Ritrovarmi qui a
postare su Elise e Alex, è piuttosto strano ma volevo e dovevo farlo.
Mi sono mancati, e
spero sia stato lo stesso per voi.
Prima di lasciarvi
alla lettura, vorrei solo dirvi di non spaventarvi troppo quando
vedrete che è
tutto strano e diverso da Travolgimi, si tratta pur sempre di una “What if?”
Per spoiler su altre
storie, per parlare con me e qualsiasi altra cose, potreste aggiungervi
al
gruppo,
sarete i benvenuti. La copertina qua sotto l’ho fatta io – non è una
novità, le mie le faccio sempre io xD – il punto è che su facebook ho
aperto
una pagina
di grafica dove faccio più che volentieri copertine di tutti i
generi, anche
e soprattutto, per le storie di EFP. Se vi va, venite a farmi visita :)
detto
tutto ciò, vi auguro buona lettura!
Immaginate
un mondo alternativo, dove Elise e Sandra non
sono amiche, o almeno non lo sono più, dove Elise e Alessia si sono
distaccate
senza sapere esattamente un motivo, dove Elise e Alex non si conoscono,
ma i
loro genitori sì... come faranno a incontrarsi? E poi perché in
vent’anni anni
non si erano mai visti prima?
Osservo il mio Blackberry e
sospiro, possibile mai che io
non riesca a decidermi a mandare un maledettissimo messaggio? Mi ha
detto lei
di avvisarla e di farmi viva, perché ora non mi sento di farlo? La
verità è
semplice, per quanto io voglia ancora bene ad Alessia... ci sono
successe
troppe cose. Il suo trasferimento ci ha fatto allontanare, il fatto di
aver
frequentato due scuole diverse ci ha quasi ucciso, il non essere
riuscite a
conciliare la nostra amicizia con le relazioni amorose è stata la fine.
Ma ora
siamo entrambe single, beh veramente non è che io mi possa mai potuta
considerare veramente impegnata, ma resta il punto che nonostante
nessuna delle
due voglia chiudere del tutto con l’altra, non riusciamo veramente a
fare passi
avanti. Eppure a piccoli passi si dovrebbe fare progressi, no?
<< Sei pronta? >> Mi
chiede Gigia, entrando in
camera mia, osservandomi dalla porta mentre si mette un orecchino.
Stringo le
labbra e cerco di non avere una crisi di nervi.
<< Veramente no, anche perché
non capisco il motivo di
tutta questa fretta... non è tardi. >>
<< Non sarà tardi, ma ci sarà
sicuramente traffico,
quindi dobbiamo sbrigarci. >> Alzo gli occhi al cielo e mi alzo
per
infilarmi le scarpe, o meglio le mie adorate parigine.
Amo i tacchi, amo i vestiti, e
ringrazio ogni giorno di
avere un lavoro che mi permette tranquillamente di indossare tutto ciò
ogni
giorno.
In macchina ascolto i miei genitori
parlare, ma non ascolto
veramente, più che altro sto cercando di capire come abbiano fatto
veramente a
convincermi ad andare con loro a questa stupida festa senza senso.
<< Mi spiegate chi è il pazzo
che ha deciso di
organizzare una cosa così assurda? >> Chiedo sporgendo tra i due
sedili
anteriori. Gigio mi guarda dallo specchietto retrovisore.
<< In realtà tuo zio.
>> Aggrotto la fronte.
Certo, semplice come risposta, peccato che io abbia una dozzina di zii.
<< Di quale parli
precisamente? >>
<< Di zio Tony, il padre di
Renata, nel caso tu abbia avuto
una sottospecie di blackout. >> Alzo gli occhi al cielo e torno
composta
dietro.
In pratica la festa in questione,
tratta “semplicemente” di
riunire le persone che più o meno quarant’anni fa, facevano parte di un
gruppo
e che abitano nella zona dove entrambi i miei genitori sono cresciuti.
Roba da
pazzi, lo so.
