Underwater Light
By Maya
Tradotta da Luciana
Capitolo Due
Se porgessi
una mano
Every time I try the
words make little sense
Until you’re gone, and everything must change
And so I must resolve to say it
It’s just me myself again and I’m just talking to
the wall
It’s just me myself and I deciding on a plan
Deciding on my plan
And everything must change, change
Inside
and out
[Ogni volta che ci provo le parole perdono significato / Finché te ne vai, e
tutto deve cambiare / Così devo decidermi a dirlo / Sono di nuovo solo e parlo
con il muro / Sono di nuovo solo a decidere un piano / A decidere il mio piano
/ E tutto deve cambiare, cambiare / Dentro e fuori]
Harry si precipitò nella sala comune Grifondoro.
Rimase fermo a guardare, sollevando una mano per schermarsi dalla luce e
proteggere i suoi occhi confusi.
Uno scoppio di saluti lo assalì immediatamente.
“Complimenti, Harry!” Seamus.
“Povero Harry, pensa, salvare Malfoy!” Ginny.
“E’ stato fantastico, Harry, ma non avresti potuto
inzupparlo un altro po’?” Ron.
“Allora, cosa ha detto il professor Silente?” Hermione.
Ora che Hermione gli aveva chiesto la cosa più ovvia, ognuno
di quei volti si girò verso di lui, sicuro che potesse spiegare ogni cosa.
Harry si sentì del tutto esausto.
“Non ha idea di come sia successo,”
rispose. “E nemmeno io.”
Ci fu un attimo di silenzio, quindi esplose la
conversazione.
“Beh, qualunque sia il motivo, sei stato fantastico!”
esclamò Seamus.
“Dev’essere stato uno shock vedere
Malfoy laggiù,” commentò Hermione.
Malfoy.
Dio, devo pensare a Malfoy.
Doveva andarsene, e subito dopo occuparsi di Malfoy.
Si guardò intorno. Neville Paciock
brandiva un calice in suo onore, e la sua giacca elegante
abbinata alla tuta lo rallegrò un po’.
Ora che il mondo magico era diviso in due metà, entrambe
erano diventate estremiste. O uccidevi i Babbani o li adoravi.
Di conseguenza, coloro che si opponevano a Voldemort avevano
abbracciato qualsiasi costume babbano su cui erano
riusciti a mettere le mani. I vestiti babbani erano
usati da tutti fuori dalle classi.
Chi, come Neville, veniva da famiglie purosangue, aveva però
un approccio leggermente sbagliato. Harry ancora conservava la foto dell’Affare
Tutù scattata da Colin Canon il quinto anno.
Hermione gli posò una mano gentile sul braccio.
“Sembri un po’ stanco, Harry.”
La guardò con gratitudine.
“Lo sono,” disse con fervore.
“Forse dovresti riposarti.”
Le dita di Harry si strinsero attorno alla sua mano con muta
riconoscenza. Lei ricambiò la stretta con comprensione.
Tutti lo salutarono quando uscì, e
fu libero.
Si appoggiò alla porta. Era giunto il momento di cercare di
capire.
Abbiam preso ciò che ti mancherà.
Perché Malfoy?
*
Poteva capire che non fosse Ron.
Voleva bene a Ron, gliene avrebbe sempre voluto…ma la distanza tra loro era aumentata, una piccola
frattura che comunque faceva sentire Harry più solo.
Ron non era mai stato un genio
dell’empatia. Non aveva capito, tre anni prima, che
Harry non si sarebbe mai candidato al Torneo Tremaghi senza dirglielo.
Ora aveva un bisogno ancora più grande di
essere capito, e Ron non poteva farlo.
Non aiutava il fatto che passasse
così tante ore a fare il fidanzato stracotto di Hermione.
E se fosse stata Hermione? Era quella intelligente, quella che più di ogni altro avrebbe
potuto comprenderlo.
O se fosse stato Sirius.
Sirius era stato lontano per tutto il quinto e il
sesto anno di Harry, ma ora insegnava a scuola, aiutava Lupin
a gestire il carico di lavoro.
Lupin cercava di occuparsi di Erbologia e Difesa Contro Le Arti
Oscure, e Sirius era stato accolto con quel calore un
po’ disperato così comune in quei tempi.
Harry aveva sperato che potessero passare più tempo insieme,
nonostante i suoi sogni dorati da tredicenne su un nuovo papà fossero da tempo
sbiaditi.
E comunque, se fosse stato uno di
loro?
Avrebbe potuto essere chiunque tranne Malfoy!
Harry camminò velocemente per la stanza e si sedette sul
davanzale, incrociando le gambe sotto di sé, premendo le guance contro il vetro
freddo.
Chiuse gli occhi.
Dunque. Malfoy.
Un volto pallido e beffardo gli apparve immediatamente sulle
palpebre.
Harry fu vagamente spaventato da quanto fosse
chiara quell’immagine. Evidentemente gli era
abbastanza familiare. Il deficiente gli stava intorno da anni, dopotutto.
Ma era intimità, quella? L’intimità
genera risentimento. Nel caso dell’intimità di Harry con Malfoy, generava
risentimento a palate.
