The
little Lies
have different Shades
of White
“Maledizione Ji Yong,
si può sapere dove hai la testa?”
Taeyang
era furioso.
Tae
non
era mia
stato un tipo paziente, ma da un paio di settimane il muro di silenzio
che
Ji Yong si era costruito intorno a se lo irritava oltre ogni possibile
immaginazione.
Quella
mattina, mentre facevano colazione tutti insieme nel
loro piccolo appartamento di Seul, Ji Yong aveva accidentalmente urtato
una
scodella che, cadendo rumorosamente a terra, era andata in mille pezzi.
“Non
l’avevo notata”
Questo
era stato l’unico commento del ragazzo biondo.
Il
tono era il solito; piatto, incolore.
Sotto
lo sguardo impietosito degli altri suoi compagni, si
era limitato a raccogliere i cocci, poi se n’era andato.
Se
ne andava a leggere, diceva.
Questa passione per la lettura era nata da troppo poco per
poter definire Ji Yong un vero lettore.
Quando
non si impegnava a comporre, girava per la città, il
berretto calato sugli occhi languidi e tristi, e
s’intrufolava in tutte le
librerie che riusciva a scovare, persino quelle più piccole
e sconosciute.
La
scena si ripeteva ogni volta con meticolosità: uno sguardo
veloce agli scaffali, lo scambio di un paio di veloci frasi con la
commessa,
l’acquisto e l’uscita; senza voltarsi, come se per
le strade non ci fosse che
lui, ritornava a casa.
DaeSung,
un giorno, mentre cercava di
sistemare quel poco che era rimasto di quella che una volta era la
camera che
divideva con Ji Yong, spinto dalla crescente curiosità, aveva
preso in mano uno
dei tanti libri sparsi sul pavimento; erano diventati veramente
ingombranti,
quegli ammassi cartacei.
Si
stupì quando lesse i titoli di quei
libri.
Niente
horror, niente azione, niente
avventure poliziesche.
I
volumi erano tutti alquanto brevi, e
tutti, o così gli era sembrato, rigorosamente dello stesso
autore.
Amleto,
Come vi piace, Riccardo III, Macbeth..
Anche
DaeSung conosceva Shakespeare; bhe,
infondo tutti lo conoscevano.
Una
volta anche lui aveva letto, ai tempi
della scuola, una sua opera.
Romeo
e Giulietta forse era il titolo; ma
non se lo ricordava poi così bene.
Come
poi Jiyong riuscisse a comprendere
quel linguaggio complicato e arcaico, DaeSung proprio on lo capiva.
Il
suo amico era sempre diretto con le
parole, a volte anche un po’ sfrontato e poco elegante.
Mentre
rimetteva in ordine, un libro gli
cadde a terra, aprendosi nel mezzo.
“Oh,
guardatevi dalla gelosia,
mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il
cibo di cui si nutre. Beato vive quel cornuto il quale, conscio della
sua
sorte, non ama la donna che lo tradisce: ma oh, come conta i minuti
della sua
dannazione chi ama e sospetta; sospetta e si strugge
d'amore!” *
Quando
Ji Yong tornò
nell’appartamento quella mattina, non vi trovò
nessuno.
Solo,
un biglietto sul
tavolo della cucina lo ammoniva di raggiungerli il prima possibile alla
casa
discografica.
“Cazzo,
le prove…”
Preso
com’era dai suoi
pensieri, quasi aveva scordato l’impegno preso per quel
pomeriggio con i
compagni; dovevano girare il nuovo video, che sarebbe uscito tra due
giorni
esatti.
Pochi,
troppo pochi
per i suoi nervi già a pezzi.
Non
avrebbe sopportato
di dover mostrare quello che in realtà non era; la canzone
parlava d’amore, un
amore felice.
E
lui non aveva una
storia felice da raccontare.
Scese
le scale in
fretta, senza curarsi di prendere qualcosa da mettersi addosso;
l’autunno
avanzava, e il vento diventava ogni giorno più freddo.
Uscendo
dal palazzo,
notò una macchina nera, con i finestrini abbassati, vicino
al marciapiedi.
All’interno
riusciva a
vedere, nonostante la nebbia che l’avvolgeva, il volto
preoccupato di SeungRi.
Oh
no, dei, vi prego.
Cominciò
a correre.
Si
diresse alla uscita
della stretta via, verso la strada, ma senza guardarla.
Inciampò
su una pietra
invisibile, e cadde a terra, sulle ginocchia, senza volontà
nelle membra; un
dolore atroce percosse ogni muscolo, ogni punto del suo corpo.
Iniziò
a piangere;
pianse forte, forse gridò.
Gli
occhi gli
bruciavano come fuoco, e portandosi le mani alle gambe, le vide sporche
di
sangue.
Ma
non era il dolore
dell’incidente a
farlo accartocciare così
inerme, nudo, in mezzo alla strada; tentò di rialzarsi,
voleva scappare da
quella casa, dai suoi compagni, da quelle piccole bugie dette giorno
per
giorno, ingoiate come le pillole amare dei malati.
Non
sentiva più alcun
rumore; ad un tratto pensò di essere morto.
Allungo
un braccio, e
la mano si sporcò del fango dovuto agli acquazzoni
stagionali.
Le
grumosità della
terra si insinuò fin sotto le sue unghie, e un piccolo pezzo
di vetro, resto di
una balorda serata di qualche accattone, gli procurò un
ferita nel palmo
destro.
