Capitolo ventiduesimo
Nadia si guarda riflessa nello specchio del bagno di casa sua, dove
è rientrata dopo quella sera fatta di saluti che le hanno
messo sottosopra lo stomaco, tanto da farla finire piegata in due sul
water a vomitare. Continua a ripetersi che è colpa dei due
bicchieri di Soave troppo freddo bevuti troppo in fretta, e forse
è anche colpa delle emozioni e della malinconia,
perché no? Perché non ammetterlo?
Ha conosciuto divinità ingannatrici e guerriere, ha
conosciuto eroi che hanno salvato il pianeta, ha affrontato mostri di
fumo, è tornata dalla morte e la normalità le
è sembrata una cosa straordinaria, fino a quando, un momento
dopo non si è sentita annientata dall'immensa solitudine che
deriva da tutto quello che è successo. È sola con
i suoi ricordi e con le sue cicatrici. Quella sulla parte bassa
dell'addome, pochi centimetri sotto l'ombelico, dove ha ricevuto la
pugnalata dal demone con le sembianze di Pepper, e poi c'è
la cicatrice collocata da un'altra parte, dentro di lei, in un posto
che Nadia non riesce a rintracciare, forse è il cuore, forse
è l'anima... no, queste considerazioni lasciamole ai veri
sciocchi sentimentali, si dice tutte le volte. Qui non si tratta di
stupido sentimentalismo, qui si tratta della concreta, alienante
sensazione di un posto vuoto che è come una ferita dentro di
lei.
Non si era mai fatta illusioni su Loki, non ha mai voluto niente da
lui, non ha mai desiderato redimerlo o salvarlo da se stesso. Si sono
salvati la vita a vicenda, è più di quanto ognuno
potesse aspettarsi dall'altro. Quello che Nadia non riesce a
sopportare, adesso lo sa, sono le parole lasciate in sospeso, le
domande alle quali pensava di avere diritto e che lui ha beatamente
ignorato scappando senza nemmeno fermarsi a salutare. Eppure lei non
prova rancore, sa che non poteva aspettarsi nulla di diverso, sa che il
solo sperare in qualcosa di diverso sarebbe stata un'offesa all'indole
del dio dell'inganno, e lei ha imparato a volere bene a Loki, ad
accettare anche i suoi lati peggiori, perché è
questo l'affetto.
La ragazza toglie il tappo al flacone di valium. Vuole dormire quella
notte, cazzo, vuole svegliarsi riposata, pronta ad affrontare una
comune giornata di lavoro in albergo. Anche se adesso Nadia non sa che
farsene di tutta quella normalità, non sa che fare di se
stessa. Sa che è successo qualcosa, che dentro di lei delle
cose sono cambiate così radicalmente che adesso le
toccherà imparare a conoscersi prima di poter pensare di
tornare a far parte del mondo.
La ragazza impasta la bocca per mandare via quel sapore appiccicoso di
agrumi amari e il suo sguardo si fissa vacuo sul bracciale. Si chiede
come mai, ora che è tutto finito, ora che Loki è
andato via, il ninnolo di argento resti ancora arpionato al suo polso.
Si chiede se l'energia della pietra non serva a fare in modo che lui
torni. Ma sa che non deve nemmeno lontanamente concentrarsi su un
pensiero così stupido e così devastante. Le loro
strade si sono incrociate per sbaglio, per una serie di sfortunati
eventi, ma in realtà sono percorsi tracciati a distanze
incolmabili.
Nadia spegne la luce, si trascina dal bagno fino alla sua camera e si
butta a peso morto sul materasso, chiude gli occhi e attende
pazientemente che il sonno arrivi, mentre l'innaturale rilassatezza
indotta dal medicinale le appesantisce il corpo e le fa sembrare
più leggera la testa.
Attorno non
c'è altro che roccia, sotto un cielo immenso e pieno di
stelle che sembrano straordinariamente vicine. Sono vicine in modo
innaturale, anzi, e non c'è niente di familiare in quel
luogo, niente che sembri umano.