Cos’era cambiato negli ultimi tre
anni?
Molto poco.
Malfoy era sempre il solito cretino malizioso, sempre il
solo ad insinuarsi sotto la pelle di Harry così a fondo che era incredibile che
non gli mangiasse le ossa. Harry ancora lo odiava tremendamente.
Solo che adesso, evidentemente, stando ad un dannato calice
e al suo inconscio traditore, non lo odiava.
Quanto era cambiato Malfoy
negli ultimi tre anni?
Molto poco.
No…forse questo era ingiusto.
C’era stato…il caso Lucius Malfoy.
Il padre di Malfoy era stato ucciso all’inizio del quinto anno. La voce che si
era diffusa era che aveva cercato di fregare Voldemort per questioni di potere,
e Voldemort l’aveva giustiziato.
Harry non conosceva i dettagli. Con la guerra che andava
avanti, le famiglie che scomparivano, la paura ovunque, a nessuno importava
investigare.
Harry aveva provato un’oscura soddisfazione, ricordando che Lucius Malfoy aveva quasi ucciso Ginny,
che era stato tra il circolo di Mangiamorte a
guardare un ragazzo dell’età di suo figlio duellare senza speranza col Signore Oscuro, ridendo.
Col senno di poi, quella soddisfazione sembrava quasi
orribile. Harry non aveva mai provato alcuna compassione per Malfoy. Tutto ciò
che aveva pensato era stato… Beh… questo lo zittirà per un po’.
Saranno i primi a
cadere, ora che il Signore Oscure è tornato!
Draco Malfoy si era sbagliato: suo padre era stato uno dei
primi a cadere.
E Harry aveva, almeno inconsciamente, appoggiato il verdetto
secco di Ron, “Ben gli sta.”
Malfoy non era mai parso particolarmente addolorato. Lui e
la sua solita gang si erano presentati al Giovane Ordine della Fenice di Lupin, con grande sorpresa di
molti, ed erano diventati immediatamente il suo elemento più distruttivo, con
ben poca sorpresa di molti.
Silente aveva ragione, insomma. Il signor Malfoy è dalla nostra parte.
Così Draco Malfoy non era un Mangiamorte.
Aspetta. Abbiamo forse uno scavo interiore qui?
Di certo tu lo conosci, aveva
detto Silente.
Malfoy era sempre stato estremamente
fastidioso, ma, nonostante suo padre fosse un Mangiamorte,
non si era mai comportato da assassino. Non si era nemmeno vendicato dello
schiaffo di Hermione durante il terzo anno. Diceva cose oscene e giocava più
sporco di un lottatore nel fango professionista, ma non era un assassino.
Bene. Harry era pronto ad ammettere che non fosse il più
oscuro dei crudeli.
Non vedeva in che modo questo portasse
a considerarlo la persona che più gli sarebbe mancata. Dopotutto, Malfoy era la
persona più irritante che avesse mai incontrato.
Premette il viso più forte contro la finestra.
Lo seccava il
fatto di non aver provato la minima compassione per Malfoy. Gli piaceva pensare
di essere una persona… abbastanza buona. Aveva detto a Blaise Zaini che gli
dispiaceva per sua madre, e nessuno sapeva se la scomparsa della signora Zabini
fosse dovuta alla sua morte, ad una fuga o ad una
conversione al Lato Oscuro.
Era quella la cosa più irritante di Malfoy. Era l’unico che
poteva trascinare Harry così in basso, al suo livello.
Oh, riusciva a disobbedire all’ordine del Signore
Oscuro di chiedere pietà sotto l’Imperius, e poi si
comportava da imbecille a causa di Draco Malfoy.
Non doveva farsi vedere da Malfoy sporco di fuliggine e con
gli occhiali rotti. Non doveva farsi vedere da Malfoy mentre
lo portavano in infermeria per via dei Dissennatori.
Doveva battere Malfoy a Quidditch.
Harry si ricordò improvvisamente del sesto anno.
Aveva sedici anni, e lo sviluppo che aveva tanto atteso era
finalmente arrivato durante l’estate. Purtroppo ancora gli mancavano dei
muscoli virili, ma almeno non era più ridicolmente basso.
Sapeva chi lo sarebbe stato. Per questo se n’era andato su e
giù per il treno come un pazzo, più vivace di quanto non fosse da un anno o
più, desideroso di trovare Malfoy e ridere di lui
dall’alto.
Rivisse con particolare intensità il fiero scatto di rabbia
che lo aveva preso quando, entrato in uno
scompartimento, aveva trovato un paio di grigi occhi glaciali esattamente al
livello dei suoi.
Era stato furioso.
Era come se Malfoy fosse cresciuto apposta per farlo incazzare.
Il che era assurdo.
Ma si era incazzato comunque. Malfoy aveva quell’effetto
su di lui.
