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'Turning Page', la canzone che
ha ispirato ogni singolo capitolo.
Dedicato a tutte voi, cinquecentonove meravigliose ragazze.
EPILOGO
Aspettavo questo giorno da, molto probabilmente, tutta la vita. Lo
avevo immaginato da quando ero bambina, mentre giocavo con le mie
cugine o con le figlie di amici di Charlie e Renèe; lo avevo
sognato da ragazzina adolescente mentre parlavo con la mia migliore
amica o da sola, nel letto della mia cameretta a Forks. Ma,
soprattutto, lo avevo toccato con un dito a diciassette anni, quando
avevo incontrato la persona giusta con cui realizzare i miei sogni.
Lo avevo sfioravo con la punta delle dita e poi... e poi mi era
scivolato dalle mani, cadendo a terra e rompendosi in mille pezzi.
Peggio di quando si rompe uno specchio. 'Sette anni di disgrazia',
ma ne erano stati quattordici di anni. Beh, il doppio.
E adesso, mentre sistemavo il velo sulla mia acconciatura, non riuscivo
a non pensare a tutti quei momenti in cui lo avevo immaginato e a
rendermi conto di quanto tutto fosse completamente diverso. Il vestito,
il trucco, la cerimonia, i festeggiamente, le scarpe, le fedi... questo
non era ciò che avrei dovuto immaginare da bambina e da
ragazzina, no. Ma avrei dovuto immaginare le forti sensazioni che mi
avrebbero scossa il corpo e il cuore, mentre attendevo quel momento in
cui avrei varcato la soglia adornata con centinaia di fiori e avrei
visto sull'altare l'uomo con cui avrei condiviso il resto della mia
vita.
11 Maggio 2011.
Quale altra data avremmo potuto scegliere se non questa, quella in cui
avevamo 'proggettato' inizialmente il nostro matrimonio?
Non riuscivo ancora a capacitarmi che finalmente questo giorno era
arrivato. Che finalmente era arrivato il giorno in cui potevo sorridere
di cuore, ridere sinceramente e piangere di gioia. Tutto questo mi era
sembrato solo un miraggio, come una fonte d'acqua fresca in mezzo al
deserto. Lo avevo sfiorato e poi mi era sfuggito, diventando
assolutamente irraggiungibile.
Ma ce l'avevo fatta, dopo lacrime, dolori e pene, ce l'avevo fatta. Ero
qui in attesa di Renesmèe che venisse ad avvisarmi, che
venisse a darmi il via per poterlo raggiungere all'altare.
Ma, la cosa più strana era che non ero nervosa, ma nel mio
petto e nella mia testa regnava la pace assoluta; perchè sapevo che
qualsiasi cosa fosse successa, noi saremmo sempre stati insieme e mai
più nessuno ci avrebbe divisi.
Tutti quei dolori, quelle lacrime e quegl'anni passati nella sofferenza
totale mi avevano aiutati e ne ero quasi felice; mi avevano aiutata a
crescere e a vedere la vita sotto un altro punto di vista, vederla come
un qualcosa di prelibato e con cui non vale la pena scherzare, un
qualcosa che non bisogna dare per scontato ma con cui andarci piano e
con cautela.
La vita era un petalo di rosa che svolazzava nell'aria, affrontando il
vento forte, il caldo asfissiante e i nemici innumerevoli; ma era
così bello e preligiato da doverlo proteggere a tutti i
costi.
E noi avevamo scherzato, avevamo corso andando incontro a tutti i
problemi e comportandoci da sciocchi ragazzini impazienti di diventare
adulti; e tutto ci era sfuggito. Ma eravamo cambiati, lasciando alle
spalle quei ragazzini impazienti e andandoci con cautela, affrontando
ogni minimo problema con i guanti di seta e a testa alta, sempre
insieme e comunicandoci ogni singola emozione.
