CAPITOLO
1 - Il mio sbaglio più grande?
Cameron
chiuse l’ultima cartella che aveva appena finito di studiare,
e firmare al
posto di House. Quando la lancetta dei minuti si allineò ben
dritta con quella
delle ore indicando che erano le nove e un quarto, trasse un profondo
respiro
di sollievo, e si passò una mano tra i capelli, quel giorno
era particolarmente
stanca.
Si
sfilò il camice e lo ripose accuratamente al suo posto
sull’appendiabiti all’ingresso
dell’ufficio di House, poi si sistemò gli abiti e
infilò la giacca, prese la
valigetta e si apprestò ad uscire. Era ormai sulla porta
dell’ufficio quando
incontrò House, che stava entrando probabilmente pronto a
staccare pure lui da
un turno lavorativo.
-Sei
ancora qui?- chiese la ragazza stupita, lanciando un’occhiata
allo stetoscopio
che il diagnosta portava appeso al collo, quasi certamente aveva appena
finito
un turno in clinica; House colse lo sguardo, -ti piace? Serve per
ingannare la
Cuddy, almeno se me lo vede
al collo pensa che ho appena visitato qualcuno!- sorrise poi si
concentrò sulla
domanda che gli aveva appena posto, -mi ero appisolato nella stanza 5,
se non
fosse venuto Jimmy probabilmente mi avrebbero beccato!-
esclamò divertito prima
di continuare –piuttosto tu cosa ci fai qui? Non dirmi che mi
stavi
aspettando!- la ragazza arrossì violentemente nonostante il
motivo non fosse
quello, -in realtà io come la maggior parte delle persone
faccio tutto il mio
turno lavorativo, dalla mattina alla sera…ma non posso
pretendere che tu
capisca!- detto questo si indirizzò verso l’uscita
pronta ad andarsene –buona serata
House- disse con una punta di freddezza, poi aprì la
porta… -con chi la
passerai la serata tu?- le chiese l’uomo alle sue spalle, lei
si voltò…quella
di House non era curiosità, era quasi cattiveria,
c’era un ghigno sul suo
volto, sapeva bene che la ragazza sarebbe stata sola…
Non
gli
rispose, non si voltò nemmeno, forse per non far vedere gli
occhi che le si
erano arrossati dalla rabbia. Uscì sbattendo la porta e si
diresse verso il
parcheggio sotterraneo, quasi correndo tanto veloce era la sua andatura.
Prese
l’ascensore, tratteneva le lacrime, non voleva piangere
davanti a qualcuno…quando
arrivò nei sotterranei si guardò attorno, erano
deserti, perciò cercando ancora
di non piangere cominciò a camminare, lentamente verso la
sua macchina… ma nel
tragitto una calda lacrima le sfiorò la guancia, facendola
esplodere, si fermò
di botto, si passò una mano sul viso come a volerle
ricacciare indietro, ma non
si trattenne più, un pianto silenzioso
l’accompagnò fino alla sua vettura.
-Cameron?-
una voce maschile poco dietro di lei la fece trasalire,
tentò di asciugarsi il
volto ma l’uomo l’aveva ormai raggiunta, Wilson
piegò il volto in modo da
vedere cosa avesse, -Allison che succede?- affettuoso come sempre
tentò di
comprenderla, ma lei non rispose, alzò gli occhi al cielo
per evitare che nuove
gocce di pianto la rendessero ancora più
vulnerabile… -Cosa ha fatto stavolta?-
chiese lui, consapevole che la causa di tutto era, come sempre, House,
ma lei
scosse il capo –no, non è nulla, sono io che sono
una stupida…fa sempre così,
ma io ci rimango sempre e comunque male…- fece spallucce e
tentò di sorridere,
assumendo un espressione da cucciolo indifeso…a Wilson fece
pena, le sorrise a
sua volta e le mise un braccio sulle spalle, in maniera fraterna,
-su… non puoi
guidare in questo stato, vieni ti porto io a casa, tanto domani hai il
giorno
libero e non devi venire a prendere la tua macchina…va
bene?- lei annuì, grata.