Come alle riunioni del Giovane Ordine, quando Malfoy faceva
una battuta fuori luogo sui Babbani, e Harry passava
dalle sue fosche fantasie alla violenza. Oppure quelle
partite di Quidditch in cui Harry improvvisamente
scattava ogni volta che vedeva la faccia perennemente ostile di Malfoy tra la
folla. Il ragazzo si sarebbe fatto vedere a
tifare per i Tassorosso, pur di dar fastidio a Harry.
Per non parlare delle partite Serpeverde contro Grifondoro. L’ultima volta Malfoy, stando a quanto si
diceva, si era portato dietro il regolamento del Quidditch
e spuntato ogni regola man mano che la infrangeva.
Aveva barato senza vergogna, puntando solo e soltanto alla vittoria.
Lui e Malfoy erano finiti a
gridarsi addosso finché Madama Bumb non aveva dovuto
staccarli con la forza. Harry si era sentito infiammato da una rabbia
perforante.
Harry si era sentito… vivo.
Harry si alzò dal davanzale con molta attenzione.
Camminò fino al suo letto e vi si stese sopra, guardando il
ben noto gioco di luce di luna e ombre sul muro di fronte. La luce si contorse
candidamente sull’intonaco, come se vi fosse incollata.
Non gli piaceva Malfoy. Non gli era mai piaciuto Malfoy.
Abbiam preso ciò che ti mancherà.
Ma
Malfoy, stranamente, era diventato… importante per lui. Rappresentava la sfida
che nessun altro osava essere. Faceva venir voglia a Harry di alzarsi e
strangolarlo, ma almeno gli faceva desiderare di alzarsi. Forniva una
motivazione alla vita di Harry.
Bel casino.
E
andava avanti da anni. Non che Malfoy avesse mai fatto molto.
Era semplicemente stato se stesso, uno spillo sotto la pelle di Harry, un
dolore costante e insistente.
Harry non se n’era mai
accorto, e ne rimase sconvolto.
La sua vita era arrivata ad
un punto in cui doveva aggrapparsi alla rabbia per aiutarsi ad andare avanti.
In cui solo la rabbia riusciva a fargli scorrere il sangue nelle vene, a farlo
crepitare in ogni poro del suo corpo, a mettere ben a fuoco il mondo che aveva
intorno e a farlo interagire con esso.
Era come se fosse
dipendente dall’adrenalina, e Malfoy fosse il suo
spacciatore. E questo… questo per lui era diventato
più importante dei suoi amici.
Cosa
diceva di lui, della sua vita?
Era un insulto a coloro che amava. E se proprio Malfoy era
importante per lui, in qualsivoglia contorto e terribile modo, allora era
tremendo che Harry non fosse stato colpito dalla morte di suo padre.
Si mise a sedere e chiuse
le tende attorno al letto.
Fu terrorizzato nel
rendersi conto che adesso tutto gli stava nitido sotto gli occhi. Non era
precipitato nella depressione, e il respiro gli si fece
rapido ed intenso.
Si mosse sul letto, come a
cercare di fuggire da tutto quanto.
Non poteva essere vero. Non
era sicuro. Non sembrava del tutto vero.
Sembrava scomodamente
vicino alla verità, però.
Doveva saperne di più. Se Malfoy era importante per lui, non potevano restare
rivali. Doveva esserci una ragione dell’influenza che aveva su Harry.
Doveva saperne di più.
Aveva fatto ciò che poteva
da solo. E Silente non poteva aiutarlo.
Era inutile continuare a
pensarci. Ma ci pensò, e ci pensò ancora. Ci pensò
rigirandosi senza tregua sul letto, dimenticandosi di togliersi i vestiti e di
mettersi sotto le lenzuola.
Domani.
Domani avrebbe affrontato
Malfoy.
*
“Harry, mi sembri un po’
nervoso.”
Harry sobbalzò.
“Io… ehm,
no. Sto bene,” disse nervosamente.
Hermione lo stava guardando
preoccupata, col suo toast sollevato per aria. Harry cercò disperatamente di dissimulare il fatto che era stato sveglio metà notte, che
aveva addosso gli stessi vestiti del giorno prima e che non stava per niente,
affatto fissando l’entrata in attesa dell’arrivo di Malfoy.
Hermione lo guardò per un
altro lungo momento, quindi tornò al toast.
Sto solo guardando la porta, cercò
di esprimere al mondo Harry. La porta.
Porta affascinante. Non l’ho apprezzata adeguatamente negli ultimi sei anni e
mezzo, è giunta l’ora di godermela.
La colazione proseguiva, ma
di Malfoy nessuna traccia.
Oh, avanti! Che cavolo. La colazione è il pasto più importante della
giornata. Non si può saltarla così a cuor leggero.
C’erano persino Tiger e Goyle, Pansy Parkinson, Millicent Bulstrode e Blaise Zabini,
tutta la solita banda. Anche nota come ‘la corte di Malfoy’.
Harry guardò verso di loro
finché non si accorsero di lui e gli rivolsero occhiate malvagie.
Si affrettò a spostare lo
sguardo.
Non è colpa mia. Voglio solo parlargli. La gente dovrebbe fare
colazione.
“Harry, non stai mangiando
niente,” disse Hermione.
Harry, estremamente
distratto, prese un toast, lo farcì e ne morse un bel pezzo.