Gli astri fanno
rispendere di strani scintilli argentati le pietre, come se fossero
cosparse di piccoli cristalli.
Tutto intorno l'aria
è immobile e fredda.
Nadia si sente
frastornata mentre prende coscienza del proprio corpo, inginocchiato
sulla pietra. Si alza, appoggiandosi a una sporgenza; la roccia
è gelida sotto i palmi delle sue mani.
Quello è
decisamente un sogno, o più probabilmente un incubo. Le
è già successo, le rare volte in cui le era
capitato di prendere un po' di valium per provare a dormire meglio.
Mentre la ragazza si
guarda attorno, vede una figura avanzare verso di lei, stagliata contro
l'orizzonte color pece, con un lungo mantello verde che ondeggia dietro
le sue spalle.
Riconosce gli occhi di
Loki, riconosce la pena nel suo sguardo. Eppure, per un attimo, Nadia
è contenta di star facendo quel sogno, di sognare lui. Fosse
anche solo per dirgli quanto lo ha detestato nel momento in cui si
è accorta che non c'era più – ma lei lo
sapeva che sarebbe finita così, lui glielo aveva detto e lei
davvero non poteva aspettarsi niente di diverso dal dio dell'inganno. E
di colpo, non ha più voglia di dirgli che lo detesta,
perché non è affatto vero.
«Sono stato io
a portati qui» dice subito Loki, fermandosi davanti alla
ragazza.
Lei si guarda attorno,
scruta con sguardo crucciato la desolazione di pietra.
«È
un sogno» risponde in tono pratico. E ora potrebbe dirgli
molte cose, o magari abbracciarlo, ora può fare tutto
perché è solo un sogno e qualsiasi cosa facesse
resterebbe lì.
«Non proprio.
L'ho creato io, avevo bisogno di parlarti, non sono una visione
onirica, Nadia».
Lei arriccia le labbra,
pensierosa. Non sa se credergli, se fosse un sogno è
esattamente così che sognerebbe Loki, come lo ha conosciuto,
solo con quell'espressione vagamente più umana,
più accorata del solito. Ma ha visto così tante
cose assurde da quando lui è piombato nella sua vita che ora
credere all'ennesimo prodigio non le costa particolare sforzo.
«E cosa avevi
da dirmi di così importante da necessitare una videochiamata
inter-dimensione astrale?». Sapere che quello che ha davanti
è proprio Loki fa scattare le sue difese, vorrebbe fidarsi
di lui ma non sa se può. Si chiede che altro interesse
potrebbe mai avere il dio su di lei, e non riesce a immaginare una
risposta. Ha paura di immaginare una risposta.
«Ascoltami»
esordisce lui con una leggera nota di autorità.
«Ci sono delle cose che devi sapere».
«Che altro
può esserci?» sbotta la ragazza, sollevando gli
occhi su quel cielo alieno.
«Ne va della
tua vita» replica Loki, alzando appena il tono di voce.
Nadia ammutolisce. La
sta davvero guardando con l'apprensione nello sguardo, è
davvero preoccupato per lei, o la ragazza vede solo ciò che
vuole vedere?
«Quando Odino
ha compiuto il rito necessario a salvarti, ha usato il suo sangue e tu
avevi la pietra al braccio» spiega il dio, pronunciando con
calma le parole, assicurandosi che lei segua il filo del discorso.
«La pietra non funziona con gli esseri umani, solo gli
asgardiani possono usare la sua energia, perché i manufatti
magici del mio popolo sono in grado di riconoscere chi ha il potere di
usarli, come il martello di Thor, ad esempio».
Nadia annuisce
meccanicamente, ha capito cosa le sta dicendo ma non ha ancora capito
dove lui vuole andare a parare.
«E
quindi?» chiede, sentendosi persino un po' stupida.
Loki sospira,
«Quello che ti
sto dicendo è che hai avuto il sangue di Odino in circolo
mentre avevi la pietra al braccio. È il motivo per cui lui
ha potuto salvarti, ma è anche la ragione per la quale
l'energia magica della pietra è penetrata dentro di te.