L’unica nota positiva, sarà passare
la serata con le mie
cugine... almeno ci sarà qualche faccia conosciuta.
Wow. Non so chi sia stato, ma
questa zona desolata della
città – no, non è vero, non è una zona desolata, ma sono un paio di vie
non
proprio conosciute – arredata a festa, fa la sua porca figura. Devono
essersi
sforzati molto per rendere tutto gradevole.
Le strade sono chiuse, di
conseguenza le macchine non
possono passare, così hanno messo dei tavoli con sopra una quantità
industriale
di cibo e bevande – anche alcoliche, noto con piacere – e una marea di
sedie e
altri tavoli dove poter parlare e gustare tutto in tranquillità. Il bar
dove
praticamente mio padre giocava a biliardo e passava la serata con i
suoi amici
a bere, è aperto e il proprietario – per quanto mi possa sembrare
strano – è
ancora vivo ed è estremamente contento di vedere tutte quelle facce
conosciute.
Mi sento un pesce fuor d’acqua. E
non perché non conosco nessuno,
o perché pare che la maggior parte di quella gente sa chi io sia, bensì
perché
mi sembra quasi di vedere una parte di quella vita dei miei genitori
che io per
ovvie ragioni non ho mai potuto vedere.
<< Oh mio Dio! Adriana?
>> Una voce calda, e un
po’ più alta del normale, fa bloccare mia madre e di conseguenza anche
me e mio
padre, e ci fa voltare per vedere una bella donna dai capelli sul rosso
e degli
splendidi occhi grigi/verdi che si sta dirigendo verso di noi. Mia
madre non
comprende subito chi sia, ma alla fine le sorride e le va incontro
abbracciandola.
<< Giorgia! Dio, quanto
tempo! >> Sono
scioccata. Mia madre l’ha veramente abbracciata? Perché mi stupisco
tanto?
Voglio dire... mia madre adora il contatto umano. Ma... non vedrà
quella donna
da una vita.
Mio padre mi affianca e mi tira una
lieve gomitata. <<
Sorridi. Non sembrare una mummia. >> Mi stampo un fintissimo
sorriso e
Gigio ridacchia accarezzandosi i baffi.
<< Ok, lascia perdere, torna
apatica. >> Sorrido
veramente abbassando lo sguardo e mi scambio un’occhiata con lui
scuotendo il
capo. Di certo il sarcasmo l’ho preso da lui.
<< Gi, ti ricordi di Giorgia
e Francesco? >>
Dice mia madre, tornando verso di noi con la sua amica.
<< Certo. >> Mio padre
stringe la mano alla
donna, e la strana sensazione d’inadeguatezza torna prepotente.
<< Tuo
marito è da queste parti? >>
<< Oh sì! Si è messo a
parlare con tuo fratello di
qualche macchina e ha incastrato anche nostro figlio. Però non so dove
sia
riuscita a nascondersi Melissa. >>
<< Melissa? >> Chiede
mia madre, con gli occhi
verdi pieni di entusiasmo.
<< Oh sì! Dopo Alex ci
abbiamo ritentato ed è uscita
fuori una bellissima bambina. Beh bambina, oramai ha diciotto anni e ho
dovuto
costringerla a seguirci, ma è un dettaglio. >> Ridono, e io mi
trovo un
con un sorrisino divertito. Capisco esattamente quella povera ragazza.
<< Giorgia, ti presento
Elise. Che oramai non porta
più il pannolino e soprattutto riesce a camminare tranquillamente su un
tacco
dodici a spillo. >>
<< Oh beh, tale madre, tale
figlia. >> Mi
ritrovo nuovamente a sorridere sinceramente. E non posso non ammettere
che
questa donna è simpatica, e anche estremamente bella.
<< È un piacere conoscerla.
>>
<< Oh, non darmi del lei. Sei
la fotocopia di tuo
padre... solo più bella e senza baffi. >> Non so se ridere o se
piangere,
ma cerco di rimanere impassibile con un sorriso statico.