Quindi
si accorse di aver appena ingoiato un toast al porridge.
Era ridicolo.
Andò avanti tutto il
giorno.
Sette anni, pensò Harry. Quasi
sette anni passati a sperare che fosse inghiottito da
un qualche buco nero, e l’unico giorno in cui cerco di parlargli scompare dalla
faccia della terra.
Oh, no.
Non poteva certo essere scomparso anche lui, vero? Non ora.
Harry fu sconvolto dal
provare qualcosa di simile alla paura.
Quest’emozione
inquietante fu finalmente spazzata via quando
intravide i capelli più candidi della scuola tra un gruppo di Serpeverde che si
avviavano verso l’aula di Pozioni.
Vai!
“Dai,”
disse a Ron e a Hermione. “Presto, a Pozioni. Basta
starcene in panciolle.”
Panciolle??
Stava impazzendo.
Non c’era tempo per
pensarci. Sarebbe andato a Pozioni, e Malfoy sarebbe passato sdegnosamente
davanti al suo banco, rivolgendogli un commento sgarbato come faceva sempre, e
invece di stringere i denti e resistere all’impulso di prenderlo a pugni, lui
avrebbe…
Uhm. Dunque.
Quella parte non l’aveva ancora messa a punto. Ma
avrebbe detto qualcosa, certamente.
Parlare. Questo era il
piano.
Il piano si rivelò
completamente inutile.
Malfoy non passò accanto al
banco di Harry. Ci passarono tutti gli altri Serpeverde, in compenso,
farfugliando cose ancora più virulente del solito. Pensavano che tutto avesse
l’obiettivo di umiliare il loro capo.
Harry non aveva idea di
cosa pensasse Malfoy. Si sedette in fondo alla classe
come sempre, e stette zitto.
Sarebbe stato fantastico se
Snape fosse stato ugualmente silenzioso.
“Bene, bene, signor Potter,” disse, di umore più nero del solito. “Pare che il suo
piano non riguardi solo la gloria personale bensì si estenda
allo scherno dei Serpeverde. Complimenti per la maturità.”
“Ma professore,” disse Ron scandalizzato, “Harry
non ha certo…”
“C’è stato un equivoco,” s’intromise Hermione. “Harry non ha…”
Harry si mosse sulla sedia
per vedere se Malfoy era d’accordo con Snape. Il suo
era un viso snello, ascetico, inadatto a mostrare espressioni, e Harry non
riuscì ad intuire quali pensieri nascondesse.
“Signor Potter,” lo chiamò Snape. “Occhi verso
il davanti della classe, prego. E’ qui che si svolge la lezione. Grazie.”
Harry si sentì arrossire.
Era tutto terribilmente imbarazzante.
Insomma gli toccava parlare
con Malfoy dopo la lezione.
Non lo fece. Malfoy fu
circondato da una folla di Serpeverde appena uscì. Lo stesso accadde a pranzo,
a Cura delle Creature Magiche, nei corridoi e a cena.
Gli stavano intorno come
api attorno ad un fiore, con straordinaria frustrazione di Harry.
Perché lo amate tutti così tanto? E’ un fastidiosissimo idiota!
Anni e anni di Malfoy che
si faceva vedere ad ogni angolo per ridere di Harry, e adesso avevano deciso di
costruirgli attorno una fortezza.
Eccolo
dunque in un angolo della sala comune Grifondoro dopo
un giorno molto, molto stancante in cui non era riuscito a risolvere niente.
Si sentiva scoraggiato e frustrato e…
Ne aveva
abbastanza. Era stanco di inseguire Malfoy in attesa
che il ragazzo gli concedesse udienza.
Se voleva
parlare con Malfoy, avrebbe parlato con Malfoy.
“Vado a fare un giro,” annunciò a tutta la sala comune, e si precipitò fuori
prima che qualcuno si offrisse di accompagnarlo.
*
Sulla strada verso i
sotterranei dei Serpeverde, Harry cambiò idea.
Era assurdo. Non voleva
parlare con Malfoy. Odiava quel cretino. Di certo non moriva dalla voglia di
passeggiare in mezzo ai Serpeverde facendo la figura dello scemo davanti a
Malfoy.
Oh, Dio. Ancora quell’insensata fitta d’ansia.
Harry ripensò al biglietto
di San Valentino di Ginny il secondo anno, e alla
stretta disperata nel petto quando si accorse che anche Malfoy l’avrebbe sentito.
Per qualche strana ragione gli importava l’opinione dell’idiota.
Doveva scoprire perché.
Prese un profondo respiro e
si affrettò lungo i corridoi, concentrandosi sul raggiungere la sala comune
Serpeverde prima di perderne il coraggio.
Una volta
arrivato, picchiò sulla parete di nuda pietra che ricordava essere
l’entrata. Proprio da Serpeverde, rifletté, avere un’entrata nascosta ai membri
delle altre case. I Serpeverde facevano sempre così, e apparivano sul fondo dei
laghi dove nessuno voleva vederli, rifiutandosi poi per tutto il giorno di
parlare con la gente.
