Love
Boat non era un telefilm?
Piove.
E sai che novità, in questo dannato posto ci sono
più giornate di pioggia che di sole. Posteggio la moto
accanto ad un grosso
pino ed inizio a correre verso il portico di casa di Erika, piegando la
testa
nel tentativo di ripararmi almeno un po’ dai
goccioloni.
Mi
affretto sugli scalini e, una volta al riparo sotto il
portico, mi passo una mano fra i capelli ormai fradici, scuotendo la
testa per
asciugarli almeno in parte.
Busso
alla porta ed Erika mi apre pochi istanti dopo.
Sorrido, ha indossato quel top stretto. Dio
si vede tutto. Sgrana gli occhi e cerca di
sbirciare oltre le mie
spalle.
“Non
dirmi che sei venuto in moto con questo tempo.”
“Se aspetto il sole quando la prendo
la moto?”
Si
scosta appena permettendomi di entrare, faccio un
passo e piego la testa sfiorandole le labbra. Ciliegia. Il suo burro
cacao
preferito. Mi sa anche il mio.
“Aspettami
qua, ti prendo qualcosa per asciugarti. Mia madre mi uccide se bagni il
pavimento.” Sparisce veloce oltre il corridoio, per tornare
pochi attimi dopo
con un asciugamano.
“Grazie.”
Le dico baciandola di nuovo.
“Ti ho
salvato dalla polmonite. Mi devi un favore.”
“Perfetto,
che vuoi?”
Si
morde le labbra quasi scacciando un pensiero.
“Non lo
so, quando ho deciso ti dico.”
La
seguo in camera sua, chiude la porta e poi mi guarda
come colpita da un pensiero improvviso.
“Non hai
portato i libri.”
“No,
oggi niente libri. Dobbiamo festeggiare.”
“Festeggiare
cosa?” Mi chiede inarcando un sopracciglio.
“Sono
entrato in squadra.”
Sorride
abbracciandomi.
“E’
fantastico. Ma non uscivano domani i risultati?”
La
stringo di più a me e le porto una ciocca di capelli
dietro le orecchie.
“Sì, ma
essere il migliore amico del capitano ha i suoi vantaggi. Soprattutto se lo corrompo con i compiti di
trigonometria.
Erika
sembra intuire i miei pensieri perché alza gli
occhi al cielo e si siede sul bordo del letto.
“Beh
potevi dirmelo prima, avrei preparato una torta.”
“Possiamo
uscire a comprarla la torta, no?”
“Ma
piove.”
“Hai
ragione. Allora dovremmo ingannare il tempo mentre aspettiamo che
smetta.” Conosco un metodo
decisamente buono,
piccola.
“I miei
sono fuori tutto il pomeriggio.” dice distogliendo subito gli
occhi con un
ombra d’imbarazzo. Sorrido e mi avvicino appoggiando un
ginocchio sul materasso
e circondando con le mani il suo volto.
Perché diamine mi sudano
le mani adesso? e che accidenti è questo nodo allo stomaco?
Si
morde le labbra e io chiudo gli occhi cercando di
calmarmi. Non è possibile che un
gesto così
banale mi ecciti così tanto. Sento le sue mani
sulle mie spalle e la sua
bocca che cerca la mia. Approfondisco il bacio e la spingo sul letto,
sdraiandola. Sgrana gli occhi quando
i nostri bacini si toccano. Merda. Ora
scappa via come ogni volta. Dovrò farmi una doccia gelata
arrivato a casa e…
no, non è possibile.
Le sue
mani scivolano sotto la mia maglietta, mi accarezza la schiena e
stringe le
gambe alla mia vita.
Porca puttana mantieni
la calma, amico se non vuoi passare per uno sfigato.
Appoggio
la fronte contro la sua e sposto le mani
sull’orlo della sua maglietta aspettando un suo cenno per
levargliela. Chiude
gli occhi e allora gliela sfilo lentamente.
Non
è la prima volta. Succede sempre più spesso che i
nostri vestiti finiscano a terra ma è come se oggi in
qualche modo fosse
diverso. Forse è la sua espressione o il modo in cui mi sta
baciando. Non mi ha
mai baciato così, fin quasi a levarmi l’aria.
Rispondo
al bacio e scendo lungo la pancia, torno a
guardarla mentre le sbottono i jeans. Ha il respiro corto e le guance
accese. Cazzo se è bella.
Mi blocca le
mani e cerca ancora le mie labbra mentre si abbassa i pantaloni, da
sola, si
vergogna sempre a farseli levare.
Osservo
i suoi gesti lenti come ipnotizzato ed infine mi
metto seduto gettando anche i mei jeans sul pavimento. Torno a
sdraiarmi su di
lei e le sue labbra si posano sul mio collo, appena sotto
l’orecchio.
