Titolo:
La felicità scesa dal camino
Fandom: Bleach
Personaggio/Coppia: Grimmjow Jaggerjack,
Orihime Inoue [GrimmHime]
Prompt: Pacco Giallo; Camino, "ma Babbo
Natale non doveva essere un’uomo?"
Rating: Pg
Conteggio Parole: 2103
Riassunto: […]Amava il Natale, la nostra
Orihime, perché le permetteva di dimostrare alle persone che aveva
accanto quanto volesse loro del bene. Con semplici gesti e regali
altrettanto semplici, certo, ma per i suoi amici - e questo lo sapeva -
erano le cose più belle che potessero ricevere. Si sentiva un pochino
come Babbo Natale, nonostante non ci fossero camini dove passare e
renne da cui farsi trainare.
Molte volte si era chiesta, da bambina, come facesse quel vecchio
signore a passare per dei posticini così angusti e ristretti quali
erano i camini, pieni di fuliggine e bui come la notte. Poi, quando
crescendo aveva scoperto che, ahimè, quell'uomo dal viso simpatico, la
risata cristallina e sempre di buon umore non esisteva, le era crollato
tutto un mondo, facendola desistere dal continuare a porsi tutte quelle
domande oppure ed al cercare una spiegazione tra gli occhi di un
fratello che continuava ad osservarla, sorridendo.[…]
Note: Oneshot, AU, Introspettivo,
Commedia, Romantico
Ed ecco qui con la mia ennesima Oneshot dedicata a questa coppia che
adoro alla follia. Fosse per me scriverei quintalate di fiction su
Orihime, ma forse è il caso di lasciarvi vivere e non farvi morire a
causa delle mie schifezze XD comunque, che dire, ultimamente non sono
soddisfatta di tutte le storie che scrivo, ho sempre qualche problema,
devo ammetterlo. E questo succede soprattutto quando non posso leggere
libri considerati tali =_= ed escono degli obbrobri grammaticali che mi
fanno venire il voltastomaco.
Ma devo ringraziare una persona e le sue storie se, finalmente, sono
almeno un pochino soddisfatta di questa cosina qui che vi apprestate a
leggere. La dedico alla ElderClaud (tu donna che mi hai messo la fissa
su questi due!) che dopo mesi di assenza è ritornata sui lidi della
scrittura ed è stata una vera fonte di ispirazione per me <3
ogni volta che leggo i suoi lavori mi infiammo di un fuoco sacro che mi
spinge a scrivere cose lunghissime, io che di solito tendo sempre a
scrivere delle flash invece che delle oneshot XD Beh, direi di
lasciarvi alla lettura invece di rompervi le balle con questi miei
sproloqui inutili u.u
Buona lettura a tutti <3
Orihime adorava il Natale. Il mondo era pieno di luci e tutti
sorridevano felici perché ciò che li circondava sembrava migliore e le
cose brutte venivano accantonate in un angolino, lasciate da parte,
almeno per un po'. Amava il Natale, la nostra Orihime, perché le
permetteva di dimostrare alle persone che aveva accanto quanto volesse
loro del bene. Con semplici gesti e regali altrettanto semplici, certo,
ma per i suoi amici - e questo lo sapeva - erano le cose più belle che
potessero ricevere. Si sentiva un pochino come Babbo Natale, nonostante
non ci fossero camini dove passare e renne da cui farsi trainare.
Molte volte si era chiesta, da bambina, come facesse quel vecchio
signore a passare per dei posticini così angusti e ristretti quali
erano i camini, pieni di fuliggine e bui come la notte. Poi, quando
crescendo aveva scoperto che, ahimè, quell'uomo dal viso simpatico, la
risata cristallina e sempre di buon umore non esisteva, le era crollato
tutto un mondo, facendola desistere dal continuarea
porsi tutte quelle domande
ed al cercare una spiegazione tra gli occhi di un fratello che
continuava ad osservarla, sorridendo.