Sull'isola ho fatto entrare il tuo sangue in contatto con quello di
Thor perché tu potessi usare l'energia che il tuo corpo
aveva assorbito per aiutarmi a scacciare i demoni. È stato
un gesto disperato che ha peggiorato la situazione» conclude.
La ragazza scuote la
testa. Non era quello il dialogo che aveva immaginato di avere con Loki
se lo avesse rivisto. Di sicuro non è quello che aveva
immaginato di dirgli se lo avesse sognato.
«Non capisco,
sono diventata... che cosa, una strega?».
«Sei diventata
capace di assorbire l'energia della pietra. O meglio, l'energia ti
entra dentro, automaticamente, è così che
funzionano le pietre di Borr. E non è una buona
notizia».
Sì, questo lo
aveva capito dai suoi occhi così pieni di preoccupazione. Ma
era troppo intenta a pensare alla preoccupazione in sé per
concentrarsi sulle sue cause.
Loki allunga una mano,
come a volergliela posare sulla spalla, ma poi la lascia ricadere lungo
il fianco e china il capo.
«Resta il
fatto che tu non sei un'asgardiana e il tuo corpo non è
fatto per sopportare quell'energia» aggiunge. «Devi
lasciarla uscire, come un salasso, altrimenti ti avvelenerà
e morirai».
No, decisamente quello
non era il dialogo che avrebbe voluto avere con Loki. Non avrebbe
voluto parlare con nessuno di possibilità di rigetto letale
di energia magica non richiesta. Ma ora che conosce le cause della
preoccupazione che ha spinto il dio a prendersi il disturbo di farle
visita, continuano a sembrarle meno importanti alla luce del fatto che
lui è lì.
Nadia serra gli occhi
stizzita, si dà della sciocca per aver indugiato in un
simile pensiero. Ma non riesce a fare altrimenti, è...
felice di vederlo, di sapere che sta bene, di sapere che lui si
è preoccupato per lei, più di quanto lei riesca a
preoccuparsi di se stessa. Tuttavia, cerca di riprendere il controllo
dei propri pensieri. Il problema c'è e non può
essere ignorato.
«Che intendi
con lasciarla uscire? Io non mi sono nemmeno accorta di questa
energia» osserva.
«Te ne
accorgerai, tra qualche giorno. Comincerai a stare male probabilmente e
se non riesci a controllarla, potresti anche fare del male».
A quelle parole la
ragazza si sente raggelare.
«Dimmi cosa
devo fare!» esclama.
«Te lo
dirò, ma non ora. È una cosa lunga, complicata,
richiede tempo e bisogna che tu impari un passo alla vota a controllare
quest'energia e, chissà, magari anche ad usarla»
risponde Loki.
Cosa? Lei non vuole
usare niente, non vuole fare niente! Sperava che la sua vita sarebbe
tornata alla normalità e adesso lui le sta dicendo che non
è così, che non sarà mai
più così.
«Perché
sei venuto a dirmelo, che ti importa?» sente il gelo
condensarsi nelle parole. Non è Loki l'oggetto della sua
rabbia, ma non riesce a fare a meno di mostrarsi astiosa con lui
adesso.
«Mi importa...
di te» dice il dio, esitando e strappando a Nadia quasi un
singulto di sorpresa.
Non può
averlo detto davvero. A lui non interessano gli umani, li ritiene
inferiori, ne ha uccisi tanti. Che differenza farebbe se anche lei
morisse?
«Decidendo di
restare a combattere al mio fianco e con gli Avengers hai scelto di
salvare quelle persone» continua il dio, incurante della sua
aria rabbiosa e sorpresa nello stesso tempo. «Ma hai anche
deciso di salvare me, quando attorno avevi persone che con ogni loro
respiro non facevano che ricordarti che sono un mostro. Qualsiasi cosa
pensiate tu e i tuoi amici Vendicatori, io non sono del tutto
insensibile alla gratitudine».
