Kuro-Ring
“La sai la storia della videocassetta maledetta?”
“No e non mi interessa saperla.”
Kurogane era troppo impegnato a leggere il 45356674esimo
volumetto di Maganyan per prestare attenzione al suo collega Seishiro. Quel
tizio doveva smetterla di importunare la gente con domande assurde o qualcuno avrebbe potuto prenderlo per un maniaco…
“E’ una storia che mette i brividi!” continuò imperterrito
l’uomo, tutto soddisfatto di sé. “Esiste una videocassetta maledetta che
compare dal nulla… non si sa chi l’abbia registrata o come abbia fatto… le
immagini sono in bianco e nero e molto rovinate, ma si riesce ad intravedere
qualcosa… Immagini di luoghi, oggetti e persone dall’aria inquietante… Non dura
più di pochi minuti. Appena la registrazione si interrompe,
il telefono squilla e se rispondi senti una voce che ti dice che dopo sette
giorni morirai… Non è una storia fichissima?”
“A me sembra una gigantesca cavolata…” commentò nel totale
disinteresse Kurogane.
“Non credi a queste storie?” gli domandò Seishiro con un
sorriso poco rassicurante.
“Bah… credo solo che la nostra pausa pranzo è finita.” replicò seccato Kurogane,
lasciando un segnalibro nella pagina che stava leggendo ed alzandosi per
tornare in ufficio.
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La giornata lavorativa era trascorsa, come tante altre,
nella noia più assoluta. Kurogane salì la rampa di scale fino al suo
appartamento e quasi inciampò sul pacchetto che giaceva abbandonato sul suo
zerbino. Il ragazzo si chinò a raccoglierlo perplesso. La carta marroncina in cui era avvolto il misterioso contenuto era rovinata e vagamente umidiccia e, cosa assai
bizzarra, non c’era scritto nulla sopra. Con un’alzata di spalle, Kurogane aprì
la porta di casa portandosi dentro l’involto. Se era sulla porta di casa sua era evidentemente per lui, qualsiasi cosa fosse.
Una volta abbandonata
la sua ventiquattrore e liberatosi della giacca, Kurogane strappò l’involucro
rivelando al suo interno una videocassetta.
“Quell’idiota di Seishiro… domani
lo ammazzo!!!”
Curioso di vedere cosa si era inventato quella volta il folle collega, Kurogane infilò la cassetta nel
videoregistratore e pigiò con fiero cipiglio il tasto play.
Le immagini erano rovinate ed in bianco e nero, proprio come
raccontava quella mattina Seishiro. Se quel deficiente voleva spaventarlo
doveva impegnarsi decisamente più di così!
Le immagini intanto si susseguivano in un silenzio spezzato
solo dal ronzio della registrazione rovinata.
Una torre alta e minacciosa vista dal basso, con la neve che
scendeva lenta a grandi falde.
Una figurina trasandata che precipitava nel vuoto.
Una mano che compariva nel nulla.
Un limone brulicante di vermi.
La registrazione si interruppe di
scatto e sulla televisione non rimase che un’immagine grigiastra percorsa da
interferenze.
Il telefono squillò. Decisamente
prevedibile, davvero. Kurogane rispose.
“Fiiiiiisssss…”
rantolò una vocina roca dall’altra parte della cornetta.
“Seishiro, sei un deficiente di proporzioni galattiche, ma
devo riconoscere che sai cavartela con gli effetti speciali.”
Rispose tagliente Kurogane.
“…tra sette giorniii…” continuò la
vocina.
“Sì sì, tra
sette giorni passa la fatina dei desideri del cazzo
e mi porta via…”
“..noooh…
tra sette giorniii…”
“Sei capace di dire una frase di senso compiuto con
soggetto, verbo e, se proprio non ti disturba, complemento oggetto?”
“…moriraiii…”
“Che fantasia sottosviluppata,
Seishiro!”
“Non sono Seishiroooh….”
“Sì vabbeh, ciao.”
E Kurogane riagganciò.
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“Spero tu abbia capito che non riuscirai a spaventarmi con
uno scherzo tanto idiota!” esclamò Kurogane l’indomani, non appena vide
Seishiro entrare in ufficio.
“Buongiorno anche a te e non ho la più pallida idea di cosa
tu stia dicendo!” lo salutò l’altro, gioviale come sempre.
“Non fare lo gnorri, la tua cassetta faceva pena e la voce
modificata al telefono… ma per favore! Per chi mi hai preso???”
“Continuo a non capirti, ma se può farti sentir meglio ieri
non avrei potuto farti nessuno scherzo perché sono
uscito con Subaru subito dopo la chiusura!”
Kurogane lo guardò male. Molto male.
“Vuoi che gli telefoni perché te lo dica anche lui?”
Kurogane lo stava fissando in cagnesco.
“Ed ho intenzione di uscirci anche oggi, se per caso stai
progettando di darmi la colpa di strani scherzi anche domani!” e detto questo
Seishiro se ne andò alla sua scrivania, lasciando un
pensieroso Kurogane alla prese con le sue scartoffie.
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Al suo ritorno a casa, Kurogane aveva ormai raggiunto almeno
una certezza.
Non poteva essere davvero stato Seishiro, perché quando si
trattava del ragazzino delle superiori che quel maniaco del suo collega
continuava ad importunare, Kurogane poteva star certo che Seishiro non ci
avrebbe mai scherzato.
Non fece però nemmeno in tempo ad entrare in salotto, che il
telefono squillò ancora.
“Fiiiiiissssss…”
“Ah… tu.”
