everybody have their own god
Everybody
have
their own god.
Minuti?
Ore?
Giorni?
Non ne
aveva idea.
Ormai il
tempo scorreva silenzioso, senza curarsi di niente e nessuno.
Tantomeno
del ragazzo con la schiena appoggiata al muro di quella dannata sala
d’attesa, con lo sguardo perso nel vuoto, immaginando un futuro che
potrebbe essere giusto dietro quella porta.
Il suo Jun
era lì dentro. Non sapeva cosa gli stessero facendo, se si
sarebbe salvato, quanto gravi erano le sue condizioni.
Vedeva
soltanto un gran viavai di persone in camice bianco dentro quella
sala operatoria trasportare coltelli di ogni tipo, macchinari strambi
e asciugamani pieni di sangue.
Jun stava
soffrendo, ed era solo e soltanto colpa sua.
Ma lasciate
che vi racconti com’è andata.
Una sera
come tante. Un club come tante.
-Hyung,
non pensi di aver bevuto un po’ troppo?- chiese a Yongguk il
piccolo Junhong.
-S-stai
tranquillo, sono luuuucidissimo, guard-hic-ami! Ora uscia-hic-mo
altrimenti… dove sono?-
Una voce
indistinta lo stava chiamando.
-Hyung!..mezzo..strada…macchina!-
Era
Junhong. Ma cosa gli stava dicendo?
-CORRI!-
Ma dove doveva correre? Che stava succedendo? –Maledizione, hyung!-
Qualcuno
lo stava spingendo verso l’altro lato di .. una strada?
Altri
urli.
Poi un
dolore lancinante alla testa.
Ma Bang
Yong Guk fece in tempo a vedere il suo Jun travolto da una macchina,
che avrebbe dovuto prendere lui.
Poi
tutto fu buio.
Si
svegliò su una sedia di una sala d’attesa in un’ospedale.
La prima
cosa che vide furono gli altri 4 membri del gruppo con una faccia
preoccupata.
Un
momento.
4?
-Cosa
succede? D-dov’è Junhong?- chiese con voce roca, non sapendo
nemmeno a chi indirizzare la domanda.
Fu
Himchan a parlare.
-E’
dentro quella sala operatoria. E’ stato investito per spingere via
te, e ha riportato gravi lesioni alla testa e varie cose che non so
nemmeno cosa diamine siano, ma dalla faccia del medico non dovevano
essere trascurabili.-
-Lui..io..cosa?
COSA? COME?- Bang iniziava a capire quello che era successo, ma era
troppo sconvolto per formulare frasi di senso compiuto.
-Eri
ubriaco.-
-Non..non
ci credo. E’ tutta colpa mia. E’ TUTTA COLPA MIA, CAPISCI? SE NON
FOSSI COSI’ IDIOTA QUALE SONO, JUNHONG NON SAREBBE LA’ DENTRO! CI
DOVREI ESSERE IO LI’ DENTRO! IO..Io..Cosa devo fare..?- senza
rendersene conto calde lacrime avevano inizato a scendergli dagli
occhi e a rigargli il viso.
-Vedrai
che si rimetterà, non fare così, Yongguk…- Himchan
cercava di mantenere la calma, ma era sull’orlo del crollo. Di
solito era Bang a tenere a bada il gruppo..
-E se
non si rimette? Meriterei di morire, non potrei vivere con questo
rimorso nel cuore!- urlò, prima di cadere a terra svenuto.
Dopo
qualche ora si svegliò in un letto.
-Salve.-
era un’infermiera a parlare.- Ha avuto un calo di pressione. I suoi
amici sono dovuti andari via, ma qui starà bene.-
-L-la
ringrazio.. Mi scusi, sà per caso le condizioni di Choi
Junhong? Era qui ieri sera.-
Bang era
certo di aver sentito un ‘oddio’ bisbigliato dalla signora
davanti a lui.
-Beh, è
ancora in sala operat- ehi! Dove va? Non si è ancora rimesso!-
Bang
correva.
Scontrava
tutto quello che trovava, per provare almeno un po’ del dolore che
stava provando il suo Jun.
Il senso
di colpa lo stava divorando.
Arrivato
davanti alla sala operatoria, cercò in tutti i modi di aprire
la porta.
Era
chiusa, come il suo cuore in quel momento.
