Just married - capitolo unico
Titolo: Just married
Personaggi: Nolan Ross, Emily Thorne
Rating: Verde
Genere: Commedia, Sentimentale
Avvertimenti: One-shot
Note dell'autrice:
- Momento imprecisato, ma post season 1.
- N. Parole: 2622
Just married
«E voi? Siete sposati? Sembrate proprio una bella coppia.»
A Emily era capitato molto spesso
nella sua vita, soprattutto da quando si era trasferita negli Hamptons,
di dipingersi sul viso un sorriso puramente finto, ma quella volta era
peggio del solito.
Sentiva le guance rigide e
l'irresistibile bisogno di lasciarsi andare e spalancare occhi e bocca
in un'espressione di completa sorpresa. Magari poi avrebbe potuto
inarcare un sopracciglio con disappunto, perché la situazione
era davvero troppo assurda.
Per fortuna, Emily era preparata e abituata a mantenere un perfetto controllo di sé, in ogni momento.
«Come ha detto,
prego?» chiese educatamente, con tono affabile. Non che non
avesse sentito, il suo udito funzionava perfettamente, ma forse aveva
capito male.
Al suo fianco, Nolan Ross era
sorpreso quanto lei, ma si riprese subito e soffocò una risata.
Le avvolse un braccio intorno alle spalle e le strinse gentilmente un
polso con una mano per avvicinarselo alle labbra. Le baciò il
dorso e affermò: «Proprio così! Lei è la mia
dolce metà.» Il tono era divertito e non era possibile non
notare l'ironia con cui calcò l'aggettivo dolce.
Emily si disse che più tardi gli avrebbe fatto capire quanto esattamente potesse essere dolce, a quell'idiota.
Allargò ancora di
più il suo sorriso e avvolse un braccio attorno a quello del suo
novello marito. Lo amava così tanto che, di nascosto alla coppia
davanti a loro, gli diede un pizzicotto doloroso. «È un
avvenimento recente» recitò a beneficio dei signori Wilson.
I suddetti erano una coppia sui
cinquant'anni passati di età, composta da Elizabeth e George
Wilson. Lei era bassa, con il viso a cuore e i capelli rossi. Gli occhi
verdi era intonati al colore del vestito, ed era elegante e gentile. Il
marito era di statura media e di corporatura sottile, aveva i capelli
grigi e gli occhi erano marroni.
Nolan fece una piccola smorfia per
il dolore al braccio che gli aveva procurato, ma si riprese subito.
«Già, sono solo due mesi, è come essere ancora in
viaggio di nozze. Prima Emily era fidanzata con un altro – un
Grayson, immagino ne abbiate sentito parlare -, ma non è
riuscita a resistermi, è scoccata la scintilla»
cominciò a raccontare gesticolando animatamente.
Sembrava così sinceramente
felice che, se Emily stessa non avesse conosciuto l'effettiva
situazione, avrebbe creduto che fosse tutto vero.
Ora, però, stava davvero
esagerando. Se gli avesse dato la possibilità, avrebbe tirato
fuori anche le foto photoshoppate del loro presunto matrimonio?
«Tesoro, non annoiare i
signori Wilson, con queste vecchie storie.» Usò un tono
affabile, lo stesso che aveva utilizzato più volte con Daniel,
ma sapeva che Nolan ci avrebbe letto ben altro. Lui la conosceva fino
in fondo, tutta la verità che si nascondeva dietro Emily Thorne
– da cinque minuti Emily Ross
-, una donna la cui infanzia era stata rubata, il padre allontanato da
lei e rinchiuso da uomo innocente in prigione. Nolan sapeva bene quanto
fosse piena di odio e quanto sentisse la necessità di
vendicarsi.
La festa a cui stava partecipando
attualmente insieme al suo complice e amico era un altro dei tanti
punti di cui era composto il suo piano di vendetta.