Colpì il muro con maggior
veemenza.
Il muro dietro di lui si
aprì, Harry si voltò e fece finta di esser sempre stato davanti a quella
parete.
“Ti prego, Pritchard, ti sei di
nuovo dimenticato la password dei Serpeverde?”
disse Malcolm Baddock, un
ragazzo minuto del quarto anno dall’aspetto furbetto.
Si bloccò appena riconobbe
Harry Potter, campione supremo dei Grifondoro,
scapigliato, decisamente nervoso e in piedi sulla
soglia Serpeverde.
“Ehm,”
disse Harry, perdendo il controllo della lingua in quel momento cruciale.
Baddock
batté le palpebre e rimase sorpreso quando vide che
Harry non era scomparso.
Harry desiderò ardentemente
un po’ di sangue freddo. “Ehm,” ripeté, maledicendosi.
“Ehm. Um. Posso parlare con Malfoy, per favore?”
Ecco fatto. Non proprio
eloquente, ma il messaggio era stato inviato.
Malcolm
Baddock lo fissò ancora un momento, quindi si girò e
corse al grido di “Ragazzi! Tutti qui, presto!”
In un paio di secondi,
Harry si trovò davanti una masnada di Serpeverde che spintonavano pur di
guadagnarsi la visuale di quell’incredibile
spettacolo.
Davanti c’erano Pansy Parkinson e Blaise Zabini, con in viso lo stesso identico sguardo malefico.
Era stata una cattiva idea.
“Che
cosa vuoi, Potter?” indagò Blaise, col viso scuro sospettoso e distintamente
ostile.
Pansy
incrociò le braccia, come se Harry avesse intenzione di invadere la sala
comune.
Harry deglutì. “Posso
parlare con Malfoy, per favore?”
Oh, perfetto. Ora si era
trasformato in un pappagallo isterico che ripeteva la stessa frase senza sosta.
“Perché?”
chiese Pansy senza scomporsi. “Cos’altro
hai intenzione di fare?”
“Niente! Non ho fatto niente!” protestò Harry. “Ho solo bisogno di
parlare con lui!”
Blaise e Pansy si scambiarono sguardi di pietra, e parvero giungere
ad una decisione.
“Beh, non puoi,” lo informò seccamente Pansy,
sporgendosi per chiudere l’entrata.
“Cosa
diavolo sta succedendo qui?” domandò una voce autoritaria e irascibile. “C’è
gente qui che sta cercando di lavorare,
sapete?”
Quel tono aristocratico era
inconfondibile, così come la testa biondo pallido che apparve non appena Malfoy
si fece strada tra la folla.
Harry provò al contempo
sollievo e un lampo di quella paura che aveva sperimentato al pensiero che
Malfoy fosse scomparso.
Si rese conto che non era
spaventato solo da ciò che sarebbe potuto succedere a Malfoy, ma anche da ciò
che Malfoy avrebbe potuto fare. Se Malfoy era
importante per lui, aveva un’arma per ferirlo. E a
Malfoy piaceva ferire la gente.
Giunto davanti alla folla,
stette immobile un momento, gli occhi grigi ben aperti. Sembrò esser stato
colpito da un filmine, proprio come Malcolm Baddock.
“Tu!” esclamò con aria
assente. Poi, riprendendo il controllo di sé in un attimo
(con grande invidia di Harry), chiese freddamente, “Che cosa vuoi tu?”
Devo restare calmo.
“Voglio parlare con te,” disse Harry, e arrossì in modo incontrollabile.
Malfoy si appoggiò alla
cornice della porta con disinvoltura e le braccia conserte. Lo guardò con
quegli occhi opachi, pensosi, argentati e assolutamente impenetrabili.
Harry notò che indossava un
maglione bianco e un paio di jeans. Era uno dei pochi Serpeverde con abiti babbani.
“Bene, eccomi qua,” replicò Malfoy. “Parla.”
Harry guardò i grappoli di
Serpeverde dall’aria pericolosa, disposti intorno alla porta come i denti nella
bocca di uno squalo.
“Non potremmo parlare da
soli?” chiese disperatamente.
Malfoy sembrò vagamente allarmato, ma fece cenno agli altri alle sue spalle di fare
silenzio.
“Direi di sì,” disse piano. Oltrepassò la soglia, e Harry indietreggiò
di qualche passo.
La pietra si richiuse,
sostituendosi alle facce sconvolte dei Serpeverde. Harry fu soddisfatto del
miglioramento.
Guardò Malfoy alle sue
spalle, ora appoggiato con aria spigliata al muro, e tornò ad essere nervoso.
Cominciava a capire perché
fare la figura dell’idiota davanti a Malfoy era tanto orribile. Malfoy aveva
fin troppo padronanza di sé per un ragazzo della sua età, e la cosa lo poneva
automaticamente in vantaggio.
“Allora…ehm,” disse Harry. “Vogliamo, ehm, trovare
un’aula vuota in cui parlare, o qualcosa del genere?”
Di certo non aveva
intenzione di girare per i corridoi, dove chiunque avrebbe potuto vederli e
diffondere Dio sa quali voci per tutta la scuola.
