journey

di Mattimeus
(/viewuser.php?uid=82908)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Luce è solo un attributo.

È un bosco nobile, questo. Senza sottobosco, ordinato, pulito. Un ligneo colonnato frondoso, arrampicato sulla collina e proteso al cielo. Un giardino per i re.

Questo è ciò che credono i re. Quel luogo non è per loro, nessun luogo è per loro. È il giorno a far credere loro il contrario: tutta quella luce, lo sguardo vaga in lungo e in largo, dando l'illusione del potere alla mente umana. In realtà quel bosco non è nobile – la nobiltà non è una prerogativa vegetale, ma una costruzione umana – ne ordinato: i giardinieri del re lo puliscono settimanalmente, ignorando che uno strato di sottobosco o almeno di foglie renderebbe più fertile il suolo e farebbe crescere meglio gli alberi.

I re non vanno di notte nel bosco, non senza luce. Senza luce i loro occhi non possono vagare, sono schiacciati contro le stesse palpebre dall'inconsistenza dell'oscurità. Ma il bosco non cessa di esistere. Rimane là, magnifico come suo solito, ma irraggiungibile dai sensi umani. Semplicemente, l'uomo smette di avere potere su di esso. Ma lui è sempre lì.

La luce non è accessoria, anzi è fondamentale alle piante quanto all'uomo. Ma l'uomo la desidera, l'uomo la utilizza. L'uomo crede che la luce sia per lui e per lui solo. Per l'uomo, luce è sinonimo di bene, di vita, di potere, mentre il buio è mascherato da male, cattiveria, morte, ma solo impotenza. Il mondo non ha predilezione per luce o ombra.

«E cosa dovrebbe fare allora l'uomo?» grida il principe nel bosco. «Come dovrebbe vivere senza aggrapparsi alla luce? Come potrebbe ignorare il tempo che passa, mentre i momenti importanti gli sfuggono via dalle dita come la sabbia del deserto? Non dovrebbe forse tentare di avere potere sulla materia, per aggrapparsi alla vita? L'uomo s'è costruito il mondo con le sue parole, ma è l'unico mondo in cui sia in grado di vivere.»

«No» replica l'uomo col mantello «Pur misurando il mondo col le parole, il potere che deriva all'uomo è solo sulla misura costruita da se stesso. Come puoi sperare di comprendere gli alberi a parole, o le stelle, o mari?»

«E cosa viviamo a fare, dunque?»

«Non possiamo rinunciare alle parole, né alla luce, né alla vita. Ma le parole non le abbiamo inventate per essere felici. Per essere felici occorre ascoltare, non parlare. Occorre aprire, non chiudere. Occorre camminare. L'essenziale è invisibile agli occhi, ma notevole al cuore. Rivendica la luce! Non per gli occhi, ma per il cuore.»



journey





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1241427