His Side Of The Story.
Even the smallest thing could
be enough for
you,
Still it was too hard for me to give.
Even the smallest thing could break your heart in two,
No wonder why it's hard for you to live. (*)
Il
silenzio di quella casa
era assordante, erano anni che ci viveva e non ci aveva mai fatto caso.
Tom DeLonge era seduto sul
grande e comodo divano di casa sua, sotto la riproduzione della foto di
un
astronauta sulla Luna che Jen gli aveva regalato secoli prima, intento
a
fingere di guardare le riprese del materiale girato per Start The
Machine.
Forse non ci aveva mai
fatto caso – al silenzio – perché per
lui era abbastanza raro essere in piedi,
sobrio, fuori da uno studio di registrazione o forse lo notava solo ora
perché
avrebbe fatto di tutto per convincersi che quello fosse un giorno
normale.
Peccato che non lo fosse,
durante i giorni normali non era insonne e non notava che la casa era
silenziosa,
tranne per il vento allucinante che si era alzato fuori e che soffiava
furioso.
Era normale che ci fosse
vento a marzo a San Diego, era normale che ci fosse il 15 di marzo.
Strinse la bocca al suono
di quella data e si disse che imprecare ad alta voce – come
desiderava
ardentemente fare – non era una buona idea, avrebbe svegliato
Jonas che avrebbe
in primis cominciato a piangere e di seguito svegliato
tutta la casa.
A sette mesi meno un
giorno il suo secondogenito aveva una voce da far invidia a Mark nei
suoi
momenti migliori sul palco.
L’uomo sospirò, alla fine
il rospo – il nome del suo ex migliore amico e fratello non
di sangue – era
uscito nonostante tutti i suoi tentativi di ignorare che data fosse e
cosa
aveva comportato per lui.
Proprio in quel
momento sullo
schermo vide sé stesso
pronunciare la seguente frase con uno sguardo triste e perso, quello
tipico del
primo periodo post rottura con i blink.
“Avevo toccato il fondo. È
stata la cosa più pesante che sia mai capitata nella mia
vita, è stato come
divorziarsi tre volte in una settimana. È stata una cosa
fottutamente folle,
pazzesca, un insieme di emozioni: tristezza, incazzatura….
“
Era un caso?
Il chitarrista scosse la
testa, non lo era. Al caso lui non ci aveva mai creduto, credeva alle coincidenze
che cercavano di
dirti qualcosa e non era nemmeno troppo difficile indovinare che cosa
quella
volta.
Alla parola “divorzio”
subito aveva ricordato quello dei suoi e come una catena maledetta
aveva
proseguito con lo scrivere “Stay together for the
kids” e da lì era arrivato a
Mark.
Quante volte avevano
parlato di come avevano vissuto lo sfasciarsi delle rispettive
famiglie? Di
come lui ci fosse rimasto male all’epoca e ancora soffrisse
un po’ a distanza
di anni per quell’avvenimento? Di quanto avesse per lui un
potere
catartico eseguire
live quella canzone?
Troppe per poterle
ricordare, probabilmente prima e dopo di quasi ogni concerto
– era un
logorroico lui – e Mark era rimasto pazientemente ad
ascoltarlo e a ricordargli
che Tom non era più il ragazzino perso e arrabbiato. Che ora
che aveva Jen ed
Ava (e Jonas) le cose sarebbero state diverse, come lo sarebbero state
diverse
per lui con Skye e Jack.
La cosa gli strappò un
piccolo sorriso – Mark aveva avuto ragione –
seguito da una smorfia di dolore,
dov’era il suo amico adesso?
Una volta aveva dichiarato
che sentiva la necessità di chiamare almeno una volta al
giorno il bassista per
sentirsi ok durante il giorno, possibile che fosse cambiato
così tanto negli
ultimi due anni?
La risposta più sincera –
ma anche la più amara – era che sì, era
cambiato: non era più il Tom tutto
cazzate, quello che Mark si aspettava lui fosse.
Aveva usato la parola
“divorzio” ed era quella più corretta,
come nelle famiglie che si sfasciano uno
cambia, l’altro non se ne accorge – o finge di non
farlo – e così facendo si
crea un solco che difficilmente può essere riempito.
