Auno

di Esmoi Pride
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1. Vampiri

In un luogo non ben specificato dell'era contemporanea, c'era una collina trascurata da tutti e tutto. Lì viveva rigoglioso un boschetto che la notte diventava molto rabbrividevole, e accanto a quel boschetto vi era una villa ottocentesca, molto grande e intimidatoria. Si diceva che in quella casa vivevano dei vampiri, o una strega, o i fantasmi. Era casa dell'orrore del paese accanto. Ma mentre i bambini erano impauriti di quella villa, le altre persone sapevano bene chi ci abitava.
Il proprietario di quella grande villa vittoriana era uno scienziato, le cui invenzioni erano così strambe e geniali da aggiudicarsi il titolo di scienziato pazzo del paese benché non fosse pazzo; questo scienziato si chiamava Scelesto, e lavorava tutto il giorno nel laboratorio della villa.
Scelesto possedeva anche una famiglia all'interno della dimora. La moglie, Morba, lo scenziato si era innamorato di lei per la sua natura cagionevole e sensibile; ella era sempre molto ammalata e non poteva alzarsi dal letto. I due avevano dato alla luce un neonato, che chiamarono Anima: fu allora che lo scienziato pensò bene di utilizzare una delle sue strambe invenzioni per sè stesso.
Studiò a lungo, fece esperimenti per mesi e rilesse i libri di Isaac Asimov finché non riuscì a creare ciò che serviva loro: un androide. Questo androide era molto utile a tutta la famiglia, anche perché la famiglia aveva un grave problema; soffrivano tutti e tre la luce del sole. Perciò l'androide era capace di andare a fare la spesa, avere informazioni dal mondo esterno, oltre a fare ordine e pulizia al posto di Morba, ammalata, eseguendo anche le funzioni da madre, da insegnante, da educatore per il bambino, Anima. Era un ottimo padre, un'ottima madre, un ottimo aiutante. Non era fatto di ferraglia: era rivestito di pelle come un vero essere umano, ed era perlopiù androgino; aveva un petto maschile ma nessuno sapeva cosa rivelava il bacino. Possedeva un aspetto umano, degli occhi grigi e chiari e dei capelli corvini un pò lunghi, erano l'unica cosa che cresceva nell'androide. Una pelle chiara, che sembrava quasi cagionevole per la debolezza di Scelesto all'origine fragile della moglie, un'altezza poco modesta. Nessuno sapeva come lo scienziato pazzo era riuscito a creare una simile imitazione dell'essere umano. Dato che Scelesto aveva una vera e propria passione per gli ingranaggi, creò il cervello dell'androgino con miliardi di ingranaggi, ognuno per una sua funzione. Un ingranaggio evitava che l'androide facesse incubi o sognasse cose fuori dal comune, un altro evitava che l'androide provasse sentimenti, un altro ancora gli permetteva di muoversi, camminare, vedere, annusare, odorare, provare tatto come gli esseri umani. Il suo nome era Auno, con l'accento sulla a, perché fu l'androide numero uno che lo scienziato mai creò. Sarebbe stato quasi un vero essere umano, se solo avesse avuto un'anima.




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