Love Is Dangerous
Attenzione!
Prima di leggere questo
capitolo,
dovete sapere che...
La FF si svolge prima della
dichiarazione
di Usui e di Misaki, ma nel corso dei capitoli,
sarà Spoiler
assicurato! Nel senso che se non avete letto il manga fino
al capitolo 48, allora è meglio se NON lo leggete,
perchè ovviamente prenderò spunto dalle cose
successe da quel capitolo (cap. 48 del manga) in poi... Quindi se non
volete farvi Spoiler, non leggetela!
Grazie dell'attenzione.
Sara.
NB:
Se volete leggere tutta l'intestazione per saperne di più
sulla FF,
visitate questa pagina: Love Is
Dangerous - Intestazione
Prologo
Ero
in camera mia con Suzuna a disegnare in un foglio, precedentemente
strappato da un quaderno di matematica, un prato fiorito con vari
animaletti, case e bambini con facce grandi come meloni e il corpo come
grissini – eh sì, all’epoca i nostri
disegni assomigliavano per lo più ai dipinti di picasso
– quando sentii mia madre urlare per l’ennesima
volta a mio padre.
In quei giorni le loro
litigate si erano moltiplicate anche per futili motivi; dai vestiti di
mio padre sparsi nel salone, ai piatti non lavati, al water sporco, ai
calzini buttati qua e la nella casa, a lui che tornava a casa nel ben
mezzo della notte ubriaco marcio, ai debiti che mio padre, giorno per
giorno, accumulava giocando ai giochi d'azzardo, eccetera eccetera..
Sinceramente non
c’è la facevo più, ero stanca. Da
quando ero arrivata in questa famiglia, non c’era stato un
attimo di pace.
Ah! Non ve
l’avevo detto? I miei genitori mi avevano adottato appena tre
anni prima.
I miei veri genitori
– da quello che mi avevano detto – erano morti
quando io avevo 5 mesi, e , una settimana dopo la loro morte,
l’assistenza sociale mi mandò subito in
Orfanotrofio.
Nei primi anni di vita
non ho fatto molte amicizie; ero una bambina taciturna, mi facevo i
fatti miei, guardavo ma non parlavo, e soprattutto piangevo e soffrivo
in silenzio.
Solo dopo il compimento
dei miei 7 anni riuscii ad uscire dal mio guscio, fatto di sofferenze,
isolazione e odio verso il genere umano.
Cominciai ad essere
più socievole, più forte e più
combattiva. Combattiva soprattutto nel difendere le giovani donzelle da
quello strano e diverso genere umano, chiamato genere maschile.
Non so il
perché di tutto questo accanimento per i maschi, ma credo
dipenda dal fatto che ogni giorno vedevo maltrattare – anche
con piccoli gesti come punzecchiamenti, prese in giro, eccetera
– le piccole,indifese e docili bambine.
Ero, in un certo senso,
la paladina della
giustizia femminile.
I maschietti mi
temevano e stavano molto attenti quando c’ero io nei paraggi,
a cosa facevano e a che cosa dicevano.
In quegli anni avevo
legato particolarmente con due bambini; Yuuki, una dolcissima bambina
con gli occhi neri come la pece, i capelli castani e morbidi e la pelle
chiarissima. Sua madre morì appena dopo averla
partorita, e suo padre, preso dalla disperazione, abbandonò
tutto e tutti, anche la sua piccola Yuuki, e la portò nel
primo Ofanotrofio disponibile. Era una bambina molto dolce e tenera,
che nonostante tutto, sorrideva e non si lasciava sopraffarre dalla
tristezza nei momenti più bui.
Il secondo bambino a
cui mi ero legata, si chiamava Ren; Un bambino molto taciturno e serio.
La prima volta che lo
vidi ero nella stanza dei giochi dove io e Yuuki giocavamo a
Carte,forbici e sasso. Involontariamente il mio sguardo
saettò sulla piccola figura che se ne stava seduto in un
angolino a guardare un punto imprecisato. Non so cosa mi indusse ad
alzarmi e ad avvicinarmi a lui, sotto lo sguardo sorpreso sia di tutti
gli sguardi dei bambini presenti nella stanza, sia di quello della mia
fedele compagna di giochi e di avventure Yuuki, fatto sta che mi
avvicinai cautamente a quello strano bambino e gli chiesi come si
chiamava. Lui non accennava né a rispondermi, né
a guardarmi. Alla fine non ci vidi più e iniziai ad
alterarmi.
“Allora, hai
intenzione di parlarmi o no?” Gli chiesi incrociando le
braccia spazientita.
Ad un tratto lui
alzò di scatto la testa e i nostri occhi si incontrarono; la
cosa che mi colpì furono i suoi meravigliosi, quanto
misteriosi, occhi grigi. Grigi
come il cielo in piena tempesta.