- Ommioddio, ora piango- una risatina mi scosse il petto, mentre mi
giravo per osservare Renesmèe sulla soglia della porta. Il
suo corpo alto e slanciato era fasciato da un vestito blu a monospalla
e con chiffon che svolazzavano lungo le gambe; i capelli erano legati
davanti e i suoi ricci scivolavano liberi lungo la schiena scoperta,
gli occhi verdi incorniciati da un trucco semplice e brillante, come le
labbra a forma di cuore.
- Sei bellissima, tesoro mio- sorrisi, mentre lei arrossiva per il
complimento.
- Mai quanto te, mamma- mi girai e mi osservai nello specchio,
carezzando il morbido tessuto del vestito avorio che fasciava
perfettamente il mio corpo e nascondeva la piccola protuberanza di
quattro mesi; il vestito aveva un'arricciatura sul fianco sinistro da
cui fuoriusciva un pizzo decorato perfettamente, richiamando le
spalline sulla scollatura a cuore e il velo lungo. Alice lo aveva
disegnato e prodotto in prima persona, accurando ogni minimo
particolare nel migliore dei modi. Aveva fatto acconciare i miei
capelli dal suo parrucchiere di fiducia, lasciando i miei boccoli
liberi lungo le spalle, sollevando solo qualche ciocca di tanto in
tanto, mentre il trucco era semplice ma assolutamente perfetto.
- Hanno fatto miracoli, sembro dieci anni più giovane-
commentai, scherzando.
- Oh, mammina, nonostante i tuoi trentaquattro anni sei bellissima, te
lo assicuro io- mi girai e l'abbracciai. Quanto era cresciuta la mia
bambina... A settembre avrebbe compiuto sedici anni e il suo corpo si
adattava facilmente alla sua età: era semplicemente
meravigliosa; così diceva Jacob, il suo ancora fidanzato, e
Edward, il padre geloso marcio della figlia bellissima e fidanzata.
- Dobbiamo andare?- afferrai il bouquet d'orchidee.
- Il mio paparino sta per avere un infarto, quindi ti conviene
muoverti- scoppiai a ridere e annuii, portando una mano sul cuore. Sto arrivando amore mio,
sto arrivando..
- DOVETE.CHIAMARE.EDWARD!- urlai fuori di me, mentre le
lacrime scivolavano lungo il mio viso.
- La prego, si calmi..- la dolce signora che io continuavo a trattare
male da ben dieci minuti, cercò di carezzarmi il braccio nel
vano tentativo di calmarmi.
- No che non mi calmo! Io sto per partorire e mio marito non
è qui!- scoppiai a piangere, pregando mentalmente al mio
bambino di fermarsi e di non uscire. Aspetta il tuo
papà, piccolo. Aspettalo, almeno tu... Edward
era corso tre ore fa in ospedale per un'operazione urgente da fare a un
bambino di otto anni, ignaro che due ore dopo mi si sarebbero rotte le
acque. Avevo iniziato a strillare come un'ossessa, mentre afferravo le
chiavi della macchina e Renesmèe mi stava dietro col borsone
pieno di vestiti. Tutti continuavano a dirmi di stare calma, ma io non
potevo stare calma, porca miseria! Mio figlio -o mia figlia, sarebbe
stata una sorpresa- sarebbe nato e anche stavolta Edward non avrebbe
potuto assistere alla nascita di suo figlio, come con
Renesmèe.
- Vi prego, vi prego.. fatelo venire- piagnucolai, afferrandomi la
pancia come a voler fermare le violente contrazioni che mi scuotevano
il corpo.
- Okay, va bene. Ora lo chiamiamo ma lei cerchi di respirare
profondamente o dovremmo ricorrere al taglio cesareo-
- No, no- stillai, afferrando i bordi del lettino e cercando di calmare
il mio respiro. Uno... due... tre... Uno... due... tre... Non riuscivo a
capire più nulla, vedevo infermiere che andavano avanti e
indietro, medici strillare da una camera ad un altra e l'anziana
signora carezzarmi il braccio come per calmarmi. Avevo gli occhi
inondati di lacrime, al solo pensiero che lui non avrebbe
assistito alla nascita di nemmeno questo figlio. E mi si spezzava il
cuore.