Malfoy sollevò un pallido sopracciglio.
“Passo già troppo tempo in
classe, grazie. Possiamo fare un giro lungo il lago.”
“Malfoy, si gela là fuori e
nessuno dei due ha un mantello!”
“E allora?” si informò Malfoy. “Hai detto che
vuoi parlare. Io voglio parlare lungo il lago. Possiamo parlare lì…a meno che, ovviamente, tu non abbia cambiato idea.”
Harry si ricordò, a questo
punto, che odiava ancora Malfoy.
“Va bene,”
disse, a denti stretti.
Malfoy si esibì in uno dei
suoi ghigni trionfali. Harry sentì il sangue ribollire.
“Splendido,” disse Malfoy. “Andiamo.”
*
Il vento soffiava con furia
devastante sul paesaggio grigio e sull’acqua che ne rifletteva il colore. Tutto
ne appariva soggiogato e appiattito, l’unica cosa che
pareva ribellarsi erano le increspature sulla superficie del lago. Il vento
cadeva dal cielo tagliente come la lama di una spada, e il cielo era talmente
coperto di nuvole che solo qualche rara sfumatura
grigio-acciaio ne mitigava il vasto candore.
Harry stava congelando, e
il vento sembrava aver preso i suoi capelli e i suoi
vestiti per giocattoli da colpire.
Malfoy camminava
leggermente avanti a lui, le mani in tasca, come in un mite giorno d’estate. I
suoi capelli biondi erano solo un po’ scossi dal vento, sollevati e ricomposti
da dita invisibili, soffiati sulle sopracciglia.
Harry si chiese
cosa mai gli avrebbe detto.
Il suo piano si esauriva
proprio qui, adesso si ritrovava con un Serpeverde sprezzante che si aspettava
parole a cui ancora non aveva pensato.
Camminarono in silenzio per
un po’, Malfoy sembrava perfettamente a suo agio sia col silenzio che col tempo. Aveva perso quelle poche tracce d’incertezza mostrate precedentemente.
Finalmente si voltò. Lì
fuori i suoi occhi sembravano più scuri, si adeguavano
al grigio sfumato e irregolare del lago alle sue spalle.
La pronuncia lenta era la
stessa di sempre.
“Dimmi un
po’, Potter, volevi solo fare quattro passi in silenzio? Perché ho un
appuntamento con una cioccolata calda e un libro di testo, e francamente le
cose si stanno facendo noiose.”
“Un… un libro di testo?”
esitò Harry. Era bizzarro che Malfoy potesse fare una cosa comune come
studiare.
“Beh, sì, Potter. Sai, questa è una
scuola. Pensavo che persino tu ci fossi arrivato, dopo tutti questi anni. Tende
ad includere delle lezioni.”
“Taci, Malfoy,” scattò Harry. “Sto cercando di dire qualcosa.”
“Allora parla.”
Malfoy si fermò e guardò
Harry, con l’aria quasi divertita ma una chiara sfida
negli occhi.
“Ehm,” disse Harry. “Ah. Um. Ecco…”
“Ne deduco che questo non è
uno dei tuoi giorni lucidi?”
“Malfoy!” esplose Harry.
“Potresti stare zitto e fingere per un secondo di essere una persona
minimamente civile? Ho davvero qualcosa da dire, e non ci riesco se continui ad
interrompermi coi tuoi commenti acidi.”
Malfoy alzò le spalle.
“Sicuro.”
“Mi ascolterai?” chiese
Harry, sospettoso.
“Non posso perdere tutta la
giornata per ascoltare le tue lagne patetiche. Sarò buono,”
promise Malfoy. “Sul mio onore Serpeverde.”
Harry dubitò fortemente della
validità di una simile promessa, ma…
“Allora ok.
Io, uhm, hai presente ieri quella cosa, uhm, del
lago?”
Si fermò e aspettò una
risposta. Malfoy lo osservò in silenzio, e fu solo dopo aver notato il ghigno
ancora sulle sue labbra che Harry capì.
“Puoi parlare se ti chiedo
qualcosa, per l’amor del cielo!”
“Ah, posso?” chiese Malfoy
innocentemente. “Scusa tanto. Non volevo interrompere il flusso narrativo.
Certo che ho presente, idiota.”
“Mmm.
Non ti sei, cioè, chiesto cosa sia successo?”
“Non proprio. Ho attribuito
tutto al mio irresistibile sex-appeal e arrivederci.
La vita è troppo breve.”
Ad
Harry venne in mente un nuovo piano. Uccidere Malfoy, gettare il cadavere nel
lago e vedere se davvero gli sarebbe mancato così tanto.
“Malfoy, smettila di fare
il cretino,” esclamò. “Ci ho pensato sul serio.”
“A quali conclusioni sei
giunto, Wonder Boy? Sono
certo che saranno geniali.”
I suoi occhi dicevano: Imbecille.
Harry distolse lo sguardo e
fissò il lago. Il flusso di pensieri era sul punto di deragliare e avrebbe ceduto all’impulso di picchiarlo selvaggiamente, se
avesse continuato a guardarlo.
