Il mio obbiettivo era scoprire la mia vera sessualità.

di _Occhi blu_
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Ero di ritorno a casa dalla palestra e il cellullare non l'avevo portato con me, dannazione, magari Venessa, la mia migliore amica di cui ero innamorata, mi aveva scritto, cazzo cazzo cazzo.

Corsi nella mia camera salutando frettolosamente mia madre, mio padre non era presente in casa, lavorava.

Non c'erano né messaggi, né chiamate, una lacrima bagnò il comodino impolverato.

Passarono forse dieci, undici giorni, e il messaggiò arrivò, c'era scritto '' scusa. ''.

Questo è tutto?! Forse io avevo sbagliato, non dovevo pregarla di baciarmi ma anche lei non doveva fuggire, doveva capirmi come aveva sempre fatto.

Mi accesi una Malboro, l'ultima del pacchetto, non potei farne a meno.

Finito di aspirare catrame andai a trovarla a casa sua, non sapevo nemmeno dov'era, ricordavo una certa Via Cantelmo dal quaderno di scuola.

Girai tutti i campanelli per scovare il suo cognome, lo trovai.

Suonai delicatamente due volte, nessuno mi rispose, non riprovai, avevo paura di disturbare, erano le nove e mezzo di sera forse, non avevo nemmeno la concezione del tempo.

Ero impazzita, volevo fumare, scaricare tutto il nervoso. Mi misi a scavalcare il cancello e non mi accorsi che con una spinta si apriva, era rotto. Abitava all'ultimo piano, al dodicesimo.

L'ascensore, cazzo, era guasto, me ne fregai pienamente, mi feci venticinque rampe senza fiato, mi resi conto che i miei polmoni stavano andando in putrefazione. Che cazzo, dovevo smettere di fumare.

Arrivai, la porta era socchiusa, come se se la fossero dimenticata per distrazione così, entrai, di nascosto. Non chiesi chi c'era, mi intrufolai come un ladruncolo, sentivo rumori di orgasmo e pensai ''che cazzo ho fatto''. Allora girai i tacchi per andarmene ma sentì pronunciare il nome di mio padre, Carlo, sapevo che non era lui, ne ero convinta, ma non so cosa dentro me mi portò a controllare.

Alla vista svenni a terra.





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