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TU CHE SEI MIO FRATELLO
Tu che sei mio fratello,
La mia donna, il mio dio.
Tu che vivi in silenzio,
Non scordare il nome mio!
Renato Zero – Tu Che Sei Mio
Fratello
§§§
Grecia, Agosto 1973
“Guarda,
adelfos! Guarda le nuvole, come corrono!”
La voce allegra di un bambino di circa sei
anni fece sorridere un giovanotto seduto accanto a lui, le gambe incrociate
sull’erba, i corti capelli tenuti spettinati, una fascia rossa a cingergli la
fronte alta e spaziosa; il piccolo birbante gli balzò con impeto sulle
ginocchia, aggrappandosi con viva forza alle sue spalle, “Dai, guarda lassù,
sono bellissime!” esclamò lo scricciolo, saltellandogli sulle gambe vivace.
Il maggiore scoppiò a ridere e lo prese per i
fianchi, facendolo volteggiare per qualche secondo prima di poggiarlo
delicatamente accanto a sé: “Le ho viste, adelfidion, le ho viste. Ma ormai sei
grande, le avrai viste tante e tante volte le nuvole, soprattutto dalla finestra
della tua stanza, sei sempre a guardare il cielo con aria sognante.” disse il
ragazzo, scompigliandogli giocosamente la folta zazzera ribelle, “Uff, sei
noioso fratello, a me piace tantissimo guardare le nuvole correre nel cielo! Ma,
perché il vento le fa correre così tanto?” borbottò, rabbuiandosi quasi;
incrociò le mani dietro la nuca e sdraiandosi sull’erba.*
Grecia, Agosto 1975
Seduto sulla sollina
solitaria da cui, assieme al fratello, guardava sempre le nuvole passare, Aiolia
cercava di rattoppare alla bell'e meglio le ferite su braccia e gambe, da cui
scendevano rivoletti scarlatti, che scorrevano sulla sua pelle, cotta dal sole
estivo.
Si sentiva tutto
indolenzito mentre il sangue sgocciolava sull'erba smeraldina, sfiorata appena
dal vento, nel corpo e nell'animo; si morse le labbra, cercando di ricacciare
indietro le lacrime che, lo sapeva, avrebbero solo aumentato ancora il dolore
che gli mordeva il cuore.
Ancora si chiedeva perchè,
ogni giorno, dopo i massacranti allenamenti, si nascondeva lassù, o nel profondo
del bosco, a leccarsi le ferite come un leoncino ferito: entrambi i luoghi... Li
frequentava con Aiolos prima che...
Il bambino scosse
violentemente la testa.
Pensare che il fratello
maggiore fosse morto gli procurava fitte insopportabili, anche più dolorose dei
danni fisici che riportava ogni giorno nell'arena.
Eppure, si ostinava ad
andarei quei due luoghi, gli unici dove sentiva aleggiare ancora la presenza di
Aiolos, dove poteva ancora immaginare di essere abbracciato e accarezzato da
lui, che gli copriva gli occhi con le proprie mani grandi mentre giocavano, che
lo afferrava al volo prima che cadesse a terra...
Che non lo lasciava solo.
Si morse il labbro nel
tentativo di non piangere, a quei ricordi.
Anche se erano felici.
Alzò malinconicamente il
viso graffiato e pesto verso il cielo terso: quel giorno, non c'erano le sue
nuvole...
Allungò timidamente le
mani verso il sole, socchiudendo gli occhi e, per un attimo, gli sembrò che
qualcuno gliele sfiorasse con tenerezza e affetto.
Ma durò solo un attimo e,
quando li riaprì di scatto, qualunque cosa fosse stata, o chiunque, era già
scomparsa assieme al vento.
Grecia, Agosto 1987
Da quanto Aiolia fosse
seduto lì, sull'erba, con lo sguardo fisso sulle Dodici Case dai marmi
splendenti, che riverberavano nei suoi occhi, non lo sapeva.
O meglio, non riusciva a
quantificarlo.
Si sentiva intorpidito -
come quando si fa una corsa lunghissima e si arriva alla fine del percorso
totalmente svuotati e senza forze - ma, al tempo stesso, aveva il cuore che
pareva scoppiargli nel petto dalla gioia.
Un sentimento che, misto
all'euforia che provava nel poter di nuovo vivere e respirare normalmente, senza
sentirsi colpevole di qualcosa, da parecchi giorni gli impediva quasi di
dormire, desideroso com'era di godersi tutti i momenti, e con la paura nascosta
che fosse solo un sogno.
Eppure era tutto reale,
perfino l'erba umida che gli sfiorava le mani rosate lo era.
E soprattutto quel sorriso
che lo aveva accolto, assieme al Sole, al risveglio, sulla dura e polverosa
terra che lo aveva visto nascere, crescere e combattere per la propria vita, per
quella di chi amava e per tutti coloro che abitavano nel mondo.
O meglio, due sorrisi.
Perchè se Aiolos gli aveva
sorriso, prima di abbracciarlo teneramente mentre ancora lui non riusciva a
muoversi dallo stupore, dopo di lui, quello più bello lo aveva ricevuto nel
momento in cui Seiya aveva riaperto gli occhi.
Il rapporto che aveva
sempre avuto con quel pestifero di un giapponese, doveva ammetterlo, era strano.
Da rivali e avversari che
erano stati, si erano ritrovati uniti quasi fossero realmente fratelli.
E da quando si erano di
nuovo ritrovati, vivi, assieme, semplicemente Aiolia aveva deciso di abbracciare
tutto e tutti, riconoscendo quel legame che univa sé stesso, Aiolos e Seiya; da
quel momento, erano stati inseparabili.
