Due tazze di ricordi e
una bustina di zucchero
- ... Non che
non ci abbiamo provato tutti e tre, davvero. Ora siamo in una specie di
relazione aperta, come vedi. Ma non credo funzionerà. Loro
due sono sempre così presi l’uno
dall’altra -.
Mark finisce
di parlare, sospira e beve un altro sorso di tè. In
realtà, non ha idea del perché le stia dicendo
tutto questo. Ma, per quanto improbabile, è un appuntamento
e lui deve pur raccontarle qualcosa di sé, e lei
è così brava ad ascoltare: così calma
e posata, con gli occhi gentili e l’aria di qualcuno a cui,
forse, interessa davvero ciò che sta dicendo. E Mark non
è abituato a mentire come Tristan e Isolde, la
verità gli scivola sulla lingua in modo così
fastidiosamente spontaneo.
È
stata l’amica di Isolde a fargliela conoscere, ovviamente.
Brangien deve sempre mettersi in mezzo, quando si tratta di loro, ma ad
Isolde non sembra importare così tanto. Non che non dica il
contrario ogni volta, ma se le importasse davvero forse avrebbe
protestato un po’ di più quando Bran gli ha
proposto di uscire insieme, prima del loro piccolo accordo –
ma è anche vero che sono usciti una volta e basta, e
Brangien non l’ha mai nemmeno guardato negli occhi.
Deve trattarsi
di una qualche strana forma di solidarietà tra donne. O tra
irlandesi trapiantate in Gran Bretagna. Oppure, forse Bran è
solo una delle tante persone innamorate di Isolde – la loro
ragazza le attira come falene intorno a una candela, in fondo, e la
lealtà di Brangien verso di lei talvolta raggiunge livelli
decisamente sospetti.
- Vorrei solo
che parlassero chiaro. Solo questo – si ritrova a dire a
questa ragazza che ha appena conosciuto, mentre lei mescola lo zucchero
nel tè con un cucchiaino di plastica. Vorrebbe che almeno Tristan parlasse
chiaro, per una volta, perché in fondo il primo che ha
conosciuto e di cui si è innamorato è lui, e il
pensiero di perdere quel suo sorriso un po’ arrogante e le
sue arie da musicista romantico e tormentato fa quasi più
male dell’idea di non vedere mai più i capelli
d’oro e lo sguardo fiero e determinato di Isolde.
Blanche
appoggia la tazza sul tavolino del pub con un gesto calmo e rilassato
della mano bianca e delicata. Ha le dita lunghe e affusolate, nota
Mark. – Ti capisco, e non è tanto per dire. Sai,
il mio fidanzato non faceva che sventolarmi davanti agli occhi la sua
amante ... una sua ex, non aveva il coraggio di lasciare nessuna di noi
due. O di provare a fingere in modo convincente – dice, la
voce un mormorio dolce e rassegnato, una vaga luce nostalgica negli
occhi. Le sue labbra si increspano in un sorriso ironico e amaro.
– Credo stesse con me solo perché gli ricordavo
lei. Pensa, abbiamo persino lo stesso nome -.
Mark sa che
non intende Blanche:
quello è solo il suo secondo nome, e lui in un certo senso
le è stato grato quando lei gli ha detto di chiamarla solo
in quel modo. No, il suo vero nome è Yseult. Incredibile
come un nome così antiquato sia apparentemente
così popolare.
Yseult, quasi come Isolde. Bretone,
quasi come il suo ragazzo mezzo francese – lui sarebbe
deliziato da questa situazione, con il suo umorismo contorto e il suo
amore per i giochi di parole. Eppure, confonderli sarebbe assolutamente
impossibile.
Blanche non ha
la bellezza di Isolde, tutta lunghi ricci biondi e lunghe ciglia folte
e lunghe gambe snelle.
Blanche ha i
capelli biondo cenere, non brillanti come l’oro come quelli
di Isolde. Blanche ha un viso meno grazioso, uno sguardo malinconico e
sfuggente, le unghie delle dita delle mani mangiucchiate, e sta seduta
leggermente piegata in avanti come se fosse abituata a tenere sempre la
testa bassa.
Blanche non ha il sorriso sicuro di Tristan e i suoi penetranti e
intelligenti occhi azzurri, ma una piega che potrebbe anche essere una
smorfia sulle labbra sottili e uno sguardo triste e sincero negli occhi
di un colore tra il blu e il grigio e il verde.
- Oh. Ed
è riuscito a mettermi contro anche mio fratello. Cosa non si
fa per un amico che può presentarti un’amica, no?
– continua la ragazza, strappandolo a quelle riflessioni.
- Oh
– dice Mark, accigliandosi. Per qualche motivo, fa male
pensare che tutto questo sia successo a qualcuno come lei, qualcuno
così fragile. – Conosco un paio di persone che
potrebbero fare qualcosa del genere – riflette poi.
- Mi sono
vendicata. Gli ho detto l’ora sbagliata e l’ho
fatto arrivare in ritardo ad un appuntamento: sembra sciocco, lo so, ma
hanno litigato per giorni interi – dice Blanche, alzando le
spalle e fissando qualcosa sul fondo della sua tazza, come se si
vergognasse un po’. E poi sorride, con
l’espressione soddisfatta e incredula di una ragazzina che ha
appena compiuto il suo primo piccolo atto di ribellione adolescenziale
contro i suoi genitori, e quegli occhi dal colore indefinibile si
illuminano di entusiasmo e divertimento, e le guance le si imporporano.
E, Mark si
sorprende a pensare, è bella così. Anche senza il
viso di Isolde, anche senza gli occhi di Tristan. È quel
sorriso a renderla bella.
E da
lì in poi parlano più di loro, e meno di ex
ragazzi e quasi-ragazze e altre cose complicate. E Mark si ritrova a
sorridere con Blanche, e a cercare di farla sorridere ancora di
più.
Forse, pensa
per un attimo, non è sempre un male che Brangien non riesca
a non immischiarsi nei loro
affari.
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