Ci vuole tempo e pazienza
per riparare le cose rotte nella vita e per far riavvicinare persone
che un
tempo erano così amiche da potersi definire fratelli e loro
non avevano avuto né
uno né altro.
Entrambi erano impulsivi
ed entrambi erano rimasti fermi sulle proprie posizioni, intimamente
risentiti
per l’ottusità dell’altro –
come una coppia di vecchi sposi – d’altronde non
aveva forse definito la band come una famiglia disfunzionale?
Tom si mosse a disagio sul
divano, perché era di nuovo finito a pensare ai blink? Non
sarebbe stato più
utile pensare agli AvA?
Il suo cervello doveva
essere convinto di no, perché sembrava non avesse alcuna
intenzione di smettere
di fargli ricordare la sua vecchia band.
“Ok, ok. Ho capito, mi
immergerò nei ricordi, anche se è una cosa che
odio, è Jen la patita delle foto
non io!”
Sussurrò alla casa vuota.
{“Ehi, Tom!”
La voce di Mark gli giunse da lontano, il moro stava
cercando di concentrarsi su uno stupido film in tv per non sentire le
fitte di
dolore che salivano lente ed inesorabili dalla schiena.
Quei maledetti farmaci non agivano come dovevano – il
dolore non cessava e nemmeno diminuiva – avrebbe dovuto
andare dal medico e
contrattare delle nuove dosi, perché così non
poteva continuare a vivere…
“TOM!”
“Cosa c’è? Cosa cazzo
c’è?”
Rispose irritato.
Era la prima volta in tanti anni di amicizia che la
voce di Hoppus gli causava fastidio – una parte di lui
rabbrividì – e che Mark
richiamava la sua attenzione: di solito era lui a farlo.
“No, niente.”
“Niente un cazzo! Deve esserci un cazzo di motivo se mi
hai rotto i coglioni, altrimenti te ne saresti stato di là a
cazzeggiare con Travis.”
Il suo amico abbassò gli occhi, Tom si era sempre
vantato di saperli leggere, quindi sapeva di averlo ferito trattandolo
come un
seccatore.
Mark non chiedeva tanto in fondo, rivoleva il suo
amico, compagno di band e cazzate, non un tizio perennemente incazzato
o
comatoso e Tom lo sapeva.
Sapeva che si stava giocando qualcosa di più
importante della carriera, si stava giocando un fratello – e
i fratelli non
sono così facili da trovare in giro per il mondo –
allo stesso modo non
riusciva a fermarsi.
Si sentiva come un uccello in gabbia, si sentiva poco
compreso.
“Ok, Tom. Forse ho scelto il momento sbagliato, ma mi
è venuta in mente una nuova idea per il prossimo
cd…”
“Prossimo cd? Siamo ancora in giro a promuovere
questo, Mark! “Always” ci guadagnerà con
un tour, stando alle parole del nostro
fuhrer e tu pensi a qualcosa di nuovo?
Voglio dire, come cazzo credi che caveremo qualcosa di
decente se non siamo mai a casa, a pensare, rilassarci ed eventualmente
registrare!”
“Tom è il nostro lavoro. La gente normale si
spacca la
schiena in fabbrica o altrove noi dobbiamo solo muovere i nostri culi
flaccidi
sul palco!”
“La gente normale la sera se ne va a casa e sta con la
propria famiglia. Cazzo, mi sono perso la nascita di Ava e mi sto
perdendo i
suoi primi mesi e anni di vita. Quando finalmente questa merda
finirà non mi
riconoscerà nemmeno.”
“Merda?”
Il tono di Mark era incredulo e ferito allo stesso
tempo.
“Merda, Mark, merda. Un secolo fa, prima di Enema, in
un’intervista avevo detto che firmare per una major era come
perdere la
verginità, ti ricordi?”
Il suo amico annuì.
“All’epoca l’ho detto per fare il cazzone
punk, per
darmi un tono da vero ribelle. Ora penso che avessi ragione…
Guardaci Mark,non
siamo liberi, non possiamo fare niente di quello che vorremmo
veramente, per
tutti siamo i tre cazzoni che corrono nudi e che parlano di cazzate
adolescenziali, gli argomenti seri per noi sono tabù.
Non ne posso più!”