<< Giorgia, ehi! >> Un
uomo che avrà qualche
anno in meno di mio padre, affianca la donna e devo dire che... ehi! È
un
bell’uomo! È sicuramente il marito... una così non poteva di certo
prendersi
uno basso, pelato e senza un sorriso da infarto. Cavolo, ma dove lo ha
trovato?
<< Fra, guarda un po’?! Gigio
e Gigia! >>
<< Wow, non siete cambiati
per niente! >> Si
abbracciano, si danno la mano e iniziano a parlare... e io penso di
avere la
mascella che tocca terra. Io ho visto le foto di quando i miei avevano
vent’anni, e posso dire con assoluta certezza che nessuno direbbe che
sono la
stessa persona.
<< Potrebbe staccarsi la
mascella se non chiudi la
bocca. >> Una voce divertita mi parla nell’orecchio, non
sobbalzo, ma di
scatto chiudo la bocca e mi volto incontrando un paio di occhi color
castagna
che mi guardano divertiti.
Apperò; deve essere il figlio dei
due simpaticoni.
<< Grazie del consiglio.
>> Dico non sapendo se
sarebbe stato meglio continuare a tacere.
<< Alex. >> Mi porge la
mano. La stringo
sorridendo chiedendomi se questo bel ragazzo dai capelli scuri e un
sorriso
suadente come quello del padre, ci stia provando con me o sia
semplicemente
educato e stia cercando di parlare con qualcuno che non sia... beh
diciamo
vecchio come il quartiere in cui ci troviamo.
<< Elise. >>
<< Anche tu costretta a
presenziare? >> Mi
chiede divertito, mostrando i suoi denti bianchi e dritti mettendo le
mani
nelle tasche anteriori dei jeans.
<< In effetti sì. I miei
genitori volevano mostrare la
loro unica e perfetta figlia agli amici di un tempo. E penso anche che
volessero farmi capire che non sono sempre stati solo dei genitori.
>>
Dico tutto abbastanza sinceramente ma nello stesso tempo con ironia, e
un po’
meravigliandomi, lui lo comprende al volo.
<< Stesso identico
ragionamento dei miei, solo che
loro non si sono fermati a fare solo me perfetto, ci hanno tentato
anche con un
altro figlio. Ma detto sinceramente mia sorella non è venuta così bene.
>> Scoppio a ridere mettendomi una mano davanti alla bocca,
catturando
comunque l’attenzione dei quattro che se la stavano spassando parlando
di
chissà cosa.
<< Oh, vi siete già
conosciuti. >> Dice, sempre
sorridendo, Giorgia, accarezzando un braccio del figlio. Lo presenta ai
miei
genitori e alla fine veniamo raggiunti anche da una ragazza poco più
alta di me
con i capelli boccolosi. Sorride cordiale e infine ci viene presentata
come
Melissa, l’altra figlia di Giorgia e Francesco.
Devo essere sincera, quei due
simpaticoni si sono veramente
impegnati a far uscire bene i loro figli.
<< Dici che prima o poi ci
permetteranno di tornarcene
a casa? >> Mi chiede Alex, guardando il suo Negroni nel bicchiere
di
plastica. Io bevo un sorso della mia Vodka Lemon e poi scuoto il capo.
<< Non penso. Si stanno
divertendo troppo. Non credo
nemmeno che abbiano guardato l’orologio. >> Persino le mie cugine
si sono
già dileguate, le avrei volentieri seguite, ma alla fine ho passato una
gradevole serata in compagnia di Alex. È simpatico, e soprattutto è un
bel
ragazzo. Lo è diventato ancora di più da quando abbiamo iniziato a bere
gli
alcolici.
<< Se gli facessimo notare
che sono le due di venerdì
sera dici che farebbero qualcosa? >> Sorrido e alzo un
sopracciglio
guardandolo. Lui scuote il capo.
