Malec

di GiuliaFray
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Malec


Alec sorrise alla vista di quella foto e se la mise nella tasca dei jeans. Si chiese perché dovesse sempre arrossire alla vista di Magnus, anche se in una fotografia, e si rese conto per l'ennesima volta di quanto lo stregone fosse bello, in ogni sua parte.
-Alec!- La voce di sua sorella Isabelle risuonò chiara dal corridoio adiacente alla sua stanza. -Hai per caso visto il... - S'interruppe bruscamente quando vide il fratello a petto nudo e con i capelli scompigliati come se lo avesse sorpreso una violenta folata di vento. Isabelle inarcò un sopracciglio delicato. -Che diavolo stai facendo? Stai tentando di uscire da quella finestra e irrompere mezzo nudo nella stanza di Magnus?-Dopotutto, la sua posizione era parecchio strana. Aveva la testa sporta fuori dal davanzale, il busto proteso e le braccia appoggiate pericolosamente in fuori. Alec si raddrizzò e si voltò verso la sorella, afferrando la t-shirt dallo schienale di una sedia nella sua stanza spoglia. La ignorò e le chiese, cercando di non far trapelare nulla di ciò che stava pensando: -Cosa stavi cercando?- Isabelle, con un gesto repentino della mano, si scostò i capelli bagnati dal viso portandoseli dietro il collo. -Il mio asciugamano. Te l'ho prestato ieri e tu non me lo hai restituito.- Alec sospirò e si avvicinò al letto, scostando le coperte ammucchiate in disordine alla ricerca dell'asciugamano purpureo. L'irritazione cominciava a farsi sentire e dovette abbandonare l'immagine raggiante di Magnus per ricordare dove lo avesse messo. Isabelle cominciò a tamburellare la punta del piede sul pavimento e questo lo fece arrossire. Affondò la testa tra le lenzuola e ne restò sepolto. Un moto di sollievo lo colpì quando finalmente trovo l'asciugamano. Con un gridellino di gioia, lo agitò in aria e lo lanciò ad un'Isabelle sollevata. -Per l'Angelo, pensavo che come al solito avessi perso un altro mio oggetto personale.- Alec sorrise e si buttò sul letto, incrociando le mani dietro la testa. -Non sono inaffidabile quanto credi, Izzy.- Isabelle aggrottò la fronte come se ci stesse davvero pensando e lui le buttò un cuscino. Lei si scostò appena in tempo, ridendo gradevolmente e corse verso la porta. Si girò sulla soglia e gli lanciò un'occhiata satura di affetto per il fratello. Alec sostenne il suo sguardo, consapevole che prima di incontrarlo non ci sarebbe riuscito. Era più sicuro e quell'amore lo aveva riempito come dell'acqua in una brocca. Ma l'acqua esce dagli argini, prima o poi, quando risulta troppo per il volume del suo contenitore. Era quello che era successo ad Alec, un Cacciatore timido e diffidente, che non riusciva a stare lontano dal suo amore per troppo tempo. Quando Isabelle si chiuse la porta della sua stanza alle spalle, Alec balzò in piedi e si accostò di nuovo alla finestra spalancata. Izzy ha visto giusto da una parte, pensò con ironia. Era lì per incontrare Magnus, ma lo stregone sarebbe venuto da lui, e non viceversa. Aspettò per alcuni minuti, rigirandosi e rigirandosi ancora la foto scattata pochi giorni prima, fino a quando vide qualcosa. Socchiuse gli occhi e il sangue gli affluì alle guance con forza quando riconobbe le familiari scintille bluastre agitarsi tra i rami dell'albero nel cortile di fronte all'Istituto. Strinse i pugni e non appena notò una chioma corvina dai riflessi bluastri, saltò giù dal davanzale, senza preoccuparsi di inventare qualcosa per giustificare la sua assenza. Come un gatto, atterrò sulle piante dei piedi nudi e si guardò attorno, per poi alzarsi del tutto e invocare il suo nome. -Magnus- chiamò. Gli occhi verdi dello