“è per questo che hai creato i Boxcar Racer,
no?”
“Per quanto ancora vuoi rinfacciarmelo? Li ho creati
per quello, perché sono stufo di questo ruolo da ragazzino
ribelle, voglio
crescere, voglio far vedere a tutti che uomo è Tom
DeLonge.”
Mark sospirò.
“Puoi farlo con i Blink, possiamo prenderci una pausa
e poi creare qualcosa di nuovo.
Tom, da come la descrivi tu sembra che questa non sia
una band, ma un lager!”
“Mark, svegliati, Dio mio! Non ci lasceranno mai fare
quello che vogliamo!
Siamo… siamo la loro gallina dalle uova d’oro, il
simbolo di una generazione e merdate varie, questo ci dà dei
vincoli!
Il nostro sogno è diventato un incubo.”
Mark sospirò di nuovo e si allontanò con gli
occhi
bassi, Tom era certo che le sue parole – pesanti come pietre
e taglienti come
schegge – avessero scavato un buco profondo nel cuore
dell’altro.
“D’accordo Tom, tornerò quando
andrà meglio. Se vuoi
un consiglio vacci piano con quella roba che prendi per la
schiena.”
Lui non rispose e guardò Mark uscire dalla sua
stanzetta sul bus, DELonge aveva il cuore stretto in una morsa che a
momenti
non lo lasciava respirare. Tutto quello che avrebbe voluto fare era
alzarsi,
rincorrere il suo migliore amico e dirgli che – nonostante il
pessimismo, la
voglia di evadere e il dolore – lo voleva nella sua vita
perché gli voleva un
bene dell’anima.
L’orgoglio lo fece rimanere fermo in compagnia del
fantasma di quelle parole non dette e con il rimpianto amaro di un
abbraccio
non dato.}
Quell’abbraccio
non dato
gli pesava ancora adesso – anche se non lo avrebbe mai
ammesso, nemmeno sotto
tortura – insieme all’avere lasciato andare tutto a
rotoli per semplice
inerzia.
I blink non erano liberi
allora, ma adesso lo erano meno che mai. Lui lo era meno che mai.
Lo sapeva che negli AvA a
volte cercava ancora l’eco delle risate che aveva scambiato
con Mark, Scott e
Travis e che in David e Matt cercava un amico come Mark, ma i fratelli
non di
sangue non si trovano ovunque e lui sapeva – dolorosamente
– anche questo.
Sospirò, alla fine non ce
l’aveva fatta a scappare dai ricordi e dalle sue malinconie,
erano venuti a
stanarlo con ferocia.
Just like I turn you down, I
always shut you
out.
No matter who I blame you're not around,
I can not turn back time, I can not change a thing.
No matter what they say, I shut you out.
“Ehi, che ci fai sveglio?”
Una mano gli scompigliò i
capelli e una figura aggraziata si sedette accanto a lui.
Jennifer.
“Non riesco a dormire e ho
pensato di dare un’occhiata a quello che è stato
girato per “Start the
machine”.”
Sua moglie annuì.
“Peccato che sia io che te
sappiamo come questa sia una bugia.”
Tom le passò un braccio
intorno alla vita e lei si accoccolò meglio contro il suo
torace.
“Jen…”
“Tom, è il 15 marzo, ossia
il compleanno di Mark ed è questa la ragione per cui non
riesci a dormire.”
“A questo punto è inutile
negare, hai ragione.”
Lei rise e gli baciò una
clavicola.
“Sai, quando eravamo
fidanzati avevo paura che tu mi tradissi con Mark.”
“Jen!”
Lei rise.
“Lo so che è impossibile,
che è tuo fratello, ma a vedervi così attaccati e
amici a volte avevo paura.
Sono stata una stupida, lo
ammetto, ma questo è per dirti che è normale che
ti manchi Mark, era il tuo
migliore amico. Non avrei mai creduto che voi poteste rompere un
giorno.”
“Nemmeno io.”
Lo sguardo dell’uomo si rabbuiò.
“Sai, credevo che lui avrebbe
capito. Capito che tu, Ava e Jonas
venite prima di tutto, persino della musica e che ormai il nostro sogno
adolescenziale era solo… una routine vuota.