Non
riesco a trattenere un gemito. Sorride, lo sa
quanto mi fa impazzire. Deglutisce e mi leva la maglietta e ancora una
volta
distoglie lo sguardo.
Le
sfioro la guancia e la sento sospirare quando i nostri bacini
si
scontrano di nuovo. Spalanco gli occhi, trovando i suoi e
sentendola
inarcarsi contro il mio petto. Stringo le dita intorno gancetti del
reggiseno e
respiro frustrato. Perchè questi
così
devono essere così complicati?
“Vuoi…
cioè… ti aiuto.”
“No…
sono capace.”
Provo a
sorridere e finalmente riesco a sganciarlo, posa le labbra sul mio
petto e
nasconde il volto mentre le faccio scivolare lungo le braccia le
spalline.
“Erika?
Sono a casa. Tua nonna non hai idea di cosa…”
Cazzo,
cazzo, cazzo. Non
c’è niente di peggio che la voce della
madre della tua ragazza per farti passare tutta
l’eccitazione. Si forse c’è, la
voce del padre o un fucile puntato addosso.
Mi alzo
in piedi e afferro jeans e maglietta il più velocemente
possibile. Sarà il verso giusto?
Dio ti prego.
“Erika?
C’è anche Embry? Ho visto la moto.”
“Sì
mamma stiamo studiando.” La voce di Erika è
distorta dal
nervosismo. Mi volto e guardo la maniglia abbassarsi. Cazzo,
cazzo, cazzo. La
cerniera. Chiudo la zip e la porta si spalanca mentre Erika
afferra un
libro, lo apre e si siede sul pavimento. Lily entra in stanza
dandoci una
rapida occhiata.
“Avete
fatto merenda? Volete qualcosa?” Certo
se
avessi dodici anni vorrei la merenda.
“No, in
realtà dobbiamo uscire. Dobbiamo finire una ricerca
da…”
“…
Jake.”
Concludo con il primo nome che mi passa per la mente. Voglio solo
uscire di
qua.
“Ok ma
non fare tardi, tuo padre vuole uscire stasera.”
Inizia
a gettare libri a caso dentro lo zaino, glielo
levo dalle mani e corriamo fuori. Aria finalmente. La vedo piegarsi
sulle
ginocchia e scoppiare a ridere mentre io la guardo inarcando un
sopracciglio.
“E’
stato… credo di aver perso vent’anni di
vita.” Dice infine, passandosi una mano
sul viso.
“Non
dirlo a me.” Si
rialza mordendosi di nuovo le labbra. Hai
deciso di farmi impazzire, bambina?
Estrae
le chiavi di casa dalla tasca dei jeans e ci gioca
alcuni minuti prima di sospirare, annuendo convinta fra
sé.
“Vieni.”
“Erika
ma…”
“Non
farmi domande, Embry o potrei cambiare idea.”
La
seguo in silenzio per alcuni minuti finché non si
ferma di fronte ad una vecchia rimessa.
“Mio…
cioè non ci viene mai nessuno qua, mio padre ci tiene la
barca.”
“Sei
sicura?”
“Che non
ci venga nessuno? Sì…”
“No, non
di quello.”
Sospira
ancora e si alza sulle punte baciandomi.
“Voglia
che sia tu.” esclama infine ben attenta a non guardarmi in
faccia.
Merda. Vuole farlo
davvero stavolta.
La
osservo aprire la porta e sospirare un paio di volte
cercando di nascondere la… paura? E io? Che cavolo provo io?
Gli uomini
non hanno paura. Ma, cazzo sta succedendo davvero e… se non
sono capace? E se a
lei non piace? La bacio. Di certo non può essere
così difficile.
Scorgo
la sagoma della barca e la prendo per mano aiutandola a
scavalcare, ci
sdraiamo sul fondo e riprendo a baciarla. E
se non duro abbastanza?
Lo
spazio è ristretto, non riesco a muovermi bene e mi
scontro contro la sua testa quando ci mettiamo seduti nello stesso
momento per
levarci i pantaloni.
“Ahi.”
Si strofina la fronte e sbuffa.
“Scusami
ho la testa dura.” Le dico baciandole il naso.
“Già.”
Ridiamo entrambi mentre un po’ di tensione si scioglie.
Torno
di nuovo sul suo reggiseno. Due volte in un
giorno, un vero record. sorrido contro le sue
labbra, questa volta è più facile e
nessuna voce ci
interrompe. La guardo e lei trema. Ci baciamo e quando
l’accarezzo chiude
gli occhi. Trattiene il respiro quando la penetro con le dita.
“Em…
bry.” Sospira il mio nome. Non le ho mai sentito
pronunciare così il mio
nome.
Calma, calma , devo
stare calmo.
Appoggio
la fronte contro la sua e apre gli occhi. Se
ora si vuole fermare è la volta che muoio. Ti prego, ti
prego.
