Bussò

di AriaNR
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3.Non era così, una volta.

Quella sera aveva corso come un forsennato per attraversare l’intera base e arrivare dalle docce alla camera della ragazza. Shinji si era dimenticato di dirgli il suo nome, ma poco importava ora che si trovava davanti alla porta 219, piegato, con il fiatone per lo sforzo appena compiuto.
Bussò una volta, trattenendo a fatica l’impazienza e il desiderio di ripetere il gesto più volte freneticamente.
Attese e poi bussò di nuovo. In quello stesso momento la porta si aprì e dietro di essa vide apparire la figura minuta della ragazza.
Le sue gote erano di un rosso acceso e i suoi occhi violaerano fissati in quelli di Donar, come se uno strano magnetismo impedisse ad entrambi di distogliere lo sguardo dall’altro.
L’uomo avrebbe voluto dire qualcosa per rompere il ghiaccio, ma senza accorgersene era rimasto imbambolato a guardarla, con il suo solito sorriso da ebete.
Sentiva le mani pizzicargli per il desiderio di prenderla, tirarla a sé e stringerla tra le braccia.
La ragazza accennò un sorriso e abbassando lo sguardo si scostò dalla porta per invitare Donar ad entrare.
Non importava parlare più di tanto. L’uomo entrò nella camera e dopo qualche passo sentì la porta chiudersi, poi un paio di passi leggeri. Le due piccole mani si fecero strada sul suo petto per poi cingerlo, timorosamente, in un abbraccio imbarazzato.
-Nao-Disse una voce cristallina che risuonò nella testa di Donar come tanti campanellini -Puoi chiamarmi Nao…-
Donar si era dimenticato di mettersi la maglia e ora la fronte e il naso della ragazza appoggiavano direttamente sulla sua pelle, come le sue piccole mani. Poteva sentire il corpo surriscaldarsi grazie a quei soli tocchi delicati.
-Donar-Rispose una volta riuscito a riordinare le idee. Indeciso portò le mani su quelle della ragazza e le strinse delicatamente.
Poco dopo allentò la presa per alcuni attimi, si voltò e poi si piegò sul volto di lei per baciarne le labbra.
Sapevano di ciliegie.
L’aveva sognata talmente tante notti che poterla toccare veramente era decisamente troppo per l’autocontrollo del ragazzo.
Quando poi la sentì ricambiare scese istintivamente con le mani lungo i suoi fianchi fino ad afferrarla delicatamente per le cosce e sollevarla.
La porta era chiuse e le tende tirate.
Sentì la ragazza aggrapparsi a lui con le gambe, mentre le piccole mani cercavano timorosamente le sue spalle e la sua nuca.
Senza attendere oltre la portò al letto, facendola distendere sotto il suo corpo e pensando di compiere il desiderio di entrambi iniziò lentamente a sollevargli il vestito toccando delicatamente la pelle. Prima la coscia poi la pancia.
Gli occhi vispi della ragazza si spalancarono e le loro labbra si divisero. Liberò la presa con le gambe mente con una mano scivolava lungo il braccio dell’uomo per bloccarne la marcia.
-Non ancora-La sentì sospirare contro le sue labbra e riprendere a baciare le stesse con tocchi più casti e trattenuti.
I suoi occhi erano enormi ed incantatori. Donar ci cascò in pieno. 
Si lasciò cadere accanto al corpo minuto della ragazza. Passò un braccio sotto il collo di lei e con l’altro, sulla sua schiena, la tirò a sé.
Sentiva il suo respiro regolare contro la pelle nuda del petto. Il cuore di Donar sembrò riprendere il ritmo naturale, tranquillizzandosi lentamente. Intanto il suo corpo, stanco per i duri allenamenti, si allacciò a quello della ragazza per tenerla il più vicino possibile. Bastarono pochi attimi, qualche parola sussurrata da lei e si assopì.
La mattina seguente si sarebbe svegliato con ancora Nao tra le braccia, anche quella successiva e tutte quelle a seguire.
 
Alcune settimane perché Donar ritornasse al suo letto, alcuni mesi perché riuscisse a dormire di nuovo, ma il tempo passato non era mai abbastanza per smettere di sognarla.

 
Era un rito che non compiva più così spesso come una volta.
Donar percorse il corridoio, una volta avrebbe corso, ma quel giorno il suo passo era calmo e misurato.
Si fermò alla 219.
Bussò due volte come aveva sempre fatto.
Nao arrivava sempre ad aprirgli con le gote rosse e gli occhi colmi di dolcezza.
Bussò altre due volte mentre sentiva gli occhi bruciargli e gli arti appesantirsi. Non era così una volta.
Bussò, ma il silenzio riecheggiava oltre quella porta. Non era così una volta.
Bussò, ma non riuscì a fermare le lacrime ora che si trovava accovacciato a terra davanti a quella porta.
No, non era così una volta.




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