Quindi
si sedette lì vicino, nella sala di attesa.
Quella
sala che gli sembrava l’inferno.
E
l’attesa era il diavolo che lo scuoiava.
Siamo
dunque giunti all’inizio della storia.
Ma nulla è
cambiato. Nulla cambiò per le 12 ore seguenti.
Finchè
un medico uscì con aria solenne dalla sala e si presentò
davanti a Yongguk.
Spaventandosi.
Erano 2 o 3
giorni che non mangiava e dormiva, aveva bevuto solamente una
bottiglietta d’acqua, e il dolore e il rimorso gli stavano
logorando il cervello.
-B-bang
Yongguk?- chiese il medico.
-S-sono
i-io..- rispose il ragazzo con voce appena percettibile.
-Ho una
bella notizia, una brutta e un’orrenda notizia. Quale vuole sentire
prima?-
-Quella
bella. E faccia a meno di d-dirmi le altre due, sono sul p-punto del
suicidio.-
-La bella
comporta che le dica anche le altre due, perché-
-DIAVOLO,
SI SBRIGHI A DIRE QUESTA NOTIZIA!- ormai era fuori di sé.
-A-allora,
Choi Junhong si è salvato- il cervello di Bang iniziò a
ridare segni di vita –ma è andato in coma. E quella orrenda
è che è difficilmente reversibile.-
La speranza
di Bang affievolì ad ogni parola che il medico diceva.
In breve,
era come morto.
Il medico
continuò a parlare, ma Bang si era fermato a difficilmente
reversibile. Che nel
linguaggio medico vuol dire metti le speranze da parte e inizia a
scavare la fossa.
-Almeno
posso vederlo?- chiese il ragazzo.
-Non mi
sembra in grado di..-
-Mi dica
solo se posso.-
-Sì,
certo, ma-
E Bang
sparì di corsa.
Davanti
alla camera dove giaceva il suo Jun, iniziò ad avere qualche
esitazione.
Davvero
posso resistere a tutto questo?
Sono
davvero così forte?
..
No, non
lo sono.
Ma devo
entrare ugualmente.
E senza più
pensare spalancò la porta.
Sul letto
era sdraiato Junhong, pieno di bende e attaccato a macchinari in
tutto il corpo.
Allora
sono questi fili che ti tengono in vita…
Iniziò
ad avvicinarsi, lentamente.
Sembra
un neonato che dorme. Diamine,quanto è bello.
Gli occhi
iniziavano a pizzicargli.
Davvero
non potrò più sentire la tua voce? La tua risata?
Gli prese
la mano.
Non
potremo mai camminare mano nella mano?
Gli toccò
delicatamente le labbra con le dita.
Non
potrò mai sentire il tuo sapore unito al mio?
Le lacrime
scendevano copiose.
Non è
giusto.
Bang iniziò
a tirare pugni contro il muro.
Non è
giusto.
Un pugno
dopo l’altro.
Non è
giusto.
Il sangue
scendeva dalle nocche e sporcava il muro.
-NON E’
GIUSTO!-
Si
accovacciò a terra, strisciando le mani sulla parete e creando
una scia rosso scarlatto.
Non
merito di essere qui.
Non
merito di starti vicino.
Se mai
dovessi svegliarti, dimenticami.
Ma io
starò qui fino a che non aprirai gli occhi, perché sono
un fottutissimo egoista.
Un
egoista dannatamente e disperatamente innamorato di te.
I giorni
passarono, monotoni ed uguali, poi passarono i mesi.
Ma Yongguk
era sempre lì.
A fianco
del suo Junhong.
Parlava con
lui, gli raccontava cosa succedeva al di fuori di quella stanza
angusta, gli cantava alcune canzoni.
E mese dopo
mese, giorno dopo giorno, arrivò il compleanno di Bang.
31
marzo.
-Ehi Jun,
sai che oggi è il mio compleanno? Gli altri mi hanno regalato
alcune cose che mi sono piaciute molto, ma sai anche tu quale sarebbe
il regalo più bello.-
Tu.
Rivedere
i tuoi occhi.
Sentire
la tua voce.