Credevo mi avrebbe
spalleggiato, invece mi ha voltato le spalle e si è
schierato con loro,
obbligandomi a scegliere tra la band e voi.”
“Tom.”
Sua moglie gli accarezzò i
capelli.
“Non eri facile da
sopportare quando prendevi le medicine, spesso rispondevi davvero male
e può
darsi che tu abbia ferito Mark.
Penso, tra l’altro, che
lui si sia sentito escluso per i boxcar e vederti così
insofferente non ha
fatto che riaprire delle vecchie ferite.”
“Cosa vuoi dire?”
Jen inspirò piano.
“Credo che lui abbia
creduto che tu non fossi stanco degli argomenti adolescenziali dei
blink o
pressato dalla casa discografica che non vi lasciava liberi, ma che tu
fossi
stanco di lui.
Quando una persona a cui
vuoi bene inizia a mostrarsi insofferente può succedere di
mostrarsi
particolarmente appiccicosi solo per non perderla.
Dio, è difficile.
Senti che la perdi e non
vuoi lasciarla andare, così ti attacchi ancora di
più sperando che non ti lasci
e condannandoti a soffrire il doppio.”
“Jen era il mio migliore
amico, mio fratello, quello a cui chiedevo consigli e
con cui facevo cazzate.
È così da quando Anne ci
ha presentati e lui si è arrampicato su un palo della luce,
spaccandosi le
anche, per impressionarmi, come ha potuto pensare che io fossi stanco
di lui?”
Lei scosse la testa.
“Sei testardo, DeLonge,
eppure conosci Mark meglio di me. Sai che è uno che chiede
poco o non chiede,
ma ci rimane male se glielo neghi senza motivo e certe volte con lui ti
sei
comportato davvero di merda!”
Lui alzò gli occhi al
cielo.
“Tom, posso darti un
consiglio?”
“Certo.”
“Chiamalo, prova a
riallacciare i rapporti, lui ti manca e manchi anche a lui e sono certa
che lui
non aspetta altro che una tua chiamata.”
Lui rise amaramente.
“Lo pensavo anche io, ma
dopo “No, it isn’t” credo che non sia
più così. È semplicemente finita, Jen,
facciamocene una ragione.”
Jen scosse di nuovo la
testa.
“Tom, uno che ti scrive
“No, it isn’t è tutto tranne che poco
interessato a te. Mark
ci teneva a te e ci è rimasto male per
come è finita la vostra band e la vostra amicizia e ci tiene
ancora, altrimenti
non avrebbe scritto e registrato quella canzone.
Voleva provocare una
reazione, piccola o grande, da parte tua. Forse sperava che tu lo
chiamassi
incazzato per insultarlo e poi avreste finito per chiarire.”
Lui rimase zitto. Tom era
fermamente convinto che la moglie si sbagliasse, che Mark volesse
semplicemente
buttare fuori in qualche modo il suo rancore verso di lui –
non cercare a suo
modo una riconciliazione – ma preferì tacere.
Non era nei suoi programmi
o nei suoi hobby preferiti iniziare un litigio con Jen nel cuore della
notte.
Mark era fuori dalla sua
vita e, per quanto gli facesse male, doveva accettare semplicemente il
fatto
che non ci sarebbe rientrato.
Even the smallest thing could
make your day
complete,
I've never seen a bigger smile than yours.
Even the smallest thing could wipe you off your feet,
When no one's catching you, you hit the floor.
Il
suo compleanno era
arrivato anche quell’anno.
Il tredici dicembre Jen
aveva organizzato una festa a
sorpresa,
invitando Matt, David, Atom e altra gente che conosceva da una vita.
Era stato
bello arrivare a casa, trovare le luci del ranch spente e nessuno in
giro e poi
vedere sua figlia Ava venirgli incontro urlando: “Buon
compleanno!”.
Quello era stato il
momento migliore – quello in cui il cuore gli era scoppiato
d’amore per la
figlia e la moglie – il resto era stato tutto in calare.
Aveva parlato con i
presenti, fatto lo spiritoso, mangiato la torta e ringraziato pensando
tutto il
tempo che voleva disperatamente chiudersi in sala prove e stare da solo.
