Heal the scars from off my back

di Deirbhile
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Il liceo classico “Giulio Cesare” aveva un aspetto mesto e grigio a quell’ora del mattino, nonostante le sue pareti esterne fossero state colorate da vari graffiti geometrici

Il liceo classico “Giulio Cesare” aveva un aspetto mesto e grigio a quell’ora del mattino, nonostante le sue pareti esterne fossero state colorate da vari graffiti geometrici.

 

-Torri, sei fregata, la Manzi oggi ti interroga sulla Medea.-

sghignazzò malignamente Michele, il so-tutto-io della classe.

 

-Tranquillo, tanto il titolo “Secchione e cocco della prof Manzi” sarà tuo a vita.- rispose a tono Chiara, scocciata e sotto pressione per l’imminente interrogazione.

 

Entrò nel grande portone verde, dove a lato c’erano scritte poco carine dirette al povero Giulio Cesare. La classe era deserta, a parte quell’essere turpe di Michele, che gongolava della preoccupazione della

compagna. La rossa lo ignorò, si infilò distrattamente le cuffiette del vecchio e fedele i-pod grigio e si decise a rileggere qualche nozione al volo. “Okay, la Medea l’ha scritta Euripide… su

questo non c’è dubbio.” Ridacchiò fa se, sentendo la tensione sparire all’istante. Sarebbe andato tutto bene, aveva studiato e il tanto agognato sette di sicuro se lo meritava. Sentì improvvisamente una mano toccargli la spalla e si girò di scatto.

 

- Cavoli Ivan, mi hai spaventato!- gridò, mimando un attacco cardiaco in quel modo teatrale che tanto le apparteneva. Ivano, detto Ivan il Terribile, confidente e amico fidato di Chiara dal primo giorno del liceo, aveva un paio di occhiali squadrati che gli davano un’aria professionale e miriadi di ricci castani che gli ricadevano sul viso.

 

- Come sta l’agnello sacrificale del giorno?-

domandò l’amico distrattamente, riponendo con violenza la borsa sul banco adiacente. Chiara sbuffò.

 

- C’è nessuno con un po’ di sensibilità in questa classe!?-

parlò fra se, fissando il soffitto scrostato. L’aria gelida di Marzo le lambiva il cardigan verde che portava stretto al corpo.

- Io, cara. Ma devo farti notare che con quel coso verde sembri un folletto

irlandese.-

Chiara riconobbe con sollievo la voce della sua migliore amica Carmen levarsi dall’altra parte della stanza,

mentre Ivan imitava con estrema goffaggine quella che doveva essere una danza

folkloristica.

- Da oggi in poi ti chiamerò Elfo.- Ivan era piegato in due dalle risate, mentre la

figura alta di Carmen li raggiungeva con il suo zaino glitterato, passandosi una mano fra i capelli castani.

- Andrà tutto bene, su!- cercò di tranquillizzare Chiara, mentre quella era immersa fra gli assoli di

chitarra di Slash. L’abbracciò per un attimo e la rossa si sentì finalmente

calma e pronta ad affrontare quell’arpia della Manzi. Poi si staccò, tornando

ai suoi appunti, sentendo Carmen borbottare qualcosa riguardo al volume della

musica e ad una sua prossima sordità.

Mano a mano la classe si riempì e anche il posto vicino a Chiara fu occupato da una ragazza dai capelli disordinati.

- Heilà, Sabri.- mormorò distrattamente l’Elfo, come oramai era già tristemente nota grazie a quell’idiota di Ivan.

- Heilà, ragazza irlandese.- Sabrina le diede allegramente il cinque, scostandosi una ciocca tinta di viola dagli occhi. Con quella frase a Chiara vennero in mente gli immensi prati della casa di campagna di sua nonna, quella irlandese.

Era conosciuta anche per questo, per metà irlandese per metà italiana.

Il mormorio allegro degli studenti cessò nel preciso istante in cui una figura avvolta in un cappotto

scuro con tanto di occhiali da sole varcò la classe.

 

Commenti esilaranti come “Chi è morto?” o “Dissennatore, Dissennatore!”* si levarono ovattati dal banco di Chiara e Sabrina. Ivan ridacchiò, ma poi soffocò tutto in un colpo di tosse. La Manzi posò la borsa di pelle sulla cattedra e si sedette. Solo dopo averli scrutati a lungo si decise a rivolgere loro un saluto. Finito appello, Chiara si sentì morire. Era il suo momento, ma il nervosismo non le faceva sentire nemmeno la voce della professoressa. Quando credette di sentire il suo nome, pronunciato col tono perentorio di chi non vuole aspettare, si alzò di scatto e si portò il libro al petto in modo quasi eroico.

 

- Torri, cosa sta facendo?-

La faccia della professoressa fu spiegazzata da una smorfia di evidente dubbio.

- Vengo all’interrogazione…- farfugliò l’altra confusa, grattandosi un orecchio. La Manzi fece un sorrisetto di scherno e tutta la classe scoppiò in una fragorosa risata.

- Stavo solo richiamando la sua attenzione, perché evidentemente non ha ascoltato la parte in cui vi parlavo della prossima gita scolastica… Non la sto interrogando, non ancora.- Il sorrisetto della donna si allargò, quasi come un segno di sfida. Chiara, più rossa dei suoi capelli, si sedette nel suo banco.

 

- Come stavo dicendo prima che la vostra compagna ci interrompesse, la gita a Vienna è stata spostata per motivi di organizzazione alla… settimana prossima. – spiegò la Manzi, contando i giorni sulle dita.

- Cosa!? Professoressa, non vorrei sembrare inopportuno ma… Il clima austriaco in questo periodo non è certo dei migliori!- replicò Michele, come se stesse parlando ad un bambino.

- Grazie per l’ovvia informazioni davvero, Senesini, ma la preside ci ha informato che i biglietti aerei in questo periodo sono molto più economici… per cui, armatevi di stivali e cappotti, la partenza è prevista per Lunedì prossimo, ecco le autorizzazioni e le varie somme da pagare.- continuò la professoressa, passando fra i banchi con una risma di fogli pieni di cifre. Dopo che ebbe finito, alzò un sopracciglio e si sedette alla cattedra.

- Torri, interrogata.- disse con un’espressione così maligna da far

concorrenza al Diavolo in persona. Chiara sbuffò sonoramente e si preparò a prendere il suo ennesimo sette e mezzo.

 

 





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