<< Hai ragione, non cambierebbe niente.
>> Gli suona il telefono e risponde un paio di secondi dopo che
ha letto
il nome, prima, però, si scusa con me.
<< Ehi! >> Silenzio.
<< Sì, ancora
barricato qui. Perché? >> Mi guardo attorno cercando di non
rendere
palese il fatto che io stia ascoltando.
<< Seee, va beh. Davvero?
>> Mi guardo le unghie. << Aspetta un secondo. Elise?
>> Mi
volto quasi con gli occhi sgranati.
<< Dimmi. >> Mormoro.
<< Per te sarebbe un problema
non andare a casa con i
tuoi genitori? >> Lo guardo stupita. Che cosa diamine mi sta
chiedendo?
<< Ehm... >> mi volto
cercando Gigio e Gigia, ma
stanno parlando come da quando siamo arrivati. Non so nemmeno se alla
fine
abbiano mangiato qualcosa. << Non lo so, che cos’avevi in mente?
>>
Chiedo tornando a guardarlo. Alex mi sorride e io noto, forse per la
millesima
volta in poche ore, quanto le sue labbra, in qualche strano modo,
catturino la
mia attenzione.
<< Solo stare un po’ in un
posto tranquillo con degli
amici. Giuro che non vogliamo abusare di te, solo rilassarci un po’...
e poi
non saresti l’unica ragazza. >> Sono tentata di dire di sì. Ma
per quanto
sia vero che ho vent’anni, sono comunque venuta qua con i miei
genitori, e non
so quanto potrebbero prenderla bene nel sapere che dopo poche ore me la
sto
dileguando con un ragazzo che conosco appena.
<< Tra quanto dovrebbero
passare? >>
<< Cinque minuti. >>
Annuisco, e mi stupisco di
me stessa. Non che negli ultimi tempi io non abbia fatto parecchi colpi
di
testa – già il fatto di aver perso la testa per un
dottore/specializzando
perdendo anche la mia cara verginità, dovrebbe rendere bene l’idea – ma
il
punto è che fare una cosa simile di fronte ai miei genitori, mi mette
ansia. E
forse è anche normale.
Lasciandolo parlare con il suo
amico, mi dirigo verso la
stramba combriccola, una volta che ci sono praticamente in mezzo,
afferro mia
madre catturando la sua attenzione.
<< Parlando ipoteticamente...
>> Gigia alza lievemente un sopracciglio. << Se io... beh,
me ne
andassi... e non con voi... cos’accadrebbe? >>
<< Ipoteticamente...
con chi andresti via? Non hai la tua macchina, quindi... chi ti
porterebbe a
casa, e dove dovresti andare? E sono quasi le due e mezza, quindi
quando
torneresti? >>
<< Wow. >> Mormoro
sbalordita. Non ha perso la
cognizione del tempo, e soprattutto non ha bevuto un bicchiere di
troppo.
<< Mamma, mi hai rovinato il
venerdì sera impedendomi
di uscire con i miei amici per essere qui con voi, che tra l’altro mi
avete a
malapena cagata... con chi vuoi che esca? >> Gli occhi di Gigia
si
spostano dietro le mie spalle, e subito dopo incontrano nuovamente i
miei. << Già. >> Sussurro e lei torna
la madre dolce di sempre.
<< Hai fatto colpo? >>
Mi chiede maliziosamente,
e io mi rimangio il pensiero di poco fa, non è tornata la madre dolce,
bensì
quella pervertita.
<< No. Non lo so. Comunque mi
ha chiesto se ho voglia
di andare a fare un giro in centro. Passano i suoi amici tra poco.
>> Mi
accarezza una guancia e subito dopo mette una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
<< Sei giovane, bella... hai
fatto colpo. E io ti ho
rovinato il venerdì sera. Esci, e non rincasare per pranzo! >>
Cerco di
non ridere e annuisco tornando sui miei passi; una volta tornata
seduta,
annuisco verso Alex e lui fa scontrare leggermente le mani tra di loro
e si
alza.