Gli adoravo.
Lui alzò un
sopracciglio e finalmente mi rispose:
“Ren.”
Ren…
“Misaki”
Gli dissi sorridendoli,soddisfatta di averlo fatto parlare.
Lui sorrise di rimando.
Ma un sorriso sinceramente divertito da quella situazione, da quella
strana bambina, forte e determinata.
Per la prima volta
sorrise dal pìù profondo del cuore,dopo tanti
mesi.
Da quel giorno
diventarono amici per la pelle.
Misaki
presentò il suo nuovo amico a Yuuki, la quale
all’inizio non gli era stato simpatico, ma dopo vari
tentativi, anche loro diventarono buoni amici.
Noi tre eravamo
speciali. Noi tre eravamo inseparabili. Noi tre eravamo i Fantastici tre.
Tutti adoravano e
soprattutto invidiavano il nostro rapporto, fatto di fiducia,
realtà, e consapevolezza di non riuscire a fare a meno
dell’altro.
Con un solo sguardo ci
capivamo, se uno di noi stava male ed era triste, noi lo capivamo e
facevamo di tutto per farli passare quel momento di tristezza. Se uno
di uno aveva voglia di piangere, lo facevamo tutti in un angolo
nascosto, abbracciandoci e tenendoci per mano, come se quel semplice
contatto, ci infondesse la forza per andare avanti.
Ma ovviamente tutte le
cose belle, prima o poi, finiscono.
Ero, come sempre, nella
stanza dei giochi a disegnare con i miei due migliori amici, quando
venne Dori – la balia più dolce e bella di tutto
l’Orfanotrofio. Se c’era qualche problema, lei
veniva e ci aiutava nel miglior modo possibile, facendoci ridere a
più non posso quando raccontava uno dei suoi famosi racconti
che le raccontava sua madre o sua nonna, quando ero molto
più giovane. – e con uno sguardo strano, che in
quel momento non riuscivo a decifrare, iniziò a parlare.
“Come state
bambini?”
“Benissimo!”
Rispondemmo in coro, sorridendole.
Lei ci sorrise e
rivolse il suo sguardo su di me.
“Misaki,
cara, dobbiamo andare nell’ufficio della
direttrice. C’è una cosa che dovresti
sapere” Mi disse allungandomi la sua mano.
Lì per
lì mi sembrava una cosa strana; mai, e dico mai, la
direttrice mi aveva chiamato. Deve essere una cosa veramente seria.
Pensai afferrando la mano grassottella e piena di rughe di Dori,
lanciando degli sguardi ai miei migliori amici e sorridendoli cercando
di non farli preoccupare.
Aprì la
porta, uscimmo e ci dirigemmo verso un lungo corridoio, fatto di un
muro bianco ricoperto totalmente di quadri antichi, statue e strani
dipinti raffigurate persone a me sconosciuti.
Finalmente ci vermammo
e Dori bussò, nell’attesa di sentire l’
avanti della Direttrice.
“Avanti!”
Ci urlò dall’altra parte della stanza.
Dori aprì la
porta e la seguii in quella che doveva essere lo studio più
grande che avevo mai visto.
La parete era rivestita
totalmente di uno strato marrone con dei puntini bianchi,
c’erano anche qua moltissimi quadri, raffigurati delle
bellissime donne. Al centro della stanza c’era una
grande scrivania con sopra un sacco di fogli e documenti di tutti i
tipi, e d’avanti c’era seduta sopra ad una enorme
sedia, quella che doveva essere la Direttrice.
“Finalmente
ho l’onore di parlare con la famosa Misaki!” Disse
sorridendomi, avvicinandosi e chinandosi per essere alla mia altezza.
“Allora,come va?”
“Bene,
grazie..” Risposi un po’ timida
“Mi fa
piacere. Sai, ti ho chiamata per dirti una cosa importante mia cara
Misaki”
Alzai lo sguardo
attenta ad ascoltare quello che diceva.
“Abbiamo
ricevuto parecchie richieste di adozione per te, ma
ovviamente prima di parlarne direttamente con te volevamo essere sicuri
della stabilità e della sicurezza della famiglia in
questione. – Ma
che cosa sta dicendo? Sta scherzando vero? –
Avevamo l’intenzione di farti trasferire in una famiglia per
bene e con una situazione economica in grado di farti crescere nel
miglior modo possibile. Abbiamo parlato a lungo con questa bellissima
coppia – Solo in quel momento mi accorsi di altre due
persone; Una ragazza sui ventisette anni e un uomo sulla trentina.
– Hanno avuto modo di vederti in altre occasioni, mentre
giocavi o mentre studiavi, ed erano assolutamente decisi e sicuri ad
adottarti. Ovviamente dobbiamo ricevere anche una tua
impressione.”