- Bells, Bells, calmati. Respira- alzai lo sguardo stringendo i denti,
mentre James mi afferrò la mano. Aveva l'espressione
stravolta e i capelli scompigliati, come se avesse fatto una corsa per
arrivare qui, fuggendo dalla moglie incinta.
- Edward, voglio Edward- urlai per l'ennesima volta, stringendo la sua
mano quando arrivò l'ennesima contrazione.
- Signora Cullen, ci siamo. Il bambino sta per nascere- l'infermiera
dai capelli rossi mi sorrise, mentre io continuavo a piangere come una
pazza.
- Ti prego James, non ancora... non ancora...- asciugò le
mie lacrime e annuì, baciandomi la fronte.
- Te lo vado a prendere Bells, te lo vado a prendere- scappò
fuori dalla camera, mentre il dolore aumentava.
- Okay, adesso mi stia a sentire. Io vedo la testa del bambino, qualche
spinta e ci siamo, okay?- la dottoressa cercava di calmarmi,
massaggiandomi il ginocchio. Annuii, pregando Dio che il bambino
ritardasse a voler uscire. Cercai di respirare regolarmente, come avevo
imparato quindici anni prima, ma sembrava tutto inutile. Il mio cuore
piangeva, mentre l'immagine di un Edward deluso e amareggiato guardava
il nostro bambino. Ti prego... ti prego...
- Al mio tre spinga, okay?- annuii, mordendomi le labbra
violentemente. Uno... Non potevo far nascere il mio bambino senza il suo
papà, non se lo meritava, io non lo meritavo ma,
soprattutto, Edward non lo meritava. Era stato così accorto
e felice per tutti i nove mesi; non aveva fatto altro che coccolarmi,
correndo a comprare le cose di cui avevo voglia anche alle tre di
notte, ogni giorno baciava prima la mia pancia e poi me, scatenando
un'ironica gelosia nella sottoscritta, era stato presente ad ogni
singola ecografia, piangendo di felicità mentre vedeva il
nostro bambino sullo schermo bianco e nero, così dolce
mentre incorninciava la foto dell'ecografia nel quadretto del suo
ufficio, vicino a quella di Renesmèe che gli avevo
'regalato', così amorevole mentre scattava innumerevoli foto
alla mia pancia.
L'uomo perfetto, il padre che ogni bambino vorrebbe avere e il compagno
di vita che ogni donna sogna ogni giorno. Due... Ti
prego piccolo o piccola mia, aspetta il tuo papà. Lui ti ama
infinitamente, si è preso cura di te fin da quando ha saputo
della tua esistenza e adesso non puoi venire al mondo senza non vederlo
tra le prime persone.
Ti prego, ti prego, ti prego. Tre... Un
urlo disumano fuoriuscì dalle mie labbra, mentre la porta
della sala parto si spalanco e mostrò un Edward sudato e in
lacrime, con ancora il camice verde.
- Amore mio- corse verso di me, poggiando le sue labbra sulle mie come
a volersi assicurare di avermi lì con lui.
- Sia fatto santo Dottor Cullen. Sua moglie non voleva collaborare
senza di lei e, a quanto pare, anche suo figlio faceva i capricci-
scoppiammo entrambi a ridere tra le lacrime, mentre la dottoressa
sorrideva intenerita.
- Sei arrivato, ce l'hai fatta..- mormorai, stringendo la sua mano.
- Non potevo mancare a quest'appuntamento con mia figlia- sorrisi.
- Io dico che è maschio-
- Scopriamolo insieme, okay? Spinga quando se la sente- la dottoressa
massaggiava le mie gambe fino a quando all'ennsima contrazione iniziai
a spingere, urlando e stringendo la mano di Edward. Lui, al mio fianco,
mi massaggiava la spalla e continuava a dirmi di non preoccuparmi, che
ero bravissima e che mi amava.
- Un'ultima spinta e ci siamo- urlai a pieni polmoni, afferrando con
l'altra mano la camicia di Edward.
Poi, tutto finì.
