Stralci di pagine dimenticate

di Rosmary
(/viewuser.php?uid=190616)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


I personaggi presenti nelle varie storie di questa raccolta non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling;
ogni racconto presente in questa raccolta è scritto senza alcuno scopo di lucro.

Personaggi: Sirius Black, Alice Paciock
Tipo di coppia: Het, Crack pairing
Note: Missing Moments, Raccolta
Contesto: Malandrini/I guerra magica
Genere: Introspettivo, Sentimentale
Rating: Giallo
Introduzione: le condanne inflitte al corpo sono tremende, ma ancor più tremende sono le condanne inflitte alla mente e, in ultimo, insopportabili sono le condanne inflitte al cuore.
NdA: la storia si è classificata ottava, partecipando come edita, al contest Sirius and... indetto da Ticci.EFP.

 

 

Ricordando Lei

 

I.

Quel pomeriggio eri in riva al Lago, rimuginando in silenzio.

“Black?” chiese una ragazza.

Ti voltasti, scrutando la figura vagamente conosciuta.

“In carne e ossa!” scherzasti ghignando.

Notasti le sopracciglia della ragazza inarcarsi e il tuo ghigno s’ampliò.

“Bene, questa è per te,” s’avvicinò, porgendoti un rotolo di pergamena.

“Che roba è?”

“Non sono una civetta, Black,” sbottò con poco garbo.

“Avrei giurato il contrario!”

Lei assottigliò lo sguardo e pensasti che, in quella posa, fosse davvero bruttina.

“Mi chiamo Sirius, comunque!” urlasti senza motivo quando lei ti voltò le spalle.

“Alice,” urlò a sua volta, marciando verso il Castello.



II.

 

“Black?”

“Sirius.”

Alice sorrise e tu sorridesti con lei. Le vostre dita s’incastrarono e le tue labbra s’avvicinarono alle sue.

“Sirius,” mormorò arrossendo. “Non… non qui.”

Avevi quindici anni e una voglia matta di baciarla.

“Perché?” chiedesti.

“Perché siamo in un corridoio.”

“Quindi?” insistesti.

“Quindi… è un corridoio, Sirius!” esclamò piccata e spazientita.

Poi fece quella cosa: assottigliò lo sguardo. La osservasti e ridesti.

“Cos’hai da ridere?”

“Sei proprio brutta!”

“Cosa?” gli occhi erano ormai ridotti a fessure e la sua voce era particolarmente acuta.

“Te l’ho detto,” ripetesti. “Sei brutta!”

“Tu sei brutto,” affermò offesa e poi ti baciò.



III.

“Paciock?”

“Frank.”

“Ma tu sei mia,” affermasti rabbioso.

“Tra noi è finita da mesi.”

“Era solo una pausa,” l’avvicinasti a te. “Io voglio te, voglio solo te.”

“Non è vero,” sibilò. “Lui è dolce e io sono più importante dei suoi amici,” il suo sguardo s’accese, “per lui esisto solo io.”

“Te ne pentirai,” urlasti quando andò via. “Impazzirai senza di me.”

La tua mente non cancellò mai quell’episodio, e divenne la tua reale condanna quando delle guardie ti sbatterono una copia della Gazzetta in pieno volto. Sfogliasti le pagine avido di notizie e scopristi che lei era impazzita davvero.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1264912