alele
°°° Bene, bene, bene.
Eccomi qua, lanciata in una delle mie fanfiction, colta da una sorta di ispirazione alle ore 02:13 della mattina.
Let's start! ...Ma prima, qualche appunto.
Questa fanfiction nasce, come al solito, da una mia passione (anche se,
in questo caso, sarebbe più appropriato denominarla ossessione, o venerazione).
E' un qualcosa che mi accompagna dal primo anno di scuola media, e
quindi, dalla bellezza di sette anni, signori e signore: sto parlando
di Alessandro Magno.
Premetto: se qualcuno è interessato a leggere quanto
scriverò, gliene sarò grata e accetterò ogni tipo
di critica, apprezzamento, consiglio, correzione o quant'altro.
Potete anche dirmi che sono fissata, mi è già stato riferito.
Necrofila? Mi hanno apostrofata anche così.
Il punto è che non mi importa un accidente.
Voglio scrivere questa fanfiction su Alessandro Magno, e lo
farò, mettendoci, spero, il meglio di me, e, ne sono certa,
tutta l'ammiazione che nutro verso di Lui.
Con la speranza che quanto scriverò vi sia gradito,
Slyth -o Lucia, come preferite-. °°°
.Prologo.
Before you came in my life I missed you so much.
« Era Prometeo, un amico dell’uomo. Ha cambiato il mondo.
Prima di lui c’erano le tribù. Dopo di lui, tutto poteva essere.
D’un
tratto, si percepì che il mondo poteva stare sotto il governo di
un re
e diventare migliore per tutti.
Fece erigere diciotto grandi Alessandrie: un grande impero, non fatto
di terre e oro, ma più un luogo della mente. La grande
civiltà
Ellenica, aperta al Mondo.
Ma
come posso dirlo… Come posso raccontarvi che significava essere
giovani e avere grandi sogni, e credere, quando Alessandro ti guardava
negli occhi, di poter fare qualunque cosa.
La sua presenza , luce di Apollo ci rendeva tutti migliori.
Davvero, ho
conosciuto molti grandi uomini nella mia vita, ma uno solo immenso. E
solo adesso, da vecchio, capisco chi veramente fosse questa forza della
natura…»
[Alexander- Oliver Stone]
__________________________________________________________________
Lessi il Suo nome per la prima volta la bellezza di sette anni or sono.
E fu la luce nell'oscurità.
Vi farò un breve resoconto di come avevo vissuto fino a
quel momento: Lucia, undici anni appena compiuti, al primo anno di
scuola media. Ragazzina insicura, problematica, sopraffatta da mille
ansie, decisamente solitaria. Intelligente -così si diceva in
giro-, ma poco interessata ad apprendere.
Il punto era che non avevo una cazzo di voglia di apprendere proprio un
bel niente. Leggevo molto, e ciò che leggevo bastava a
soddisfare la mia sete di sapere.
Ma poi Lui arrivò.
Immagino che sarebbe arrivato comunque, in ogni caso. Qualunque alunno
possegga la fortuna di avere (o di avere avuto) un insegnante con un
minimo di competenza, potrà dire 'sì, ho studiato
Alessandro Magno'.
Il punto è che Alessandro per me non fu un capitolo spiegato
sommariamente in un libro di scuola della prima media. Non fu
un'interrogazione sostenuta a fatica, con i compagni a mormorare
suggerimenti sconnessi, camuffati in colpi di tosse. Non fu ''hey, quel tipo era forte, proprio un vero duro. Ora però molla quel libro di storia e andiamo a divertirci, eh?''.
Fu la salvezza di un'undicenne con tanti sogni per la testa e troppa poca forza per realizzarli.
Dentro di me avevo sempre saputo che non sarei potuta restare una debole per sempre. Stavo semplicemente aspettando Lui.
E Lui era lì, il Suo nome era stampato in inchiostro nero su
delle pagine stropicciate dalle troppe volte che avevo sballottato il
volume qua e là; era lì, era reale, la sua storia era
reale. La storia di un uomo che fu molto più simile ad un dio;
la storia di un uomo che frantumò i confini del possibile e del
conosciuto, e si avventurò verso l'ignoto, verso la gloria,
verso il sogno di un'intera esistenza.
Me ne innamorai? Sì, è possibile.
Alessandro era tutto quello che io non avevo il coraggio di diventare,
ma che -dio- avrei dato qualsiasi cosa per poter essere.
