondi è normale che ti pungo, insomma!”
A quel dato di fatto il ragazzo non poté far altro che zittirsi,
continuando a mugugnare tra sé se sé. La più piccola di casa continuò a
ridacchiare, scrollando la testa, i lunghi capelli scuri, interamente
ricoperti di farina che andavano a svolazzare in giro, quasi fossero
fatti da lunghissimi fili di Nylon.
“Haine, senti.” La voce di Chidori andò a riempire il silenzio e lo
spazio che separava la cucina dal salotto “Il tuo costume dovrebbe
essere a posto adesso. Dopo, quando hai finito di preparare la torta e
tutto il resto, potresti andare a provarlo? Nel caso dovessi
aggiustarti ancora qualcosa!”
“Ok zia! Nessun problema! Piuttosto, come procede il costume da vampiro
di Grimm?”
“Direi che sta andando bene!”
“Se per bene intendi che mia madre mi sta dissanguando a furia di
piantare aghi e spilli nella mia povera carne, beh, sì a quanto pare
sta andando bene!”
La risata che riempì quella casa fu così fresca ed allegra da strappare
un sorriso anche ad un povero e martoriato Grimmjow che fissava sua
madre da sopra in giù nella speranza che capisse che forse era il caso
di prendere meglio le distanze tra la stoffa e la sue parti tenere.
“Dai, che appena è pronta di faccio assaggiare la crema della Velvet
Cake!” esclamò Haine, continuando il suo lavoro casalingo con una certa
solerzia.
Ecco, quella proposta lo portava ad essere un po’ meno scorbutico ed un
po’ più collaborativo. Dopotutto, quella festa Haine l’aveva
organizzata apposta per lui. Era il minimo, vi sembra?
Orihime era stata la prima a raggiungere il salone dove si sarebbe
svolto il loro party di Halloween. Lei, Haine e Tatsuki si erano messe
d’accordo per quell’ora per poter arredare il tutto e posizionare i
vari banconi e tavoli che sarebbero stati utilizzati per il buffet.
Ishida e Sado le avrebbero raggiunte più tardi. Quando le due testoline
scure delle sue amiche fecero capolino dalla porta, Orihime non poté
fare a meno di sfoggiare uno di quei suoi sorrisi pieni e gioviali,
felice di poter passare del tempo assieme, senza dover stare a
preoccuparsi d’altro se non della loro piccola festicciola.
“Hime, hai già pensato a dove mettere i vari festoni che ci avevi fatto
vedere qualche giorno fa? Quelli belli, con il raso nero e lucido.”
“Mhm! Io direi di posizionarli proprio lì, sopra il finto caminetto!”
esclamò spensierata la castana.
Haine rise a sua volta, ansiosa di cominciare quella festa che, lo
sapeva, avrebbe portato molti altri sorrisi come quello che vedeva
dipinto sulle labbra di Orihime in quel preciso momento.
Ichigo osservava i suoi amici entrare nella sala mascherati di tutto
punto, ognuno rappresentando un personaggio diverso. C’era una vasta
scelta e, l'ammetteva con tutta sincerità, Tatsuki e le altre avevano
fatto davvero un bel lavoro. Il salone sembrava l’antro di un castello
stregato, pieno di addobbi e ragnatele finte. Doveva proprio dirlo e
ricredersi, il tutto aveva un suo fascino, soprattutto grazie
all’atmosfera che era stata creata con le candele. Haine l’aveva
definita... Romanticamente cupa. E lui non poteva darle altro che
ragione. Ma il più grande dei gemelli Kurosaki non era il tipo da
feste. Il troppo chiasso non faceva altro che renderlo più nervoso.
Così, per evitare spiacevoli inconvenienti, osservava tutto da una
delle poltroncine rosse che le ragazze avevano fatto portare dal
negozio di antiquariato di Urahara. Per loro fortuna non erano così
antiche come sembravano, se fossero tornate indietro un po’ ammaccate
non ci sarebbero stati problemi. Almeno, così aveva detto il
proprietario di quello strano negozio.