Solo verso metà festa ce
l’aveva fatta, approfittando di un momento di distrazione
generale – il
festeggiato di solito è quello che ha meno
possibilità di filarsela – si
era nascosto nello studio di registrazione
casalingo.
La festa non era poi così
pessima, ma mancava qualcosa di …. Divertente!
{“Desidero che qualcuno
di divertente si faccia vivo.”
Aveva annunciato alla telecamera, nemmeno cinque
secondi dopo Mark era spuntato dietro di lui urlando:
“Avevate chiesto del
divertimento, ragazzi?”}
Era
una maledizione! Perché
pensava ancora al suo ex amico?
Perché?
Per non rispondere a
quella domanda – e resistere alla tentazione di alzare il
dannato telefono e
chiamarlo – aveva imbracciato la chitarra e si era messo a
suonare.
{“Ehi, Mark questa
chitarra è davvero rotta?”
L’altro si era alzato e gli aveva indicato una crepa.
“Sì, se questa crepa si espande il legno salta e
rischi di farti male seriamente alla mano.”
“Cattiva chitarra, ha bisogno di essere distrutta!”
Mark aveva congiunto le mani come un bambino il giorno
di Natale mentre lui si alzava, il moro aveva
in mano la sua vecchia chitarra piena di
scritte e compagna di mille avventure.
“TOM
DISTRUGGERA’ LA SUA CHITARRA! LA
DISTRUGGERA’!”
Il più grande l’aveva urlato a pieni polmoni,
seguendolo con le chiavi della macchina in mano, pronto
all’ennesima loro
cazzata.
Quella chitarra si era frantumata – non avrebbe
più
attentato alla sua mano – divertendolo, tuttavia la cosa
migliore non era stata
quella: era stato il sorriso di Mark, unito alla sua risata.}
Tom
si portò una mano al
viso, se la ricordava la faccia felice – candida –
del suo migliore amico
mentre si avviava verso la macchina, per non parlare della risata che
faceva da
eco al passare sopra la sua chitarra.
Sì, doveva essere una
maledizione!
“Ehi, è poco carino che il
festeggiato sparisca nel bel mezzo della sua festa, DeLonge!”
La voce di David l’aveva
fatto sobbalzare, non si era accorto che il suo amico fosse entrato con
in mano
un pacchetto di patatine.
“Non fare il vecchietto
Kennedy, anche se in fondo lo sei sempre stato e vieni qui che suoniamo
un
po’!”
David sbuffò e prese in
mano la chitarra.
“DeLonge sei la prova
vivente che non si può fare i ragazzini per sempre, adesso
correresti ancora
nudo per strada?”
“Sono troppo vecchio per
queste cose.”
E poi gli ricordavano Mark
e Trav.
“Vedi?”
Detto questo iniziarono a
suonare qualcosa di inventato al momento
Suonare era sempre stato
rilassante per lui – una vera e propria valvola di sfogo
– ma era anche un’arma
a doppio taglio: la mente prendeva il volo e non si poteva mai sapere
per dove.
{“Tom, sei sicuro?
Ad essere sinceri mi sembra una carognata e non
addolcirà certo i rapporti tra te, Mark e Travis.”
La voce del suo manager lo riscosse dai suoi pensieri,
ma non distolse Tom dal guardare cupamente davanti a sé.
“Sì, che problema hai? Tanto tu ci mangi dalla
merda
che produco e che produrrò, non te n’è
mai fregato un cazzo di Mark e Travis e
poi visto che ci scioglieremo in che rapporti rimarremo è
ininfluente.”
“Potresti cambiare idea…”
“Non avverrà.”
Tagliò corto, secco.
La verità era che sapeva benissimo che si stava
comportando da carogna e che con un comportamento del genere solo un
miracolo
di Sant’Eusebio avrebbe potuto convincere Mark a perdonarlo,
ma era davvero
arrabbiato. Non sentirsi spalleggiato da suo fratello l’aveva
mandato fuori
dalla divina grazia insieme agli sbalzi d’umore prodotti
dagli antidolorifici.
-Sei sicuro, Tom? Sei ancora in tempo per cambiare
idea, dopo sarà un casino rimediare.-
Tom ignorò testardamente la voce della sua coscienza e
seguì l’uomo dentro la stanza, Travis a Mark
stavano parlando animatamente, ma
si zittirono al loro arrivo.