<< Bene, allora seguimi.
>> Mi porge la mano, e
io l’afferro subito alzandomi e tenendomi ben stretta la mia borsa,
sperando di
non cadere da qualche parte facendo una brutta figura.
Stiamo camminando per le vie e
parliamo e ridiamo cercando
di trovare la macchina del suo amico, da quello che ho capito ci
saranno due
ragazzi e una ragazza... non so cosa aspettarmi. Quando gli ho chiesto
perché
ha proposto a me di unirsi e non a sua sorella, mi ha guardata come se
fossi
pazza e poi ha ammesso che sua sorella non apprezza molto i suoi amici,
o
almeno alcuni.
Abbiamo anche parlato dei suoi
genitori, e ho ammesso di
essere rimasta stupita di quanto appaino giovani, lui ha riso e mi ha
confidato
che a volte gli dispiace che non siano dei vecchietti innocui, poiché
ci danno
ancora dentro e il loro amore è fin troppo... troppo tutto, a volte.
<< Oh, eccoli! >> Mi
riprende per mano e
raggiungiamo l’auto grigia parcheggiata in doppia fila, praticamente in
mezzo
la strada. Ma ci troviamo ancora in una zona desolata, quindi non
passano
macchine, soprattutto quasi alle tre del mattino.
Il contatto con la sua mano mi
agita, non nel senso che non
mi piaccia, proprio perché non è male sentire la sua stretta nella mia
che mi
ritrovo a dovermi subire il mio cuore accelerato. << Giuro che
sono
innocui, ok? Ti riporterò a casa sana e salva. >>
<< Sarà meglio per te.
>> Dico divertita
puntandogli un dito contro. << Anche perché mia madre sa che sono
con te.
>> Non mi risponde subito, afferra solamente la mano che era sul
suo
petto.
<< Bene, ora ti giuro solennemente che ti riporterò a casa sana e salva,
ok? >>
Ridendo annuisco e lui, sorridendo, apre la portiera infilandosi dentro
e
facendo spazio anche a me. appena salgo e chiudo la portiera, saluto e
vengo
ricambiata. L’unica ragazza, oltre me, che è in macchina, si volta
facendosi
vedere dal sedile anteriore, e sgrano gli occhi. Proprio come fa lei.
<< Sandra? >>
<< Elise? >>
<< Fabio. >>
<< Gigi! >> I ragazzi
scoppiano a ridere e in un
certo senso vengo contagiata anch’io. Bene, sicuramente stanotte ci
sarà da
ridere.
<< Vi conoscete? >>
Chiede Alex. Io e Sandra ci
guardiamo ed è lei a parlare.
<< Sì, anche piuttosto bene.
>>
<< O almeno prima. >>
Aggiungo guardando fuori
dal finestrino. La mia “amica” sospira e torna seduta composta mentre a
prendere la parola è Fabio, il ragazzo alla guida. E da quello che mi è
giunta
voce, sarebbe l’attuale ragazzo di Sandra.
<< Bene... direzione cantina?
>> Gigi risponde
un sì tantino esagerato e io torno a rilassarmi e prendo a parlare con
loro in
modo tranquillo, fregandomene che la mia ex migliore amica sia seduta
sul
sedile davanti al mio.
La cantina, non è una vera propria
cantina... cioè sì, ma è
enorme e soprattutto ha tutto. Forse manca solo il bagno, perché il
letto c’è e
una sotto-sotto-sottospecie di cucina anche. E soprattutto c’è una
X-box, una
Wii, tanti alcolici e soprattutto mi è parso di vedere del fumo, ma in
qualsiasi caso l’odore di cannabis e tabacco ha impregnato l’aria.
<< Spero tu non sia di
strette vedute... ma sei amica
di Sandra, quindi ne dubito. >> Mi mormora Alex, una volta che
siamo
arrivati e mi sono guardata attorno.