-Non te
l’ho mai detto in questi mesi, perché non so che senso possa
avere.. Non so nemmeno se mi senti quando ti parlo. Ma.. è un
peso troppo grande. E’ quasi un anno che me lo porto dentro. Ormai
è quasi scontato che te lo dica, ma..io ti
amo, Choi Junhong. Sei l’unica
persona che mai vorrò al mio fianco in questa vita, anche se
questo vuol dire stare accanto a questo letto per sempre. Ti prego,
ti scongiuro, dammi
un motivo per andare avanti… se mi senti, stringimi la mano. Io non
lascerò mai la tua, tu prova a prendere la mia..-
Nessuna
risposta.
Sei
davvero irrecuperabile?
In fondo
al mio cuore lo sapevo…
Ma non
voglio ammetterlo.
Sei
tutto ciò che mi rimane.
Un
movimento impercettibile della mano.
Solo Bang
avrebbe potuto sentirlo.
-Un’allucinazione..?-
Una flebile
stretta.
Sto
sognando.
La stretta
si fa più forte.
O forse
no…
Forse
Dio mi ha perdonato.
Forse
Junhong mi ha perdonato.
Dopotutto,
è lui il mio Dio. La mia luce.
-H-hyun-g…?-
La sua
voce, è davvero la sua voce?
-Junhong?-
Non ho
il coraggio di guardarlo in faccia.
-Hyung..
sei tu?-
Oh mio
dio, oh mio dio.
Bang venne
scosso da singhiozzi, dapprima leggeri, poi sempre più forti.
-Junhong,
perdonami, è tutta colpa mia, è solo colpa mia, sono un
idiota e ti ho fatto soffrire..-
-Bang-hyung.
Guardami negli occhi.-
Non
posso. Non me lo merito.
-Guardami,
per favore.-
-N-no..
no.-
-Se non
vuoi tu, allora..-
Junhong
iniziò a fatica a mettersi seduto, e quando ci riuscì,
prese tra le sue mani quelle di Yongguk.
-Ora
guardami.-
L’altro
si girò, molto lentamente.
E’
davvero questo un miracolo?
-Dimmi che
non sto sognando.- implorò Bang.
-E tu
baciami.-
-…Cosa?-
-H-hai
sentito benissimo. Non riuscirò ancora per molto a stare
seduto, quindi per favore..-
Ma
perché?
Come può
un dio essere misericordioso sino a questo punto?
-Ho sentito
ogni parola che mi hai detto, sin dal primo momento che sei entrato
in questa stanza, ma il mio cervello era spento. A tenermi vivo c’eri
solo tu, e la tua voce.-
Dopo queste
parole Bang non resistette più e si avventò sulle
labbra dell’altro.
Sono
mesi che sogno questo momento.
Dopo quel
bacio pieno di desideri ed emozioni represse per mesi che ormai
sembravano millenni, i due si guardarono negli occhi per un lungo,
interminabile minuto.
E alla fine
Junhong disse:
La
prossima volta, se devi attraversare la strada, prendimi la mano.
Io non
lascerò mai la tua.
Tu ed io
siamo come il metallo e una calamita.
Puoi
rompere la calamita, puoi fondere il ferro.
Ma la
calamita attrarrà sempre il metallo,
come il
metallo sarà attratto dalla calamita.
LE
NOOOTE DELL’AUTRICE!
HEEEEELLO
EVERYONE!
E’
mezzanotte è mezza, ma dovevo scrivere il finale. Sono su
questa storia dalle 8 :oo
Adoro
le angst, awh~ ma questa l’ho fatta finire bene, v.v
E
C’E’ DA DIRE QUANTO AMO QUESTI DUE INSIEME.
SONO
LA PERFEZIONE.
MI
HANNO RIDATO L’ISPIRAZIONE! #thankstobanglo. ♥
Non
ho riletto, quindi perdonate gli errori
E’
tardi, suvvia.
Gamsamnidaaa
a chi ha letto e a chi recensirà uu Haha~
PS,
La storia doveva finire in un altro modo, ma stavo piangendo come una
fontana quindi l’ho cambiata D;;
era
così:
E
alla fine Junhong disse:
Ehi,
hyung, è ora di svegliarsi.
MA
NON POTEVO FARGLI QUESSSTTTOOOO! D:
Povero
piccolo Bang :’’c
ora
mi dileguo davvero.
Bye
bye ~
Shadowsun
^^
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