Avevano quasi adottato il
piccolo giapponese; per il periodo che aveva trascorso, e che stava tuttora
trascorrendo, lì al Santuario, lo avevano aiutato: esattamente come un bambino
piccolo impara a camminare, loro avevano cercato di far recuperare al guerriero
di Pegasus l'utilizzo delle gambe, di recuperare il pieno controllo su un corpo
martoriato da ferite gravi, forse troppo.
Ma con tanta pazienza, ci
erano riusciti.
Piccoli passi, ma erano
già tanto.
E intanto, avevano
ricominciato a conoscersi, più profondamente che mai, riuscendo ad abbattere le
barriere che annidi lontananza, guerre e morte avevano eretto tra loro,
riallacciando quelle strade che erano state spazzate via dalle tempeste che
avevano sconvolto le loro vite.
Ed erano pronti a
intraprenderne un'altra, questa volta assieme.
In quel momento, una serie
di risate, provenienti da un punto imprecisato sotto di lui, lo fecero
sobbalzare, interrompendo le fila dei suoi pensieri; come se si fosse svegliato
da un lungo sonno, spostò leggermente la testa per guardare giù.
Lungo la scalinata deserta
scorse due figure che salivano verso il prato dove si trovava.
A quella vista, sentì il
bisogno improvviso di correre loro incontro, ma riuscì a trattenersi: se li
conosceva bene, era certo che stessero venendo da quella parte.
E difatti.
Dalla sua posizione sul
prato, Aiolia potè vedere le loro figure uscire dal boschetto alle sue spalle ma
non si mosse: il suo volto si distese intanto in un sorriso mentre le mani
andavano alla piccola sacca di iuta abbandonata ai suoi piedi.
Quando ormai erano
talmente vicini da essere impossibile il confonderli con qualcun altro, si alzò:
“Ce ne avete messo di tempo per trovarmi.” notò Leo, scuotendosi le vesti
dall'erba; il ragazzo più piccolo scosse i corti capelli castani madidi di
sudore e gli andò incontro con un passo barcollante e incerto, a tal punto che
il greco temeva di doverlo prendere al volo, sembrava in procinto di svenire.
Ma Seiya riuscì
coraggiosamente a resistere fino al punto in cui il Leone stava spaparanzato al
Sole un attimo prima: fu solo lì che si lasciò cadere a terra esausto,
ansimando; il greco gli si inginocchiò accanto, “Che ti avevo detto riguardo
agli sforzi inutili?” lo rimproverò.
Il giapponese scosse la
testa: “Stamattina Death Mask ha insistito perchè lo aiutassi a ripulire
l'arena, sono sufficientemente corazzato agli sforzi.” disse sorridendo,
gattonando poi verso il bordo, “Certo che da qui c'è una gran bella vista!”
esclamò.
Aiolia sospirò: doveva
ricordarsi di fare un bel predicozzo al Cancro.
“Non
è così fragile come pensi, lo sai, vero?”.
La voce calda e pacata di
Aiolos sembrava una carezza mentre parlava, avvicinandosi ai due ragazzi:
“Stamattina l'ho visto fare da solo il lavoro di tre soldati, si sta riprendendo
bene. Anche Death Mask era stupefatto.”.
Il fratello annuì, pur se
a malincuore: “È che...”
Cosa poteva dire? Che
aveva paura di rivederli nuovamente ghermiti dalla morte, questa volta senza
speranza di salvezza, senza possibilità di poterli proteggere?
“Non
sono stato un buon fratello maggiore, vero?”
Aiolos si sedette sul
prato accanto a lui, osservando con affetto e malinconia Seiya che stava in
ginocchio a pochi passi di distanza: “Se fossi stato un fratello esemplare,
adesso tu non avresti tutta questa paura, non avresti dovuto crescere da solo,
nell'ignominia del mio nome...” sussurrò Sagittarius, con gli occhi che
pizzicavano per le lacrime.
Un leggero pugno lo colpì
alla spalla ma non ebbe neppure il tempo di reagire perchè venne avvolto
dall'abbraccio soffocante di Aiolia, che prese a singhiozzare sulla sua spalla
come quando era un bambino e dividevano una piccola casa nel bel mezzo del nulla
roccioso che formava gran parte del territorio della Terra Santa della Dea.
“Se
ho deciso di tornare a vivere con te, per te e Seiya, è perchè tutto quello che
ho passato non ha significato nulla, in realtà. Posso averti odiato, posso
essermi sentito solo, ma sarai sempre mio fratello. Più importante di una donna,
fondamentale allo stesso modo della Dea... Mi hai cresciuto, sei stato un padre
quasi... Anche per Seiya è così... Lo hai guidato, lo abbiamo guidato assieme...
Non osare più dire una cosa del genere, adelfòs...”
“Aiolia
ha ragione, Aiolos...”
Seiya li raggiunse,
unendosi all'abbraccio.
“Siamo
vivi, siamo assieme, nessuno se n'è andato... Mi avete aiutato a tornare a
essere me stesso... Tutto ciò che è stato, non voglio che ci tormenti più...”
mormorò il bruno, massaggiandosi le anche affaticate.
Senza parlare, Aiolos
annuì, lasciando finalmente andare le lacrime che si era tenuto dentro il suo
corpo di eterno quattordicenne per tutti quei lunghi anni in cui aveva potuto
solo essere lo spirito che infondeva speranza nei guerrieri per la fine della
Guerra e l'inizio di una pace che, finalmente, lo aveva ghermito con l'intensità
delle risate che allietavano le mura della loro casetta mentre parlavano.
Consapevoli del loro
profondo legame.
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