Zombie

di Cali F Jones
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{Prologo


I filosofi. Ci avete mai pensato? Seriamente, chi erano i filosofi? Io ho sempre avuto due teorie: o erano dei cialtroni ubriachi che, alla disperata ricerca di un po' di approvazione da parte degli avventori seriali del pub, sparavano stronzate assurde riguardo cose che mai neanche lontanamente avevano sfiorato l'anticamera del loro cervello oppure uomini che non scopavano da così tanto tempo da farsi tutte quelle seghe mentali mentre se ne stavano seduti sul cesso in attesa che qualcuno inventasse quella tanto simpatica ed utile cosina chiamata "Playboy". Io punto sempre alla seconda. Di sicuro, non erano le rock star della loro epoca. Dài, ragazzi, parliamone! Voi vedreste mai Nietzsche che canta God save the Queen con la stessa voce da gatto-incastrato-nei-cingoli-di-un-carroarmato di Johnny Rotten? Ora, non fraintendetemi, io adoro i Sex Pistols, ma voi quello, lo chiamate cantare? No no no, quello è semplicemente "urlare versi incomprensibili alla cazzo, ma con stile". Johnny Rotten ha stile, di questo bisogna dargliene atto. Cosa che i filosofi non avevano. Prendevano in mano il loro calamaio, guardavano fuori dalla finestra e si chiedevano: "Perché quell'albero esiste?". Come se a noi poveri mortali ce ne potesse fregare qualcosa. Sul serio, mi piacerebbe tornare indietro nel tempo, andare da quel coglione di Cartesio e prenderlo a calci in culo, lui e il suo cogito ergo sum. Che, tra l'altro, non ha senso! A questo mondo ce n'è di gente che non pensa eppure continua ad esistere. Certo, a parlarci insieme ti verrebbe l'impulso naturale di mollargli qualche calcio nelle gengive -e credetemi, che di gente così io ne ho conosciuta, una in particolare, ma di questo vi parlerò più avanti.
Comunque sia, devo smetterla di divagare, altrimenti questo prologo diventerà più lungo del resto della storia. Ah ah, ve lo immaginate? Non sarebbe buffo? Alquanto, non è vero? Eh? Sì sì, va bene, la smetto.
Allora, parlavamo dei filosofi. Sì, ecco, stavo pensando a quei filosofi che dicono che la nostra vita è già determinata dal fato e che noi non possiamo fare altro che "adattarci" a ciò che è stato scelto per noi. E poi ci sono i filosofi che, invece, dicono che la nostra vita è completamente nelle nostre mani, che solo noi siamo i fautori del nostro destino. Sinceramente, non mi sono mai posto il problema, ma ora che ci penso non saprei davvero quale posizione prendere.
Voglio dire, nella mia vita ho fatto delle scelte, molte delle quali radicali e che mi hanno condizionato profondamente. Quindi ho deciso io cosa fare, ho deciso io di essere quello che sono. Ma, se fossi nato in un posto diverso da Belfast, se fossi nato in una famiglia ricca, senza problemi finanziari, se fossi nato in un'epoca diversa, avrei fatto le stesse scelte? Vedete, non è vero che siamo completamente i fautori di noi stessi perché ci sono delle cose che noi non possiamo decidere e che, comunque, condizionano la nostra vita e le nostre decisioni.
E solo a distanza di anni riusciamo a riguardarci indietro e valutare se una scelta che abbiamo fatto è giusta o sbagliata. Come quella che io ho fatto con Alfred. Sono passati tanti anni da quando l'ho visto per l'ultima volta. Mi chiedo ancora se, in quel momento, io avessi fatto una scelta diversa, qualcosa sarebbe cambiato.
Ma ormai è tardi. Dieci anni sono passati. Credo sia ora di rispolverare i ricordi. I ricordi e le scelte.




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