La ragazza puntò lo sguardo sul finto camino che si trovava nello
sgangherato e fatiscente appartamento di Grimmjow, ripensando a tutti
quei vecchi ricordi ed a tutti i quesiti che si era sempre fatta da
bambina. Sorrise, un sorriso nostalgico, certo, ma comunque sereno e
dolce. Si sedette sul pavimento, accanto all'albero di Natale che aveva
appena finito di allestire lei stessa in casa di Grimmjow. Il suo
ragazzo non era il tipo che festeggiava volentieri, per lui certe
ricorrenze erano solo un brutto modo per ricordargli quanto fosse stato
solo, in passato. Ma, quando quello stesso giorno - alle cinque di
mattina, precisiamo - lei era entrata in casa sua mentre stava uscendo
per andare al lavoro, l'aveva guardata stranito ed alquanto perplesso.
E la ragazza dai lunghi capelli castani continuava a sorridere, il capo
leggermente reclinato ed i grandi occhi nocciola lucidi per un sonno
che non accennava ad allontanarsi da lei, nonostante la buona volontà
che la pervadeva. Quando poi gli aveva spiegato che quel giorno avrebbe
addobbato il piccolo appartamento, aspettandolo lì fino al suo ritorno,
lui aveva mugugnato qualche protesta, cercando di convincerla che casa
sua era bella così com'era, senza addobbi assurdi ed ingombranti. Ma
lei era testarda ed insistente quando ci si metteva, di un'insistenza
dolce e leggera, certo, ma riusciva sempre a fargli fare tante piccole
cose che, anche se non l'avrebbe ammesso mai, gli riempivano il cuore
di quel calore che da bambino gli era sempre stato negato. Le aveva
persino chiesto se quella non fosse stata un'idea della sua sciocca
coinquilina dai capelli verdi - per riuscire a farla desistere - ma lei
aveva risposto che no, era sua, l'idea, e che quindi non avrebbe dovuto
protestare. Così le aveva lasciato le chiavi di casa - le sue, perché
la copia che le aveva dato per il Natale precedente era stata persa in
non si sa quale cassetto - dandole un bacio veloce e fugace sulla
fronte, tentando inutilmente di nascondere il profondo imbarazzo che
quella ragazza con la sua dolcezza riusciva sempre a fargli provare,
nonostante non fosse il tipo da romanticherie e cose simili.
Orihime si stiracchiò un poco, continuando a fissare quel finto camino
che mai avrebbero potuto usare, ma che a suo parere era sicuramente
perfetto per quell'atmosfera che per tutto il giorno aveva cercato di
ricreare. Aveva persino appeso un paio di calze colorate sopra la trave
portante, con i loro due nomi cuciti sopra a mano da lei stessa. Quante
volte si era piantata quell'ago nei polpastrelli! Ormai aveva perso il
conto delle punture ma non quello dei cerotti ancora presenti sulle
dita.
"Sarebbe bello se fosse vero. Potrei accendere un bel fuoco e tutto
sarebbe perfetto." mormorò, sorridendo ancora, intrecciando le dita le
une nelle altre, le mani portate di fronte al suo viso in quel suo
gesto abituale e fresco che il suo ragazzo tanto adorava.
Orihime voleva regalare a Grimmjow, quest'anno più che mai, un Natale
meraviglioso, che potesse cancellare tutti quei tristi momenti passati
in una catapecchia, privo di una madre ad abbracciarlo e coccolarlo,
come ogni bambino piccolo desidera.
Si alzò, sgranchendosi le braccia e le gambe, andò a controllare il
forno un po' sgangherato - ogni volta che ci metteva mano temeva che
saltasse per aria - fiera del tacchino che era riuscita a cucinare.
Neliel era diventata matta con lei un mese intero perché ogni tentativo
di imparare la ricetta originale del tacchino ripieno era sempre un
gran disastro e lei, Orihime, desiderava che tutto fosse pressoché
meraviglioso.
Quella sera era la vigilia di Natale, mancava poco all'ora stabilita
per la sorpresa che si era ripromessa di fargli e Grimmjow ancora non
si vedeva. Un po' rossa in viso si diresse verso il finto camino,
afferrando un sacchetto che si era apprestata a nascondere appena
entrata in casa, controllando che il contenuto fosse al proprio posto.
Così corse veloce in camera, tirando fuori per prima una grande barba
bianca, folta e decisamente ingombrante. Chissà se le sarebbe stata su
o se le sarebbe caduta sul collo mille volte.
