Dreams
are
memories of another life[1]
Sei
tu che soffi sul fuoco, tu bella bocca straniera. Ti spio, ti voglio,
ti invoco...[2]
Gold
stringe tra le dita i suoi capelli e gli sembra di stringere la
sabbia calda di una spiaggia lontana, piccoli granelli dorati sui
polpastrelli, ruvidi, quasi impercettibili: si sente intrappolato da
quei fili che si avvolgono intorno alle sue mani, si sente dipendente
dalle spirali che formano quasi animandosi di vita propria.
Sua,
la sente fremere sotto di lui, mordersi le labbra per non lasciare
andare neanche un gemito, sua, il corpo che si irrigidisce
appena in un vano tentativo di difesa, il collo che si piega
all'indietro, sua, le mani
che si artigliano sui fianchi, la schiena inarcata quasi sul punto di
spezzarsi, sua, sua,
sua.
La
possiede da quando Biancaneve tra le lacrime gli ha confessato il suo
nome e lui lo ha ripetuto piano, calcando appena sulle consonanti,
Emma, le labbra che si uniscono in tono confidenziale –
Emma, sua, sua, sua.[3]
Con
le dita traccia un sentiero tra il suo seno, suo, accarezza
l'ombelico, suo, sfiora un capezzolo turgido, suo, apre
il palmo della mano sinistra sulla schiena, sua, e ricerca
quel piccolo neo, suo, le bacia le caviglie, stringe le
ginocchia, ingolla i suoi sospiri, respira la sua aria,
si bea del suo piacere.
Due
parole si perdono dalla sua bocca, scivolano lungo le labbra e
arrivano a lei – sul collo, nelle orecchie, sui capelli e gli occhi
socchiusi. Le ripete così tante volte, prima solo con un sussurro,
poi più forte fino a che non le urla e la voce non si fa rauca, le
lettere perdono quasi significato e lei lo guarda per un secondo che
sembra durare ventotto anni.
Si
sveglia di colpo. Le quattro mura della stanza da letto, testimoni
della sua solitudine, lo guardano come giudici inappellabili. Gold
sente i pantaloni del pigiama inevitabilmente stretti, l'aria satura
di un'assenza che si sente più di qualsiasi altra presenza, e
allora, guardando una vecchia stampa in bianco e nero di un cigno,
ricorda che Emma Swan è sua – solo sua - ad
un livello che trascende ogni cosa: deve averla.
~
In
città erano iniziati ad apparire i primi cartelli dopo cinque
giorni. Sparita, dicevano, contattare Mary Margaret
Blanchard, e al centro capeggiava la foto di una bella ragazza
dai capelli biondi. Gli abitanti di Storybrooke erano rimasti in una
situazione di stallo per i primi due giorni, perché una cosa del
genere andava denunciata allo Sceriffo, ma era lo Sceriffo, proprio
lei, ad essere scomparsa. Sparita, dicevano, chiunque abbia
informazioni si rechi al Granny's Diner, allo studio del
Dottor Hopper, alla casa di August, al convento delle
suore, in qualsiasi dannata palazzina.
Mister
Gold aveva trovato anche un identikit alquanto verosimile fatto dal
piccolo Henry, e le parole, scritte con un pennarello rosso dicevano
rapita. Aveva staccato quel foglio F4 dal palo della luce e,
accartocciandolo con attenzione, l'aveva fatto scivolare nella tasca
del suo completo, prima di recarsi alla locanda della Nonna e
chiedere se ci fossero novità, commentando mestamente che gli
dispiaceva, che sperava in un ritrovamento quantomai rapido, che
avrebbe cercato di aiutare per quanto era nelle sue facoltà. Mary
Margaret aveva annuito tra i singhiozzi, ringraziando a denti
stretti, mentre Henry lo aveva osservato a lungo.
~
«Ci
sei? So che ci sei, mostro,
riesco a sentirti! Perché sono qui? Liberami!»
Rumpelstiltskin
la vede combattere con le catene intorno ai polsi e alle caviglie, e
sorride «Emma:
coraggiosa, orgogliosa, bellissima, Emma»
Sua.