Un pianto spezzò l'aria intorno a noi e sentii il cuore
scoppiare di gioia nel petto, mentre le mie lacrime si fondevano a
quelle di Edward. Alzai il volto per guardarlo e vidi nei suoi occhi la
stessa felicità che occupava i miei.
- Dottor Cullen, vuole tagliare il cordone?- la dottoressa gli porse le
forbici e lui, dopo aver stretto la mia mano, annuì.
Continuavo a piangere, mentre prendeva tra le braccia il nuovo
appartenente alla nostra famiglia. E sembrava scomparire, tra le sue
braccia e avvolto dal lenzuolo blu, tanto era piccolo in confronto a
lui. Gli occhi di Edward brillavano oltre a produrre un numero infinito
di lacrime.
- Hai... hai vinto- mormorò, avvicinandosi a me e porgendomi
quel piccolo fagottino. Lo presi tra le mie braccia e scoppiai di
felicità.
Era... bellissimo. Ancora sporco di sangue, ma con gli occhietti color
nocciola già aperti e vispi e la boccuccia rossa a formare
una piccola o.
- Benvenuto Antony Cullen- mormorai, baciandogli la fronte. Mi girai e
mi immersi negl'occhi verdi di Edward, che sorridevano e brillavano di
luce propria.
- Grazie amore mio, grazie- e premette le sue labbra contro le mie.
- Un penny per ogni tuo pensiero..- rabbrividii lungo la
spina dorsale, mentre le labbra, padrone di quella soave voce,
premevano alla base del mio orecchio.
- Mh, e se chiedessi qualcos'altro al posto del penny?- mi girai,
avvolgendo il suo collo con le mie braccia e sollevandomi sulle punte.
- Non ti ricordavo così... perversa, signora Cullen- le
sue mani scivolarono lungo la mia schiena, posandosi alla base e
avvicinando il mio corpo al suo. Aderirono perfettamente, come due
pezzi di un puzzle.
Come due pezzi di un vaso rimasto rotto per un lungo tempo.
- Sai com'è... si avvicina la menopausa...- sfiorai le mie
labbra con le sue, mordendole leggermente.
- Menopausa, eh?- ridemmo insieme, mentre mi spingeva verso il letto.
Ero rimasta affacciata alla finestra per non so quanto tempo, mentre
osservavo la luna piena risplendere nel cielo buio e sereno di quella
sera. Era così raro poter vedere le stelle a Forks che ero
rimasta, probabilmente, ore a fissarle in attesa del ritorno di Edward.
Da qualche minuto era il nostro primo anniversario di matrimonio e, per
la mia mente, era stato inevitabile viaggiare lungo i dolci ricordi di
quel giorno che avrei custodito per sempre come uno dei migliori nel
mio cuore.
- Renesmèe?- morse le mie labbra, saggiandone il dolce
sapore di crema pasticcera cucinata prima. - Mh- apprezzò,
molto probabilmente.
- In camera sua- sbottonai la sua camicia lentamente, esasperandolo.
- Antony?- fece scivolare la maglietta lungo le mie braccia e
sganciò il reggiseno alle mie spalle, tuffandosi sul mio
petto e vezzegiandolo come solo lui sapeva fare.
- Dorme...- un sospirò fuoriuscì dalle mie
labbra, mentre stringevo i suoi capelli in una stretta morbosa.
- Bene..-
Sentivo ogni centimentro della sua pelle aderire al mio corpo, non
appena ci fummo liberati di tutti i nostri vestiti. Sentivo il suo
dolce profumo mischiarsi al mio, come i battiti del cuore ormai
sincronizzati.
Il suo corpo immerso nel mio, mentre parole d'amore sfuggivano alle sue
labbra, tra un bacio e l'altro.
Ed ogni volta era come la prima, dolce e sensuale al tempo stesso.
Mi trattava come la perla più preziosa al mondo, come un
petalo di rosa da proteggere.
Come la vita, ecco come mi trattava.
E sentii le emozioni di ogni singolo momento trascorso insieme
scivolare nel mio cuore mentre mi stringevo al suo corpo caldo.
