Nella penombra della stanza si mosse, scrutando il proprio
cupo riflesso nel riverbero dello specchio. Era presto, troppo. Troppo per stare
sveglia di fronte allo specchio cercando di non guardarsi negli occhi, e di
sembrare normale. Troppo spesso per riuscire ad evitare il proprio sguardo, uno
sguardo stanco, uno sguardo stillante lacrime invisibili. Che idiozia, non era
da lei pensare certe cose, in circostanze normali avrebbe sbuffato e ridacchiato
a quei pensieri, ma non ora, non in quel momento.
Accarezzò la guancia liscia del suo riflesso, cercando di
immaginare lui che lo faceva, fino a qualche ora prima.
Non riusciva a piangere, non riusciva a rendersene conto,
non riusciva a dormire, non riusciva a respirare. L’unica cosa che percepiva era
il terrore, l’ansia, la solitudine che le assediava il cuore, i ricordi che la
schermivano.
Stare davanti allo specchio era come avere un’altra
persona? L’aveva sperato, aveva sperato che avere davanti un’altra sé stessa
potesse aiutarla a fare chiarezza, aveva sperato che lei l’avrebbe consolata, ma
vedere una Hermione inconsistente con le occhiaie e i capelli flosci aveva
peggiorato le cose, e ora non riusciva più a staccarsene. Lei era l’unica che la
capiva.
Sfiorò la bacchetta che gettava un fiotto di luce verso lo
specchio, che la rifletteva su Hermione, sorrise mesta, insicura si capire
ancora cosa significasse stirare la labbra a quel modo.
Guardandosi in piedi, incerta su cosa fare esattamente,
mordendosi il labbro nervosa con le mani che si infastidivano tra loro, non
sapeva più staccarsi da quella che era diventata, da quello che era ora. Come
era cambiata negli ultimi anni… si era spenta…
Lui diceva spesso che lei era la sue luce, non il sole, la
luna o le stelle, ma un lumos da bacchetta, diceva scherzando.
I capelli crespi svolazzarono sulla spalla quando gli occhi
e il capo si voltarono verso la porta, qualcuno aveva bussato. Gli occhi scuri
si dilatarono cercando una via di fuga, denti affondarono di più nel labbro
inferiore: non voleva sapere, non voleva sapere chi c’era dietro quella porta,
preferiva continuare a stare lì al buio e sperare che fosse lui. Non voleva
sapere.
-chi è?- le mani caddero lungo i fianchi e il corpo si
voltò automaticamente, teso e pronto, nella bocca un vago sapore di sangue.
Cerchi riparo,
fraterno conforto
Tendi le
braccia allo specchio
Ti muovi a
stento e con sguardo severo
Trascichi un
malinconico Modugno
Il ragazzo la avvolse in un abbraccio, stretto fino a quasi
farle male, più forte, di più. Non sapeva che fare, l’unica cosa che gli
sembrava possibile era quella, tenerla stretta, sentirla accanto, calda,
sentirla che si aggrappava a lui come ne andasse della sua vita, sentirla
piccola e forte che lo amava, sentire il suo amore contro il petto, quel calore
che lo aveva riscaldato finora. Un bacio sulla fronte.
Occhi lucidi ma niente lacrime. Paura.
Le prese la bacchetta dalle mani e sussurrò “lumos” <<
tienila accesa, Hermione… sei il mio piccolo Lumos… non spegnerla ti prego…
<< promettimi che tornerai >> disse la mora aggrappandosi
con rabbia al maglione verde del ragazzo che la teneva tra le braccia <<
promettimelo >>
<< Hermione io… >> sussurrò volgendo lo sguardo ai pochi
che stavano assistendo al loro saluto.
<< giuramelo >>
<< non posso Hermione… non voglio dirti una… non posso
Hermione… >>
<< devo sentirmelo dire, Harry dimmi che tornerai- la
strinse di nuovo in quell’abbraccio disperato e insostenibile, mentre lei
sfregava la fronte contro il suo petto, rabbiosa.
<< non posso promettertelo, ma ti giuro lo voglio con tutte
le mie forze >>
Harry si staccò da lei ma non riuscì a dividere il suo
sguardo dal suo << non voglio dire addio, Hermione, non a te >>
<< e io non voglio sentirtelo dire >> una lacrima,
strappata dal vento a quegli occhi brillanti.