Muove
le mani sulla mia schiena e avvicina il bacino al mio, respiro prima di
riprendere a baciarla.
“Devo…”
“Sì.”
sussurra appena chiudendo gli occhi. Mi alzo veloce e cerco i
jeans
estraendo il preservativo dal portafogli. Grazie,
Jake, ti devo un favore.
Strappo
la carta. Stai
calmo, stai calmo, non può essere difficile. Torno
da lei e le bacio la
fronte, trema di nuovo. Cerco le sue mani e le intreccio alle mie,
sopra la sua
testa.
Le
stringo nel medesimo istante in cui scivolo dentro di
lei. Stringo più forte e spingo.
Spalanca gli
occhi mentre una lacrima rotola lungo la sua guancia. Cazzo
idiota le hai fatto male.
“Scu..
sa.”
Mi
fermo ma lei muove il bacino e allora spingo un'altra
volta. Le libero le mani e si aggrappa alle mie spalle. Le mordo il
collo, ti prego ti prego resisti, ancora,
ancora
un attimo. Asseconda i mei movimenti e cazzo
non così non ce la faccio. Stringo le braccia
intorno alla sua vita e vengo
con un ultimo gemito. Scioglie la presa sulle mie spalle e nasconde il
viso
contro il mio petto. Le baciò i capelli sudati,
accarezzandole la schiena.
“Stai
bene?” chiedo sollevandole il viso. Annuisce con le
guance ancora rosse e
le bacio le labbra.
“E’
stato cioè… ti è piaciuto?” che
voto mi daresti? No forse questo è meglio che non glielo
chieda. Le sfioro
il naso con il mio, sorride ma resta in silenzio.
Merda. Mi sa che ho sbagliato qualcosa.
“Pensa
che mio padre voleva venderla questa barca.” Dice infine.
“Sarebbe
stato un vero peccato.” Ride insieme a me. La guardo: i
capelli
spettinati e il corpo caldo. E’
bella cazzo, è mia ed è tutto vero.
Sono
di nuovo bagnato fradicio quando dopo aver
riaccompagnato a casa Erika metto piede nel garage di Jake. Sbuffo
guardando la
moto ricoperta di fango, spengo il motore e la spingo
all’interno. Jacob esce
da sotto la Golf, che secondo me non riuscirà mai a finire,
e mi guarda
scoppiando a ridere.
“Ti sei
fatto un tuffo in mare? Volevi controllare che fosse subacquea la
moto?” Faccio
spallucce e afferro uno straccio dal piano di lavoro iniziando a
ripulire la
moto.
“No, ero
solo a studiare da Erika.”
“Avete
studiato anatomia?”
Mi chino e passo
una mano sulle ruote cercando di trattenere un sorrisino alle vivide
immagini
che mi passano davanti agli occhi. Lei
che si stringe a me, il suo corpo che trema, il cuore che mi fa male, i suoi
occhi. Dio ma a che
penso? Lei nuda.
Ecco così è meglio.
“No.”
“Non ci
credo avete fatto sesso.” esclama Jake posando una chiave da
sei.*
“Ti ho
detto di no.”
“Ti si
legge in faccia.” Sento il suo pugno colpirmi alla schiena,
mi rialzo e gli do una gomitata
alla quale risponde con un altro pugno. Lottiamo per alcuni minuti e
poi
mi guarda improvvisamente serio.
“Come te
la sei cavata?”
“Sono
un dio.” È
lei è stupenda.
Scoppia a ridere.
“Va
bene certo e in realtà?”
“Spero
bene.” Cerco di usare un tono indifferente, anche se non
credo di esserci
riuscito.
“Non
preoccuparti, la pratica rende perfetti.”
“Andiamo
alla scogliera?”
“Passiamo
da Quil prima, ci serve il whisky del nonno.”
Angolo
autrice
*Non
avevo idea di che diavolo fosse una chiave da sei finché
non ho iniziato a leggere questa storia La chiave del sei. Una
serie ironica, sensuale e irriverente per ciò se ancora non
l’avete letta…
Per
il resto questa storia è un
Missing Moment di Una favola non è. È una long Jake e
Bella ma mi sono accorta che
Embry urlava nella mia mente, aveva tante cose da dire e allora ho
deciso di
raccontarvelo, raccontarvi l’Embry che immagino io e di cui
sono follemente
innamorata attraverso una serie di racconti di cui questo è
solo il primo.
Grazie
a Sandra per avermi dato
preziosi consigli. Grazie a Ania (a te e Ellie è dedicata
questa storia così
come ogni altra storia futura su Embry. Il nostro Embry).
Se
dopo questa piccola storia ,
anche voi vi innamorerete di lui come noi ecco un'altra storia da
leggere di
sicuro.
Same
Mistake.
A
presto con affetto
Noemi
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