Quell'assurda idea le era venuta un giorno di qualche mese prima,
quando Grimmjow, di fronte al grande magazzino in centro, aveva visto
la lunghissima fila di bambini pronti a vedere Babbo Natale.
"Mio padre non mi ha mai detto che Babbo Natale esisteva. Per lui era
solo una gran sciocchezza." aveva esclamato lui, guardandosi
distrattamente in giro mentre lei fissava ancora quello spettacolo con
gli occhi pieni di una dolcissima nostalgia.
E così, dopo quell'occhiata indifferente che lei riusciva sempre ad
interpretare, nonostante il ragazzo tentasse sempre di nascondere tutto
dietro una facciata dura e seria, aveva deciso che sarebbe stata lei il
suo Babbo Natale, almeno per quell'anno. Non sarebbe scesa da un camino
- anche se avrebbe tanto voluto - ma i regali - perché erano più di uno
- sarebbero arrivati comunque. E lo avrebbero reso felice. Almeno, così
sperava.
Quando finalmente il vestito - che le stava tremendamente largo - fu
finalmente indossato, Orihime corse nel salottino, tanti pacchetti in
mano, pronti per essere messi sotto l'albero. Quando la mezzanotte
scattò, la ragazza si accucciò dentro al camino, facendo finta di
uscirne fuori, ridacchiando un "OH-OH-OH" degno di quelli che suo
fratello le faceva sempre ogni Natale. Appoggiò accanto alle proprie
ginocchia un paio di regali, mentre i restanti venivano semi-nascosti
con perizia sotto i rami dell'albero, posizionandoli in modo che, se
Grimmjow fosse arrivato troppo presto, non li avrebbe notati fino
all'indomani mattina. Aveva quasi finito la sua operazione quando sentì
scattare la serratura della porta d'entrata. Sobbalzò, il cuore che
accelerava sempre di più, mentre cercava un posto dove nascondersi e
nascondere i restanti regali di Natale. Si sentiva un po' ridicola
conciata in quel modo e, nonostante avesse voluto fare come suo
fratello Sora quando lei era ancora una bambina, non voleva farsi
vedere vestita così da Grimmjow, anche se l’idea iniziale era stata
quella. Quando i suoi occhi si posarono dentro al camino pensò che
quello era l'unico posto fattibile dove rifugiarsi in quel momento,
nascosto com'era dal grande albero fittizio che aveva fatto trascinare
fino a lì da un paio di suoi colleghi di lavoro che le dovevano un paio
di favori. Ed anche un paio di turni liberi in panetteria.
Quando il ragazzo dai capelli azzurri entrò non notò niente di diverso
dal solito. Era troppo stanco per guardarsi in giro e l'unica luce
accesa era quella che si trovava in cucina. L'avevano tenuto tutto il
giorno occupato con la scusa che da Natale fino al primo dell'anno lui
se ne sarebbe restato in vacanza ed ora, esausto com'era, voleva
solamente buttarsi sul divano, mangiare un boccone, ed andarsene a
dormire. Peccato che non avesse fatto i conti con la sua ragazza.
Inutile dire che si era dimenticato di lei e della sua assurda idea,
con tutto quello che aveva dovuto sopportare fino a poco prima. Solo
quando cappello, giubbotto e la sua giacca da guardia notturna furono
lanciati sull'attaccapanni in malo modo, il ragazzo notò che c'era
qualcosa di diverso nel suo povero appartamento. Per prima cosa aveva
sentito suonare dei campanelli e fino a prova contraria in casa sua non
ce n'erano. Quando poi accese finalmente la luce poté notare una serie
infinita di addobbi natalizi posizionati in maniera alquanto strategica
per gran parte delle stanze. Tra festoni, lucine colorate e l'enorme
albero di Natale in salotto, casa sua sembrava decisamente quella di
un'altro. Solo quando vide in lontananza le due calze colorate appese
sulla trave portante del camino si ricordò di Orihime e di quella sua
assurda promessa che, sicuramente, non credeva avrebbe mantenuto in
maniera così impeccabile. Eppure doveva saperlo che la sua ragazza,
quando ci si metteva, sapeva cavarsela sempre, in qualunque situazione.