Adesso Nadia non lo
sopporta, non sopporta quelle parole, quello sguardo, quel viso che si
china sul suo nel mormorare una verità che sembra stonata su
quelle labbra abituate alle menzogne. Si volta, per non guardarlo, si
volta per non cedere alla tentazione di abbracciarlo davvero.
Loki le serra una mano
attorno al braccio e la costringe a voltarsi nuovamente verso di lui
con uno strattone.
«Non darmi le
spalle! E non fingere che non ti interessi il mio aiuto o che non sia
importante che io ti resti accanto in questa faccenda»
ringhia il dio a un palmo dal suo naso.
«E lo farai,
Loki?» domanda lei con un sorriso triste.
«Resterai, fino in fondo? Ti farai carico dei miei guai
perché mi sei grato e perché in qualche modo
astruso lo ritieni importante?»
«Lo sto
già facendo. Sono qui»
«E sei...
importante». Maledizione, lo ha detto! Maledizione,
perché gli sta stringendo la mano nella sua?
Perché ha
bisogno di sapere che è reale, che è davvero
successo quello che crede: Loki ha dimostrato di avere dei sentimenti,
e quei sentimenti sono per lei. È scappato per avere la
possibilità di tornare da lei ad aiutarla.
«Ora torna al
tuo sonno. Tornerò da te al più presto e
risolveremo questo problema, te lo assicuro» le dice il dio,
con un mezzo sorriso. «Hai la mia parola, Nadia di
Midgard» aggiunge enfatizzando con ironia un tono solenne,
sollevando la mano con cui la ragazza gli ha stretto le dita e
portandosela alle labbra per imprimervi un leggero bacio sul dorso.
***
L'aereo con la scritta STARK che campeggia al centro dello scafo,
atterra su una pista privata poco fuori New York.
Dal finestrino Tony vede il grigio dell'asfalto avvicinarsi e la
sensazione di essere a casa è un po' strana. Ormai dovrebbe
averci fatto l'abitudine: uccidi i mostri, salva il mondo, vatti a
mangiare un panino al kebab con gli amici, torna a casa dalla tua donna
e fai tanto sesso. Ma questa volta le cose sono un tantino diverse.
Hanno dormito tutti per quasi tutto il tempo del viaggio. Persino
l'agente Romanoff e Clint Barton avevano l'aria da cuccioli indifesi
raggomitolati sui sedili piegati all'indietro. Lui si sente a pezzi, ma
il sonno sembra essersela data a gambe. Il viaggio lo ha passato con le
dita intrecciate a quelle di Pepper – addormentata anche lei,
a pensare agli avvenimenti degli ultimi giorni.
Pensare non è sempre una buona cosa, l'ultima volta che ha
pensato tanto a lungo è comparso in una conferenza stampa
annunciando che la sua fabbrica di armi non avrebbe più
fabbricato armi. Non si è mai pentito di quella scelta, ma
questo non toglie che sia una persona poco incline ai cambiamenti.
Si è riappropriato della sua vacanza, negli ultimi tre
giorni che ha trascorso lì, dopo il combattimento sull'isola
di San Michele, anzi l'ha trasformata in una vera e propria gita
scolastica e Nadia si è offerta di far loro da guida.
Sono andati a mangiare in piccoli ristoranti all'ombra di portici che
affacciavano direttamente sui canali, con i gondolieri che passavano
accanto a loro e i piccioni che svolazzavano da un tetto all'altro.
Hanno vestito Thor da essere umano ed è stato divertente
quando il cameriere di quella trattoria sotto il porticato lo ha
fissato attonito divorare quattro piatti di seppie alla veneziana.
Perché Thor ha avuto la brillante idea di restare con loro,
sia detto. A quanto pare, Boccoli d'oro sembrava deciso a dare un po'
di vantaggio al fratello pestifero che si era fatto scappare sotto il
naso, e prima di tornare a dargli la caccia ha ritenuto che qualche
giorno da mortale sarebbe stato un ottimo diversivo per riprendersi
dalla battaglia. Non è stata un'azione molto da guerriero
quella di concedere
tutto
quel vantaggio al nemico, ma Loki ha pur sempre dato una mano a
esorcizzare i demoni.