Di quei violini
suonati dal vento
L’ultimo bacio
mia dolce bambina
Brucia sul viso
come gocce di limone
L’eroico
coraggio di un feroce addio
Ma sono lacrime
Mentre piove,
piove
Sono lacrime
Mentre piove…
piove
Mentre piove…
<< sono… >> sospirò <<… sono Ron- la ragazza si sedette sul
letto, la forza scomparsa nel nulla, lei stessa annientata, volse lo sguardo
alla finestra dove piccole gocce macchiettavano il vetro, senza neanche
accorgersene, un lamento atterrito dentro la sua testa le impediva di pensare
con chiarezza.
Ron dopo qualche secondo socchiuse la porta per guardare
Hermione poi entrò richiudendosela alle spalle cercando di fare meno rumore
possibile.
<< Hermione… >> disse cercando un punto di inizio, lei lo
guardò, con gli occhi che gli leggevano dentro, profondamente, aveva il volto
segnato e stanco, triste.
<< cos’è successo? >> chiese lei seccamente, stringendo la
coperta arruffata sul letto sfatto.
<< tu-sai-chi… lui è mor… >>
<< non mi importa di lui- sussurrò mentre gli occhi si
riempivano di lacrime, come sapendo tutto dal principio << Harry, dov’è? >>
<< lui… >> la rete cigolò quando Ron si sedette accanto a
lei, giocherellando con le mani << lui… >>
<< è al piano di sotto? Lui…gli altri lo stanno… lui sta…
>>
<< Harry non è tornato >> disse interrompendola
bruscamente, senza distogliere lo sguardo dalle proprie dita, lasciando sfuggire
due lacrime.
<< èl san mungo? È ferito? >> chiese spalancando i grandi
occhi bruni, cercando una via di fuga, lui doveva essere da qualche parte, che
diamine! Gli occhi di Ron si indurirono e disse << no >>
<< è al ministero? Sta lasciando una qualche intervista? È
da tua madre? Dov’è? >> Ron si alzò di botto, voltandosi arrabbiato verso di
lei.
<< è morto Hermione! È morto! >> gridò, senza rendersene
conto, poi abbassò la voce e lo sguardo, non trovando il coraggio di guardare
negli occhi di Hermione << combattendo…lui… gli incantesimi…è stato tutto così
veloce… hanno combattuto… e poi c’è stata come un’esplosione bianca, ma non si è
sentito nulla, nessuno rumore, niente. Lui e tu-sai-chi sono stati come
inghiottiti… come un Avada formato gigante… >>
Magica quiete
velata indulgenza
Dopo l’ingrata
tempesta
Riprendi fiato
con immenso trasporto
Celebri un mite
e insolito risveglio
Mille violini
suonati dal vento
L’ultimo
abbraccio mia amata bambina
Nel tenue
ricordo di una pioggia d’argento
Il senso
spietato di un non ritorno
Lasciò scivolare le mani che prima stringevano le sue
lungo i fianchi e fece un passo indietro, non trovando il coraggio di voltarsi.
<< voglio venire con te, Harry… non… non riesco a stare qui
mentre tu… >>
<< non puoi >> aveva replicato lui abbassando lo sguardo,
che era stato celato dalla folta frangia scura – ti vorrei con noi, con
me, Hermione, ora come mai prima. Ma è giusto così, è quello che hanno
detto al san mungo... assoluto riposo >>
<< riposo… >> sbuffò quasi incredula Hermione, conosceva
già quelle parole, sapeva cosa aveva detto quel medimago in seguito a quella
stupida maledizione che oltre ad obbligarla prima a letto per una settimana
precludeva il diritto a rimanere con chi amava e l’aveva privata della
possibilità di avere dei figli, in futuro. Ma lui non l’aveva abbandonata, lui
l’aveva semplicemente abbracciata quando in lacrime aveva ricevuto la diagnosi.
Avrebbe avuto comunque una vita più che normale, aveva detto il medico,
bugiardo. Qualcuno aveva sussurrato nox, anche se non l’aveva udito, e la luce
della bacchetta si era spenta.
Di quei violini
suonati dal vento
L’ultimo bacio
mia dolce bambina
Brucia sul viso
come gocce di limone
L’eroico
coraggio di un feroce addio
Ma sono lacrime
Mentre piove,
piove
Sono lacrime
Mentre piove…
piove
Mentre piove…
Ron si alzò, avvicinandosi alla finestra, aveva creduto di
doverla consolare, invece sembrava che fosse quasi una conferma per lei. Se
l’era sentito dentro, quel che era successo.