“Oh, sputa il rospo,
Potter.”
Harry prese un ampio
respiro e si buttò nelle spiegazioni.
“Dunque, Silente ha detto che è stato un incidente, e io non sapevo cosa
pensare, ma dovevo capirlo da solo, quindi sono stato sveglio tutta a notte a
pensare, e mi è venuta in mente un’unica ragione per tutta questa faccenda. Sai
che siamo, diciamo, rivali?”
“No,”
rispose Malfoy. Harry si girò e lo guardò incredulo. “Siamo nemici, Potter,”
elaborò in tono accondiscendente. “Tu mi odi e io odio
te. A ciascuno piacerebbe vedere l’altro sulla graticola. Non si tratta di una
goliardica competizione nel Quidditch. Stiamo
parlando di un odio violento qui.”
Oh? Bene, era un buon
segno.
Harry stava ancora scrutando
Malfoy. Malfoy si era portato una mano ai capelli e aveva catturato
soprappensiero una ciocca ribelle, rigirando i fili sottili in
attesa che Harry andasse avanti. Sembrava piuttosto concentrato.
“Comunque,”
disse Harry, affrettandosi. “Stavo solo…stavo solo
cercando di capirci qualcosa, ed era l’unico motivo. E adesso non so come
dirtelo, ma, ecco, sono giunto alla conclusione che
evidentemente la tua opinione mi interessa, conclusione abbastanza stupida, ma
non riesco a pensare ad altro, e così volevo vedere se era vero. E non vedo
perché dovrebbe esserlo, dato che fondamentalmente sembri essere, senza offesa,
una delle persone più orribili del mondo, ma se non lo fossi
questo spiegherebbe qualcosa e volevo solo rendermi conto e scoprire perché,
quindi, cioè, ehm.”
Harry fu molto grato al
debito di ossigeno che lo obbligò ad interrompere quel
delirio.
Malfoy piegò la testa da un
lato, a metà tra divertimento e stupore.
“Potter, stupido minorato dislessico, stai cercando di diventare mio amico?”
Harry espirò a fondo. “Sì.”
“Oh. Mmm.”
Malfoy fece di nuovo quell’espressione meditabonda,
che risultava molto strana a Harry. Sostituiva il solito sorrisetto
con uno sguardo assente, ed era quasi gradevole.
Lo guardò per un po’.
Alla fine Malfoy disse, “Io
cosa ci guadagno?”
Questa domanda così diretta
e così Serpeverde scosse Harry.
“Co…cosa?”
“Allora, se divento tuo
amico posso avere la password Grifondoro
per intrufolarmi e lasciare animali morti nel letto di Weasley?”
“No!”
“Ok,
mi svelerai tutti i segreti sporchi di Weasley e Granger così potrò impreziosirli e
diffonderli in tutta la scuola?”
Harry fu combattuto tra
l’impulso di ridere e l’orrore. “No!”
“Posso ingannarti e
consegnarti al Signore Oscuro?”
“N…” Harry si fermò e lo
guardò preoccupato. Dopotutto, era una domanda piuttosto seria. “Vorresti
farlo?”
Malfoy strinse le labbra,
cosa che fece sembrare i suoi zigomi appuntiti.
“Non particolarmente. Però sarebbe divertente.”
Harry scosse la testa incredulo.
E
sì, ok, un po’ divertito. Nessuno sapeva essere
platealmente cinico come Malfoy, ma era così sfacciato da farsi perdonare,
paradossalmente.
“Va bene,”
disse alla fine Malfoy.
Harry lo fissò. “Sei…sei
d’accordo?”
“Sarebbe quello il
significato generale della frase, sì.”
Harry non poté celare la
sorpresa. “Perché?”
“Ahhh?”
Malfoy sporse il capo all’indietro, guardando il cielo. La linea della sua gola
sembrò improvvisamente vulnerabile. “Non lo so. Chiamala curiosità morbosa.”
Harry si trovò a disagio e
senza parole. Era riuscito in ciò che si era prefissato, e adesso? Cosa doveva dire esattamente a Malfoy? Parlare di quanto
fosse rincoglionito Snape? Chiamarlo Draco? L’idea
gli sembrava ridicola.
Camminarono ancora per un
po’, e Harry arrischiò un’altra occhiata a Malfoy.
Stava guardando Harry, e
ora pareva anche lui scosso dal vento. Aveva un’aria persa
mentre lo fissava sotto la frangia d’argento.
“Cosa fai
con i tuoi amici?” gli chiese Harry, esasperato.
“Dico loro cosa fare, così
loro lo fanno e mi lasciano in pace.”
“Oh.” L’idea non era delle più attraenti.
“Farai ciò che ti
ordinerò?” chiese allegro Malfoy.
“No!”
“Oh,”
disse Malfoy, indispettito. “Allora? Cosa fai tu con i tuoi
amici?”
“Ehm, parliamo un sacco di
quanto sei tremendo.”
“Potresti farlo, lo
prenderei come un complimento.”
Harry non parlò. Una parte di lui desiderava ardentemente dire a Malfoy che era
stata una pessima idea, e darsela a gambe.
