Ricordare
Ricordare:
{ripassare
dalle parti del cuore.
Un
anno, duecentotré giorni e quattro ore.
Il
vento ad Oz soffia sempre uguale, il sole tramonta e sorge dove
tramontava e sorgeva prima, i corvi si avventano sui campi di grano
vigilati da semplici fantocci senza cervello.
Un
anno, duecentotré giorni e quattro ore e deve dimenticare lei – la
sua voce dolce e il suo sorriso gentile – ancora una volta, per
ogni singolo secondo di tutto il tempo passato.
Ha
cercato di ripiegare Dorothy e il suo arrivo – una ventata di aria
diversa,
un nuovo
sole, un fantoccio che diventa veramente vivo
– nell'angolo più remoto della sua testa, perché ripensare a lei,
a quelle labbra calde e morbide, era troppo doloroso.
Insieme
alle gemme colorate che si spaccano sugli alberi, ai piccoli fiori
color pastello della primavera, ha pensato
di
dimenticarla.
Con
il sole rovente alto nel cielo che bruciava l'acciottolato, con i
frutti maturi e succosi, con le serate d'estate passate a guardare le
stelle con il Boscaiolo di Latta, ha tentato
di dimenticarla.
Con
le foglie scricchiolanti d'autunno, simili a tavolozze inesplorate
dai colori rossastri e gialli, marrone chiaro e arancione scuro, ha
creduto
di poterla dimenticare.
Ma
di inverno... d'inverno la neve ha volteggiato piano nell'aria, quasi
poeticamente, e quando è atterrata, ha ammantato di bianco la strada
gialla, e camminando le persone lasciavano impronte – il Leone
grandi orme - e lui si è ricordato immediatamente che Dorothy non
era lì dove sarebbe dovuta essere – al
suo fianco.
Di
giorno ha pregato che la sua immagine si sciogliesse insieme al primo
sole, che la sua voce smettesse di torturarlo ogni singola ora, ma di
notte, così che lui potesse scambiarla per un sogno, lei è
ritornata con ogni fiocco di neve, implacabile, bellissima.
Anche
ora nevica.
Se
chiude gli occhi riesce a rivederla perfettamente, sdraiata tra i
papaveri, ed è assurdo come invece i particolari di quel ricordo -
l'ambiente circostante, le parole che gli ha detto il Boscaiolo, i
suoi movimenti - appaiano lontani. Tutto è sfocato, solo
Dorothy si staglia nitida e luminosa nel mezzo, un'epifania radiosa.
E
la vede di nuovo, inattesa, e il cuore perde un battito ma non fa
male,
non stringe il cuore in una morsa stretta come un anno, duecentotré
giorni e quattro ore senza di lei.
Si
alza di scatto, quasi perdendo l'equilibrio, la colpa è della paglia
che inizia a seccarsi, e si muove incerto verso di lei. Ci sono le
sue
impronte ora su quella strada che li ha fatti incontrare, e lo
Spaventapasseri spera che la neve non sia così crudele da
cancellarle subito - sono
testimoni del suo ritorno, legittimano la sua presenza lì, a Oz, da
lui, perché dovrebbero sparire? - ed ora che sono così vicini
riesce a vedere ogni singola sfumatura di luce nei suoi occhi, quasi
fossero prismi di cristallo che riflettono la sua anima.
Ci
sono tanti piccoli fiocchi di neve che dispettosi si sono infilati
tra le sue ciocche ramate.
Lo
Spaventapasseri vorrebbe toglierli tutti, uno ad uno, ma le sue mani
tremano perché ha paura di toccarla e scoprire che è
solamente una fragile apparizione.
«Mi
sei mancato» sussurra e si getta tra le sue braccia, letteralmente,
e per un secondo, una minuscola frazione di secondo, lo
Spaventapasseri sente un paio di labbra calde sulle sue, reali,
ed è una sensazione nuova, breve e meravigliosa, e poi la testa di
Dorothy è appoggiata sul suo petto, vera, e lo
Spaventapasseri capisce che il ricordo di lei è rimasto impresso per
tutto questo tempo nei suoi occhi, nel suo cervello, nelle sue mani e
nelle sue narici – Dorothy era con lui in primavera insieme ai
piccoli fiori coloro pastello, rideva d'estate tra i campi di grano e
camminava su un tappeto di foglie scricchiolanti d'autunno. Dorothy
in fondo non era mai partita – almeno da lui – e c'era in ogni
stagione, in ogni giorno e in ogni ora, c'era in ogni pensiero e in
ogni sogno, in ogni mattoncino irregolare e in ogni profumo di
Emerald.
Ed
è in quell'abbraccio, che sa di malinconici tramonti, biscotti
appena sfornati e casa, che ricomincia a dimenticare –
dimentica il dolore, la solitudine e la tristezza di quegli inutili
cinquecentosessantotto giorni senza di lei.
Note
autrice:
Storia
dedicata a mia Moglie che mi ha chiesto una Dorothy/Spaventapasseri
con il prompt neve.
Mi dispiace davvero di aver scritto una
storia del genere perché il prompt mi ispirava da matti ma non
sono
riuscita a renderlo come volevo. Sinceramente trovo un po' OOC il
fatto che lo Spaventapasseri tenti di dimenticare Dorothy, ma
passatemelo come una licenza poetica – tanto alla fine capisce
che
era inutile e che in fondo non l'ha fatto, no? Credo che potrebbe
essere una What if post-finale del film di Fleming - non me la sento di
piazzarlo come missing moment di un ritorno di Dorothy nei libri.
Il
titolo riprende l'etimologia di ricordare, che viene dal latino
re–cordis. E boh, spero che piaccia
alla promptatrice (?) Regina delle Dorothy/Spaventapasseri. ♥
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