<< No, tranquillo. >>
Alex si rilassa, e mi
conduce verso il frigorifero passandomi una lattina di coca cola che
accetto
volentieri.
<< Alex? Mi devi la
rivincita. >> Dice Gigi
divertito, muovendo il joystick dell’X-box. Si scusa con lo sguardo e
divertito
lo spingo verso il suo amico.
Con tranquillità, Fabio mi dice di
prendere un bicchiere, lo
faccio e subito dopo apro la mia lattina e mentre verso il contenuto,
vedo
Sandra affiancarmi.
<< Non pensavo che ti avrei
più rivista. >>
Sussurra, forse per non farsi sentire dagli altri.
Una volta che ho riempito il
bicchiere, alzo lo sguardo. Ma
non so cosa provo. Rabbia, forse. Ma oltre a quello? Quella che ho di
fronte
agli occhi è la mia migliore amica, ci siamo state vicine negli ultimi
dieci
anni e adesso... dopo sei mesi che non ci vediamo, non riesco a capire
cosa
provo. Sono ancora arrabbiata e delusa da lei?
<< Il Mondo è piccolo.
>> Dico dopo qualche
secondo di silenzio. Sandra mi guarda quasi speranzosa e prende a
giocare col
piercing che ha sulla lingua facendolo scontrare con i denti.
<< Alex non chiede quasi mai
a qualche ragazza del
momento di unirsi a noi. >> Sbotta poco dopo, appoggiandosi di
schiena a
un mobile. Io la imito e guardo i ragazzi che sembrano essere diventati
animali
di fronte al televisore.
<< Non sono una ragazza del
momento. L’ho appena
conosciuto. >>
<< Sai, >> Dice con un
tono divertito. <<
Non mi stupirei se tu gli facessi perdere la testa. Ne saresti
benissimo in
grado. >> Quasi scoppio a ridere.
<< Dici? Ho tutto questo
potere? >> Chiedo
stando al gioco. Con lei è sempre stato così. Un’azzuffata, parole
grosse, non
vederci e sentirci per un po’, e alla fine, quando ci si rivede, un
paio di
battute, chiarimenti e tutto come all’inizio. Strano, ma penso che
l’amicizia
sia anche comprendere, perdonare e andare incontro all’altra persona.
Sempre se
ci si tiene.
<< Ehm... dove stiamo
andando? >> Chiedo
stranita ad Alex. Quest’ultimo, sicuramente più lucido di me poiché non
ha né
bevuto né fumato, mi porge la sua mano e io l’afferro subito
avvicinandomi a
lui che si è fermato per potermi guardare e tranquillizzare.
Sono le sei del mattino, il sole
sta sorgendo e il cielo è
praticamente arancione. Veramente un bello spettacolo.
<< Stiamo andando alla mia
macchina, così poi ti
riporto a casa. >> Me lo dice con calma, sorridendo dolcemente.
E non so perché io abbia accettato
di passare una serata
diversa e folle con questo ragazzo, ma in qualche strano modo... mi
fido. So
perfettamente che non mi farà del male e che mi riporterà a casa. E se
qualcuno
me lo chiedesse, non saprei nemmeno dire il perché.
<< Oh, ok. Ma... Sandra?
>>
<< Dorme da Fabio. La
riporterà lui, a casa. >>
Annuisco e infine mi lascio trascinare di fronte a una Multipla blu.
Alex mi
apre la portiera e io salgo sentendomi euforica come quando era una
bambina.
Una volta che anche lui si siede, mi giro nella sua direzione con un
sorriso
che va da orecchio a orecchio.
<< Da piccola desideravo che
mio padre comprasse
quest’auto. >> Divertito, inserisce le chiavi nel quadro ma non
mette in
moto.
<< Davvero? Perché? >>
Mi mordo per un istante
il labbro inferiore.
