Without Us
Bene,
ho scritto un’altra one shot su Sherlock. Con questa ho creato
una serie legata dall’argomento della lontananza tra Sherlock e
John. L’ordine è clamorosamente sparso, infatti la prima
parla del ritorno… Vabbè, non era nata come serie.
Ad ogni modo, stavolta si parla dal punto vista esclusivo di
Sherlock, come sempre vi chiedo il vostro illuminante parere (e, se
avete voglia, leggete anche le altre ^_-).
I personaggi usati appartengono ai loro legittimi autori e
sono usati senza scopo di lucro. La storia mi è stata ispirata
dalla struggente “Alla fine” di Gianna Nannini su cui
ovviamente non ho alcun diritto; la canzone è citata in
introduzione e chiusura della shot e anche in alcune frasi del testo.
A voi la lettura, aspetto commenti!
Baci!
Sara
- Without Us -
Ora che fai
Metti ponti di qua e di là
Nascondi i segni, conti i giorni
Che cominciano senza di noi
Ci pensi mai
Ai ricordi che scappano via
Mi mancherai
E così mi farai compagnia
Potrei ragionare all’infinito sui motivi che mi hanno
portato in questo albergo alla fine di un continente, ad osservare
dalla finestra un angolo di Mediterraneo e una vecchia palma. Potrei
addurre le più sensate spiegazioni per questo gesto e per molti
altri che ho compiuto negli ultimi due anni e mezzo. Sono tutte valide
e, allo stesso tempo, non hanno senso.
Oggi piove. Sono sceso ieri dal traghetto sotto un cielo
coperto, ma non c’è verso che quest’isola mi ricordi
Londra. Odori e colori troppo diversi, anche se piove.
Sul letto c’è il mio borsone e uno zaino pieno
di passaporti falsi, visti contraffatti, identità rubate. La mia
vita, negli ultimi ventotto mesi. Ricerca, individuazione,
annientamento personale di ogni nodo fondamentale
dell’organizzazione di Moriarty.
Ma oggi piove. E fino a domani non potrò agganciare il
mio contatto. Quindi non mi resta che restare qui, in maniche di
camicia davanti a questa finestra, a guardare quel mare scuro che mi
ricorda i tuoi occhi, John.
Continuo a pensare, a riflettere, anche a voce alta,
rivolgendomi a te. Questo retorico sentimentalismo non fa per me, lo
sai vero, Dottore?
Avrei tanto voluto che tu capissi. Per un fuggevole attimo
ho… sperato, che lo facessi. Ma tu, purtroppo, non hai smentito
le mie previsioni. Non me ne stupisco, per questo non avrei dovuto
rimanerci male. Non hai mai visto l’orizzonte che io immaginavo.
Ti ci ho sempre dovuto portare per mano, su quel confine e mostrarti
l’infinito.
L’aria salmastra e bagnata mi raggiunge il viso con uno
scroscio di pioggia. Sa di mare, di sabbia bagnata, profuma di pino,
liquirizia e ginepro. Io vorrei solo sentire odore di divano
sgangherato, vecchia carta da parati e Earl Grey.
Fa freddo. È estate, anche se piove, ma fa freddo. Ho
addosso solo una camicia bianca e sudo. Però fa freddo. Forse,
in un posto dentro di me, si è gelato qualcosa. Bene. Il mio
cervello funziona meglio con il freddo. Una volta mi hai detto che
stare sul ghiaccio mi era più consono. Quante volte ti ho
ferito, John?
Non importa. Tutto ciò che ho fatto ha una spiegazione
logica, inevitabile. E non conta che la mia mente – da quando ti
ribelli? – continui a ripetermi che l’unico vero, valido
motivo per cui ho compiuto ogni azione è soltanto salvare la tua vita.
E, ad ogni modo, non è solo la tua.
E non è finita per niente. La battaglia dura ancora.
Ho inseguito killer, portaborse, contabili, passacarte, informatori,
hakers, per mezzo mondo. C’è ancora qualcuno che non si fa
prendere. Ma non sarei più Sherlock Holmes, se mi arrendessi.
E piove. Odio i momenti come questo. L’azione annulla
ogni altra riflessione, ma quando non c’è, quando sono
impossibilitato ad agire come ora, arrivano altri pensieri. Non bussano
nemmeno, al Mind Palace, hanno le chiavi, o forse sono bravi
scassinatori.
Che cosa stai facendo tu, adesso?
Sarai ancora in ambulatorio, probabilmente. Tra un paio
d’ore uscirai, forse ti fermerai al pub a bere una birra. O
tornerai a casa – che non è più quella
casa – e ti farai una doccia e del tè. Conosco la tua
routine, mio fratello mi tiene informato; non pretenderei di meno da
lui, dopo quello che ci ha fatto. So che esci con una donna, si chiama Mary. Che nome noioso.
Io ti manco?
Mi stupisco della banalità delle mie stesse domande.
Eri solo, prima di conoscermi. E io ti ci ho lasciato di nuovo. Ripenso
alle mie motivazioni e le reputo tutt’ora giustissime. Quello che
è ingiusto è il tuo dolore. La tua solitudine.
Io, mi sento solo. E non mi era mai successo. Sono sempre stato solo. Prima di te.
Mi devo annullare nella mia determinazione. La missione deve
essere il mio unico obiettivo. Devo essere lucido. Voglio il cervello
affilato come una katana giapponese. Niente deve sfuggirmi.
Piove sotto le mie ciglia. È l’acqua salata che
viene dal mare, certamente. Mi bagna la camicia. Io non ho lacrime
davanti a questo mare. Ho già pianto, per te, John.
È stato così difficile anche per te? Ci penso ogni giorno.
