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Sono fermamente convinta che Draco
abbia un rapporto più stretto con Theo che con Blaise... Non posso farci niente,
ecco! xD Diciamo che questa fic nasce da questa convinzione. E poi era da un po'
che volevo vedermela con il Draco del sesto libro. Spero di non essere andata
troppo OOC. Fatemi sapere che ne pensate *_*
Ah... umh... Volendo, potete anche
non vederci lo slash -.- Ma c'è, sappiatelo! xD
Emh... sarò sincera xD La frase
"L'unica cosa su cui puoi contare è che non puoi contare su nulla" non è mia,
ma, come al solito, dei Placebo. Per la precisione, loro dicono "The only thing
you can rely on is that you can't rely on anything" in Plasticine.
Disclaimer: I personaggi non mi
appartengono, ma sono di proprietà di J.K.Rowling e frutto di fantasia, così
come la vicenda trattata.
L’unica cosa su cui puoi
contare
È il
momento giusto. Ora, appena finita la cena, è il momento più opportuno per
mischiarsi alla calca di studenti e raggiungere il settimo piano senza dare
nell’occhio.
Sei da
solo. Tiger e Goyle mancheranno anche stasera, ma non ha importanza. La Stanza
delle Necessità ti protegge quanto basta per garantirti tranquillità. E poi, sei
un mago abile, molto abile, e durante l’estate lo sei diventato ancora di più.
Puoi badare a te stesso da solo, persino se qualcuno dovesse riuscire ad
entrare. Sai difenderti, o almeno credi.
L’unica cosa su cui puoi contare è che non puoi contare su nulla.
E ancora
una volta, mentre tutti gli altri tuoi coetanei saranno impegnati in partite di
Scacchi Magici, chiacchierate e risate, tu dovrai restare sepolto in quella
stanza che ormai detesti, a lavorare, ad assolvere un compito che nemmeno sei
più sicuro di voler portare a termine.
Non lo
faresti se Lui non avesse il coltello dalla parte del manico. Avresti già
mandato tutto all’aria da un pezzo, se non continuassi a sognare ogni notte,
ogni notte, tua madre in preda agli spasmi della Cruciatus. Lei si fida di
te. E tuo padre sarebbe dannatamente orgoglioso se tu riuscissi nell’impresa.
Riabiliteresti definitivamente il nome dei Malfoy, le macchie sarebbero lavate
via.
I tuoi
genitori contano su di te.
Ma
l’unica cosa su cui TU puoi contare è che non puoi contare su nulla.
Ed ecco,
un’altra serata è passata, un’altra notte è arrivata. Di nuovo tutto inutile.
Non hai ancora concluso niente, ma devi proprio interrompere, il mal di testa
lancinante non ti dà tregua.
E allora
forza, percorri la strada in senso inverso, torna giù nei sotterranei. Questa
volta, devi far attenzione a come ti muovi, devi evitare il minimo rumore…
perché se quel gattaccio spelacchiato arrivasse, cosa diresti a Gazza per
giustificarti? E, peggio, riusciresti a sopportare le domande di Piton un’altra
volta?
No,
assolutamente, bisogna evitare di essere scoperti.
Cammini
nascondendoti tra le ombre e, inevitabilmente, pensi all’ombra che tu stesso sei
diventato. Quando, di sfuggita, il tuo viso si riflette nelle armature tirate a
lucido quasi stenti a riconoscerlo. Ti chiedi se è possibile che del bambino
petulante, egocentrico e arrogante che eri, sia rimasto solo un fantasma. Solo
una leggera maschera che ti sistemi sul viso di tanto in tanto, col cuore in
gola, perché rischia di volare via da un momento all’altro, come una foglia
secca aggrappata all’albero morto delle certezze.
E
così, l’unica cosa su cui puoi contare è che non puoi contare su nulla.
Hai
provato a parlarne con qualcuno. Ma l’orgoglio, beh, l’orgoglio è sempre lì,
dentro di te, a spadroneggiare liberamente. E chiedere aiuto
significherebbe rivelare di non riuscire, di essere un’incapace.
Significherebbe sputare in faccia alla fiducia di tua madre e all’approvazione
di tuo padre.
Significherebbe rivelarsi debole e perdere anche quel piccolo straccio di
importanza che sei riuscito a conquistarti tra i Serpeverde.
Già lo
vedi, Blaise, ridere e prenderti in giro per il fallimento. Già la vedi, Pansy,
piangere e disperarsi, immaginando la fine più nera.
No, non
sarebbe utile, non lo sarebbe.
Meglio
tacere e tenersi tutto dentro.
E
ricordare che l’unica cosa su cui puoi contare è che non puoi contare su nulla.
Hai
raggiunto la Sala Comune. La parete si apre e la luce delle lampade, seppur
fioca, ti stordisce per un momento. È per questo che non lo vedi, inizialmente.
Cammini dritto, con gli occhi socchiusi, e sobbalzi visibilmente quando senti la
sua voce.