Perché gli
faceva comodo.
E poi Thor questa volta sembrava seriamente intenerito, e la ragione la
conoscono tutti: Nadia. Nadia che in mezzo a tutto quel casino
è persino riuscita a prendersi la sbandata per il cattivo
ragazzo e che, in qualche misura, è riuscita persino a
renderlo meno inquietante. Nadia che sembrava a pezzi quando tutti loro
l'hanno salutata per tornare in America.
Thor deve aver fatto qualche ragionamento da gran sentimentale,
figurandosi un futuro improbabile con suo fratello che vive felice e
contento la sua vita da onesto cittadino per amore di una mortale.
Pensandoci, se e quanto il dio gracilino si sia realmente affezionato
alla piccola Colombina è qualcosa che non si è
ben capito. Quel che è certo è che se
l'è data a gambe piuttosto che affrontare le sue
responsabilità. Non è che questo aiuti a
migliorare l'opinione che Tony e i suoi compagni avevano di lui.
Però il
piccolo cervo ha fatto la sua parte.
È un vero peccato che il fratellino bastardo sia dalla parte
sbagliata della barricata; è uno che sa il fatto suo alla
fin fine. Ma Tony spera che Thor lo trovi, che lo getti in una prigione
molto buia e molto profonda e butti via la chiave. E spera che Nadia
superi tutta quella strana storia, si trovi un bravo ragazzo e viva
felice e contenta, lontana da divinità psicopatiche, da
calzamaglie e da tizi verdi alti più di due metri.
Basta! Deve smetterla di pensarci. Comunque sia, è andato
tutto per il meglio.
L'aereo completa la manovra di atterraggio; tutti si svegliano
stiracchiandosi sui sedili, recuperano i propri bagagli e si preparano
a scendere.
Tony ha fatto chiamare due macchine, una per sé e per Pepper
e un'altra per riportare il nonno e i tre moschettieri a casa. Ma non
ci sono le sue due macchine ad aspettarli al margine della pista. Ci
sono due suv con il logo dell'aquila stilizzata sulla portiera.
Appoggiato a uno dei due macchinoni c'è il caro Nick Fury,
braccia conserte, completo nero cornacchia e sguardo torvo.
È incredibile
quanto riesca ad essere torvo il suo sguardo con un occhio solo!
«Lo sapevo che sarebbe andata a finire
così» borbotta Clint Barton tra i denti.
«Vi avevo detto di non...» tenta di dire Tony, ma
non servirebbe. Lo S.H.I.E.L.D ha occhi ovunque e loro quattro hanno
già fatto più di quanto dovevano.
«Nick! Sei venuto a controllare se ti ho portato un
souvenir?» esclama Tony allargando le braccia e mettendo su
un sorriso da un orecchio all'altro. «Dato che ti sei preso
il disturbo, ti farò scegliere tra il ventaglio con il leone
di San Marco e il fermacarte a forma di gondola».
Il direttore Fury non è del tutto impermeabile all'ironia,
ma oggi sembra fatto di marmo.
«Salite in macchina. Tutti quanti» dice freddo,
lanciando uno sguardo un po' più cupo ai suoi due agenti,
che in quanto tali sono i primi ad obbedire.
«Tanto baccano per una gita a Venezia, Nick?»
incalza Tony, arricciando le labbra.
«Sali in macchina. Non farmelo ripetere»
«Uh, se avessi saputo che la prendevi così male
avrei invitato anche te»
«STARK!».
Tony alza gli occhi al cielo e sbuffa enfaticamente.
«D'accordo, d'accordo. Ma forse è meglio che ci
lascia tornare a casa senza farci domande» borbotta poi, dopo
qualche secondo, esitando davanti alla portiera aperta. «Le
risposte non ti piacerebbero».
«Di questo ne sono più che certo»
conclude con durezza il direttore dello S.H.I.E.L.D.
***
Loki si prende la testa tra le mani. Una risata spasmodica affiora
sulle sue labbra pallide di stanchezza. Ride di se stesso, il dio
dell'inganno, della sua immane stupidità e della sua
insensata inconcludenza.