Sono un adulto e non sono un romantico, lo sai. Ma è
stata dura, senza di te. Non saprei esattamente spiegarti il
perché, ma è sempre come se mancasse qualcosa. Anche solo
qualcuno con cui vantarsi per un successo, che lo condivida.
Ho mentito. Ho rubato. Ho ucciso. E solo per poter tornare.
Sembra la saga di un bislacco cavaliere errante, se non fosse
che non ti ci vedo nel ruolo di Ginevra. Forse rideresti, a questa
battuta – mi manca ridere con te. O forse ti offenderesti –
mi manca anche quello. Ricordi belli di risate stupide e liti inutili.
Mi manchi. E la tua assenza mi fa compagnia.
Tu che cosa fai? Continui a curare le persone? Ti svegli la
mattina e conti i giorni che passano senza di noi? Come fai a non
pensarci? Ti aiuta Mary?
La pioggia lava via risposte che non sentirò pronunciare dalla tua voce.
Deglutisco un sapore amaro.
Razionalità. Il pensiero logico è il mio
rifugio. Devo pensare tre mosse avanti ai miei avversari. Devo
espandere il mio cervello e avere ben chiare le infinite
diversità e combinazioni in cui il caso può diramarsi.*
Se questo contatto funziona, se il collegamento che ho fatto viene
confermato, il mio prossimo passo mi riporterà in Inghilterra. E
allora potrò tenere d’occhio personalmente il quadro
completo della situazione.
E rivederti, John. Anche se da lontano.
Mi chiedo quanto male possa fare. Se sarà peggio di
vederti in quel cimitero, davanti ad una tomba vuota ad invocare un
miracolo che non potevo concederti.
Non sono un eroe e tanto meno una divinità, ma tu mi
hai pregato come si prega qualcosa in cui si crede. Mi perdonerai mai
per non essere stato all’altezza delle tue suppliche?
Tu non avresti mai fatto una cosa simile. Tu saresti morto davvero, per salvarmi.
Ma io non potevo morire. Non senza assicurarmi che la tua vita e quella degli altri fosse veramente al sicuro.
So che potresti capire.
Quello che temo non mi perdonerai mai è non essermi fidato di te.
Ma la tua posizione era troppo delicata. L’occhio
implacabile dei cecchini di Moriarty – forse del suo più
infallibile cecchino – era puntato su di te. Sulla persona
più indispensabile per me. Osservavano ogni tua mossa, ogni tua
espressione. Mi avresti tradito.
No, non volontariamente.
Il prezzo, però, sarebbe stata la tua vita.
E non potevo assolutamente permetterlo, John.
Sembra un discorso che mi sto preparando per giustificarmi
con te. Le giustificazioni sono qualcosa che serve ad acquietare la
coscienza. Non avevo mai avuto sensi di colpa da mettere a tacere, io.
Piove come se non ci fosse domani. Un diluvio che, forse,
metterà fine all’estate anche in questo angolo di
Mediterraneo pieno di gatti randagi come me.
Dovrei avercela con te, in fondo è un po’ colpa tua.
Ero invulnerabile, prima.
Poi sei arrivato tu, con quell’aria innocua, ed hai incrinato la corazza che mi proteggeva.
Moriarty ci ha visto attraverso.
La Donna l’ha fatta sanguinare.
E, alla fine, è stata strappata via ed ha lasciato un
corpo e un cuore senza protezioni a piangere su un cornicione. Quelle
lacrime pesavano come macigni, tanto me le ero tenute dentro.
E sotto c’eri tu.
L’unico che ha sempre saputo salvarmi.
Io ti ho tradito e, se mi odierai, ti capirò.
Ora voglio solo che smetta di piovere. Su quest’isola.
Sulla mia camicia. Voglio che il mare ridiventi blu e calmo, come i
tuoi occhi. Voglio tornare a Londra. Voglio le sirene fuori dai vetri
di Baker Street. Voglio il vociare dei turisti a Piccadilly. Voglio
annoiarmi la domenica mattina a Kensington. Voglio una scena del
crimine in periferia e insultare Anderson. Voglio il tè del
pomeriggio con i biscotti di Mrs. Hudson.
E tutto questo lo voglio con te, Dottor Watson.
Non mi arrenderò finché non avrò
raggiunto il mio obiettivo. Non mi riposerò se non su quel
divano. Non mi darò pace finché non mi perdonerai.
Sono Sherlock Holmes e riavrò la mia vita. Riavrò il mio John.
Davanti a me si perde il mare
Io sto con te senza lacrime
Tu come fai a darti pace
Se non finisce mai
Per un giorno intero
Per tutta la vita
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NOTE
- * un altro riferimento trekker:
“infinite diversità in infinite combinazioni”
è uno dei fondamenti della logica vulcaniana ed abbiamo
già parlato di quanto vulcaniano sia Sherlock, no? Secondo me
è anche un concetto su quanto debba essere flessibile e priva di
pregiudizi una mente scientifica e logica.
- Ora un interrogativo. Secondo voi,
Sherlock, davanti a quella finestra, sta piangendo oppure è
davvero bagnato dalla pioggia? Voglio vedere cosa ne pensate voi. Le
lacrime di Sherlock sul cornicione sono una delle cose che mi ha
colpito di più, nell’ultimo episodio, perché uno
come lui deve essere coinvolto molto profondamente per lasciarsi andare
in quel modo, ma del resto c’era John all’altro capo del
telefono…
Vorrei scrivere qualcosa anche dal punto di vista di John, ma
devo pensarci bene, perché l’immedesimazione mi risulta un
po’ più difficile. Cercherò la canzone che
m’ispiri!
Grazie a tutti i lettori, qualsiasi chiarimento chiedetelo nei commenti, vi risponderò!
Lunga vita e prosperità.
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