No aspettate…
“Ciao
Misaki.. – Incominciò a parlare per prima la donna
– io sono Hikari, invece lui è Akito –
Disse riferendosi a quell’uomo vicino a lei che mi stava
sorridendo – abbiamo un’altra bambina,
più piccola di te di due anni e si chiama Suzuna. Avevamo
intenziona già da un paio di anni di adottare una
bambina, e quando ti ho vista, mi sono subito affezionata a te.
Ovviamente,come ha detto anche la Direttrice Izumi, vorremmo sapere
cosa ne pensi.” Concluse sorridendomi dolcemente.
Io non riuscivo a
proferire parola. Non ci potevo credere. Sarei stata adottata!
Dopo anni e anni che
avevo sognata così ardentemente questo momento, mi
sentivo…vuota.
Non sapevo il
perché. Forse per tutta quella situazione, così
strana. O per quello che doveva succedere una volta entrata nelle loro
vite. O, più semplicemente, perché
così facendo avrei lasciato tutti; le bambine che difendevo
dai brutti maschiacci, le persone che avevo conoscito negli anni, la
nostra bellissima e dolcissima Balia, ma soprattutto.. i miei migliori
amici.
Come avrei fatto senza
di loro? Come faranno loro senza di me? Noi ci completiamo, siamo come
un’anima sola. Noi siamo una cosa sola. Se uno di
noi se ne va, inevitabilmente non saremmo più noi stessi.
Non saremmo più i
Fantastici tre.
No..non voglio!
Ma.. prima o poi, anche
loro troveranno una famiglia che li possa adottare e se ne dovranno
andare. E inevitabilmente ed inesorabilmente, ci divideremo.
Quindi …
cosa dovrei fare?
“Vorrei
essere adottata da voi..perchè mi sembrate delle brave
persone..” Non ci potevo credere..l’ho detto
davvero.
Abbassai lo sguardo e
sentii Hikari sospirare, e ridere felice e contenta abbracciando il suo
compagno.
Ormai il dado era
tratto, l'uovo era rotto, la frittata rovesciata.
Insomma, non potevo
più tirarmi indietro.
Dopo quel famoso
incontro, tra firmare documenti, prepararmi e abituarmi alla
consapevolezza di non avere più scampo, non avevo neanche
più tempo di parlare con i miei amici, i quali molto
probabilmente avevano già saputo della grande notizia visto
che ormai nell’istituto non si parlava d’altro che
della mia imminente adozione.
Volevo diglielo
direttamente io stessa, ma ovviamente non ci riuscii; ero una codarda.
Era il giorno della
partenza. I miei fututi genitori stavano trasferendo i miei bagagli
nella macchina, e io ero appena fuori dal portone
dell’Orfanotrofio e non facevo niente. Non provavo
nessuna emozione. Guardavo avanti in un punto imprecisato, senza
parlare né accennare a muovermi.
Ad un tratto
sentìì tirarmi il vestitino rosa, precedentemente
coprato da Hikari, – visto che io avevo per lo più
vestiti maschili – mi girai e spalancai gli occhi nel
trovarmi addosso il corpicino della piccola Yuuki, della
‘mia’ Yuuki.
“Non andare!
– Mi ripeteva tra i singhiozzi – Non andare! Non
andare! Non andare!!”
Mi
sentìì morire.
Chiusi gli occhi e
l’abbracciai anche io.
“Ti prego non
fare così. Anche io non voglio andarmene ma ormai
è tutto fatto. Ormai non posso più tirarmi
indietro. E poi forse è meglio così..”
“Ti prego!
– Ripetè piangendo più forte.
– Non dire così! Ci sarà
un’altra soluzione!”
“Yuuki per
favore non fare la bambina capricciosa e lasciala andare. Sei
un’egoista facendo così!”
Aprìì gli occhi di scatto e incrociai quegli
occhi grigi. Quegli splendidi occhi grigi.
“Ren…”
Sospirai trattenendomi ancora dal non piangere.
Si vedeva che anche lui
stava soffrendo, ma non voleva darlo a vedere.
Yuuki si stacco
lentamente da me, e , senza sciogliere l’abbraccio, si
rivolse a Ren:
"Come puoi dire una
cosa del genere? Forse non ti rendi conto che così facendo
inevitabilmente non la rivedremo mai più! Hai capito?! Non
rivederemo mai più la nostra
Misaki!"
E così
dicendo si staccò e iniziò a piangere ancora
più forte.
Intanto tutti gli altri
bambini si erano affacciati dalle finestre delle loro camere per vedere
cosa stava succedendo. Uscì anche la Balia visibilmente
preoccupata e Hikari e Akito si erano fermati da quello che stavano
facendo e ci guardarono tristemente.