“Ichigo! Smettila di fare il burbero e vieni a divertirti dai!”
“Kon, non sono in vena. Tu vai pure a fare il rincitrullito dietro a
tutte le gonnelle che vedi. Ma se ti succede qualcosa non venire a
piangere da me!”
“Oh, ma come sei crudele!” aveva pigolato il più piccolo, lasciando
però solo il fratello, come aveva chiesto.
Un po’ capiva quel modo di comportarsi di Ichigo. Nell’ultimo periodo
gli erano successe così tante cose che alle volte faticava a farle
andare tutte nella giusta direzione. Soprattutto con Grimmjow. E forse
era stato proprio per far appianare gli animi tra lui e suo fratello
che Haine aveva messo in piedi quella festa che, sperava, avrebbe
portato un po’ di allegria e leggerezza nell’animo di tutti quanti.
L’unica cosa che appunto si chiedeva era dove fosse finita la moretta.
Anche di Orihime non c’erano tracce.
Non appena ebbe formulato quel pensiero, però, le due spuntarono da
dietro la porta del bagno femminile. La prima che vide fu Orihime. Era
così tremendamente carina con il suo costume da fantasmino! Poi
l’arancione le donava molto senza alcun dubbio. Avrebbe preferito
vederla con qualcosa di più... seducente addosso, ma sapeva che non era
nel suo stile. Ed a lui andava bene così dopotutto. Si diresse verso di
lei saltellando, la migliore faccia da ebete che potesse fare stampata
in viso, sbracciandosi per farsi notare dalla ragazza.
“Hime-chan!”
“Oh! Ciao Kon-kun! Bello il tuo costume!”
“Anche tu sei adorabile, Hime-chan! Dov’è quella manesca di Haine?”
“Se stacchi gli occhi da dosso ad Orihime forse mi vedrai.”
Appena si decise a distogliere lo sguardo dal viso dolce della castana,
Haine gli si presentò davanti come un fantasma dal nulla e, come tale,
sembrava vestita. Era completamente bianca, viso compreso, tranne per i
lunghi capelli blu scuro che andavano ad ondeggiare ad ogni suo
movimento, come sempre.
“Se mi volevi spaventare ci sei riuscita!”
“Ah Ah Ah. Spiritoso come sempre. Da cosa saresti vestito, tu? Da uomo
allupato?”
“Lupo mannaro, prego.”
All’alzata di sopracciglio della ragazza Kon fece una smorfia, tirando
fuori la lingua, come faceva da bambino. Haine ebbe la tentazione di
afferrarla e di minacciarlo di tagliargliela, ma dovette desistere.
Quella serata andava vissuta senza troppi battibecchi.
“Io vi lascio soli a divertirvi a ballare un po’. Devo andare a vedere
come procede la festa. Comunque, Hime, sei sicura di voler tenere quel
costume? Ce ne sono un paio di bellissimi per chi non è riuscito a
recuperarli per tempo, se vuoi cambiarti. Ho visto un kimono che
dovrebbe starti benissimo.”
“Preferisco tenere questo. Mi... mi fa sentire più a mio agio ecco.”
Con un’alzata di spalle la moretta chiuse il discorso e poi annuì,
afferrando per un secondo il costume di Kon ed avvicinarlo a sé, con
fare quasi complice.
“Te la lascio per tutta la sera. Però comportati bene. E ricorda, mi
devi un grosso favore.”
Kon non ebbe neppure il tempo di spalancare i grandi occhi nocciola e
voltarsi verso di lei che era già sparita nel nulla, esattamente
com’era venuta.
“Cosa fai ancora qui? Vai a parlarci!”
Le parole di Haine sembrarono rimbalzare addosso a Grimmjow che, da
dieci minuti buoni, non faceva altro che fissarlo, senza muovere un
dito.