Il chitarrista e il manager si sedettero sulle sedie
che c’erano dall’altra parte della stanza e
l’uomo iniziò a parlare.
“Allora, ragazzi. Come sapete ultimamente ci sono
stati dei problemi.”
Guerre intestine era la definizione giusta, il moro si
disse che doveva ringraziare il manager per la sua diplomazia.
“Sì, Tom si è preso un periodo di
pausa, giusto?
Questo li risolve, no?”
Mark aveva preso la parola titubante, Travis invece
trapassò Tom con uno sguardo dei suoi, il batterista aveva
già capito tutto
probabilmente.
“No, Tom DeLonge da oggi non fa più parte dei
blink-182 e vi prega di non contattarlo più, anche
perché ha cambiato numero di
cellulare.”
“STAI SCHERZANDO SPERO!”
Aveva urlato Mark con gli occhi fuori dalle orbite,
Tom non l’aveva mai visto in quello stato, sembrava pazzo.
“TOM, CAZZO, DI’ QUALCOSA! PORCA PUTTANA, NON PUOI
STARTENE LI’ SEDUTO COME UN COGLIONE EMO MENTRE TUTTO VA IN
MERDA!”
Tom aveva fatto un cenno al manager e insieme erano
usciti dalla stanza in silenzio, mentre Mark urlava ancora.
“TOM, TOM, TOM, CAZZO!
SEI UNO STRONZO, ECCO COSA SEI!”
Mark aveva ragione: era uno stronzo, uno senza palle
che aveva fatto parlare il manager al suo posto. Uno con più
fegato di lui
avrebbe detto in faccia al suo amico di una vita e a Travis che per lui
i blink
erano finiti, che aveva scelto tra la musica e la famiglia e la
famiglia aveva
vinto, ma lui non ce l’aveva fatta.
Se l’avesse fatto avrebbe finito per cedere e cambiare
idea – facendo rimanere i blink una band e non solo un
ricordo del passato – visto
che già sentendo le urla di Hoppus una breccia si stava
aprendo nella sua
fermezza.
Non poteva passare sopra a quella scelta che gli
avevano imposto, non poteva tornare indietro, anche se questo
significava
perdere suo fratello}
“Tom, ehi Tom?”
“Che c’è David?”
“MI hai chiesto di suonare
e ti sei incantato dopo nemmeno un minuto!”
“Oh!”
DeLonge non se n’era
nemmeno accorto visto quanto era immerso nei suoi pensieri.
“Scusa, Dave è che…”
“Stavi pensando ai blink.”
“Come fai a saperlo?”
Tom era sinceramente
stupito.
“Fai sempre quella faccia
quando pensi alla tua vecchia band. Vuoi un consiglio non
richiesto?”
“Se ti dicessi di no me lo
diresti lo stesso, giusto?”
“Giusto. Chiama Mark,
chiarite, separati non riuscite a stare.”
“Non dire cavolate,
Kennedy! Ho gli AvA a cui pensare o vuoi rimanere senza
lavoro?”
David scosse la testa.
“Fai come vuoi, amico. Era
un consiglio, non un obbligo.”
Così dicendo lasciò la
stanza, facendolo sentire ancora più solo.
Che schifo di compleanno!
Just like I turn you down, I always shut
you out.
No matter who I blame you're not around,
I can not turn back time, I can not change a thing.
No matter what they
say, I
shut you out.
La
mattina del 19
settembre del 2008 era calda e afosa. La California sembrava avesse
deciso di
buttare fuori tutto il calore accumulato durante l’estate per
far sudare i suoi
abitanti che non avevano altro da fare che ricorrere a ventilatori e
– chi se
lo poteva permettere – a
condizionatori.
Tom rientrava nella
seconda categoria, anche se da ragazzino aveva fatto parte della prima.
{“Ehi Tom, qui si muore e
il tuo cazzo di ventilatore
fa aria solo alla polvere!”