Il resto
di lui non sapeva esattamente che fare.
Il viso di Malfoy era un
po’ contratto a causa del vento.
“Visto questo silenzio
imbarazzante,” disse con la solita voce debole,
“potremmo rientrare? Sto morendo dal freddo.”
Harry non poté fare a meno
di ridere di nuovo.
“Zitto, Potter.”
“Te l’avevo detto, Malfoy.”
“E
io ti ho detto di stare zitto!”
Malfoy si girò e prese a
camminare vivacemente verso il castello, rinunciando alla farsa della
passeggiatina primaverile.
“Volevo solo dare un’occhiata al paesaggio tetro per Magia Creativa,”
mugugnò.
“Per??”
Harry ebbe il ricordo annebbiato di una lista, e di chiacchiere circa i compiti
nella sala comune. “Ah, la materia. Carina?”
Malfoy si bloccò
all’istante. “Stai scherzando? E’ la più bella materia del mondo.”
“Oh. Io ho scelto quelle
che prendeva anche Ron,”
ammise Harry. “Non sapevo nemmeno di cosa trattassero.”
“Cristo Santo! Ecco cosa si
ottiene a riempire la scuola di gente figlia di Babbani.” Harry stava per muovere una sentita obiezione al
commento razzista, ma Malfoy proseguì indifferente,
incedendo nel vento e parlando a voce alta oltre le proprie spalle.
“Magia Creativa è come…beh.
E’ un talento trascendente.”
Harry lo guardò inebetito.
“E’ come… ci sono maghi e
streghe che creano libri fantastici, o drammi, o dipinti, riuscendo a
trasformare la magia e il talento in una cosa sola, così da far restare
incantati anche i Babbani. Così anche i Babbani pensano che sia magia.”
Harry non aveva mai visto
Malfoy così entusiasta prima. Notò, tuttavia, che i gesti stravaganti che in
genere usava per le sue imitazioni crudeli risultavano
bizzarri associati a questa esuberante descrizione. Gli occhi di Malfoy
brillavano, e sembrava più aperto di quanto l’avesse mai
visto.
Harry fu pronto a
scommettere che l’intera sala comune Serpeverde fosse
stufa di sentirlo parlare di quella materia, chiaramente la sua preferita.
Comunque,
doveva ammetterlo, era quasi affascinato. Malfoy si comportava come un bambino.
Anche
quando erano più piccoli, non si era mai comportato da bambino.
A meno
che non si contassero i suoi momenti da piccolo cretino viziato, troppo
frequenti a dir la verità.
“I Babbani
non capiscono dove vada a finire il tempo quando
ascoltano un concerto creato con la Magia
Creativa o un dipinto fatto con la Magia Creativa,
perché la magia impregna il tempo, li porta per un po’ in un’altra dimensione,
poi ritornano alla loro senza sapere cosa sia successo, ma con la certezza di
aver sperimentato… qualcosa.” Continuò con entusiasmo,
“possiamo muoverci, Potter? Si sta facendo buio, e io mi sto congelando.”
“Voi Serpeverde siete così
fragili,” disse Harry.
“Oh, smettila. E alza il passo. Morirò di polmonite. Non ce la fai a
camminare più velocemente? Ho freddo, ho freddo, ho freddo!”
Ah. Un altro momento da
cretino viziato.
Harry accelerò. Ovviamente
non poteva permettere a Malfoy di comportarsi in modo così dittatoriale, ma…
stranamente sembrava una cosa ovvia, da parte sua.
Di certo era un fattore di
cambiamento nella politica Grifondoro del “non
respirare troppo forte su Harry se non vuoi che vada in pezzi”.
Malfoy continuò a
lamentarsi finché non furono dentro.
“Ora siamo al caldo,” disse Harry, ridendo. “Smettila di piagnucolare.”
“Non stavo piagnucolando,
stavo per morire di ipotermia,” brontolò Malfoy. “Io… mmm.”
Malfoy sollevò lo sguardo,
e Harry seguì i suoi occhi.
Ron
e Hermione venivano verso di loro.
“Harry, ti stiamo cercando
da o…” cominciò Ron, e si fermò di botto.
Gli occhi di Malfoy erano
luminescenti e attenti nell’ombra che gli nascondeva il volto.
“Ci vediamo domani, allora,” mormorò. “Stesso posto, stessa
ora.”
Scivolò via, la testa
candida già distante prima che Harry potesse acconsentire. Realizzò
che non era stata una richiesta, bensì un ordine.
Il ragazzo era
insopportabile. Eppure l’inconscio traditore di Harry
sembrava non essere del tutto d’accordo.
Scuotendo il capo rise
amaramente, e si avviò verso Ron e Hermione.
“Harry… era Malfoy, quello?” chiese incredulo Ron.
“Ehm,”
disse Harry.
***
Qui ci va una frase che lessi su un libro che parlava
dell’opera lirica, e che da allora amo alla follia.
Inverosimiglianze,
anacronismi, intrecci banali non contano se una mente creativa e capace riesce
a farci dimenticare le nostre obiezioni.