“Oh, insomma! Avete avuto solo una piccola discussione, nient’altro.
Vai là e fatti valere! Ho già fin troppe cose a cui pensare, ‘sta sera.
Sei o non sei un vampiro? Tira fuori la tua spavalderia e lo charme –
che dubito tu abbia davvero – e vai a flirtare come sempre.”
“Fa meno la rincitrullita, Haine. Se mi avvicino mi prende a pugni.”
“Naaa, c’è troppa gente e sa che se prova solamente rovinarmi il party,
la festa gliela faccio poi io a scuola! Muoviti, che Keigo e Mizuhiro
si stanno già mettendo nei casini e non posso stare a pensare anche a
te!”
Con uno spintone degno di questo nome il ventenne venne praticamente
lanciato tra le braccia di Ichigo, imprecando contro una sorella che
mai in vita sua sarebbe stata capace di farsi gli affari propri.
Ichigo osservò la caduta del ragazzo senza poter far niente, mentre il
mantello nero andava praticamente a ricoprire entrambi come un velo non
tanto leggero.
Grimmjow digrignò i denti nel tentativo di rimettersi in piedi e di
staccarsi da Ichigo mentre il suo corpo reagiva ad ogni minima e strana
pressione che l’altro esercitava su di sé.
“Ma che cazzo..?” biascicò Ichigo quando, alla fine, riuscì a togliersi
di dosso il mantello, Grimmjow compreso. Osservò il compagno pulirsi i
pantaloni nuovi e stirati di tutto punto, la camicia bianca che era
andata a stropicciarsi non poco a causa di quel movimento brusco.
“Porca miseria. Appena torno a casa l’ammazzo.”
Il ragazzo dai capelli arancioni sarebbe tanto voluto sparire dalla
circolazione in quel preciso istante. Era furioso con lui, con
Jaggerjack, ma il solo percepire la sua presenza e vederlo con i suoi
occhi rendeva il mantenimento della sua presa di posizione alquanto
difficile. Fissò il ventenne ad occhi socchiusi, la sua migliore
espressione irritata di sempre, tentando in ogni maniera possibile di
non fargli capire che lui, Grimmjow, gli era mancato terribilmente in
quel breve periodo in cui non si erano parlati per niente. Se fossero
stati da soli sicuramente non avrebbe resistito e si sarebbe lasciato
andare in un millisecondo, ma ora, grazie a tutta quella immensa folla
che era andata a radunarsi tutta attorno, poteva riuscire a mantenere
un certo contegno, ma soprattutto un certo controllo sulla propria
persona. Mentre tentava in ogni maniera possibile di non mostrare alcun
segno di cedimento, non si accorse delle occhiate che l’altro gli
lanciava, ghignando sotto i baffi per l’espressione estremamente
incazzata che il ragazzo aveva in quel momento.
“Cosa c’è, Kurosaki? Cadendoti addosso ti ho per caso fatto qualcosa di
strano?” aveva chiesto il ragazzo con fare strafottente.
Era da un bel po’ di tempo che Grimmjow non lo chiamava più per
cognome, nemmeno in pubblico. Sentirsi chiamare ancora una volta così,
come se nulla fosse successo, gli faceva montare addosso una rabbia
tale che dovette usare tutto il suo buon senso ed il suo autocontrollo
per non esplodere come una teiera piena d’acqua bollente.
Haine, dal suo angolino, fissava la scena. Se avesse potuto li avrebbe
presi a calci tutti e due, facendo risuonare le loro teste come dei
gong a furia di prenderli a schiaffi. Quei due non erano capaci di
chiedersi scusa. E mai l’avrebbero fatto. Erano troppo testardi ed
orgogliosi per ammettere di aver fatto qualcosa di sbagliato. Eppure
sapeva – o forse sperava – che almeno, in tutto quel casino e tra tutta
quella gente, non si sarebbero presi a pugni, come facevano una volta.