~
Dovrebbe
essere notte inoltrata, forse le due o le tre – l'orologio della
campana ha iniziato a rallentare da qualche giorno, secondo dopo
secondo, minuto di ritardo più, minuto di ritardo meno, e lui sa che
presto si fermerà del tutto – ma non ha importanza, davvero, nulla
ha più importanza.
Mette
una mano nella tasca ed estrae una chiave di comune ferro,
infilandola nella serratura. Lei è sdraiata sul pavimento, dorme su
un fianco con le ginocchia verso il petto, le mani legate dietro la
schiena. Avvicinando con lentezza una candela al suo viso, Gold si
permette di osservarla ancora: ogni volta è peggio di come l'ha
lasciata.
Due
occhiaie nere circondano i suoi occhi, chiusi in un sogno che Gold
non riesce a possedere,
le labbra sono secche, screpolate sugli angoli, i capelli sporchi e
impigliati in nodi senza fine. Neanche oggi ha mangiato, considera,
guardando i cibi rimasti intatti: un pastrami[4], un budino al
cioccolato e dell'insalata verde. Dimagrisce a vista d'occhio – e
non è la sua
Emma questa, la sua
Emma non ha le costole così
sporgenti, la sua
Emma non ha i polsi arrossati dalle manette, la sua
Emma non ha un incarnato pallido come quello dei malati. Non è
questa la Emma che vede, che sogna, che possiede: non è la vera
Emma.
Si
inginocchia al suo fianco e la sfiora con una mano. Lei lancia un
grido e salta a sedere.
«Mister
Gold...» inizia, balbettando come se non si ricordasse più come si
parla «...è venuto a...» pausa, una piccola tosse per schiarire le
corde vocali inutilizzate da giorni «...è venuto a salvarmi?»
Gli
occhi le brillano appena, ed eccola lì, la sua
Emma, forte, decisa, viva. Ma
dura solo per un istante; lo sguardo torna triste, le orbite scavate
come quelle di un cadavere – forse è già morta.
Emma
sbatte appena le palpebre perché non è più abituata a sostenere
uno sguardo tanto a lungo, e il mostro è lì, proprio dove si
trovava Mr. Gold qualche secondo prima, e ride come un pazzo, i
capelli che gli ricadono scomposti da ambo i lati, degli spallacci di
cuoio scuro che si alzano e si abbassano ad ogni risata che sembra
sconquassargli i polmoni: è così vicino che se lui volesse potrebbe
sfiorarla con le lunghe unghie nere; è così vicino che se lei
riuscisse a guardarlo negli occhi, di un nero aranciato, folle,
torbido, potrebbe riconoscerlo.
«Chi
sei? Cosa vuoi da me?» chiede solamente, e il labbro inferiore
trema, gli occhi si fanno lucidi, ma non piange, non davanti a lui –
la sua
Emma è così orgogliosa.
«Ti
ho chiamato per nome: tu mi appartieni[5], così ho pensato
confusamente che in una prigione ti avrei tenuto, ti avrei avuto, che
non avresti potuto sfuggirmi, che tu mi possedessi da un tempo
abbastanza lungo perché ti possedessi anche io a mia volta. Ma non è
stato così: tu rifiuti di credere e allora io salverò te»
«Sei
pazzo!» urla Emma, ed ora al suo fianco c'è di nuovo Gold – una
camicia e un completo nero al posto di una veste medievale, capelli
lisci invece che rovi scuri, gli occhi così sofferenti – ed è
proprio Gold che registra la paura della prigioniera, il tremore
delle mani e gli occhi sbarrati – sua,
suo, suoi.
«Non
è questo il nostro mondo» dice poi, scandendo piano ogni sillaba e
lei lo guarda, fisso – ed è davvero incredibile come penda
comunque dalle sue labbra. «Salviamoci.»
«Come?»