L'evento in questione era stato
organizzata da Eleonore Baker, che sembrava avesse avuto un ruolo in
merito alla scomparsa di sua madre. Da quando aveva scoperto che era
ancora in vita, Emily stava facendo il possibile per ritrovarla e
scoprire come fossero andate le cose.
Dietro le spalle della signora
Wilson, Emily notò finalmente il suo obiettivo, l'unico motivo
per cui stesse perdendo tempo a quella festa.
«Guarda, tesoro!» disse Emily rivolta a Nolan, facendo un cenno con il capo per indicargli dove guardare.
Lui spostò lo sguardo e
comprese immediatamente la situazione. «Abbiamo appena notato la
presenza di amici che non vediamo da tempo, se volete scusarci.»
Elizabeth Wilson annuì comprensiva. «Ma certo.»
«È stato un piacere
parlare con voi» aggiunse Nolan, mentre Emily lo prendeva
sottobraccio e si accomiatava educatamente da Elizabeth e George.
«Anche per noi. Spero di
avere modo di parlare di affari in futuro con lei, Signor Ross. La sua
compagnia va a gonfie vele.»
Era vero, e Emily avrebbe voluto sapere come fosse possibile visto il tempo esiguo che dedicava al lavoro.
Nolan sorrise, felice e orgoglioso, poi finalmente si allontanarono dalla coppia.
«Vuoi spiegarmi che ti
è preso?!» lo aggredì lei, appena si furono
sufficientemente allontanati. Tenne un tono di voce minaccioso, ma
basso, per evitare di attirare l'attenzione di altri ospiti.
Nolan si lasciò andare ad
una risata divertita. «E dai, era solo uno scherzo! Tanto non li
rivedremo mai più e, anche se fosse, che importa?» chiese
e scrollò le spalle con noncuranza.
Emily rinunciò a proseguire
con quella questione; aveva recitato molti ruoli nella sua vita, quindi
non era un gran problema in fondo. «Lo spero per te» lo
minacciò. «E ora andiamo, abbiamo già perso fin
troppo tempo.»
Nolan sbuffò. «Dovresti rilassarti ogni tanto, ti verranno le rughe.»
***
Emily era
decisamente una specialista di raccontare bugie, storie, balle, che dir
si voglia. Nolan aveva avuto una grande maestro, lei.
Ed era proprio lei, ora, che era
costretto ad ingannare, perché era certo che, se avesse saputo
la verità, non l'avrebbe mai aiutato.
Non gli piaceva cosa era costretto
a fare, ma il fine giustificava i mezzi e pure Emily ci campava con gli
utili della compagnia NolCorp.
Nolan, in piedi davanti alla porta della casa di Emily, suonò il campanello e si mise in attesa.
Poco dopo la porta si aprì e lei lo fissò con sorpresa. «Non ti aspettavo, che ci fai qui?»
Lui sollevò il braccio e mosse le dita in segno di saluto. «Ehi, Ems!» esclamò allegro.
Emily sollevò gli occhi al cielo e si fece da parte. «Dai, entra.»
Nolan si fece largo lungo la stanza.
«Allora? Che cosa devi dirmi?»
«Ti ricordi i signori Wilson che abbiamo incontrato a quella festa, tempo fa?»
Lei annuì e lo incitò a continuare.
«Sembra che il marito sia implicato con l'arresto di tuo padre.»
Emily strabuzzò gli occhi.
«Ma di che diavolo stai parlando?! Come sei arrivato a questa
conclusione?» Mosse qualche passo avanti, avvicinandosi a lui, e
dando l'impressione di essere davvero minacciosa.
«Sai com'è,
utilizzando i miei sistemi informatici, ho scoperto che George Wilson
è collegato agli sporchi affari di Conrad Grayson. Immaginando
che tu avresti voluto indagare, sono riuscito ad ottenere un invito a
cena con la scusa di parlare d'affari.»
L'altra incrociò le braccia
al petto e storse il naso, dubbiosa. «Mi stai nascondendo
qualcosa, non è vero? Dove sono le prove?»