stregone lampeggiarono tra l'ombra dei rami ed Alec corse in quella direzione, incurante del fatto che qualcuno avrebbe potuto vederli assieme. La loro era un'unione non ben vista dal Conclave, soprattutto da quando a Idris, dopo che Clary aveva spiegato ai Nascosti e agli Shadowhunters il suo piano per sconfiggere Valentine e il suo esercito demoniaco, molti membri li avevano visti baciarsi ed unirsi con quella runa, combattere assieme ed amarsi davvero. Girò attorno al tronco dell'albero imponente per ritrovarsi a faccia a faccia con Magnus. Gli sorrise ma lo stregone non sembrò apprezzarlo. Aveva un'espressione seria e turbata, ma i suoi occhi avevano lampeggiato come due fari di una macchina quando lo avevano visto. Alec fece per chiedergli se fosse successo qualcosa di orribile -ne aveva abbastanza di quelle storie di morti, in particolare dopo l'uccisione di Max, suo fratello minore, da parte di Jonathan- ma Magnus lo investì con parole dette a gran voce. -Come diavolo ti salta in mente, Nephilim? Ti sembra che saltare a quel modo da una tale altezza sia utile? Avresti potuto romperti un osso o peggio e io non avrei... - S'interruppe quando Alec posò le labbra sulle sue delicatamente, baciandolo con dolcezza. Magnus deglutì e ricambiò il bacio, provocandogli un formicolio sulla radice dei capelli. -Magnus, mio Magnus, non devi preoccuparti- gli sussurrò Alec sulla bocca, respirando il suo respiro. -Io sono addestrato per questo e sono anni che lo faccio.- Magnus allungò una mano verso di lui e gli accarezzò i capelli serici, baciandolo di nuovo come se non ne avesse mai abbastanza. Dopo il ritorno a New York, non era passato giorno o notte che loro non si fossero visti e Alec era sicuro di non aver mai desiderato nessuno a quel modo. Nemmeno Jace, ricordò a sé stesso mentre stringeva le dita di Magnus portandosele al cuore. Voleva essere sicuro che il suo amore per lo stravagante stregone fosse autentico e che la loro relazione potesse durare in eterno. Alec gli gettò le braccia al collo con impeto e Magnus dovette reggersi ad un ramo per non cadere. Ridacchiarono entrambi, poi il figlio di Lilith tirò un lembo della sua maglietta e lo sollevò, insinuando una mano al di sotto di essa. Alec rabbrividì e si ritrovò a pensare a che cosa sarebbe successo se lui lo avesse portato nella sua stanza, sul suo letto. Scosse il capo e facendo leva sul petto di Magnus, si distaccò leggermente, tanto quanto bastava per osservarlo. Era bello come al solito ed indossava un pantano nero che gli arrivava fino ai piedi, un paio di stivali scuri dall'aria pesante e un orecchino di diamanti all'orecchio. Alec ebbe l'impulso di levargli quello stupido cappotto, ma domandò: -Non fa un po' troppo caldo per un abito così pesante?- Magnus sembrò trovarlo divertente e rispose con voce maliziosa: -Mio amato Nephilim, non sono io che non ho fatto cambio di stagione.- Gli sfiorò con la punta di un indice inanellato il braccio e glielo baciò con dolcezza. Alec rabbrividì per il calore che lo aveva sopraffatto, più che per il freddo che alle parole di Magnus aveva cominciato a farsi sentire. Alec scosse nuovamente il capo e lo baciò con foga, facendolo sussultare. Magnus lo fece voltare e lo appoggiò al tronco dell'albero, accarezzandolo sul viso, sulle braccia, sul petto. Alec mugolò piano e gli passò una mano tra i capelli. Si baciarono fino a quando Alec si raggomitolò contro il suo petto per il freddo. Era settembre e il vento stagionale spesso si faceva sentire. Magnus distese le labbra morbide in un sorriso e lo abbracciò, cullandolo come un bambino. Alec gli passò le braccia attorno alla vita e lo strinse, ricominciando a baciarlo. Era