Nuova pagina 2
#06
Enjoy the silence –
Temporaneo tormento
[Disclaimer: FMA non mi è appartiene, né i
personaggi qui trattati, ovviamente. E’ tutto di proprietà della somma Arakawa.
Questo scritto ed ogni idea presente in esso, però, mi appartiene interamente.
Escluse ovviamente le citazioni della canzone.]
Note iniziali:
Questa one-shot non ha una collocazione temporale precisa; posso dire di
star seguendo il manga secondo le caratterizzazioni, ma è un semplice missing
moment dei tanti momenti tra Ed e Winry in cui lui si presenta da lei con gli
arti in pezzi per farsi riparare. Scritta per il contest di
Maki sul forum, ispirato alle nove canzoni dell’album Violator dei Depeche
mode. La parte delle parole moleste e futili e del silenzio violento sono quelle ispirate dalla canzone, le
nenie negate a Winry l’accenno alla musica. Alla prossima è_é;.
Vows are
spoken
To be broken
Feelings are intense
Words are trivial
[Enjoy
the silence, Depeche mode]
-
I legamenti meccanici
scricchiolano, sciolti, legati ancora, ed ancora sciolti tra dita come d’abile
intessitrice.
Lastre metalliche
s’incastrano, ghiacciate tra le mani ormai meccaniche anch’esse, si svitano e
riavvitano le viti, ed un sussulto malato di brina che si condensa al freddo
della finestra aperta segnala che c’è nuova vita in quel braccio e quella gamba
morti, contatto tra i nervi, elettricità al posto di sangue.
E’ ironico, terribilmente
ironico, ma quello è l’unico momento in cui può accostarsi a lui senza timore
che si scosti dubbioso, tenerselo accanto, ammonirlo e venire ascoltata senza
ostinazione.
"Prova a muoverlo."
Lui lo fa, scintillante d’un
sorriso a metà che a metà si spegne, flettendo le dita dure, stringendo il
pugno.
Fa lo stesso muovendo il
piede sinistro, flettendo il ginocchio, ed è tutto perfetto ed argenteo come
sempre.
Potrebbero specchiarvisici
entrambi, e lei, pacatamente, allunga una mano a lustrare leggermente il gomito
di lui, per quanto sappiano entrambi che è solo un pretesto per toccarlo ancora,
anche se in una zona morta, dove non è più lui.
Lo sanno e si tollerano
vicendevolmente, perché entrambi vorrebbero che quel braccio fosse ancora
sporco, che lei impiegasse ancora qualche minuto nel ripulirlo.
Ma è così perfetto proprio
perché lei vi ha messo una cura doviziosa ed attenta, e malsana.
Lavora sempre bene ma mai
così, perché un lavoro così attento prende tempo, molto tempo.
Ed un lavoro così è tutto
per lui.
Per trattenerlo lì.
Il silenzio li opprime
forte, stringendoli in una solinga bara di ghiaccio avvolta da ghirlande neve,
sciolta dal disappunto, l’incertezza.
Lei sa che se romperà il
silenzio lui se ne andrà, si allontanerà da lei, aprirà la porta, chiamerà Al e
ripartiranno.
Sa che la prossima volta più
che il braccio potrebbe essersi spezzato il collo, e vorrebbe spolmonarsi
ampiamente, urlargli che non può andare via accampando qualche miserabile ed
implausibile scusa, stordirlo, ma lui prometterà ancora di tornare presto.
Se parlerà rompendo il
silenzio, così avvolgente e strangolante, le parole saranno ancora più violente
di esso, tutto sommato mite e tranquillo, come il mare prima della burrasca, e
come esso spesso spaventoso.
Lui sa, d’altro canto, che
se sarà lui a parlare questo avrà un impatto crudelissimo su di entrambi,
scuotendo vibrante lei, più fortemente di una scrollata di spalle, e lanciandola
in terra, senza forze, scuotendo lui stesso che si morderà poi la lingua e
l’aiuterà a rialzarsi senza un’altra, cruda, parola.