Si
china su di lei e con una dolcezza antica, propria solo di un amante,
le affonda il pugnale nel petto, una, due, tre volte. [6]
Suo,
il sangue che scorre a rivoli sulla sua pelle sempre più pallida e
gli macchia le mani, suo
il corpo di lei, morta, tra le sue braccia, suo,
il volto esanime della salvatrice, sue
le labbra quasi bianche che bacia disperatamente, sue
quelle ultime parole prima della morte: «Ora
ricordo tutto[7]»
Con
rabbia disperata affonda il pugnale nel suo petto, una due, tre
volte. Credevo
fosse più dolce morire,
pensa Gold mentre il nome Rumpelstiltskin si tinge di rosso.
~
Emma
apre gli occhi, stirando le braccia indolenzite e alzando il capo. Lo
vede: sussulta.
«Mister
Gold, cosa ci fa qui?»
«Non
credo sia il momento di essere crudelmente ironici, Miss Swan» dice
lui, e alza le mani a mostrare le manette.
D'improvviso
Emma ricorda: il furto. Moe French. La casa di legno. Regina
ed Henry. Un cono gelato.
Deve
essersi addormentata in ufficio.
«È
stato solo un sogno» dice a bassa voce, ma lui la sente comunque e
sorride.
«I
sogni sembrano reali finché ci siamo dentro, non le pare? Solo
quando ci svegliamo ci rendiamo conto che c'era qualcosa di
strano.[8]»
mentre parla, Gold non le stacca gli occhi di dosso, ed Emma sente un
brivido all'inizio della colonna vertebrale quando capisce che lui
possiede
anche il suo sogno[9].
«Io
non appartengo a nessuno» risponde Emma, ed ora ha davvero freddo –
si chiede come lui riesca a farla sentire così debole nonostante sia
suo
prigioniero, si chiede perché assomigli vagamente a quel mostro che
fiorisce nel dire il suo nome[10], si chiede per quale motivo ora si
sia avvicinata alle sbarre, trattenendo il respiro nell'aspettare la
sua risposta.
«Posso
confessarle un segreto, Miss Swan? Resterei in prigione solo
per vederla dormire»
Una
tazzina sbeccata giace dimenticata nel fondo di una cella vuota.
...Io
sono niente, tu vera.[11]
Note
autrice:
Questa
storia nasce da una frasetta crack di quindici parole in cui
ipotizzavo che Gold rinchiudesse Emma. Il plot iniziale era
completamente diverso da questo, che molto spesso sfiora il nonsense,
ma tant'è.
La
storia ha partecipato a due contest, perché prima di pubblicarla
volevo vedere se sarebbe piaciuta, e con mia grandissima sopresa si è
classificata prima al contest Summer quote di Gweiddi at Ecate – dove ho scelto la
stupenda frase tratta dalla lyric Mi distruggerai - e seconda
al contest Oh Death di dodo,
vincendo i due bellissimi banner iniziali e ricevendo i giudizi a fondo pagina.
La storia è interamente dedicata a
mia Moglia - che ha il mio cuore, la mia anima, tutto - e che forse si meritava un qualcosa di più normale, ma io non sono brava come lei e spero che questa shot, che ha tanto
aspettato (?), le sia piaciuta!
Spero sia piaciuta anche a voi! C:
Qui
altre spiegazioni e i credits per le citazioni varie:
[1]
1x07, The Heart is a lonely hunter (Once upon a time)
[2]
Mi distruggerai – Notre Dame De Paris (frase scelta nel contest
Summer Quote)
[3]
La teoria secondo il quale si possiede una cosa conoscendone il nome
[4]
“Pastrami, you want half?” “Nice, fatty pastrami”, Skin Deep
(Once Upon a time)
[5]
Isaia 43, 1-7
[6]
Segue la teoria secondo la quale la morte è l'unico modo per tornare
alla realtà
[7]
Prompt di una Maratona in Piscina della Piscina di Prompt
[8]
Inception, Christopher Nolan (Dio quanto amo quel film <3)
[9]
Il Gold del sogno non riusciva a sapere cosa sognasse la sua
prigioniera, Gold reale sì
[10]
Emma si riferisce a Rumpelstiltskin, che ha visto in sogno
[11]
Ancora Mi distruggerai – Notre Dame De Paris, seconda parte della
citazione scelta.