Nolan sorrise e infilò una
mano nell'interno della giacca, per poi estrarre un contenitore
trasparente pieno di documenti e immagini. Tutti falsi, ovviamente, si
trattava di un lavoretto che aveva fatto al computer. Terminata la
serata, le avrebbe spiegato come stavano le cose, ma per un paio di
giorni non ci sarebbero stati problemi.
Lei esaminò le carte.
«Secondo questi fogli, anche George Wilson era implicato nel
disastro aereo, quello che non capisco è come mai mio padre non
ne fosse a conoscenza. Quest'uomo non era nemmeno presente al
processo.»
Nolan deglutì nervosamente. «Dev'essere stato messo tutto a tacere.»
Emily si fece pensierosa mentre
continuava a far correre lo sguardo tra i fogli che teneva tra le mani.
«In altre parole, tutto quello che devo fare è andare a
quella cena insieme a te e scoprire di più su questa
storia.»
Lui sorrise, sentendosi più sollevato che la sua recita avesse avuto successo.
Poi l'altra si avvicinò di
un passo e lo spontaneo istinto di fare lo stesso all'indietro crebbe.
Prima che potesse prendere una qualsiasi decisione, Emily lo
agguantò bruscamente per il colletto della camicia, facendogli
quasi perdere l'equilibrio.
«Pensi che sia stupida?
Tutta questa storia non regge. Ora la smetti di mentire e mi spieghi
per filo per segno come stanno davvero le cose, sono stata
chiara?»
«Okay, okay!» si
affrettò a dire Nolan, sollevando le braccia in segno di resa.
«Quelle carte sono false, le ho fabbricate io. Ma ho davvero
bisogno di partecipare a quella cena, è per concludere un
importante affare. Hai presente quella compagnia di cui possiedi quasi
la metà delle azioni con cui campi e compi la tua vendetta?
Ecco, quella!» spiegò con sarcasmo, mentre Emily si
decideva a lasciarlo andare per poi rivolgergli un'occhiata sempre
più malevola.
«Posso immaginare il resto:
devo partecipare anch'io perché l'altra volta hai avuto la
brillante idea di farmi passare per tua moglie?»
Nolan annuì con il capo. «Sarebbe il momento giusto per dirmi: “te l'avevo detto”.»
«Anziché inventarti quella storia, non potevi semplicemente chiedermi aiuto?»
«Ci tengo davvero alla mia
compagnia, ero convinto mi avresti detto di cavarmela da solo,
soprattutto perché è colpa mia se mi sono messo in questo
casino.»
Aveva tirato su la NolCorp dal
niente, grazie all'aiuto del padre di Emily, David Clarke, e voleva che
continuasse sempre a prosperare.
«Visto che, come dici tu,
anch'io ho degli interessi verso la NolCorp, ti aiuterò.»
Nolan avrebbe voluto sorridere e saltellare di gioia, ma poi
notò l'espressione scura di Emily. «Ma non mentirmi, non
mettermi nella condizione di non potermi fidare di te.»
L'aveva detto con tono duro, ma
Nolan sapeva che c'era dell'altro; anche se, alla fine dei conti, si
trattava di una sciocchezza, il concetto di fiducia di Emily era molto
fragile e Nolan non aveva nessuna intenzione di perdere quel poco che
era riuscito a conquistare, né tanto meno di farla soffrire in
alcun modo.
«Mi dispiace, e anche per
aver usato il tuo piano di vendetta come scusa.» Allungò
un braccio e le fece una carezza sulla guancia.
«Non importa.»
Nolan lasciò ricadere la mano e Emily sollevò la testa. «Quando sarebbe la cena?»
«Tra due giorni. Ti passo a prendere alle sette?»
***
La cameriera dei
signori Wilson che venne ad aprire la porta era una donna sui
quarant'anni, bassa e tarchiata. Aveva i capelli neri legati in una
stretta crocchia e gli occhi marroni.
«Voi dovete essere i signori Ross» affermò, rivolta a loro due.