Soprattutto in quelle più strane.
"Orihime" la chiamò, quasi fosse un ordine perentorio, facendo passare
alla ragazza la voglia di uscire dal suo nascondiglio.
"Orihime?" chiese ancora, quando notò uno strano movimento dentro a
quel camino fatiscente che già più di una volta gli aveva solo creato
parecchi problemi.
Solo dopo un paio di secondi sentì una stranissima risata – un po’
stridula, forse per l’imbarazzo – e vide un’enorme macchia rossa e
bianca uscire fuori da dentro il camino, un paio di pacchetti ancora
tra le braccia esili.
Non rise , Grimmjow. Almeno, non fu così stupido da riderle in faccia
ma la voglia fu davvero tanta. Vedere la sua Orihime conciata in quel
modo, la barba messa male, il vestito grosso tre volte lei, aveva reso
almeno un pochino più divertente il suo ritorno a casa dopo una
giornataccia del genere.
“Orihime!” esclamò, la faccia tirata come se fosse appena stato dal
chirurgo plastico.
“Ti sbagli!” le aveva risposto alla fine lei, continuando a sorridere
gioviale “Io non mi chiamo Orihime! Io sono Babbo Natale!” continuò, la
sua vocina fattasi voce roca e profonda per entrare meglio nella parte.
L’espressione alquanto scettica di Grimmjow non la fece desistere dalla
sua recita, così continuò imperterrita in quella sua assurda idea.
“La tua amica mi ha detto che non hai mai creduto in me, così sono
venuto di persona dal Polo Nord solamente per farti visita! Vedi che
sono sceso fin giù dal camino?” indicò.
Il ragazzo le si avvicinò lentamente, il suo solito sorriso ferino
stampato in faccia, afferrando la barba con l’indice e tirando giù con
delicatezza, mentre i grandi occhi grigi della ragazza diventavano
lucidi per l’imbarazzo crescente.
“Ma Babbo Natale non doveva essere un uomo?”
chiese poi, osservandola per benino, la mancina che scendeva lungo il
suo corpo, dalla spalla fino alla vita.
La ragazza si mise a ridere, avvicinandosi a lui per dargli un bacio
sul naso, mentre continuava a sfilarle la barba, facendole il solletico.
“Volevo regalarti il sogno di Babbo Natale che ti è sempre stato
negato. Volevo fare come mio fratello Sora fece con me. Regalarti un
vero Natale. Scendendo anche dal camino, se necessario!” gli aveva
risposto, glissando quell’assurda domanda che l’aveva solamente messa
in imbarazzo.
Lo sguardo davvero sorpreso di Grimmjow sembrò trapassare Orihime per
un breve istante. Continuava a fissarla e lei non sapeva come
interpretare la cosa perché era la prima volta che la fissava in quella
maniera, non gli era mai successo. Solo quando la strinse forte a sé,
donandole un bacio passionale dei suoi, che la ragazza cominciò a
comprendere lo stato d’animo del suo fidanzato.
Per Grimmjow certi gesti valevano più di un paio di parole. Lui, che
nella vita aveva sempre e solo avuto rifiuti e problemi, sapere che lei
aveva tentato il tutto e per tutto per regalargli un bel Natale – un
vero Natale con la “N” maiuscola – aveva smosso in quel suo animo una
serie di molle, che lo portavano ad adorare sempre di più quella
ragazzina un po’ troppo accondiscendente ma piena di riguardi verso di
lui.
“Lo sai che odio questo genere di feste.” Esclamò dopo essersi staccato
da lei, le sue braccia ancora attorno alle sue spalle ed i suoi grandi
occhi grigi che lo fissavano imperterriti.
“Lo so.” Esclamò la ragazza, continuando a sorridere, mentre lui
l’afferrava meglio per la vita e la trascinava fino al divano per
poterla stringere a sé in una posa decisamente più comoda.
E quando la castana cominciò a fare l’elenco di tutte le cose che aveva
ancora in serbo per lui, il suo sorriso si allargò, pensando che un
Babbo Natale più bello di quello non sarebbe mai sceso dal camino. Ed
era felice di tenerselo tutto per sé.
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