strano pensare a quanto lui fosse stato poco notato dagli altri Shadowhunters, a quanti pochi adolescenti della sua età lo avessero notato mentre camminava per le strade affollate della City. Solo una Nephilim lo aveva guardato spesso con ammirazione durante gli allenamenti. Si chiamava Emily, lo ricordava, e lei aveva avuto l'audacia di cominciare una conversazione con lui sulle Spade Angeliche. Era una ragazza inglese della dinastia degli Ashdown trasferitasi per alcuni mesi in America per apprendere altre tecniche di combattimento, esortata dalla combattiva famiglia. Alec l'aveva assecondata per cordialità, fino a quando lei lo aveva condotto in un vicolo con la scusa di dovergli parlare di una faccenda importante e aveva tentato di baciarlo, increspando le labbra e chiudendo gli occhi. Lui si era allontanato sgarbatamente ed era corso via, subendo le risate di scherno di Isabelle. In quel momento era come se lui avesse passato un'intera vita a baciare Magnus. Era strano, sì, ma era l'unica cosa che riuscisse a fare, così infreddolito e vulnerabile tra le sue braccia magre dai muscoli sodi e forti. La sua mano corse per istinto al primo bottone di una una lunga fila del pastrano di Magnus, ma lo stregone, sorridendo con uno sguardo eccitato e luminescente come un candelabro acceso in una nicchia di una chiesa, si distaccò con un certo rammarico. -Amore mio- mormorò. Alec sbatté le palpebre. Non era abituato a sentirsi chiamare a quel modo, sebbene Magnus lo facesse praticamente dalla loro prima, imbarazzante e patetica uscita assieme. Se Alec non fosse stato appoggiato all'albero e contemporaneamente sorretto dalla persona che considerava la più importante per lui, sarebbe svenuto per la sua vicinanza e per la dolcezza con cui lo aveva chiamato. -Co... cosa c'è?- balbettò, infiammato di desiderio. Magnus si districò dalla stretta delle sue braccia e gli baciò la punta delle dita, una per una. Alec lo guardò, scosso da un lieve tremore. -Alec, ti devo fare una proposta. Spero che sia ben accetta da un membro dei Lightwood di tale calibro.- Alec si sentì arrossire. -Non ho fatto nulla di speciale.- Magnus avvicinò la fronte alla sua e gli carezzò una guancia morbida come un piumone. -Adoro vederti arrossire. Però, sai, non devi essere costantemente imbarazzato, specialmente con me, amore.- Con un grande sforzo per dimostrare il suo amore per lui, Alec socchiuse gli occhi e si concentrò per distaccare da sé quella goffaggine di sentimenti che lo aveva accompagnato per tutta la vita. Pensò che si sarebbe sentito meglio se ci fosse riuscito del tutto. Magnus sorrise raggiante e lo baciò, facendo pressione sulle sue labbra come boccioli di rosa. Si staccò e lo guardò con aria solenne. -Ti piace viaggiare?- Alec si leccò le labbra e si passò il dorso della mano sulla bocca, quasi pensando che i baci di lui fossero stati un sogno. Annuì. -Sì. Non ho mai viaggiato, in realtà, a parte il tragitto da Idris a qui, ma credo che se ci provassi mi piacerebbe.- Magnus sembrò soddisfatto di quella risposta. -Allora, che ne dici di inaugurare un tour mondiale, amore?- Alec sorrise ed ebbe la tentazione di abbracciarlo di nuovo. Strinse i pugni lungo i fianchi per evitarlo. -Be', sarebbe bello, sì.- Domandò, con un leggero tremito della voce, temendo una risposta negativa: -Solo noi due?- Magnus gli strinse le mani con le sue per rilassarlo. -Sì, solo noi due.