Luce
è solo un attributo.
È
un bosco nobile, questo. Senza sottobosco, ordinato, pulito. Un
ligneo colonnato frondoso, arrampicato sulla collina e proteso al
cielo. Un giardino per i re.
Questo
è ciò che credono i re. Quel luogo non è per loro, nessun luogo è
per loro. È il giorno a far credere loro il contrario: tutta quella
luce, lo sguardo vaga in lungo e in largo, dando l'illusione del
potere alla mente umana. In realtà quel bosco non è nobile – la
nobiltà non è una prerogativa vegetale, ma una costruzione umana –
ne ordinato: i giardinieri del re lo puliscono settimanalmente,
ignorando che uno strato di sottobosco o almeno di foglie renderebbe
più fertile il suolo e farebbe crescere meglio gli alberi.
I
re non vanno di notte nel bosco, non senza luce. Senza luce i loro
occhi non possono vagare, sono schiacciati contro le stesse palpebre
dall'inconsistenza dell'oscurità. Ma il bosco non cessa di esistere.
Rimane là, magnifico come suo solito, ma irraggiungibile dai sensi
umani. Semplicemente, l'uomo smette di avere potere su di esso. Ma
lui è sempre lì.
La
luce non è accessoria, anzi è fondamentale alle piante quanto
all'uomo. Ma l'uomo la desidera, l'uomo la utilizza. L'uomo crede che
la luce sia per lui e per lui solo. Per l'uomo, luce è sinonimo di
bene, di vita, di potere, mentre il buio è mascherato da male,
cattiveria, morte, ma solo impotenza. Il mondo non ha predilezione
per luce o ombra.
«E
cosa dovrebbe fare allora l'uomo?» grida il principe nel bosco.
«Come dovrebbe vivere senza aggrapparsi alla luce? Come potrebbe
ignorare il tempo che passa, mentre i momenti importanti gli sfuggono
via dalle dita come la sabbia del deserto? Non dovrebbe forse tentare
di avere potere sulla materia, per aggrapparsi alla vita? L'uomo s'è
costruito il mondo con le sue parole, ma è l'unico mondo in cui sia
in grado di vivere.»
«No»
replica l'uomo col mantello «Pur misurando il mondo col le parole,
il potere che deriva all'uomo è solo sulla misura costruita da se
stesso. Come puoi sperare di comprendere gli alberi a parole, o le
stelle, o mari?»
«E
cosa viviamo a fare, dunque?»
«Non
possiamo rinunciare alle parole, né alla luce, né alla vita. Ma le
parole non le abbiamo inventate per essere felici. Per essere felici
occorre ascoltare, non parlare. Occorre aprire, non chiudere. Occorre
camminare. L'essenziale è invisibile agli occhi, ma notevole al
cuore. Rivendica la luce! Non per gli occhi, ma per il cuore.»
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