Ed è come restare sempre
amici, immutati e senza rischi.
Ed è peggio di restare senza
amici, incomprensibilmente irrigiditi d’una solitudine che ha tenaglie ed
artigli con cui lacerare.
Può vedere gli occhi di lei,
acqua tiepida molle e piacevole al tocco, divenire grigi di nubi dense riflesse
in acque pure.
Diventare sporchi.
Offuscati.
Ognuno invita senza energie
l’altro a proseguire anche d’un passo solo, infrangere tutto, sentire il rumore
di vetri affilati in frantumi che li accarezzerà lacerando loro la pelle,
trasparenti, inconsistenti, sudici e puliti, ma nessuno ne ha il coraggio.
Nessuno di loro è
particolarmente bravo a ferire, anche se ciascuno è particolarmente collaudato
nel venir fatto a pezzi moralmente, fisicamente.
Sono sempre viaggiatori,
statici o meno, ma sempre viaggiatori, che si sfiorano, distanti e sperduti,
celati dietro orgoglio robusto ed irrinnegabile, non ammettendo mai di essersi
persi, anche in un qualcosa d’inconsistente e ridicolo come il silenzio.
Stritolatine più e più
volte, le loro labbra non riescono ad articolare parole, ma a riingoiarle,
segregandole nel profondo della gola con brutalità perché moleste e futili,
rivoltantisi nel palato ed oltre, finché non giacciono schiacciate tra i
polmoni, corrodendo essi e poi il cuore.
Edward si fa forza ed infine
le parla un poco con uno sguardo scostante ed ansioso, ricevendo in risposta
solo il muto riflesso del proprio viso nelle iridi spente di lei, che lo
implorano di andare avanti ma non andare via.
Di farle forza senza farle
violenza.
Può vedere nelle labbra
rosate e flagellate dal saettare della lingua e dei denti su di esse una rabbia
ed innocenza scolpita come su pietra.
Desiderio di azzannarlo più
che di vederlo andare via, perché quella sensazione di pelle tra i denti, di
aver ferito qualcuno, sarebbe di lui, e lei non l’ha mai ferito.
Desiderio di ucciderlo pur
di trattenerlo lì e di sentirne il respiro addosso, sempre, sempre.
Lei gli si avvicina piano,
senza apparentemente alcuna intenzione precisa, fermandosi quando lui accenna a
schiudere le labbra, ombra strana nelle iridi auree.
Winry è allora stremata,
sudata e prosciugata, e batte un pugno forte di fianco alla sua testa, sul muro,
chinando il capo in tremuli singhiozzi, simili a percosse vicino al collo di
lui.
"Win..."
Lei cade, lui si china senza
far altro rumore per cadere con lei, e le posa una mano sulla testa tinto in
viso d’un rosso spento, come tutto il mondo attorno a loro.
"Io devo andare.
Questo lo sai, no? Non fare la bambina, per favore."
Non le è mai stato concesso
di essere una tenera ragazzina viziata perché le sono state negate dolci
ninnananne, abbracci gentili, rimproveri educativi troppo presto , ed ora si
ritrova turbata, sconcertata di vedersi negato il diritto che s’era per lei
giustamente arrogata di fare un minimo capriccio.
Esternare un decimo della
sua irragionevolezza.
Ma lui ha sempre una buona
ragione per tutto, e sa che anche senza parlare lui dovrà andare via con Al, via
per Al, lasciandola indietro a vivere in ricordi soffusi ed impalpabili.
"Non piangere...per favore,
su. Tornerò. Mi farò vivo presto."
E’ come un abile demonio che
pretende di riscuotere un’anima senza offrire nulla in cambio ma facendolo anche
parer uno scambio equo: questo è il suo tipo di gentilezza.
Sa bene che dicendo così lei
sarà costretta a credergli ancora.
-
|