Giudizi
1°
posto - pari merito (Contest Summer Quote di Gweiddi at Ecate)
Dreams
are memories of another life – Ray08 22.5/23
Grammatica,
sintassi, ortografia: 4.5/5
Forma: 5/5
IC: 5/5
Originalità:
5/5
Attinenza al prompt: 3/3
E
qua si vince a mani basse. Davvero, sono entusiasta di questa fan
fiction come di poche altre.
Ho sempre storto parecchio il naso
davanti alle Gold Swan, ancor prima della 1x12, ma questa è
veramente eccezionale.
L’atmosfera calda e morbosa, quella
ripetizione ossessiva del possessivo, e l’ambiguità di tutta la
one shot, riprendono perfettamente il sentimento della canzone, tanto
che è quasi possibile fare un parallelo tra Frollo/Gold ed
Esmeralda/Emma. Stupendo.
L’idea alla base, per quanto non
nuova, è accattivante, anche per il fatto che non ti sei limitata a
far sognare Emma, ma anche Gold. La continuità e la condivisione del
sogno dà un sapore completamente nuovo alla shot, anche il fatto che
Gold possa possedere pure una cosa talmente privata, non fa che dare
ancora più forza al suo desiderio nei confronti di Emma, e lascia
intendere forse un’attrazione reciproca.
L’IC è strabiliante,
non solo per quanto riguarda Gold ed Emma, che sono comunque
perfetti, ma anche per Henry e Mary Margaret: il piccolo fa
l’identikit e scrive “rapita”, quando Gold entra non dice
nulla, ma lo guarda a lungo. È tutto così squisitamente Henry,
che non si può non sorridere, nonostante la situazione grave. E
persino Margaret è meravigliosa, nel suo ringraziare commossa, ma a
denti stretti.
Non ho potuto dare un punteggio pieno a grammatica
e sintassi per questi due motivi:
che
tu mi possedevi da abbastanza lungo tempo perché ti possedessi anche
io a mia volta.
Manca
un congiuntivo, e posso capire l’errore, perché in periodi molto
costruiti a volte sfuggono, ma purtroppo sono impietosa. Inoltre non
aiuta che la frase sia comunque un po’ pesante, specialmente quel
“da abbastanza lungo tempo”. Già invertendo con “da un tempo
abbastanza lungo” sarebbe più scorrevole.
«Non
credo sia il momento di essere crudelmente ironici Miss Swan»
«Posso
confessarle un segreto Miss Swan? Resterei in prigione solo per
vederla dormire»
In
entrambe le battute di Gold rivolte ad Emma manca la virgola prima di
“Miss Swan”.
#2
Dreams are memories of another life – Ray08 (Contest Oh Death di
dodo)
Originalità
10/10
Caratterizzazione dei personaggi 10/10
Utilizzo del
prompt 9.8/10
Grammatica e Stile 15/15
Totale: 44.8/45
Il
paring che hai scelto per la storia non è uno dei miei preferiti –
né uno che leggo con piacere, devo ammettere – ma la tua storia è
talmente bella e i personaggi così IC che la lettura mi ha
letteralmente rapita e non ho potuto fare a meno di amare almeno un
po' questo paring crack che si sta diffondendo a macchia d'olio.
Il
contesto, l'ambientazione e la trama che hai costruito, l'originalità
del sogno, e del contesto in generale – perfettamente incastrato
con gli eventi reali della serie – rendono questa storia una
piccola perla che va ricordata.
Come già detto i personaggi
sono completamente IC e non nego di aver amato davvero molto il modo
in cui hai reso il personaggio di Gold. Mi è piaciuto leggere dei
suoi pensieri e dei suoi desideri più oscuri. Davvero
complimenti!
Il prompt è stato utilizzato bene anche se la
morte viene offuscata dal desiderio e la brama che impregnano tutte
le frasi della storia, forse è proprio questo che ti ha penalizzato
un po'.
Per la grammatica e lo stile non ho nulla da dirti
perchè non ci sono errori e lo stile è davvero bellissimo.
Complimenti!