<< Perché avendo tre posti
davanti, io non ero
obbligata a dover rimanere sola nei sedili dietro. >> Ammetto un
po’
imbarazzata, Alex ride e io lo seguo a ruota. Una sua mano vola ad
accarezzare
una mia guancia e automaticamente sposta qualche capello dal mio viso.
<< Sei davvero unica, Elise.
>> Scrollo le
spalle e lui abbandona la presa su di me mettendo in moto.
Durante il tragitto ci troviamo a
parlare delle nostre
storie passate, e lui mi racconta che di vere e proprie storie, ne ha
avuta
solo una, durata un po’, ma finita perché lui non era innamorato e lei
voleva
troppo. Non gliel’ho chiesto esplicitamente, ma penso intendesse che
lei voleva
far conoscere le famiglie. Mi ha anche detto che dopo di lei ha avuto
storie
passeggere, niente di serio ma nemmeno da una botta e via. Ha ammesso
che al
momento vorrebbe avere una relazione seria, una persona che cerchi di
capirlo,
che gli voglia bene, che gli stia accanto... ha anche ammesso che però
non
pensa sia facile trovare quella persona poiché ultimamente non riesce a
trovare
una ragazza che in qualche modo lo affascini. Mentre lo diceva mi
guardava, e
il mio stomaco si è stretto in una morsa soffocante.
Io in poche, anzi pochissime,
parole, gli ho raccontato del
fatto di non aver mai avuto una relazione seria, nel senso che fino a
qualche
anno fa ero più rotondetta e che non venivo notata, gli ho detto che
sono
dimagrita dopo che sono stata investita da un auto, e poi ho ammesso di
essere
stata qualche mese con il dottore sexy che mi ha praticamente detto che
in
breve tempo sarei riuscita a tornare a camminare nonostante la frattura
fosse
seria e soprattutto che dovevo portare il gesso e fare tanta
riabilitazione.
Lui n’è rimasto sorpreso, più che altro perché non pensava che un
medico
potesse lasciar perdere la regola paziente/dottore, ma quando gli ho
spiegato
che comunque ero già maggiorenne e che lui non era di certo vecchio,
poiché era
un semplice specializzando, ha iniziato a fare battutine e abbiamo
iniziato a
punzecchiarci fino ad arrivare sotto casa mia.
<< Grazie del passaggio.
>> Mormoro, sentendomi
un po’ in imbarazzo, senza sapere nemmeno il perché.
<< Figurati. Grazie a te per
avermi tenuto compagnia
tutta la sera e la notte. >> Stringo gli occhi, cercando di
trattenere un
sorriso.
<< Detto così, sembra che
abbiamo fatto chissà cosa.
>> Alex scoppia a ridere e si passa distrattamente una mano tra i
capelli
neri.
<< Hai ragione >> Dice
inclinandosi un po’ verso
di me. << Però tu hai capito cosa intendevo. >> Annuisco
divertita
e apro la portiera, nello stesso momento lui apre anche la sua e mi
rivolto per
guardarlo. Una volta che ha richiuso la sua mi raggiunge, e io, ancora
confusa,
praticamente seduta sul sedile, lo guardo con un punto interrogativo
enorme.
<< Ti accompagno al portone,
sempre se per te va bene.
>> Raschiandomi la gola, scendo dall’auto e mi avvio verso casa
seguita
da lui.
Una volta che siamo di fronte ai
citofoni, mi fermo e lo
guardo non sapendo cosa dire e che cosa fare. So
che cosa vorrei fare, ma non mi pare il caso.
<< Elise... >> Alex
infila le mani nelle tasche
anteriori dei jeans e mi si avvicina maggiormente. Il mio cuore batte
forte e
sto facendo di tutto per non far cadere le chiavi che ho tra le mani.
<<
Potrei avere il tuo numero? >> Un omino senza volto e in realtà
senza senso
che governa il mio cervello, esulta e inizia a ballare la conga.