«Idiota. Idiotaidiotaidiota!» mormora, sollevando
la testa di scatto, scuotendola in un cenno di resa davanti
all'evidenza dei fatti.
Ha elaborato molti piani, tutti andati storti perché un
fratello tenace, degli umani molesti e dei demoni rabbiosi hanno
demolito uno ad uno i suoi progetti. Il destino è stato
ingiusto con lui, si è accanito facendo a pezzi i suoi
desideri e le sue aspirazioni, e adesso, per una volta che era tornato
ad avere in mano un asso da giocare è stato lui stesso ad
abbandonare la partita e a lasciar sfumare la possibilità di
attuare un altro colpo, un altro tentativo per rialzarsi dopo la caduta
che ancora gli brucia come il sentore del ghiaccio dentro le sue vene
mentre la sua mano si colorava di blu per il tocco di un gigante di
Jotunheim, dando un volto a tutti gli incubi e le paure che lo avevano
tormentato negli anni precedenti fino a portarlo alla disperazione e
dalla disperazione all'odio.
Poteva tornare a combattere e invece ha scelto di
fare dell'altro.
Tornare da Nadia, attraverso i suoi sogni, faceva parte del suo piano,
come anche dirle la verità sui sortilegi della pietra.
Quello che non doveva fare era dirle che l'avrebbe aiutata; lui non
doveva aiutare quella ragazza, doveva dirle che non poteva tornare
sulla Terra perché non aveva abbastanza energia per
affrontare il viaggio, doveva indurla a cercare l'aiuto degli Avengers
e fare in modo che lei si convincesse che la scelta migliore fosse
quella di seguirli in America, e solo quando lei sarebbe stata
lì, lui sarebbe potuto tornare, offrirle il suo aiuto,
salvarla, comprare con la vita della mortale la fiducia dei
Vendicatori. Questo era il piano, un piano dannatamente semplice, dove
niente poteva andare storto. Alla fine avrebbe aiutato Nadia, ma non lo
avrebbe fatto per niente, perché lui non è
abituato a fare qualcosa
per
niente! Perché lui è un dio e non
dovrebbe importargli della sorte di un'insignificante umana, anche se
aveva detto che a quell'umana non avrebbe fatto mai del male.
Loki serra nervosamente i pugni. Ripercorre mentalmente le immagini di
quel dialogo nel sogno. Non capisce come sia potuto succedere, come
abbia fatto a rimangiarsi le parole che aveva calcolato di dire e abbia
detto tutt'altro. Come ha potuto
decidere
di fare tutt'altro?
Semplicemente, quando ha visto Nadia alzarsi da terra, smarrita e
perplessa, si è ricordato che di tanti ricordi dolorosi e
sgradevoli, non ce n'era nessuno che avesse a che fare con lei.
Semplicemente non ha potuto. Ha un'opinione troppo alta di
sé, il dio dell'inganno, per riservare i suoi trucchi a una
creatura tanto smarrita e tanto immeritevole di malvagità.
«È tutto così dannatamente
sciocco» dice a se stesso. È sciocco, eppure
è reale, tangibile, irrimediabile, per quanto Loki non
sappia dare un nome a quello che prova per Nadia, non riesce
semplicemente a farselo scivolare addosso come pioggia.
«E sia...» conclude, alzando lo sguardo sulle
stelle e restando a fissarle immobile. Tornerà dalla
ragazza, l'aiuterà a imparare a controllare l'energia della
pietra, salderà il suo debito e poi se ne andrà
per la sua strada. Troverà altri modi per raggiungere i suoi
scopi, ci sono senz'altro altre strade, deve solo cercarle.
È ancora assorto nei suoi pensieri quando una voce alle sue
spalle spezza il silenzio.
«Ti abbiamo trovato, infine».
Loki china la testa. Ha l'impulso di voltarsi di scatto, ma si
trattiene perché non vuole mostrarsi spaventato. Si gira
lentamente verso l'individuo che ha pronunciato quelle parole, mettendo
su un sorriso sprezzante, colmo di aria di sufficienza, malgrado il
cuore nel petto abbia cominciato a pulsare a un ritmo che ha l'eco
della paura.
