Utopia

di me000
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Aveva gli occhi stanchi.

Li chiuse.
Non sarebbe mai riuscita a dormire in quel silenzio sovrannaturale.
Non sarebbe mai riuscita a dimenticare le sere passate ad ascoltare la pioggia cadere con precisione inquietante sul davanzale della finestra, il letto caldo che l’aspettava per sognare la prospettiva rassicurante di una nuova mattina. Prima la notte era l’anticamera del giorno, un momento di passaggio che serviva per prepararsi alle fatiche e alle gioie che il sole avrebbe portato. Prima non sapeva quanto fosse splendido vivere il buio senza torturarsi nell’attesa, priva del bisogno di un futuro, conscia solo dell’importanza del presente.


Aveva scoperto tutto solo da poche ore, ma le sembrava che la sua vita non fosse mai stata diversa.
In effetti, ogni cosa che aveva tentato di fare durante l’intera durata della sua esistenza era stata guastata da quella punta di amarezza che si porta dietro chi non sa da dove viene e che di conseguenza non può capire dove sta andando.

Lei “normale” non lo era mai stata.

Era stata segnata ancor prima della sua nascita, ancora prima di avere consapevolezza della propria esistenza le era stata preclusa la possibilità di una vita placida e tranquilla, priva di paure e permeata dalla sensazione di felicità e dalla tendenza all’ottimismo proprie di chi ha un’indole mansueta. Non che avesse mai desiderato una cosa del genere, ma detestava l’idea che qualcuno avesse deciso per lei.


Sdraiata nel buio della foresta, i capelli scuri sparpagliati a terra, l’erba umida sotto di lei, il cielo appena intuibile come una presenza lontana e scura.

Non seppe mai se fosse stato il suono familiare e rassicurante dell’acqua che scorreva, l’atmosfera cupa ed opprimente di quella che aveva scoperto essere le sua unica patria o semplicemente la stanchezza dovuta alle fatiche della fuga a farla sprofondare in un sonno profondo proprio nel mezzo delle sue riflessioni.




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