E'
difficile spiegare cosa stessi provando in quel momento,
perchè
effettivamente non lo sapevo neanche io. Erano successe così
tante
cose strane durante il giorno, che quando entrai nella sala e vidi il
soffitto ebbi il colpo di grazia.
Una campana di vetro mi avvolse
completamente, anestetizzandomi e facendomi perdere il contatto con
il mondo esterno. Le voci assordanti delle persone in sala che un
minuto prima stavano rimbombando nella mia testa si spensero.
Mi
ritrovai lì, nel mio primo giorno a Hogwarts, una ragazzina
nata
babbana che non sapeva nulla di magia, sola, indifesa, sotto lo
sguardo indagatore delle stelle che rilucevano dal soffitto, a
spalancare gli occhi sempre di più.
Io, che fino a un mese prima
vivevo in Australia con la mia famiglia e non avevo mai fatto nulla
in tutta la mia vita.
Io che ero la secondogenita, io che avevo le
potenzialità ma non mi applicavo, io che neanche sapevo fare
il
caffè, io che mi mangiavo le unghie.
Io che alla lavagna non
riuscivo a scrivere dritto, io che dicevo di essermi dimenticata il
quaderno a casa, io che non avevo mai voglia di portare giù
il
cane.
Io, quella banale, incapace nello sport, a cui non piacevano
i cereali al cioccolato, io che leggevo sempre gli stessi libri, io
che a volte mettevo per sbaglio i calzini spaiati.
Io, in quel
momento, mi trovavo lì, e non riuscivo a capacitarmene.
La
barchetta di carta che avevo fatto con il biglietto del treno prima
di entrare mi scivolò dalle dita.
Quella mattina ero passata
attraverso un muro, avevo conosciuto dei coetanei che affermavano di
essere dei maghi, ero entrata per la prima volta in una scuola di
magia.
E mi era sentita così piccola in confronto a quel cielo
che gli altri nemmeno stavano guardando, da giurare a me stessa che
sarei tornata a casa quell'estate facendo provare le stesse emozioni
alla mia famiglia. Li avrei fatti stupire di quello che sarei stata
capace di fare, li avrei fatti diventare fieri di me.
Non volevo
più che la mia vita avesse un'importanza marginale, non mi
sarei
più sentita insignificante o banale.
E mentre una voce mi
chiamava, giurai a me stessa che la prossima volta che fossi rimasta
ad osservarlo, avrei retto il confronto con quel cielo.
Abbassai
lo sguardo, e con passo deciso andai incontro al mio destino.
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