Prologo
Prologo.
Era lì, a pochi metri da lei. Lo chiamò dapprima
con voce insistente, poi dubbiosa.
La figura dell'uomo era carponi sul pavimento, come sempre, infagottata
nei suoi vestiti candidi -e talmente anonimi da poter essere solo suoi.
Le rivolgeva la schiena.
Gli si avvicinò, stupita, mentre le balenava in mente il
vago
pensiero che si fosse addormentato. Si chinò sui talloni.
-Near. Near? Che...-
Era troppo immobile. Tutto appariva innaturale, un istante intrappolato
in una crisalide d'acciaio. Il silenzio echeggiava.
Osò sfiorargli la spalla, stranita.
-Nea...-
La sua testa era riversa su un modellino, un aereo grande
quanto
un cassettone. Non dormiva. I suoi occhi non erano chiusi, ma
spalancati. Nel vuoto. Nel nulla. Non fissavano niente.
Lei ritirò la mano, quasi si fosse scottata. Ma voleva
toccarlo,
voleva scuoterlo. Voleva la banalità di uno sguardo,
qualcosa di
semplice.
Voleva un miracolo.
-No, Near.- ordinò in un bisbiglio perentorio. S'immaginava
di
vederlo sollevare appena il capo e sgranare le iridi profonde come
abissi.
Ma non accadde.
Ogni cosa le apparve all'improvviso chiara e incomprensibile.
-Near. Near. Near. Near.- gemette piano. In una supplica, in una
preghiera rotta.
Gli tastò freneticamente il polso esile, abbandonato lungo
il
corpo. Ne rifiutò il nero tacere, sperando in battiti che
non
avrebbe mai colto.
La consapevolezza sigillava le labbra di lui, serrate in una linea
risoluta, in un'ultima espressione di regale fierezza.
Era una morte pulita, l'arresto cardiaco.
E quel giorno tutto finì.
Quel giorno maledetto, che l'aveva rincorsa per quindici anni,
invisibile
eppure indelebile su un calendario che le si parava dinnanzi ad ogni
minima allusione.
Ricordava cosa le era stato detto, ricordava che avrebbe dovuto
aspettarselo, ricordava che era inevitabile.
Ma la sua mente rifiutò di ricordare. Rifiutò di
pensare. Rifiutò di imporle un ordine.
I suoi muscoli svincolarono al controllo e tremarono vistosamente,
attanagliati da fremiti anche quando ormai era a terra. La gola arida
la implorò di gridare, le sue corde vocali si spezzarono
logorate. Lacrime esauste oscillarono indecise nelle sue iridi.
Un tumulto di impulsi e necessità la travolse fino a
stravolgerla. Confusa, fissava una realtà che si era
sgretolava
con facilità devastante.
Non la sua vita, ma tutto ciò che fino a quel momento lo era
stato. Lei chiamava vita il tempo che passava al quartier generale,
ormai senza più un capo; lei chiamava vita svegliarsi al
mattino
richiamata dai suoi ordini
lapidari e addormentarsi la notte con la sua voce nella
testa.
Lei chiamava vita qualcosa che non sarebbe mai più potuto
essere com'era prima.
Era finita un'era, un'epoca. Ogni attimo del suo presente era passato.
Finita.
Lo sussurrò a fior di labbra, devastata e inorridita. Finita.
Non realizzava, non ci riusciva. Negare tutto
ciò che aveva era qualcosa di rivoltante e grottesco.
Credeva si sarebbe gettata sul suo cadavere
a
singhiozzare, disperata. Ma rimase ferma, provava per il suo corpo la
stessa rispettosa deferenza che aveva sempre avvertito quand'era in
vita.
Osservò l'oscurità di quegli occhi morti, ed ebbe
paura.
La calda sicurezza che fino ad ora l'aveva protetta, come braccia
invincibili a cingerla saldamente, era svanita in un nulla senza senso.
Quello che avrebbe sempre voluto chiamare padre era morto con
compostezza, senza un gemito. Senza un addio. Senza un
perchè.
Le lacrime traboccarono velenose, spazzando via le dighe fragili che
erano i suoi occhi, bisognosi di mani a coprirli.
Adesso sì, che era davvero orfana.
Note dell'Autrice: Questa è una di quelle storie che non si
può fare a meno di scrivere, avete presente? Quando delle
immagini e delle parole si susseguono nella mente, senza darti tregua,
finchè non scrivi. E non sono riuscita a resistere.
Questa storia racconta degli avvenimenti che hanno luogo dopo i manga e
l'anime, ovvero una continuazione. I protagonisti di essa saranno,
l'avrete capito, gli eredi dei personaggi originali... "eredi" nel
senso genetico del termine. Sarà un azzardo, magari, ma io
ci provo!
So che il capitolo è un po' corto, però tendo
sempre a scrivere prologhi brevi. Spero vi sia piaciuto!
Lucy
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