Nolan stava per scoppiare a
ridere, un misto di ilarità e nervosismo, ma la gomitata che
Emily gli conficcò nel fianco lo fermò.
«Sì, siamo noi»
confermò tranquillamente lei sorridendo, come se un attimo prima
non gli avesse quasi rotto qualche costola.
«Prego, il signore e la signora Wilson vi aspettano in salotto.»
La casa di George ed Elizabeth
ricordava quella dei Grayson, in quanto a grandezza, anche se era
più antica e più intima, in un certo senso, emanava
calore famigliare.
La cameriera li guidò fino
al salotto. Elizabeth era seduta sul divano di velluto beige, ma si
alzò immediatamente quando li vide entrare.
Nolan vide che il marito, invece, era in piedi vicino ad una finestra.
«Benvenuti. Avete avuto difficoltà a trovare la casa?» chiese Elizabeth.
«No, assolutamente.»
rispose Nolan, mentre lui ed Emily prendevano posto di fronte alla
signora Wilson, che nel frattempo si era riseduta.
«Volete bere qualcosa?» chiese George, indicando bicchieri colmi di caipiroska e delle ciotole con salatini misti.
Finora stava procedendo tutto
bene, non poté fare a meno di pensare Nolan. Certo, gli era
sembrato lo stesso con Emily, poi lei aveva rivelato di aver scoperto
il suo inganno... Sperava che questa volta andasse meglio, anche se di
certo la sua compagnia non ne avrebbe risentito per un affare perso;
più che altro voleva evitarsi una cattiva pubblicità se i
Wilson si sarebbero risentiti in caso avessero scoperto la
verità.
«Emily, di cosa ti occupi,
mentre tuo marito pensa ai computer? Confesso che io non ci capisco
molto» disse Elizabeth, mentre il marito si sedeva al suo fianco
e prendeva per sé un bicchiere di caipiroska.
Uhm, quant'era rimasto immerso nei suoi pensieri? Quand'è che erano passati a darsi del tu?
«Beneficenza, perlopiù» spiegò Emily, continuando a sostenere la sua commedia come Emily Thorne.
Già, proprio beneficenza, penso Nolan.
«Davvero? È una cosa
ammirevole, ma pensavo si occupasse di ben altro nella vita, è
così intelligente e sveglia.»
Emily, al suo fianco, rimase
interdetta per un attimo prima di affrettarsi a ringraziare per il
complimento, mentre lui si limitò a sollevare le sopracciglia,
osservando ammirato Elizabeth.
Quella donna doveva essere molto acuta.
Ripresasi dalla sorpresa, Emily sorrise e scrollò le spalle.
«Hai qualche hobby?» chiese ancora Elizabeth.
Oltre che curiosa e chiacchierona.
«Dipingo, mi piace molto dipingere.»
«È piuttosto
brava» disse Nolan, che ricordava di aver visto alcuni dei quadri
dipinti dall'amica appesi alle pareti.
«A me piace prendermi cura delle piante. George mi ha costruito una serra in giardino dove me ne prendo cura.»
«Davvero? Mi piacerebbe vederle, se sei d'accordo» affermò Emily, prima di gettargli un'occhiata in tralice.
Era piuttosto sicuro che gli stesse offrendo un'occasione per concludere l'affare.
«Assolutamente. Facciamo dopo cena?»
«Certo.»
Sulla soglia della porta di legno
comparve un'altra cameriera, un po' più giovane e magra della
prima, e bionda. «Scusatemi, signori, la cena è
pronta.»
***
I fiori della serra
di Elizabeth erano davvero belli e lei doveva avere il pollice verde,
perché sembravano davvero ben curati.
Emily non aveva una grande esperienza in proposito, ma non si poteva non notarlo.
«Queste orchidee sono bellissime» affermò, indicando le piante di fiori di fianco a loro.
Elizabeth sorrise. «Grazie. Sono “Odontioda lola”.»