“Non rompere i coglioni, Hoppus! Lo sai che da quando
i miei hanno divorziato mamma non naviga nell’oro, se la
nostra band ce la farà
a sfondare le comprerò un condizionatore come prima
cosa!”}
Ormai
si era abituato ai
flash e non ci faceva nemmeno più caso, anche
perché in qualche modo doveva far
andare avanti la sua vita, quel giorno ad esempio aveva avuto una
riunione con
David, Matt e Atom e al pomeriggio doveva recarsi – salvo
imprevisti – alla
Macbeth.
Il tempo di mangiare
qualcosa e sarebbe uscito di casa, così si sedette con un
panino davanti alla
tv.
Quello che vide lo scioccò
e gli fece passare del tutto l’appetito, lui non poteva
essere morto, vero?
Il telegiornale diceva che
era in gravi condizioni, ma era ancora vivo!
“Toooom!
Ava ha bisogno di nuove
magliette e vuole fare shopping solo con te, non puoi
dirle…”
Jen era arrivata in
soggiorno giusto per beccarlo in stato di shock davanti alla tv, il
panino
ormai dimenticato sul tappeto del salotto.
“Tom, che succede?”
“Trav… Trav ha avuto un
incidente aereo.”
“Dove? Quando?”
“St-stamattina a Columbia,
nel South Carolina.
Jen, dici che è una buona
idea andarlo a trovare in ospedale?”
La moglie appoggiò le mani
ai fianchi.
“Che ci fai ancora qui?
Muoviti, corri da lui, SUBITO!”
Tom annuì stranito e dopo
un giro di telefonate – inclusa una alla Macbeth –
saltò in macchina diretto
all’aeroporto di San Diego con destinazione Columbia.
Erano anni che lui e Trav
non si sentivano – il batterista lo aveva persino dichiarato
pubblicamente, dicendo
che ormai considerava solo Mark un buon amico – ma
l’incidente cambiava
parecchie cose.
Durante il volo cercò di
preparare un discorso per Mark, era certo che ci fosse anche lui al
capezzale
di Barker, ma non gli venne in mente nulla di coerente, convincente o
esaustivo, così cominciò a pregare Dio
perché graziasse Travis.
Il batterista era giovane,
aveva due figli ed era una delle persone più brave che
conoscesse, il Signore
non poteva avere così fretta di averlo al suo fianco. Cosa
avrebbero fatto Landon
e Alabama senza il padre?
Come avrebbe fatto
Mark con i +44 e
soprattutto senza un
amico come Barker?
Erano domande a cui non
aveva risposta e che preferiva rimanessero tali e con
l’interessato vivo e
vegeto, pronto per suonare ancora la batteria.
L’ospedale dove era
ricoverato Travis era un posto tranquillo, in mezzo al verde e, vista
l’assenza
di giornalisti, la stampa non doveva conoscere quale fosse.
All’accettazione c’era una
giovane donna bruna e sorridente.
“Buongiorno, cerco la
stanza in cui è ricoverato il signor Travis
Barker.”
“Lei è?”
“Sono Thomas DeLonge, sono
un suo compagno di band.”
La ragazza lo squadrò a
lungo.
“Blink-182, vero? Al
college andavo matta per voi.”
“Sì.”
“Non potrei dirle dov’è
ricoverato il signor Barker, è un’informazione che
posso comunicare solo ai
parenti stretti, ma per lei farò un’eccezione.
È ricoverato al secondo piano,
stanza 38.”
“La ringrazio, davvero,
non sa che favore mi ha appena fatto.”
“Si figuri… e signor
DeLonge, eravate – siete – una band fantastica e
spero che un giorno possiate
riformarvi.”
Tom fece un cenno con il
capo – una specie di ringraziamento – e se ne
andò senza dire nulla: l’ultima
parte del dialogo lo aveva messo a disagio.
Salì al secondo piano con
il cuore stretto dall’angoscia: Travis stava bene?
Era opportuno che lui
fosse venuto lì?
L’unica persona presente
al momento era Shanna – seduta a guadare il vuoto su una
delle sedie – così si
avvicinò titubante.
“Shanna?”
“DeLonge? Non avrei mai
creduto di vederti qui, ma Trav ne sarebbe stato felice, in fondo
sperava che
tu ti ravvedessi.”
“Come sta? Cosa dicono i
medici?”
Shanna tirò su con il
naso.
