Una volta…
Una volta, sapevo anche scrivere.
Quando il mare ceruleo dei tuoi occhi batteva costantemente
le coste frastagliate del mio cuore.
Ora la pioggia si è asciugata, la terra si è seccata.
Non più gli umidi occhi del cielo ornano la terra.
Ora che mi hai lasciato, senza volerlo per nulla.
Come diceva la dolce fanciulla che usciva dal tìaso: “così terribilmente soffriamo.”
Così terribilmente soffro io.
Mi dissero ch’ero poetessa, Saffo mi chiamarono; e allora
nemmeno sapevo, quanto vero fosse.
Prima d’incontrare te, splendida Dafne, ninfa, musa d’ogni
mia sparuta, balbuziente parola.
Angelo cui si rivolgeva ogni mio pensiero.
Tu che di un angelo hai davvero le fattezze; i tuoi riccioli
d’oro non sono finzioni retoriche, e il tuo sguardo color cielo non nasce dai
versi stanchi di una poetessa morente.
L’occhio splendente
come quello di una Dea; come Atena, di cui hai la saggezza.
Il sorriso che mi ha ricondotto tante volte nel porto, mentre
fuori infuriava tempesta; un faro nella notte in cui così spesso cadevo.
E ora penso, a come farò. Chi mi tirerà fuori dal pozzo?
Se tu mi hai lasciato…mi hai lasciato, Angelo meraviglioso.
E spero che tu viva, nella luce più chiara, nel giorno più
caldo.
Mentre io muoio nell’umida terra.
Prederei i raggi del sole e te li intreccerei nei capelli,
per farli impallidire.
Suonerei le musiche delle sfere celesti, sorpasserei ogni
confine se potessi venire a prenderti…
Perché niente sarebbe troppo per te.
Dovrei forse disperarmi, strapparmi i capelli, urlare e
gridare al cielo.
Dovrei forse libare agli dèi dell’Oltretomba.
O forse tentare la via di Orfeo.
Ma la mia musa se n’è andata…e posso solo scrivere, un’ultima
volta, in suo onore.
L’ultima volta per ricordare quanto immenso può essere Eros.
Più di sua sorella Tanatos.