Banalmente, divenne, come si suol dire, 'la stella polare' del mio mondo.
Come posso spiegare cosa provai a prendere fra le mani quel tomo di
mille
e più pagine chiamato 'Alèxandros', e rendermi
conto che lì era contenuta la Sua vita, e che io avrei potuto
viverne le imprese, conoscerne le gioie, i dolori, assaporare le sue
vittorie e contrariarmi delle sue -pur rare- sconfitte?
A cosa posso paragonare la gioia che mi scosse quando potei leggere la
descrizione, in altre documentazioni, del suo aspetto, del suo
carattere, delle sue abitudini? Di come inclinasse leggermente la testa a sinistra, quando prestava molta attenzione a qualcosa; di come la sua
pelle profumasse costantemente di rose; dell'assurdo colore dei suoi
occhi -l'uno azzurro, l'altro nero-; del suo sguardo penetrante, quello
sguardo che fu spettatore di tante battaglie, ed altrettante vittorie.
Quello sguardo che, si dice, appartenesse al figlio di Zeus.
Ero strana? Forse. E forse lo sono tutt'ora.
Non c'è niente di male, mi dicevo. Le mie compagne
fantasticavano sui protagonisti di telefilm per adolescenti, io
fantasticavo su di Lui. Ma ero davvero così strana? Era davvero
così inappropriato preferire un personaggio davvero esistito -un
re, un guerriero, un valoroso- ad un personaggio fittizio? Non me ne
inportava, nemmeno un po'.
Grazie ad Alessandro, a dodici anni da poco compiuti, presi una
decisione che ancora oggi porto con me come l'obiettivo principale da
raggiungere nella mia vita: sarei diventata un'archeologa, a qualsiasi
costo.
Mi spinse ad amare la storia antica, a provare passione per quelli che
erano stati il Suo mondo, le Sue abitudini, i Suoi usi. Mi ritrovai a
considerare la sua terra come se fosse stata la mia terra natìa.
E fu ancora una volta mossa dalla mia ammirazione irrefrenabile per
Alessandro che, a quattordici anni, compilai il modulo di iscrizione
per quello che sarebbe stato il trampolino di lancio verso il mio
futuro: il liceo Classico.
°°°
Alessandro mi fissava con sguardo severo, il mento alto, la mascella contratta.
Era splendente, nella sua armatura tirata a lucido, la spada ben
stretta nella mano destra. Il mantello cremisi lo avvolgeva per
metà, solcato da piccole pieghe che creavano un piacevole
effetto di chiaroscuro.
Lo fissai a mia volta, con aria colpevole.
-Che c'è?- lo apostrofai, sbuffando sonoramente verso il suo
ritratto appeso all'anta del mio armadio. -Non ci riesco, ok? Potresti
darmi una mano, invece di startene lì impalato-.
Continuò ad osservarmi, i lineamenti impressi sulla carta da stampa.
Chiusi con un gesto secco e sgraziato il quaderno di greco, lo gettai
sul letto, poi mi diressi verso la piccola libreria affianco al
comò.
Scorsi ad uno ad uno con la mano i titoli dei volumi che avevo
ordinatamente riposto in ordine di grandezza, e mi bloccai non appena
le dita sfiorarono quello del libro che stavo cercando. Lo sfilai con
delicatezza dal ripiano e me lo portai al naso. Avevo sempre adorato
l'odore di quel libro: sapeva di antico, di posti lontani e tempi
andati, di popoli conquistati e tesori accumulati, di soldati in marcia
attraverso terre sconosciute, di sangue e di profumi orientali. Aveva
in sé il piacevole tepore dei giardini di Babilonia e il freddo
delle montagne dell'Hindukusch, il caldo afoso del deserto e
l'umidità della pioggia scrosciante dell'India.
Sapeva di Lui, e di tutto ciò che era stato, e di tutto ciò che aveva visto.
E lo avevo sfogliato così tante volte, ed ogni volta era stata come la prima.
Lentamente, lo rivoltai tra le mani, e come sempre, il volto di
Alessandro scolpito nella pietra mi scrutò dalla copertina.
Sorrisi.
'Aléxandros'. Il titolo, in lettere dorate, spiccava sulla carta ruvida. Vi passai sopra una mano.
-E' ora del nostro appuntamento quotidiano, Aléxandre-, mormorai.
Un colpo di vento fece svolazzare le tende della finestra.
Aprii una pagina a caso e cominciai a leggere
|