"Siete grandi e grossi abbastanza per cavarvela da soli. Speriamo in
bene." mormorò, prima di andarsene, lanciando un'ultima occhiata a suo
fratello ed al suo migliore amico, pregando in cuor suo che la sua idea
funzionasse. Almeno quella volta.
Kon non era certo di riuscire a resistere dal saltare addosso ad
Orihime. Era così tremendamente carina ed all'apparenza morbida ed
innocente da fargli venire voglia di mangiarsela tutta. Perché lui
adorava la ragazza e l'avrebbe adorata sempre, nel bene o nel male.
L'osserva, le labbra morbide e piene che si muovevano mentre parlava
con lui, dicendogli quanto amasse quella festa che lei aveva
contribuito ad organizzare. Avrebbe voluto morderle quelle labbra.
Morderle e sfiorarle con le proprie e toccarla tutta, per sentire ogni
centimetro di pelle sotto le dita. Ma quando la sguardo dell'amica andò
ad incrociare due figure a loro ben note comprese che mai avrebbe
potuto farlo.
E mentre questa consapevolezza entrava in circolo il suo cuore si
frantumava in mille pezzi.
Non sapeva come, ma lui e Grimmjow avevano fatto pace. Almeno, così
credeva Ichigo. Fino ad un attimo prima stavano discutendo per poi
ritrovarsi avvinghiati l'uno all'altro, nascosti tra le poltroncine e
il finto caminetto lì accanto. Alla fine tra loro era sempre così. Non
riuscivano mai a restare lontani più di tanto. Haine aveva ragione,
erano un po' come due calamite che in principio si respingevano per poi
attrarsi fino sfiorarsi così profondamente da cominciare a conoscersi
come mai in vita propria. Solo in quel momento, da quando tutto era
cominciato, capiva quanto il ragazzo dai capelli azzurri gli fosse
necessario. Di quanto la sua compagna di scuola ci avesse visto giusto,
riguardo il loro rapporto. Perché lui aveva bisogno di qualcuno che gli
tenesse testa, che lo facesse ragionare ma che riuscisse, a modo suo, a
stimolarlo e con Grimmjow aveva ottenuto tutto questo. E mentre si
baciavano, come se quella fosse l'ultima volta che l'avrebbero fatto,
cominciò a pensare che forse le feste non erano così male, dopotutto.
Haine avrebbe voluto essere in grado di fare tante cose. Soprattutto
donare il sorriso a chi in quel momento l'aveva perduto e rendere le
persone a cui voleva bene felici, nel suo piccolo. Eppure, ogni
qualvolta in cui riusciva a vedere la felicità circondare come un'aura
colorata suo fratello e dil suo compagno di scuola, poteva notare che
questa abbandonava sia Orihime che Kon, straziandole il cuore come non
mai. Eppure lo sapeva, con Orihime c'era ancora una piccola speranza,
un qualcuno che le avrebbe ridato il sorriso, facendole dimenticare una
persona che, purtroppo, non l'avrebbe mai guardata come lei osservava
la sua schiena.
Ma con Kon era tutto diverso. Perché poteva fare il cretino quanto
voleva, dire che amava tutte le donne del mondo e che le avrebbe volute
tutte per sé, ma ciò che sentiva per Orihime non l'avrebbe mai provato
per nessun'altra. Perché conosceva bene quello sguardo brillante ma
disperato mentre osservava la ragazza sperando che lei stessa gli
rivolgesse una parola o un azione che non fossero mosse dall'amicizia e
dalla gentilezza. Lo stesso che lei rivolgeva a suo fratello Ichigo. E
mentre li raggiungeva per sbloccare quella situazione decisamente
amara, cominciò a meditare una promessa. Una delle tante che faceva a
sé stessa, per poter raggiungere uno scopo. Avrebbe cercato il modo per
risanare quei due poveri cuori tristi e soli, sbloccando una situazione
che lasciava l'amaro in bocca a troppe persone a cui teneva più di ogni
altra cosa.
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