Underground Network

di N3trosis
(/viewuser.php?uid=131303)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Le luci al neon si accendono con uno scatto metallico, illuminando l’enorme rimessa per le carrozze della metropolitana. Enormi scatole di metallo e lamiera, montata su bulloni arrugginiti e ruote capaci di mordere il ferro. E’ mattina presto, la giornata per molti ancora non è cominciata… ma non per tutti. Una lunga fila di vagoni si muove, prima lentamente, poi sempre più svelta, come a destarsi da un lungo sonno. Il rumore delle rotaie morse a freddo è tremendo, ma nessuno è li per sentire quel grido solitario.
 
Il grande serpente di metallo si snoda nell’oscurità, imboccando un tunnel di servizio per sbucare nella prima stazione.
Sorrido, sotto il mio cappuccio nero. La stazione è deserta… ma come ho già detto, per molti la giornata non è ancora iniziata.
Ma non per tutti. Non per me.
Scelgo accuratamente il vagone. Uno di quelli in coda, ma nemmeno l’ultimo… eccolo. Il mio preferito… un imponente graffito copre buona parte della fiancata, raffigurando un insieme di colori che sicuramente, per il proprio autore, avevano un qualche significato.
Varco la soglia scavalcando quel piccolo vuoto fra la banchina e il gradino.
Il vagone non è ancora illuminato. Meglio così. Mi accomodo su uno dei seggiolini di plastica verde, uno di quelli trasversali che da la schiena al finestrino. Molti, trovando i vagoni vuoti, si mettono appositamente in testa, dove i sedili, di metallo, nuovi, sono singoli, appartati… soli. E se proprio deve scegliere uno di quelli trasversali, si mette di lato, schiacciato contro la porta, come a volersi assicurare che affianco a lui, nel peggiore dei casi, si sieda una singola persona.
No. Io mio siedo volutamente in centro. Davanti a me, una fila identica di sedili mi squadra, presto ospiteranno i sederi dei miei compagni di viaggio.
Le luci si accendono con un ronzio, e io posso sistemarmi meglio sul mio sedile. Accanto a me, poggiato a terra, c’è il mio Bagaglio. E’ grosso e ingombrante, ma riesco sempre a infilarlo nel piccolo spazio fra il sedile e la fiancata, in modo che svetti sopra di me.
Ora il locale è ben illuminato, sorrido. Il motore si riaccende, comincia a scaldarsi… le porte si aprono, i primi passeggeri cominciano a salire.
Sorrido, infilandomi alle orecchie un paio di auricolari bianchi, sotto il cappuccio nero. Non sono collegati a niente, ma la gente tende a non fare caso a te se pensa che non puoi ascoltarla.
Il primo a salire è un uomo anziano, sulla settantina. Bel vestito, cappello, occhiali da vista e barba bianca ben curata… sembra appena uscito da un telefilm.
“Mi… mi scusi… gli ultimi posti come sono?” mi domanda. Vi ho già detto che tutti inizialmente vogliono i posti davanti? E’ anche perché nessuno vuole stare in fondo. In fondo le luci sono sempre un po’ più buie, i posti sono sempre un po’ più disagiati, l’aria più pesante. E’ tutta suggestione. Pensiamo che, in fondo, ci vadano i peggiori. La malagente. Quella che non vuoi avere, come compagna di viaggio. Lo pensano tutti… anche la malagente. Non si siede nessuno, in fondo… solo chi non vuole farsi notare. Come quest’uomo.
Mi accorgo che non guarda me, ma il Bagaglio dietro di me. Gli sorrido. “Vada pure. In questo treno siamo tutti uguali.” Lui mi sorride nervosamente, fa un cenno col capo e si avvicina al fondo del vagone.
 
Entrano altri. Mentre l’Anziano mi chiedeva dove potersi sedere, è salita una coppietta con tanto di figlioletto in fasce, un afroamericano con un paio occhiali dalle lenti blu e una signora sulla sessantina, vestita da un elegantissima pelliccia scura, con tanto di borsetta a tema. Un abito che risulta al mio sguardo piuttosto macabro.  
La coppietta si siede davanti a me, lui affianco a lei, che tiene in braccio l’altro lui. Il piccolo sta ancora dormendo.
La signora impellicciata si siede sempre sul lato opposto al mio, lanciando occhiate di astio verso di me e verso la coppietta, pensando evidentemente che il loro amore sia troppo rumoroso per lei.
Occhilini Blu si siede affianco a me. Ha i capelli raccolti all’indietro, impomatati in uno strato quasi palpabile di gel, annodati alla fine in una treccia intricata.
“Ehi scusa… ma tu l’hai fatto il biglietto?” mi chiede, con tono dubbioso. La sua voce è particolarmente musicale.
Sorrido, togliendomi una delle cuffie dall’orecchio. “No amico… questo è un treno speciale. Niente biglietti.”
Lui sorride, mostrando i denti più bianchi che abbia mai visto, e torna a immergersi nei fatti suoi. Io mi infilo nuovamente la cuffia.

-Plin Plon! TRENO IN PARTENZA PER grhhzSATE: LINEA VERDE.-
La locomotiva comincia a stridere rumorosamente, cominciando a divorare lentamente le rotaie con i suoi denti d’acciaio. I vagoni, anche il nostro, cominciano lentamente a muoversi.
 
Un'altra giornata ha inizio. Anche per me.

[Nota dell'autore: ho revisionato alcuni pezzi.]




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1225742