Seguì il percorso di una goccia e vide nel suo semi
riflesso un’espressione spenta, stanca.
Dietro di lui Hermione guardava il proprio riflesso
nell’angolo dello specchio, odiandolo con tute le sue forze. Odiando
quell’espressione che sembrava non riflettere il suo dolore, quella gote ancora
rosse, quelle labbra di un rosso vivido e sanguinoso, il vago fremito delle sue
narici ad ogni suo pesante respiro. Quella non era lei. Non poteva essere lei.
Il suo riflesso sarebbe dovuto essere pallido, vuoto, spento, immobile, bagnato
di lacrime asciugate, morto. Invece quel riverbero stava lì, guardandola inerme
mentre il mondo le crollava attorno.
Non si accorse nemmeno che Ron l’aveva guardata per qualche
secondo e poi con un sospiro se n’era andato, chiudendosi la porta alle spalle.
Si alzò seguita dal cigolio delle molle del letto. Senza avere il coraggio di
azzardare un passo.
Lanciò uno sguardo spaventato a quella Hermione che la
guardava allo stesso modo. Chiuse gli occhi voltando la testa verso il comodino.
Aggirò il letto matrimoniale, sistemò le lenzuola e la
coperta che un tempo erano state azzurre ma che ora sembravano solo grigie, e si
sedette sul proprio lato.
Il suo sguardo vagò un po’ smarrito attorno a lei. Da un
momento all’altro sarebbe venuto qualcuno a dirle che era mattino, e che stava
tardando. Da un momento all’altro qualcuno sarebbe venuto a svegliarla da quel
brutto incubo.
Appoggiò il capo sul cuscino freddo e liscio, incerta, poi
lo tolse da sotto la testa e se lo strinse al petto. Aprì la bocca e prese tra i
denti un lembo delle federa stringendo forte sia con la bocca che con le
braccia. Sentiva forte il bisogno di urlare, perché tutto quel silenzio la
annientava. La sua risata. Un suo silenzio. Il suo amore.
Portò i grandi occhi scuri sulla bacchetta ancora accesa,
l’unica fonte di una fievole luce in quella notte che finora era stata sera. La
sera non spaventa, ma la notte è troppo buia per affrontarla da soli.
Allungò la mano e toccò appena la bacchetta, facendola
rotolare più vicina a lei, la afferrò e la portò nell’abbraccio con il cuscino.
Osservò quella luce come fosse qualcosa di nuovo. Poi
chiuse gli occhi e sussurrò << nox >>.
Nel buio smeraldino di quella notte la bacchetta rotolò a
terra, con un lieve tonfo, mentre la mano che l’aveva sorretta, tremante, si
stringeva alla federa bianca e blu del cucino e un viso pallido si nascondeva in
quella stoffa ora calda. Aveva paura del buio, ma non voleva la luce.
Finalmente mi son decisa a
finirla. Non sapete quanto è che mi mancava solo l’ultimo pezzo O.O
comunque la canzone è di Carmen Consoli, “l’ultimo bacio”, un ultimo bacio che
per nostri protagonisti non c’è stato.
Beh… non mi piace, sono sincera. Ma ditemi la vostra. Non finisce bene, avete
visto? xD
Fino alla fine ero insicura se far morire Harry o no, se farlo diventare solo
uno scherzo della sua immaginazione… ma alla fine ho scelto per la “verità”.
Fate conto che quei
flashback del loro ultimo saluto siano come dei pensieri di Hermione, che la
attraversano di colpo, come una linea retta, con la forza di uno sparo. Perché
credo sia così, per i ricordi. È una mia visione, che può benissimo non avere
senso, visto che non l’ho mai provato, quindi perdonatemi se sono minchiate ^-^
Ah si, come vedete ho ripreso l'idea del lumos, il fatto è che originariamente
era di questa fanfiction, ma poi l'ho usata per "Lumos" xD che scema che sono,
vero? behpoi non ho voluto cambiare questa...^-^
Beh io vado a nanna…
Lasciatemi qualche
commentucciolo, thanks^-^
Edit: Grazie Giorgia *-*, ho modificato! proprio non riuscivo a capire cosa dicesse, e non avevo internet disponibile per controllare, così alla fine mi è parso di capire quello xD grazie della precisazione... e grazie a tutti dei commenti *-* sono sempre graditissimi!!!
e... emma, come hai letto nel mio blog non stavi straparlando, piuttosto hai centrato in pieno tutto! xDDD
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