Epilogo
Un
mese dopo...
Nadia tira il discarico e si lascia cadere contro il pavimento del
bagno. Vorrebbe alzarsi e sciacquarsi la bocca per lavare via quel
sapore disgustoso, ma resta lì, seduta sulle mattonelle
bianche, con la voglia di piangere che le serra la gola e le spezza il
respiro.
Il silenzio è un rumore assordante, il vuoto di un buco nero
che sembra inghiottirla, giorno dopo giorno.
Sua madre bussa alla porta, la chiama. Lei le dice che va tutto bene,
ma non è così.
Non può dire niente alla sua famiglia di quello che sta
succedendo, loro non capirebbero. È già tanto che
è riuscita a nascondere il fatto che sta male, che peggiora
giorno dopo giorno con quelle continue nausee e i capogiri. Nel suo
corpo c'è qualcosa che ogni sua cellula sembra rifiutare.
Certo, perché lei non è fatta per essere un...
che cosa è? Un contenitore di energia magica? Quell'energia
magica che non sa come smaltire, che sembra condensarsi dentro di lei,
ristagnarle nel sangue, sotto la pelle, per poi farla star male. Oppure
esplodere e farla sentire come se ogni parte di lei stesse andando a
fuoco.
E lei è sola con tutto questo.
Loki aveva detto che l'avrebbe aiutata, che sarebbe tornato per lei.
La ragazza si sente una sciocca per avergli creduto. Come ha potuto
pensare che lui, il dio dell'inganno, si sarebbe fatto carico dei guai
di una mortale? Come ha potuto pensare che per una volta il Mentitore
per eccellenza le stesse dicendo la verità? Come ha potuto
illudersi che lui provasse dei sentimenti per una sciocca ragazza che
dal primo momento che ha incrociato la sua strada non gli è
stata altro che di intralcio?
È inutile tormentarsi. Nadia conosce la risposta a queste
domande: sperava che Loki provasse qualcosa per lei, perché
lei... gli vuole bene.
Perché lui per lei è importante, come gli ha
detto, e le è costato tanto doverlo dire ad alta voce,
davanti a quegli occhi di ghiaccio.
Ma Loki è sparito da un mese e lì le cose vanno
peggiorando. Loki è stato crudele presentandosi da lei e
facendole promesse che non aveva la minima intenzione di mantenere.
Forse era il regalo di commiato che il dio delle malefatte progettava
da sempre: tradirla, farle del male, distruggerla dall'interno,
partendo dal cuore.
E l'unica cosa che Nadia sa è che se potesse tornare
indietro, rifarebbe esattamente le stesse cose. Sceglierebbe di
combattere per salvare quelle persone e per salvare lui. Lo salverebbe
altre cento, mille volte.
Lo sa, e l'idea le fa ancora più male. Le lacrime che ora le
scorrono sulle guance sono stille di veleno.
Ma sa anche che deve fare qualcosa. E sa che non ha molta scelta in
merito al cosa
in questione.
Si alza dal pavimento, reggendosi al termosifone. Si lava il viso e
sciacqua la bocca con un sorso di collutorio, poi va in camera sua a
prendere il cellulare dove è memorizzato il numero che aveva
giurato a se stessa che non avrebbe mai usato – non per
chiedere aiuto, almeno, ma non ha altra scelta.
Grazie al cielo i telefoni dell'albergo sono abilitati alle chiamate
intercontinentali. Con un sospiro di resa, Nadia compone il numero e
ascolta gli squilli nella cornetta con il battito cardiaco che aumenta,
secondo dopo secondo, diventando un rombo sordo nella testa.
«Nadia!». La voce di Tony, perennemente carica di
esuberanza, arriva come un balsamo nelle sue orecchie. Anche se lui
è dall'altro lato del mondo, è un conforto
sentirlo.
«Ciao, signor Stark» mormora lei. Contrariamente a
quanto si aspettava, il suo interlocutore non comincia con nessun
discorso a raffica, aspetta che sia la ragazza a parlare.