Ren strinse i pugni e
chiuse gli occhi.
Sospirai e iniziai a
parlare:
“Sapete il
perché ho accettato subito di essere adottata?
Perché so, e sapete anche voi, che prima o poi ci avrebbero
adottati uno per uno, dividendoci. Non sopportavo questa idea, ma poi
me ne sono fatta una ragione. E’ da immaturi pensare che
saremmo stati per sempre insieme, diventeremo grandi e inevitabilmente
ci separeremo. Ma ovviamente non ci dimenticheremo,
perchè so
che la nostra amicizia resterà per sempre impressa nella
nostra mentre ma soprattutto nel nostro cuore – Mi avvicinai
a loro e presi le loro mani e le intreccia nelle mie – sono
sicurissima che questo non è un addio, è un
arrivederci.
Vi scriverò
e vi chiamerò ogni giorno, e voi dovrete fare lo stesso, mi
raccomando. – Sorridemmo – mi mancherete un
casino." Dissi abbracciandoli.
"Anche tu ci mancherai"
Dissero all'unisono rispondendo all'abbraccio.
"E' ora di andare
Misaki" Mi disse Hikari avvicinandosi.
Sciogliemmo lentamente
l'abbraccio, li sorrisi un'ultima volta, mi voltai e mi incamminai
verso la macchina.
Akito mi
aprì la porta, salìì e pian piano
partimmo.
Aprìì
il finestrino e gridai a voce altissima:
"Ci rivedremo, ne sono
certa! Ricordatevi che siamo in Fantastici 3 e che niente e nessuno ci
separerà! Vi voglio bene!"
Loro mi corsero dietro
piangendo e con il sorriso sulle labbra finchè non
c'è la fecero più di correre visto la
velocità in cui andavamo.
Mi misi a posto,
guardai fuori la finestrino e iniziai a piangere silenziosamente.
Non
vi
dimenticherò mai.
Mi riscossi dai miei
pensieri quando sentii dei passi provenire fuori dalla porta e il
volume delle loro voci aumentare man mano che si avvicinavano.
"Cosa pensi di
fare,eh?" Disse mia madre entrando nella stanza dopo mio padre, intento
a prendere una valigia e metterci dentro tutto quello che trovava di
suo.
"Non lo vedi? Me ne
vado!"
"Non penserai di
lascarmi? Ma soprattutto, di lasciare le tue figlie..."
A quel punto lui si
fermò di botto e si girò verso di noi, che
eravamo abbracciati, impauriti e con le lacrime agli occhi.
Abbassò lo
sguardo colpevole.
"Mi dispiace bambine.."
Disse accarezandoci i capelli.
"Sai solo dire "Mi
dispiace" eh?" Gridò mia madre in preda alla disperazione.
Lui non
parlò ma si limitò a chiudere la cerniera della
valigia,prenderla e uscire dalla stanza, guardarci per l'ultima volta
tristemente, andare nel piano di sotto seguito dalla mamma, aprire la
porta e uscire definitivamente dalle nostre vite.
Appena sentimmo partire
la macchina sentii mia madre piangere a dirotto, e con lei anche noi
due.
Instintivamente mi
alzai, presi per mano Suzuna, andammo nel piano di sotto vicino alla
mamma e ci abbracciammo piangendo a dirotto.
Da
questo momento in poi mi prenderò io cura di voi, ve lo
prometto.
Nota
dell' Autrice:
Ok..
mi dispiace 1 casino per aver interrotto la mia precedente FF
( I'm
Misaki Fucking Stoner, Who The Fuck Are You?!)
ma non so perchè mi sono bloccata e di conseguenza la mia
immaginazione è andata a farsi benedire >_<
Spero
solo che col tempo riuscirò cmq a farla andare avanti e
magari a finirla.. ma soprattutto a non interrompere anche questa
ff!
Ecco...a
proposito di questa ff; mi era venuto in mente già da 1
pò di scriverla così, magari descrivendo
il triste passato di Misaki(ovviamente tt frutto della mia
immaginazione, per chi ha letto il manga fino al cap. 74, lo sa
già come è andata veramente.) e quindi
bho... vi avverto che la ff sarà molto triste e malinconica!
Eh
si!
Prima
di lasciarvi volevo dirvi che nn so quando aggiornerò (penso
tra 1 o 2 settimane) perchè con la scuola e tt il resto, mi
è molto difficile continuare velocemente la ff, e spremere
la mia immaginazione per sfornare i capitoli .
Quindi
abbiate pazienza e soprattutto continuate a seguirmi e a recensire, mi
raccomando! (:
A
presto <3
Sara
(ps.
scusatemi per eventuali errori grammaticali ^^")
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