Scorreva
le date con le dita, stracciando fogli nella foga, con le unghie
perfette dallo smalto rosa rovinato che graffiavano mordevano
ferivano tutte quelle pagine crudeli – e così,
ah!, così
avrebbero imparato a farla impazzire ancora!
Ma
quelle date non cambiavano, non cambiavano mai, e continuava a
scorrerle senza trovare. Senza trovare nulla. Un modo. Una soluzione.
Un motivo.
Perché,
avrebbe voluto urlare, mentre frammenti rosa si staccavano dalle sue
unghie che staccavano date che staccavano brandelli della sua mente
già a pezzi.
Perché,
avrebbe voluto urlare, mentre la luce buia del Paese del Sole mutava
nel buio luminoso di una notte eterna che sarebbe finita presto. E
non riusciva più a leggere, perché i suoi occhi
non avevano mai
imparato a vedere nel buio luminoso, ma quelle date rimanevano,
lì,
sulle pagine sotto le dita nella sua testa, a farla sentire sempre.
Sempre più a pezzi. Sempre più intrappolata in un
vortice continuo
di buio vischioso che non lasciava. Non lasciava. Non lasciava
scampo.
Perché,
avrebbe voluto urlare, ma la voce si era persa in un quando di
quell’infinito scorrere di date – e non lo
ricordava nemmeno,
quel momento in cui aveva smesso di gridare parlare sussurrare. Quel
momento in cui le sue parole erano state inghiottite dallo scroscio
della pioggia acida del Paese del Sole. Quel momento in cui era
iniziata e finita ogni cosa, in quel vortice continuo di buio
vischioso, con il pigiama leggero che lasciava scoperta la pelle e
una fuga dalla fuga verso la fuga.
E
le date scorrevano sotto le dita, inesorabili.
Era
davvero passato tutto quel tempo? Era davvero esistito quello che
millantava l’inchiostro? Un sole che era luce. Una pioggia
che era
acqua. Parole che poteva urlare, parole che poteva ascoltare.
Era
davvero passato tutto quel tempo. Era davvero esistito qualcosa di
bello.
Ma
quello, allora? Quando era iniziato?
E
le date scorrevano sotto le dita, con un ghigno dolce e maligno che
non dava risposte.
Guardò
fuori dalla finestra, verso la pioggia acida e il sole nero, oltre le
imposte spalancate da cui filtravano lame di buio.
Era
davvero passato tutto quel tempo.
Era
tutto.
Era
niente.
Era
solo nella sua testa.
Era
tutto.
Era
niente.
Era
morto.
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