«Io... mi dispiace di averti chiamato... ma non sapevo a chi
altri rivolgermi».
«Sei nei guai» dice Tony con un sospiro che fruscia
nella cornetta. Non è una domanda, è
un'affermazione.
«Non so da dove cominciare...»
«Lo so».
Nadia si morde il labbro. Cos'è che lui sa?
«Dammi due minuti e arrivo» conclude Tony, cercando
di assumere un tono più rassicurante.
Dargli due minuti? Ma è dall'altra parte del mondo! E
perché sembra sapere già tutto?
«Tony, ma cosa...»
«Solo due minuti, Colombina» conclude l'americano
prima di riagganciare.
Nadia fissa basita la cornetta del telefono. Forse quando ha detto due
minuti Tony ha parlato per iperbole. Forse parte tra due
minuti – parte per andare da lei? Sarebbe molto confortante
ma Nadia sa che non ha il diritto di aspettarsi tanto. E anche se
fosse, ci vorranno ore prima che Tony o chi per lui arrivi a Venezia da
New York.
La ragazza prende lunghi respiri e cerca di calmarsi. Non ha senso
stare lì a farsi venire un attacco di panico, forse
è meglio che torni nella hall a dare una mano, che provi a
tenersi impegnata. Può sempre provare a richiamare Tony in
un secondo momento.
Sta per raggiungere la reception quando sente Sara alzarsi di scatto da
dietro al bancone, facendo stridere sul pavimento le gambe di legno
della sedia.
«Signor Stark?!» esclama sua sorella.
«Ciao, Carmilla».
Nadia ha un sussulto. In un moto istintivo controlla l'orologio: sono
passati esattamente
due minuti. Affretta il passo, apre la porta che dal loro appartamento
privato immette nella hall e vede Tony avanzare in tutta la sua
narcisistica sobrietà.
Lui si toglie gli occhiali da sole e li posa nel taschino della giacca,
lanciandole un lungo sguardo e strizzandole l'occhio. Nadia ha voglia
di corrergli incontro per abbracciarlo.
«Oh, è bello averla qui...» dice Sara,
su di giri. «A cosa dobbiamo il piacere?».
«Nadia, di nuovo non hai detto niente ai tuoi? Un po'
più di autostima, ragazza mia!» dice Tony in tutta
naturalezza. «Ha passato le selezioni del concorso di
fotografia, deve venire con me».
Venire con lui dove?
Sara si volta a guardala, con la bocca talmente spalancata per lo
stupore che c'è da temere che le si stacchi la mascella.
Ora anche sua madre si unisce alla conversazione.
«Aspetti, sta dicendo che mia figlia ha vinto un concorso di
fotografia? Per un lavoro da fotografa in America?» borbotta
quasi scioccata.
«Esattamente, signora Berton. Deve essere molto fiera di lei,
è una ragazza speciale, più di quanto si riesca a
credere». Queste ultime parole non sono per sua madre, sono
per lei, Tony le pronuncia con un'aria quasi solenne, fissando Nadia
negli occhi per poi tornare a guardare la signora Angela.
«Non vorrà dirmi che in tutto questo tempo
l'avevate sottovalutata?».
La ragazza quasi sorride per quel piccolo momento di rivalsa, ma ora
deve scendere dalle nuvole e tornare alla realtà. Deve stare
al gioco, ma ha bisogno di capire cosa sta succedendo.
«Ehm... mi scusi, signor Stark, ma io non sapevo niente di
questa partenza» mormora. «Quando dovremmo partire?
Per quanto tempo starò via?».
«La risposta alla prima domanda è: adesso. La
risposta alla seconda è: non lo so». Tony le
lancia un'occhiata eloquente. «Perché non vai a
fare le valige? Il mio
team ti spiegherà tutto durante il
viaggio».