I petali di quella specie di
orchidee avevano forma quasi circolare, a punta; l'interno era di
colore arancione scuro, mentre il contorno era bianco.
Andarono avanti ancora di qualche
passo prima che Elizabeth rompesse il silenzio. «Allora... tu e
Nolan non siete sposati, ma avete qualcosa che vi lega, non è
vero?»
Emily si voltò a guardare
l'altra. «Ti chiedo scusa per aver preso il giro te e tuo marito,
non è stato fatto con cattive intenzioni» rifletté
sulle parole pronunciate da Elizabeth. «Che cosa intendi con
“qualcosa che ci lega”?» Non era rimasta sorpresa che
i Wilson, o perlomeno la moglie, avessero scoperto la verità su
lei e Nolan, sarebbe bastata una semplice ricerca, ma voleva capire che
connotazione avesse il resto.
«Nulla, credo solo che abbiate un rapporto speciale.»
«Siamo amici e ci conosciamo
da parecchi anni» spiegò brevemente, evitando di proposito
di spiegare “cosa” davvero li legasse, cioè il
desiderio di vendetta. Si volevano bene, d'accordo, ma il loro rapporto
non aveva nulla di speciale.
Anche ora che aveva capito di non
essere davvero innamorata di Jack Porter, non aveva mai pensato di
vedere Nolan diverso da quello che era: un amico, un complice,
sicuramente non un uomo.
«Capisco» disse
Elizabeth e un sorriso enigmatico le piegò le labbra.
«Vieni, raggiungiamo i nostri mariti.»
Emily, senza aggiungere nulla, si limitò a seguirla.
***
«È andato tutto bene» disse Nolan, quando salirono sulla sua auto, al termine della serata.
«Non esattamente, lei lo sapeva.» Emily aveva lo sguardo rivolto al finestrino.
«Chi? Cosa?» chiese lui, guardandola scioccato, la mano ferma a mezz'aria che impugnava la cintura di sicurezza.
Erano stati scoperti? Allora
perché sempre essere andato tutto bene? Il contratto era stato
firmato e la cena si era svolta nella più assoluta
tranquillità.
«Elizabeth sapeva già che non siamo sposati.»
Nolan aprì la bocca per
replicare, ma Emily lo fermò sul nascere: «Stai calmo, non
se l'è presa. È una persona gentile.»
Lui mise in moto l'automobile, che
si allontanò lentamente dall'abitazione dei signori Wilson.
«E cosa ti ha detto?» Le gettò un'occhiata.
«Nulla di ché» rispose, scrollando le spalle.
D'accordo, allora perché
per tutto il viaggio fissò pensierosa il finestrino? Nolan
avrebbe proprio voluto saperlo.
***
«Grazie di avermi
aiutato» disse Nolan a Emily, sulla soglia della porta di casa di
dei, dopo averla accompagnata a casa.
«Figurati, immagino che in qualche modo mi dovessi sdebitare per tutte le volte che mi hai aiutato tu.»
«Sempre a disposizione» affermò lui con un sorriso.
«Allora, buonanotte.» Emily fece un passo indietro e afferrò la maniglia interna della porta d'ingresso.
Nolan, svelto, allungò un
braccio e le prese la mano. «Ems, dico sul serio, per qualsiasi
cosa, io sono sempre per te.»
Lei annuì. «Lo so, Nolan.»
Gli rivolse un sorriso misterioso, poi la porta si chiuse davanti a lui.
Nota:
Ovviamente, tutta la storia della madre è utilizzata nella
storia come mero pretesto. Visto che ancora non si sa come sia andata.
Spazio Autrice: Scrivere questa
OS è stato complicato. L'ho cominciata settimane fa ed ero ad un
passo dalla conclusione da almeno dieci giorni, forse anche di
più, ma il finale proprio non mi veniva. I finali e i titoli
sono miei problemi abituali, ma a volte è anhe peggio del
solito. Questa era una di quelle volte.
Detto questo, spero vi sia piaciuta. :D
Ilaria
|