“Le condizioni sono
critiche, ma stabili. Io.. spero che ce la faccia, mi sembra
già un miracolo
che lui sia vivo, Tom! Lui e Adam sono gli unici ad essersi salvati,
sua madre
deve averlo protetto.
Se lui dovesse morire non
saprei cosa fare, Landon e Alabama lo adorano e lui ama loro, non ho
mai visto
un uomo così dolce e con un tale istinto paterno. I miei
cuccioli morirebbero
senza di lui.”
La donna ora piangeva
lacrime silenziose e Tom la abbracciò in imbarazzo.
“Andrà tutto bene, andrà
tutto bene. Sei qui da sola?”
“No, ci sono anche io.”
Aveva risposto una voce
conosciuta, eppure resa diversa da un tono duro e rabbioso.
Mark Hoppus era davanti a
lui, i capelli che come al solito sfidavano la gravità, un
bicchierino di the
in mano e uno sguardo di ghiaccio puntato su di lui.
“Shanna, ti ho portato il
the, le brioche delle macchinette erano finite, ma tra un po’
dovrebbero
riempirle di nuovo e…”
L’ex moglie di Travis si
staccò dal moro e prese il bicchierino dalle mano del
bassista.
“Va bene così, grazie
Mark.”
Mark si sedette su una
delle sedie della fila opposta alla loro, dall’altro lato del
corridoio.
“Allora DeLonge, cosa ci
fai qui?”
“Travis è mio amico e sono
preoccupato per lui.”
“Sì? E dove sei stato in
questi tre anni? E che amico eri quando i blink si sono sciolti? Hai
fatto
parlare il manager al tuo posto!”
“Mark non è il posto né il
momento adatto…”
“NO, DELONGE!”
L’altro lo interruppe con
veemenza.
“Mi devi una cazzo di
spieg…”
Mark non aveva finito la
frase per il semplice motivo che Tom l’aveva abbracciato, non
sapeva perché
l’aveva fatto, ma sentiva che era la cosa giusta da fare.
Conosceva abbastanza
Mark Hoppus da sapere che quando era in preda ad attacchi di logorrea
era
preoccupato per qualcosa e quegli occhi rossi e lucidi erano un chiaro
grido
d’aiuto.
Se lui non avesse fatto
l’idiota anni prima probabilmente Mark gli sarebbe saltato in
braccio e
l’avrebbe sommerso di parole e lacrime.
L’uomo era rimasto rigido,
forse per la sorpresa e sembrava quasi non respirare.
“Mi dispiace, Mark. Mi
dispiace per tutto, per aver mandato a puttane il nostro sogno e la
nostra
amicizia, ma possiamo parlarne più tardi?
So di essere l’ultimo a
poterlo dire, ma Travis non vorrebbe vederci così.”
Questo sembrò sciogliere
qualcosa dentro Mark perché si rilassò tutto
d’un colpo e lo abbracciò forte
seppellendo la testa nel suo petto e piangendo in silenzio.
Tom gli accarezzò i
capelli esitante – aveva paura di sbagliare qualcosa e
compromettere quella
specie di tregua temporanea – e Mark non lo cacciò
via.
“Bentornato DeLonge.”
Sussurrò con voce roca: “Non pensare di scamparla,
però. Una spiegazione me la
devi.”
Tom sorrise impercettibilmente.
“Sì, te la devo.”
In quel momento il vuoto
che lo aveva caratterizzato in quegli anni – quella continua
ricerca di
qualcosa, insoddisfazione, frustrazione e senso di mancanza –
sparì come era
arrivata.
Quello che cercava era un
fratello e lo aveva ritrovato.
Presto avrebbe
accontentato la ragazza dell’accettazione e i fan sparsi per
il mondo: i blink
stavano per tornare.
Non era lontano il momento
in cui avrebbe di nuovo diviso il palco con Mark e Travis.
Alla fine non era riuscito
a cacciarli dalla sua vita e non poteva essere più contento
del loro ritorno.
Angolo di Layla.
Le parti di inglese sono strofe
della canzone "Shut you out" dei Millencolin, che è il filo
conduttore della storia.
Ogni commento è gradito
(sia che la storia vi piaccia sia che che si sia dimostrata un ottimo
lassativo), ogni riferimento al Tomark no. Non sono una fan della
coppia. Grazie.
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