“Draco.”
No, non
vuoi. Non vuoi parlarci, non con lui. Potrebbero esserci milioni di persone lì,
al suo posto, e tu saresti perfettamente in grado di indossare la tua preziosa
maschera e fingere, fingere, fingere. Ma con Theodore Nott, cazzo, è tutto
inutile. Con Theodore Nott, maledizione, non ci riesci.
“Sei
stato nella Stanza anche stasera?”
“Fatti i
cazzi tuoi.”
Vuoi
liquidarlo, vuoi andartene. Chiuderti dietro le tende del letto e dormire, o
almeno fare finta. Ieri, e il giorno prima, e quello prima ancora, avete
litigato. Ormai non fate altro e ti fa male, non lo sopporti. Perchè lui era
l’unico, sì, l’unico, con cui avevi un rapporto definibile come
amicizia.
E adesso,
invece, non fate altro che urlarvi addosso, insultarvi, sbattere porte. E c’è
tensione tra voi, e cercate in ogni modo di ferirvi l’un l’altro. E tu, stasera,
non riusciresti a sopportarlo. Non vuoi sopportarlo.
Ma
Theodore si è già avvicinato troppo. È a un passo da te e il suo volto è serio,
severo.
“Lo so
che ci sei stato, non fare il coglione. Ci stai riuscendo?”
I suoi
occhi cercano i tuoi, ma tu sposti lo sguardo. Ti senti troppo stanco per
sostenere anche quel peso. Quello della delusione, della paura, dell’accusa.
“Ti ho
detto che non sono affari tuoi.”
Affili la
voce come una lama e speri di averlo colpito. E poi gli volti le spalle, tenti
di allontanarti. Ancora una volta stai scappando, e fuggi da quell’amicizia che
non sembra più una consolazione.
E come
vedi, l’unica cosa su cui puoi contare è che non puoi contare su nulla.
Ma la sua
mano sul polso ti blocca, ti immobilizza. Senti le gambe cedere al calore di
quel contatto inaspettato, che non è violento, non è cattivo, ma semplicemente
saldo. Come un’ancora lanciata, che ti ha afferrato e non ti lascia
andare via.
Ti volti
e lo guardi negli occhi. E lo stomaco si contrae, perché ti sono mancati, quegli
occhi, ti è mancata la loro luce.
Poi,
Theodore fa qualcosa che ti spiazza completamente, qualcosa a cui non eri
preparato, che ti mozza il respiro.
Ti
abbraccia.
Senti le
sue mani scivolare sulla schiena e il suo respiro infrangersi sul collo. È così
vicino, così vicino, che il calore che emana prende possesso del tuo
corpo all’istante, diffondendosi di cellula in cellula e scacciando via il gelo
della notte. Ti aggrappi a lui, proprio come lui è aggrappato a te, e ti
rilassi, finalmente, ti concedi una pausa. E senti chiaramente il battito del
suo cuore accelerare, esattamente come il tuo, e la presa attorno a te farsi più
ferrea.
“Merlino,
perché devi sempre metterti nei casini?” mormora contro la tua pelle. “Ti odio,
Draco, ti odio da morire.”
E tu
chiudi gli occhi e lo stringi più forte. E ci siete voi due, nel mezzo della
Sala Comune, uniti in questo strano abbraccio, uniti come se non voleste più
lasciarvi, uniti come se tutto il resto, aldilà dei vostri corpi, non avesse
consistenza.
Aspiri il
suo profumo come se fosse ossigeno e gli accarezzi i capelli. Vorresti
tranquillizzarlo, vorresti trovare le parole giuste, ma tutto quello che viene
fuori è un pallido “Mi dispiace” senza solidità.
Theodore
ti stringe un attimo fino a farti male e poi, lentamente, ti libera dalla presa,
si allontana leggermente e ti guarda negli occhi. Scuote la testa e sembra
indugiare, attraversato da un pensiero improvviso, con un mano sulla tua guancia
e lo sguardo posato sulle tue labbra. Ma il pensiero passa, forse scacciato con
forza, e la sua mano abbandona la tua pelle con una carezza lieve.
Si volta
e si dirige verso il corridoio dove sono le vostre camere. Pensi che avrai
freddo, ora che non c’è più, che sarà come essere esposti all’improvviso ad una
raffica di vento, ma, inaspettatamente, non succede. È come se il suo calore
fosse rimasto sulla tua pelle, fuso con il tuo corpo.
Lentamente, ti muovi e ti avvii dietro di lui. Raggiungete la porta del vostro
dormitorio in silenzio, completamente immersi nel buio del corridoio.
Ed è poco
prima che entriate nella stanza, quando lui, con la mano sulla maniglia, si
volta e ti dice, in un sussurro: “Andrà tutto bene”, e tu sai che sta sorridendo
e senti i suoi occhi puntati addosso, che ne hai la certezza. L’indistruttibile
certezza.
L’unica cosa su cui puoi contare è, semplicemente, lui.
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