“…forse ieri non hai capito beneeee…
fra sei giorni….”
“Sì ok, muoio. Ma
tu chi diavolo sei?”
“…tra sei giorniii…”
“Ma non sai dire altro???”
La vocina parve sorpresa dalla reazione del suo
interlocutore, perché rimase in silenzio per un po’.
“…è che non parlo spesso con la genteee…”
“Se normalmente telefoni dicendo che qualcuno muore, la cosa
non mi stupisce...”
“…ma tu non hai paura di meee…?”
“No.”
Stavolta fu il misterioso interlocutore ad attaccare.
“Tsk… non mi fanno paura gli
idioti…” commentò Kurogane, ma il suo tono non era più irritato.
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Il telefono squillò anche il giorno dopo e questa volta
Kurogane non si stupì di risentire la vocina.
“Fiiiiiiissss…”
“Si può sapere che razza di verso sarebbe quello?”
“…cercavo di fare un fischio inquietante, ma non so fischiareee…”
“Se non sai farlo allora lascia perdere!!!”
“…scusaaa… comunque
volevo ricordarti che tra cinque giorniii…”
“Muoio. Lo so. Muoio.”
“…”
“…”
“…”
“Beh??? Non hai altro da dire???”
“...è che la gente di solito riattacca subitooo…”
“Probabilmente perché sei la creatura più noiosa
dell’universo!”
“…e allora perché tu non riattacchiii…?”
“…e perché tu continui a
chiamarmi?”
Anche stavolta la telefonata venne
interrotta bruscamente, lasciando Kurogane a fissare la cornetta.
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Kurogane ricevette una telefonata al
giorno per tutti i quattro giorni successivi, tutte inconcludenti come quelle
precedenti e tutte gli lasciavano addosso un senso di frustrazione
insopportabile.
Alla sera del quinto giorno il telefono non squillò, ma la
televisione si accese all’improvviso. Kurogane guardò incuriosito le immagini
rovinate e disturbate di un bambino che arrancava a carponi
in un tetro paesaggio innevato, avvicinandosi a scatti allo schermo finché non ci
fu abbastanza vicino da toccarlo. Allora qualcosa di incredibile
accadde davanti agli occhi sorpresi di Kurogane. Dapprima le mani, poi la testa
coperta da una cascata di capelli biondi arruffati e sporchi che coprivano ne
volto ed infine tutto il corpo attraversarono lo
schermo e si trascinarono sul pavimento del suo salotto. Il padrone di casa
rimase ad osservare in silenzio il bambino mentre si tirava in piedi a fatica.
I capelli gli ricadevano disordinatamente davanti alla faccia ed erano talmente
lunghi che, anche se lui era in piedi, strascicavano per terra.
“…”
“E allora?” domandò Kurogane
spazientito.
“…sono passati sette giorni…” la sua voce suonava meno roca
dal vivo, ma tremendamente più triste.
“Sei venuto per uccidermi?”
“…sì…”
“Perché?”
“…”
“Non sei tu a volerlo, vero?”
Il bambino si sorprese della sua tranquilla constatazione e
per un attimo, dietro la massa incolta di capelli si intravide
un bagliore azzurro.
“…come fai a dirlo..?”
“…perché uno scemo che telefona tutti i giorni ad uno sconosciuto
perché si sente solo non mi sembra il tipo di persona che se ne va in giro ad
ammazzare la gente.”
Il bambino abbassò ancora di più la testa.
“…sono stato maledetto …sono costretto ad uccidere… ma non
voglio fare del male alle persone…”
“E allora non farlo! Sei tu a
decidere cosa fare, che diamine! Solo i deboli e gli stupidi si fanno
condizionare in questo modo! Le maledizioni si spezzano, sai? Se non ti sta
bene quello che sei costretto a fare, allora combatti
per cambiare le cose!”
“Non è così facile! Non posso… Non potrò
mai spezzare la maledizione!” cominciò a gridare il bambino.
“Perché?”
“Non puoi capire! Non sai niente! Non posso perché… l’unico
modo che ho…” Il suo corpicino rachitico cominciò a
tremare convulsamente, sconvolto dai singhiozzi
“…è semplicemente impossibi…”
Qualcosa di caldo lo avvolse all’improvviso.
Qualcosa che non sentiva da tanto tempo.
Era il tepore di un abbraccio.
“Non dire scemenze… niente è impossibile! Se non ce la farai
da solo… ti aiuterò io.”
E qualcosa di miracoloso avvenne,
con immenso stupore di entrambi.
Il bambino si illuminò di una luce
dorata e cominciò a cambiare, a trasformarsi, finché Kurogane non si ritrovò
tra le braccia un ragazzo decisamente più grande, decisamente più pulito e con
due splendidi occhi azzurri che lo fissavano increduli.
“…cosa…?” cominciò a domandare
Kurogane, ma fu costretto a rimandare la questione, perché il ragazzo lo
abbracciò con forza e cominciò a ridere e piangere insieme, stretto
disperatamente a lui.
“…avevo aspettato per così tanto tempo… qualcuno che
spezzasse la maledizione e mi portasse via… ma tutte le persone con cui avevo a
che fare erano quelle che ero costretto ad uccidere… credevo che non avrei mai
trovato nessuno… che per me sarebbe stato impossibile trovare qualcuno che… che
mi…” e strinse l’abbraccio ancora di più.
Kurogane sbuffò, ma ricambiò la stretta, accarezzando i
capelli biondi dell’altro, ora più corti anche se ancora disordinati.
“Te l’avevo detto che niente è impossibile…”
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Owari
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Buon Venerdì 13! XD