- Alec si sentì inondato di felicità. Non solo lo stregone gli aveva fatto rendere conto di quanto l'amore fosse meraviglioso, ma lo voleva portare in viaggio, per la prima volta nella sua vita! -Magnus- mormorò con voce rotta dal pianto. L'altro, che non riusciva a sopportare di vederlo piangere, accostò la bocca alla sua guancia bianca per prosciugargli una lacrima pesante. Per un momento il dolore per la scomparsa di Max si dileguò dal suo animo e Alec non poté fare altro che abbandonarsi di nuovo al pianto. Si fece cullare per poi chiedere, la voce smorzata dal tessuto del pastrano di Magnus: -Quale sarà la prima tappa?- Magnus gli accarezzò i capelli con tenerezza. -Decidila tu.- Alec saltò su. -Parigi! Ho sempre sognato di andarci.- Magnus annuì, poi si guardò attorno con aria furtiva, come se fosse stato un ladro scoperto dal proprietario del bottino che stava rubando. -Ora devo andare, Alexander. Cioè, Alec. Domani tornerò da te e ti dirò tutto sul viaggio.- Il cuore di Alec sprofondò in un oceano di oscurità alla prospettiva di lasciarlo andare per quella notte che avrebbe tanto voluto trascorrere con lui. Cercò di non rendere evidente la propria delusione e gli scoccò un rapido bacio sulle labbra, sorprendendo sé stesso per la mancanza di esitazione. Magnus gli prese il viso tra le mani e lo guardò fisso negli occhi, l'oro smeraldino dei suoi opposto al blu scuro di quelli dell'altro. -Ti amo, Alexander. Non mi importa di ciò che mi dirai dentro di te per il modo con cui ti chiamo, ma il tuo nome per intero è il più bello che abbia mai pronunciato. Ti amo- ripeté e Alec non fece in tempo a replicare con le medesime due parole significative che Magnus scomparì in una nuvoletta di scintille e polvere. Sospirò con forza, allungando le mani verso il vuoto come se in qualche modo potesse ritrovarlo tra tutta quella folta boscaglia inusuale in una città come New York. Ma quello era il territorio consacrato dei Cacciatori, e potevano ottenere quasi ogni cosa, in particolar modo con la presenza di uno stregone influente come Magnus Bane, la persona più splendida che avesse mai conosciuto. Strinse di nuovo i pugni e, non senza aver controllato che lui fosse sparito del tutto un'ultima volta, Alec si rese conto che il sole aveva cominciato ad abbassarsi lungo la linea dell'orizzonte. Uscì dal retro dell'albero, sfiorandosi con le dita le stesse labbra che avevano baciato Magnus fino a pochi minuti prima come se non ci fosse niente di meglio da fare. Seguendo il profilo dell'Istituto, varcò l'entrata principale dell'edificio e prese l'ascensore. Mentre si rigirava, vide il suo riflesso nello specchio, e -influenzato da Jace, ne era certo- si rese conto che dopotutto non era così male. La pelle pallida e i capelli scuri gli conferivano un'aria quasi angelica e gli occhi grandi e blu, contornati da ciglia lunghe e nere, sembravano dolci e aggressivi al contempo. Fece un respiro profondo gonfiando la cassa toracica e le spalle. Sembrava più grande, in quella posizione, proprio un membro ufficiale del Conclave. L'ascensore, dopo aver sferragliato come d'usuale, arrivò al piano giusto e Alec si precipitò nella sua stanza, senza occuparsi di controllare che qualcun altro fosse in casa. Ti amo, Alexander. Nessuno mai glielo aveva detto, rifletté, mentre si spogliava ed indossava dei pantaloncini e una canottiera scollata per dormire. Mentre si cambiava, sfilò dalla tasca dei jeans la foto di Magnus e l'appoggiò sul suo comodino. Magnus portava gli abiti più normali che Alec gli avesse visto addosso: dei bermuda verdi scuro e una maglietta nera aderente, sollevata sulla pancia mettendo in mostra lo stomaco privo di ombelico. Alec sorrise a quella vista, si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi. Prima di addormentarsi del tutto, l'ultima cosa che vide furono un paio di occhi da gatto e poi scese l'oscurità.





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