La signora Berton ha un moto di panico. Sgrana gli occhi e per poco non
agguanta il braccio di Stark.
«Vuole portare via la mia bambina dall'altro lato del
mondo?» esclama, con la voce che all'improvviso è
diventata tremula.
«Soltanto se la sua bambina ventiseienne non ha
niente in contrario. Qualcosa in contrario, piccola
locandiera?»
«Direi che non sono in condizioni di avere qualcosa in
contrario» dice Nadia, più tristemente di quanto
dovrebbe. Sua madre e sua sorella la fissano stranite.
«Cioè, volevo dire, è l'occasione che
aspettavo da tutta la vita... lo sapete... io...».
«Ho sempre saputo che sarebbe successo, un giorno»
conclude Sara. Nadia non riesce a capire se sia triste o felice per
lei, ma sa che non può fare altro che andare in camera sua e
preparare i bagagli alla svelta.
Aveva chiamato Tony per chiedergli aiuto, ora sa che non può
fare altro che fidarsi di lui.
Ha salutato la sua famiglia che ha creduto alla bugia riguardo al fatto
che era tutto previsto da contratto che aveva firmato quando aveva
cominciato a partecipare alle prime fasi di selezione del fantomatico
concorso di fotografia.
Ha messo in valigia solo le cose più indispensabili, qualche
vestito di ricambio, il suo computer portatile, la sua macchina
fotografica – sì anche quella. Del resto sa che
troverà tutto quello che le serve una volta arrivati a
destinazione. Qualunque
sia la destinazione.
Ha promesso a Sara che potranno sentirsi tutti i giorni o quasi con la
webcam e che la terrà aggiornata su tutte le cose fighissime che
sicuramente vedrà - «... e se Stark ci dovesse
provare con te: stacci. Fallo per me, se non altro».
«Sei sempre la solita idiota, sorellina».
«E tu la solita donna fortunata!».
No, non si sente affatto fortunata mentre cammina insieme a Tony verso
piazzale Roma, dove li sta aspettando una macchina –
probabilmente una Maserati con tanto di autista e frigorifero sul
sedile posteriore – che li porterà all'aeroporto.
La macchina è davvero una Maserati, dalla carrozzeria nera e
dai sedili in pelle bianca. E c'è davvero l'autista, che le
apre lo sportello e le fa un sorriso squisito.
Nadia si sente soffocare, ma si sforza di sorridere a Tony che si sta
sedendo accanto a lei.
«Grazie per... ehm, per questo» gli dice con un
filo di voce.
«In realtà, è un piacere. Ci serviva
proprio qualcuno che ne capisca di cucina italiana. Come
stai?»
«Sembrerei sciocca e infantile se mi mettessi a
piangere?»
«No. È per questo che ho portato questi»
dice Tony aprendo una vano portaoggetti e tirando fuori una scatola di
cleenex.
La lascia al suo momento di sfogo personale anche se sembra che abbia
molte cose da dirle. Del resto il viaggio è lungo fino in
America.
Arrivati al Marco Polo, Nadia nota subito l'aereo con la scritta STARK
sullo scafo che attende sulla pista di atterraggio dove loro sono
diretti senza passare per il chek-in, senza sbrigare alcuna pratica.
Scendono direttamente sull'enorme nastro d'asfalto.
«E io che fino a ieri ero convinta che la mia vita fosse
tornata normale...» borbotta Nadia, ritrovando un po' del suo
sarcasmo.
Quale vita? Se non si
risolve questa cosa non ci sarà più nessuna
vita...
Degli uomini spostano una scala accanto al portellone dell'aereo,
quando questo si apre spuntano tre visi noti.
Pepper, Natasha e Steve.
I tre scendono rapidamente la scala. Carino da parte loro essere venuti
a prenderla. La gioia di rivederli le fa quasi dimenticare tutto il
resto. E tutto il resto è enorme... ma la vista di loro tre
che scendono la scala per venirle incontro, il sorrisetto da satiro di
Tony in piedi accanto a lei, fanno restringere le pareti di quel buco
nero che fino a poche ore prima sembrava sul punto di inghiottirla.