La prima volta che da ragazzina incrociai i suoi occhi verdi, la prima
volta che mi propose di uscire insieme e i suoi occhi fissi sul mio
abito blu al primo appuntamento, il nostro primo bacio, la scritta
sotto scuola per il mio compleanno, la prima volta alla casa in
montagna sotto il fuoco scoppiettante del camino, la sua richiesta di
matrimonio sulla nostra spiaggetta, il mio sì
emozionato e il nostro fare l'amore in modo unico sotto le stelle
lucenti, il suo sguardo quella maledetta mattina, il test di gravidanza
positivo tra le mie mani tremanti, il dolore, l'odio, la nascita di
Renesmèe, i tredici anni senza di lui, i suoi occhi verdi
incrociati dopo tanti anni in Auditorium, le nostre discussioni, i suoi
sguardi a nostra figlia senza sapere che fosse anche sua, le bugie, le
urla, i baci, la nostra seconda prima volta la notte di Capodanno, il
test del DNA, la verità, le brutte parole sputate addosso,
quell'addio urlato tra i denti, il nostro ritrovo, la sua proposta di
matrimonio lì, in quello stesso luogo in cui lo aveva fatto
la prima volta, la sua reazione al risultato positivo del test di
gravidanza, i suoi occhi mentre Renesmèe lo chiamava
'papà', il suo sì
deciso alla famosa domanda del prete, le sue braccia a
cingere il mio corpo, i suoi occhi alla nascita di Antony e ogni
singolo momento trascorso insieme.
Una lacrima mi rigò il volto quando mi resi conto di quanto
fosse, in effetti, il mio compagno di vita, di quanto io fossi
realmente cresciuta con e grazie a lui e del tempo che ancora ci
rimaneva insieme.
Perchè sapevo
che, nonostante tutto quel che avevamo passato insieme,
non era ancora finita qui, ma che la vita ci avrebbe proposto nuovi
ostacoli da superare e nuovi momenti insieme con cui superarli. Le
difficoltà ci sarebbero sempre state, ma adesso sapevo che saremmo
stati per sempre insieme, che più nulla ci avrebbe separati.
Perchè, ormai, eravamo indistruttibili e non avremmo
permesso a niente e a nessuno di farci del male, tantomeno ai nostri
due figli e a quello che sarebbe arrivato.
Sorrisi e afferrai la sua mano, poggiandola delicatamente sulla mia
pancia piatta. Un sospiro sorpreso fuoriuscì dalle sue
labbra e una nuova lacrima solcò il mio volto. Ma non erano
più lacrime di dolore, come erano state per tanti anni;
ormai ogni mia lacrima era di amore e di gioia pura, come sarebbero
state per il resto della mia vita, al fianco dell'uomo che amavo e dei
miei figli.
- Ti amo- sussurrò per l'ennesima volta, ma con una potenza
tale nella voce da renderlo unico come la prima volta.
Immersi i miei occhi nocciola nei suoi smeraldi e ci vidi tutto il mio
futuro.
- Ti amo anche io- mormorai, sicura che sarebbe stata l'unica cosa a
non cambiare mai. Semplicemente
perchè, sul libro del destino, Edward e Bella
erano fatti per stare insieme.
FINE
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Ebbene sì,
ci siamo.
Continuerò a ringraziare ognuna di voi all'infinito.
Vi adorerò per sempre.
E conserverò questa storia in un angolino del mio cuore.
...devo trovare il coraggio di premere su 'completa' e non è
facile.
Vi chiedo un ULTIMA cosa, per me davvero importante.
Ho postato da un mesetto la mia prima ROMANTICA e vi.. vi chiedo di
andare a dargli un'occhiata e a farmi sapere che ne pensare,
è davvero importante per me. La troverete QUI.
Grazie mille, ancora, ancora e ancora.
Vi voglio bene, con tutto il cuore.
Un bacio enorme,
Mary, Bella, Edward, Renesmèe, Antony e la piccolissima
Elisabeth.
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