Walking on the sea

di Shonid
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Lui era un ragazzo solo.

Fermo, muto, immobile, pareva che ovunque andasse, qualsiasi cosa facesse, egli non ci fosse, non fosse lì, non fosse nè visto nè sentito, o almeno, lui così credeva, o così voleva credere, fingendo di non udire quel vociare sommesso, che di lui parlava, quel brusio di parole che gli faceva male, che l'opprimeva, costringendolo, così, a muti silenzi, perchè degli sfoghi, non se ne faceva niente, pareva non esistessero quasi, in fondo, uno sfogo andava condiviso con qualcuno, e lui lo sapeva bene che, da solo, non sarebbe riuscito a sfogarsi.
Piangere non serviva, urlare neanche, nemmeno dare a pugni un muro, erano tutte cose futili, quindi, per non pensare a quell'ondata di malinconia che ogni giorno sembra travolgerlo, annegarlo, egli s'alzava, metteva le sue scarpe e camminava, vagava qua e la per la città vuota a fantasticare, e, nel notare le diverse colorazioni dell'acqua, in alcuni punti, s'immaginava una passerella d'acqua scura, che, formando una stradina, conduceva dritto dritto all'orizzonte. Quella sottile linea, all'apparenza così vicina, ma che rappresentava tutto per lui.
Il bisogno di fuggire, di andare lontano, di raggiungere un qualcosa d'irrangiungibile, mettersi in viaggio, si, dove quel brulicare di parole non esisteva, sopra quelle onde di malinconia, non dentro, ma sopra, come a dominarle, comandarle. E si sentiva forte, si, nella sua mente, egli era immortale, e si sentiva sicuro, perchè per quanto fosse un ragazzo solo, per quanto fosse schiacciato da quella realtà, dentro di se, anzi, nel suo grande universo, nessuno poteva batterlo.




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