«Avevamo paura che un viaggio intero da sola con Tony fosse
troppo snervante» dice subito Steve.
«Invece viaggiare con un tizio che si veste come mio nonno
è molto rilassante» lo rimbecca l'altro.
«Sta' zitto Stark. Io almeno non sembro un regalo portato da
Babbo Natale».
Pepper cinge le spalle di Nadia con un braccio.
«Non preoccuparti, Natasha ha una pistola per la caccia agli
elefanti, con le cartucce piene di sonnifero ed è pronta a
usarla. Su quei due, intendo».
«Tre donne contro due ometti» interviene Natasha.
«Forse sono loro che dovrebbero preoccuparsi».
Nadia si sforza di ridere. Ancora non sa bene cosa sta succedendo e
come sia possibile che loro siano lì e che in qualche modo
sappiano tutto, eppure non le sembra così tanto rilevante.
Mentre sale la scala verso il portellone dell'aereo sente la sua vita
andare in pezzi ad ogni gradino e intravede una vita nuova, piena di
incognite, che l'attende oltre quello sportello di metallo, con tanti
punti di domanda e un'unica certezza. Ora sa che non dovrà
mai più preoccuparsi di essere sola. Ora ha i suoi eroi e loro la
salveranno.
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Note e titoli di coda.
Ehm... ehm... naturalmente è sottinteso che il caro Nick
Fury si era fatto raccontare tutto e aveva messo sotto sorveglianza la
ragazza, per questo Tony era già a Venezia quando lei lo ha
chiamato e sapeva già tutto.
E così lasciamo Nadia alle cure degli Avengers (sono certa
che a forza di dai e dai, un modo per salvarla lo trovano) e Loki alle
torture di Thanos perché questo mi sembrava l'unico finale
plausibile per una storia del genere, perché la salvezza e
l'happy ending non erano in scaletta. Perché visti i
personaggi, mi sembrava stupido. Non volevo una storia in cui Loki
finisse per redimersi per amore di una donna, non volevo nemmeno una
storia in cui Loki si innamorasse in realtà, infatti non
credo si possa parlare propriamente di amore tra lui e Nadia;
semplicemente lei è l'unica che non si è posta in
una situazione di antagonismo nei suoi confronti e per questo a lui
viene automatico provare qualcosa di positivo per lei. Non la volevo
perché credo che per far innamorare Loki (e
soprattutto, farlo innamorare di un'umana) ci sia bisogno di fargli
avere un certo tipo di evoluzione che in questa storia non era
prevista.
E quindi li lasciamo così. Ma questo non vuol dire che non
potremmo ritrovarli, più in là. Sì,
c'è un sequel che bolle in pentola e che sarà
pubblicato tra due di settimane (salvo imprevisti), ma non è
il momento di parlarne adesso.
Mettere il punto conclusivo a una storia è sempre un po'
emozionante, se poi nel frattempo questa storia è stata
condivisa con altre persone, la sensazione è ancora
più pressante... non che ci siano elucubrazioni sentimentali
da fare su questa fanficiton, l'ho scritta per il bisogno di dire la
mia su dei personaggi e su un universo che ho adorato guardando i film
e mi sono divertita (ogni tanto, nella mia testa, io e Loki ci usavamo
come reciproco bersaglio per il lancio di oggetti contundenti a caso,
ma è stato divertente anche quello). Spero che un po' di
quel divertimento e un pizzico di qualsiasi cosa di buono io abbia
tentato di mettere tra queste righe sia arrivato a chi ha letto.
Grazie a chiunque abbia seguito questa storia, a tutti quelli che hanno
commentato e a tutti quelli che hanno voluto passare un po' di tempo in
compagnia di Nadia, del “mio” Loki e dei
“miei” Avengers.
Alla prossima.
Luciana
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