No,
non era morto; era
fin troppo vivo.
Un
rumore di clacson
lo risvegliò dal torpore.
Una
voce roca,
proveniente dall’automobile che aveva imboccato quella stessa
via, gli intimava
di togliersi dalla strada; Ji Yong sentì anche qualche
bestemmia.
Non
aveva la forza di
alzarsi, e forse non l’avrebbe mai trovata.
Si
spostò, con un
movimento sgraziato, di lato, finendo nella pozza di fango, tra i vetri
rotti e
i resti della triste pioggia dell’alba.
Non
gli importava di
alzarsi; stranamente, la fitta che pulsava nel suo ginocchio gli
procurava un
certo sollievo interiore, gli alleviava la pena che, ormai da troppo
tempo,
portava nel cuore.
Alzò
gli occhi al
cielo, e si perse tra le immensità di esse.
L’armonia
che quella
giornata autunnale gli trasmetteva, l’odore d’erba
bagnata, la sporca strada
sterrata sotto di lui, gli fecero desiderare di rimanere lì
per sempre.
Ma,
purtroppo, non è affatto vero
che siamo fatti della
stessa sostanza dei sogni, e Ji Yong sapeva, sapeva che prima o dopo
avrebbe
dovuto affrontare quella realtà che ormai da troppo tempo
evitava, nascondeva.
E
quella realtà aveva
un nome e un cognome.
“JI
YONG!”
L’urlo
roco e rotto
dal pianto di SeungRi, a poca distanza da lui, sembrò
rompere le barriere del
tempo.
Da
quanto tempo si
trovava disteso lì, a terra?
“Ji
Yong, cosa diamine
ti è preso? Volevi ammazzarti? Se fosse arrivata una
macchina in velocità… cosa…
parlami, piccolo bastardo!” SeungRi aveva preso il biondo per
il colletto della
maglia, e lo strattonava violentemente.
L’altro,
gli occhi
vacui ancora rivolti verso un punto indefinito sopra di lui, si
rifiutava di
guardarlo.
“Guardami,
Ji Yong,
cazzo! Sono io, mi riconosci? Diamine, parlami!”
Ji
Yong finalmente si
voltò verso di lui.
SeungRi
non aveva mai
visto una tale espressione negli occhi del suo amico.
Tratteneva
a stento le
lacrime, ma era anche arrabbiato; eppure, c’era
qualcos’altro nei suoi occhi, un
guizzo d’orgoglio che gli ricorda un animale ferito, in
attesa che i segugi del
cacciatore lo vengano a prendere come trofeo.
Ma
quelll’animale sapeva di
aver lottato prima di morire.
SeungrRi
mollò un poco
la presa; forse strattonarlo in quel modo non era stato la mossa giusta.
In
risposta, Ji Yong
gli assestò un violento pugno sul volto.
Un
gesto improvviso,
impulsivo, senza una ragione precisa.
Un
rivolo di sangue
uscì dal labbro inferiore di SeungRi che, paralizzata
dall’assurdità di quel
gesto, non reagiva.
“S-Scusa
SeungRi, non
so cosa mi sia preso…”
“Sta’
zitto”
Le
parole di SeungRi
risuonavano come tamburi alle orecchie di Ji Yong.
“Sta’
zitto, non voglio
più sentire le tue stronzate”
Smettila
SeungRi, ti prego.
“Anzi,
ti dirò di più.
Non farti più vedere finchè non risolvi questo
tuo problema con il mondo intero.
Non so cosa ti stia succedendo, e sai, non lo voglio neanche sapere. Ci
stai
trattando come degli estranei, delle pezze da piedi; e non abbiamo
fatto nulla
per meritarci questo trattamento. Quindi, se hai ancora intenzione di
essere il
leader del gruppo, comportati come tale”
SeungRi
fissò il
ragazzo biondo per qualche secondo, prima di voltarsi; non aveva
più nulla da
dirgli, ormai, e le prove erano già iniziate.
Salì
in macchina, e
premette il pedale dell’acceleratore in un modo
così violento che i pneumatici
lasciarono delle scure tracce sull’asfalto.
Ji
Yong si scontò per
lasciarlo passare.
Una
leggera pioggia si
mescolava ora con le lacrime, lacrime dovute a quella realtà
da cui Ji Yong
aveva tentato inutilmente di scappare.
-Spazio
Autrice-
Allora…avevo
in mente
questa storia da tempo, ma solo oggi, leggendo un libro sulla guerra
civile
spagnola (?) mi è venuta l’ispirazione.
E’
la mia prima
FF sui Big Bang, quindi abbiate pietà.
Per i nomi, ho usato quelli
originali per DaeSung
e G-Dragon, mentre per Taeyang e SeungRi ho dovuto usare quelli
più conosciuti,
perché quello di Tae suonava malissimo, mentre quello di Seu
si sarebbe confuso
con l’originale di TOP, che apparirà nel prossimo
capitolo e per cui userò l’originale
*Frase tratta dall'Otello,
di William Shakespeare, primo e unico con questo nome.
Jo
Gates,
mia piccola
patatinah. Ti avevo detto(trollandoti) che avrei scritto qualcosa sui
BB. E ora, Boom Shakalaka BD. Spero
ti sia
piaciuto il primo capitolo, e se vorrai leggere i prossimi ne
sarò colo che
felice. Ti voglio bene.
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