Il ghigno crudele sul volto del capo dei Chitauri sembra una ferita
purulenta.
«Ti era stato promesso dolore e sofferenza se avessi fallito,
Loki di Asgard» dice lui, con la sua voce fredda e cavernosa.
«E a differenza di te, noi manteniamo le nostre promesse.
Prendetelo».
Loki serra le labbra in un moto di nervosismo mentre vede il drappello
di strane creature deformi alle spalle di quell'ambasciatore di
sciagura. Probabilmente quello è tutto ciò che
rimane delle armate di Thanos, ma sono comunque in troppi.
Potrebbe affrontarli, ha abbastanza energia per distruggerli, ma se
usasse quell'energia per combattere dopo non potrebbe più
muoversi da quello sputo di terra alla deriva nello spazio e restare
lì significa finire intercettati presto o tardi dallo
sguardo di Heimdall. In un caso o nell'altro cadrebbe prigioniero dei
suoi nemici e Loki adesso sta pensando che scegliere i nemici
è comunque un punto a suo favore. Sa che Thanos non lo
ucciderà, non subito almeno, e lui avrebbe tutto il tempo di
riuscire a fuggire al momento più opportuno e tornare sulla
Terra, rivedere Nadia, aiutarla e nel frattempo assorbire nuova energia
dalla pietra. Se invece distrugge quel drappello di armigeri
verrà rintracciato, preso e riportato ad Asgard, dove
sarà privato dei suoi poteri e dove resterà
prigioniero in eterno, senza alcuna possibilità di fuga,
stavolta. Sa anche che l'unico motivo per cui Thanos non lo ucciderebbe
subito è perché vuole torturarlo per fargli
scontare il suo tradimento. Non importa, lui è un dio,
niente può spezzarlo.
Loki chiude gli occhi per un istante, respira lentamente e si arrende
ai suoi nuovi carcerieri.
Per il momento.
Ora che ha preso la sua decisione, la logica e la
razionalità riprendono possesso dei suoi pensieri e una
domanda affiora nella sua mente.
«Come avete fatto?» domanda, guardando il capo dei
Chitauri. «Come siete riusciti a viaggiare fin qui senza il
Tesseract?»
«Abbiamo altri alleati che hanno trovato un altro modo di
viaggiare nelle galassie, non è lontanamente potente come il
manufatto del popolo asgardiano, ma serve allo scopo. Ora, basta
parlare, Loki di Asgard! Risparmia il fiato per quando avrai da urlare
pietà al mio signore».
Questo non
avverrà mai!
Loki fa un enorme sforzo di volontà per restare passivo e
immobile mentre gli incatenano i polsi dietro la schiena. Il ghigno del
capo dei Chitauri sparisce appena incontra lo sguardo del dio, carico
di odio e di furore.
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Note:
Ultimo capitolo, prima dell'epilogo.
Alla fine Loki cede a quel po' di buono che c'è in lui. Mi
spiego:
essendo io convinta, a prescindere da questa fanfiction, che in un
passato magari molto remoto Loki abbia davvero voluto bene a Thor e
non sia del tutto incapace di provare sentimenti, va da sé
che c'è
del buono in lui, un buono sommerso da anni e anni di rancore e tutto
il resto, ma c'è e alla fin fine è venuto fuori
automaticamente,
per qualcuno contro il quale lui non ha alcun motivo di provare
sentimenti negativi, anche se il qualcuno in questione è una
comune
mortale un po' scassaballe.
E alla fine Loki, proprio quando si era deciso a fare qualcosa di
decente, viene beccato dagli scagnozzi di Thanos... per la serie
“tanta fatica per nulla”. Perché un po'
se lo merita, perché un
po' se l'è andata a cercare e per quanto mi dispiaccia...
ben gli
sta!
Ma... abbiate fede...
Ci leggiamo giovedì con
l'epilogo. E poi
shawarma per tutti!