<< Sì, certo. >> Cerco
di mostrarmi tranquilla e
salvo il mio numero direttamente sul suo cellulare facendomi subito
dopo uno
squillo. Quando torno a guardarlo, il suo sorriso mi abbaglia e io gli
ripasso
il telefono, ma lui, quando lo afferra, cattura anche la mia mano e mi
avvicina. I nostri petti si sfiorano e io penso di essere arrossita, e
penso
anche che il mio cuore si sia trasferito nella mia gola.
<< Grazie. >> Mormora
sulle mie labbra. Lui è
molto più alto di me, ma devo ammettere che i tacchi mi aiutano a non
sembrare
bassa come in realtà sono.
<< D-di niente. >>
Sorride e abbassa
maggiormente la sua testa.
Istinto o ragione?
Mi lascio baciare e divento per un
attimo una di una lunga
serie, o scappo?
Fregandomene della ragione, faccio
intrecciare la mano
libera tra i suoi capelli e la sua bocca sfiora la mia.
Sfiora è il termine giusto, perché
nessuno dei due esagera
col contatto.
Lo sento lasciare la mia mano e
infilarsi il telefono in
tasca, subito dopo – quella stessa mano – stringe un mio fianco
avvicinandomi
maggiormente e tutt’un tratto diventiamo un corpo solo, o almeno così
mi pare,
poiché dal semplice sfiorarci le labbra, ci troviamo a baciarci come si
deve e
i nostri corpi non fanno altro che toccarsi con descrizione, senza
esagerare,
ma nello stesso tempo con sicurezza. Le carezze che lascia sulla mia
schiena o
quando mi tocca il sedere, mi fanno mugolare nella sua bocca, e lo
stesso
accade a lui quando accarezzo un certo punto del collo o dietro
l’orecchio
destro.
Non so dopo quanto tempo ci
allontaniamo, ma siamo entrambi
col fiato corto e lui ha gli occhi appannati dal desiderio,
probabilmente la
copia dei miei.
<< Tieni il telefono carico
in questi giorni, perché
devi star pur certa che mi farò vivo... >> Lo dice sulle mie
labbra, non
staccando gli occhi dai miei. M’inumidisco le labbra toccando per forza
di cose
anche le sue, e sorride accarezzandomi una guancia.
<< Ora sali a casa,
Piccina... ci sentiamo domani.
>> Come un automa, mi trovo ad annuire e a salire a tentoni le
scale fino
ad arrivare in casa.
Una volta nella mia camera, mi
siedo per terra appoggiando
la schiena contro il letto e mi sfioro le labbra un po’ gonfie.
Decisamente è
stato un bel bacio.
Sobbalzo quando sento il mio
telefono vibrare, lo afferro e
sorrido.
“Quella che pensavo
sarebbe stata una serata sprecata, è stata invece divertente è piena di
sorprese... tutto questo grazie ai nostri genitori che vent’anni fa
erano amici.
Ho passato una bellissima serata, sei veramente unica Elise. Notte. Alex.”
Sì, le cose sono
decisamente diverse dalla storia originale, Travolgimi è sicuramente
più
introspettiva e magari un po’ più seria, e non essendo una one shot, è
sicuramente più comprensibile. Ma dopo mesi e mesi, avevo bisogno di
scrivere
di questi due pazzi. Anche se in modo diverso.
Mi sono sempre
chiesta se potesse nascere tutto in modo “normale”, magari più
naturale, senza
troppi drammi da parte di entrambi... e la mia risposta è sempre stata
sì. Elise
ha un buon rapporto con le cugine, ha finito la scola, lavora, è molto
più
femminile e sicura di sé; Alex ha due genitori ancora innamorati l’uno
dell’altro
e soprattutto ha comunque chiuso con Silvia, ma non è diventato un
puttaniere e
nemmeno si è dato all’alcool e al fumo come fa intendere in Travolgimi
in una
conversazione con Elise.
Detto questo, spero
di non aver annoiato troppo... tengo le dita incrociate e spero in
qualche
vostro parere. Grazie in anticipo a tutti. Jess.
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