Wilson
l’accompagnò verso la propria auto, il braccio non
più sulla sua spalla. Arrivarono
all’auto e vi salirono, –senti- disse lei con voce
un po’ meno triste –non ho
voglia di andare a casa, andiamo a bere qualcosa ti va? Sento di averne
bisogno!- lui ci pensò un attimo, poi annuì
–d’accordo, brinderemo alla faccia
di House!-, entrambi scoppiarono a ridere, poi Wilson mise in moto e
partirono.
Si
fermarono
davanti ad un bar dall’insegna luminosa mezza spenta, Cameron
ridacchiò
pensando al “buongusto” del collega, poi insieme
entrarono. Dentro c’era una
musica country mista a qualcosa di lento, decisamente non il genere
né di Cam né
di Wilson, si sedettero ad un tavolo, e quando arrivò la
cameriera ordinarono
entrambi da bere.
Fu
Wilson
il primo a parlare, per rompere il ghiaccio, -House è un
idiota, fa così con
tutti, non ci pensa che potrebbe rimanerci male qualcuno!- lei sorrise,
era
evidentemente poco convinta, -lo so che è fatto
così…ma…- si interruppe
chinando lo sguardo, quasi si vergognasse -…ma ti piace
tanto, non è vero?-
finì lui avvicinandosi per darle conforto, lei
annuì, con aria grave –sono proprio
una stupida non credi?- -non è che lo credo…ne
sono proprio sicuro!- esclamò
lui divertito, suscitando un sorriso da parte
dell’immunologa, -che scemo!-
entrambi risero.
I
cocktail
arrivarono ma nessuno dei due pareva avere molta voglia di bere,
infatti li
lasciarono lì, continuarono a parlare allegramente, senza
curarsi dell’ora che
ormai si era fatta tarda.
-Allison
tu meriti di meglio!- Wilson aveva riportato il discorso su House
–ci sono
milioni di uomini disposti a fare qualunque cosa ad un tuo schioccare
di dita,
e lui fa l’indifferente! Mi chiedo chi si creda di essere!-
lei annuì, convinta
dalle parole dell’uomo –non capisco
perché ci perdo tempo dietro! Tanto non mi
vuole!- -non ti merita, non ti merita…- la
spalleggiò lui, poi lei sorrise, e
lo guardò negli occhi, per la prima volta in tutta la sera,
per la prima volta
da quando si erano conosciuti in effetti…lui
arrossì lievemente, ma non
distolse lo sguardo, come legato ai suoi occhi da qualche forza
misteriosa.
Accadde
tutto in pochi istanti, lei aveva indugiato un po’ troppo in
quell’occhiata, e
lui prese l’iniziativa. Le si avvicinò lentamente,
per far si che se la donna
non avesse voluto avrebbe potuto scansarsi, ma lei non lo fece, le
labbra di
James sfiorarono timidamente quelle della donna, poi i due presero
più
sicurezza, il candido bacio si intrise di passione, e i due si
ritrovarono
legati in un abbraccio, sulle scomode panche del bar.
Quando
si separarono Cameron era visibilmente imbarazzata, Wilson un
po’ meno, o forse
non lo dava così a vedere…si alzò, la
guardò ancora un attimo negli occhi, poi
la prese per mano e, dopo aver lasciato un po’ di soldi sul
tavolo l’accompagnò
fuori, di nuovo verso la sua macchina.
Dall’uscita
all’auto c’erano meno di dieci metri, ma in questa
distanza i due si
ritrovarono nuovamente legati in un bacio, entrarono nella vettura
uniti per le
labbra.
Si
separarono
di nuovo, dopodiché James mise in moto per la seconda volta
nella sera, -vuoi
venire da me?- le chiese a bruciapelo, convinto che non sarebbe mai
più potuto
capitare, lei si limitò ad annuire, perciò lui
partì, diretto verso la propria
abitazione.
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